Dicono che nel 2019 Bergoglio si dimetterà. Poi aggiungono il curiale “parrebbe certo” e il “mi raccomando, rimanga tra di noi” di prammatica, ma in certi ambienti lo dicono, lo dicono… Lo dicono nonostante il nuovo MinCulPop bergogliano abbia stretto le ganasce, soffocato gli spifferi e cucito le bocche. Da che mondo mondo è mondo, e da che Vaticano è Vaticano, si sa che non esiste segreto peggio custodito di quello affidato al silenzio clericale. C’è chi sostiene che il vescovo venuto dalla fine del mondo se ne andrà, diciamo, per scadenza di contratto e c’è chi dice, anche, per stanchezza. In ogni caso, “parrebbe certo” che non sarà il lieto fine di una brutta storia, sarà solo l’inizio di un nuovo capitolo del Romanzo Infernale: quando uscirà di scena Francesco Primo, entrerà Francesco Secondo.
Non ci si faccia illusioni su un possibile successore che porti in tavola almeno i cascami della conservazione o mostri una pur vaga intenzione di socchiudere le porte degli inferi ormai spalancate davanti al popolo di Dio e al suo Duce. La trama è già scritta e chiunque si metta alla testa della gioiosa macchina di pace in processione con gli stendardi del Mondo la guiderà fin dentro il tempio della Verità Capovolta di cui la neochiesa è perfetto sacramento vivente. Lo farà con il suo stile, discettando del Logos ed enunciando ermeneutiche continuiste, bestemmiando la Vergine Santissima e santificando Scalfari, o con chissà quali altre modalità suggerite dal creativo spirito mondano, ma lo farà. Ormai è chiaro che nella neochiesa il pontificato è solo una carica a termine assegnata su preciso mandato non propriamente divino e ogni papa è la continuazione del precedente con altri mezzi. È la legge della mission aziendale, bellezza.
In realtà, considerazioni simili relegano il viavai dentro i Sacri Palazzi al rango del pettegolezzo e dei giochi di potere che ormai costituiscono la sola essenza della curia romana, ma la voce sulle dimissioni prossime di Bergoglio, per quanto declinata al curiale condizionale, è di quelle che non si possono archiviare in attesa della conferma ufficiale. In realtà, ci ho messo un po’ a prenderla sul serio, anche se, poco prima di Natale, nel giro di due settimane, mi è arrivata da tre fonti diverse. L’adagio dei tre indizi che farebbero una prova funziona solo nei romanzi di Agatha Christie e, soprattutto, nessuno rispondeva alla domanda più logica: “Quando?”.
È stato il più laico dei miei informatori a rendere intrigante la risposta, al punto da convincermi a ragionarci. In realtà, non mi ha dato una risposta, ma mi ha suggerito un metodo: “Tu che sei dell’ambiente, non riesci a trovare una data significativa, un giorno che possa fare da simbolo?”.
In effetti, nessuna religione e nessuna chiesa può vivere senza simboli, neanche questo groviglio di banalità mondane che continua ad abusare del nome e dell’otto per mille della Chiesa Cattolica. Dunque, ho aperto il file in cui, da giornalista diligente, mi sono annotato gli anniversari del 2019, ho incrociato le date con la voce sulle dimissioni di Bergoglio ed è saltato agli occhi un risultato niente male: 30 novembre, cinquantesimo anniversario dell’entrata in vigore del messale riformato da Paolo VI.
Era appunto il 30 novembre 1969, Prima Domenica d’Avvento, quando i cattolici arrivarono in chiesa la mattina e trovarono, più che una messa nuova, una messa invertita, pensata per piacere al mondo più che a Nostro Signore. Quale data migliore per l’entrata in vigore della messa nuovissima, in cui il Mondo diventa definitivamente la divinità a cui tributare il neosacrificio del neorito della neochiesa? Cos’altro dovrebbe fare ancora Bergoglio per compiere il suo mandato? Tutto quanto ha detto, scritto, insegnato e compiuto come vescovo di Roma aveva come fine la sostituzione di Dio fatto uomo con l’Uomo fatto dio sugli altari, nei tabernacoli, nei dogmi, nella morale e persino nel cazzeggio ad alta e bassa quota trasformato in magistero ordinario e dunque inappellabile di fatto e di principio. E, come usano scrivere i bravi governanti in calde a ogni punto del programma onorato: Fatto.
Quanto alla data, a voler essere liturgicamente coscienziosi, il calendario ricorda che il 30 novembre quest’anno cade di sabato, dunque l’apparato celebrativo dovrà essere traslato al giorno successivo, domenica 1° dicembre, Prima d’Avvento, la stessa del ferale 1969. Una volta promulgata la messa dell’Uomo Nuovo, al vescovo venuto dalla fine del mondo non rimane che ritirarsi e farsi emerito. E così, dopo il conclave, i papi saranno in tre, perfetta simbologia trinitaria per una chiesa in cui di divino non c’è davvero più nulla.
Come è naturale, assieme alle voci sulle dimissioni, circola anche qualche ipotesi sul successore, ma è ancora presto per darvi credito. Qui, però, non riesco a vincere la tentazione del pronostico: Francesco Secondo sarà una mezza figura. Anzi, come viene definito in “Vogliamo i colonnelli” il capo della giunta militare che dovrebbe prendere il potere con un improbabile colpo di stato, “una grande mezza figura”.
– di Alessandro Gnocchi
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.