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Un’altra Quaresima è alle porte. Prima di inoltrarci in questo cammino di rinnovata conversione, è bene che ci soffermiamo ancora una volta su equivoci e pericoli che possono non solo inficiare alla radice ogni impegno penitenziale, ma farlo addirittura servire al fine opposto: anziché a santificarci, ad allontanarci dalla mèta. Dobbiamo renderci conto che, come l’aria inquinata che siamo costretti a respirare, anche in campo spirituale – volenti o nolenti – abbiamo assorbito un’atmosfera malsana, cioè quella mentalità antropocentrica che genera inevitabilmente individualismo e ripiegamento su di sé. Molto spesso anche la religione è utilizzata in vista della soddisfazione dell’io, anziché come via per donarsi a Dio portando pazientemente la croce e offrendosi a Lui in ogni circostanza. Questa inversione del senso si riscontra non solo fra i modernisti, ma anche fra i tradizionalisti: molti vanno in cerca di ciò che compiace l’ego e alimenta l’orgoglio, rigettando o ignorando, al tempo stesso, quanto disturba le loro convinzioni o non gratifica le loro esigenze soggettive.
Sintomo caratteristico di tale atteggiamento è la preferenza per letture che incontrino un irrequieto bisogno di confronto, disputa, polemica, determinato da qualche disagio personale o teso a placare la voglia di affermare il proprio punto di vista a detrimento degli altri. Esso però, come un mostro insaziabile, tanto più si accresce quanto più lo si nutre. Dominati da questa disposizione selettiva, si diventa progressivamente insensibili alla Sacra Scrittura, ai testi dei Padri e dei Santi, alla letteratura ascetica e mistica, che pongono invece la coscienza di fronte a se stessa, obbligandola a rimettersi salutarmente in discussione. Soltanto rientrando in sé, infatti, l’uomo ritrova Dio e, in Lui, anche il proprio vero io, ossia quel bambino cui è riservato l’accesso al Regno dei Cieli (cf. Mt 18, 3). È triste che, proprio in nome di un apparente zelo per il Signore, si finisca col lasciarlo fuori dal proprio cuore, insieme al prossimo…
Particolarmente pericolosa è la predilezione per messaggi di pretesa origine soprannaturale, di cui c’è attualmente una vera e propria inflazione. I fenomeni che non provengono dal Cielo, di solito, si tradiscono per qualche errore dottrinale o anche, semplicemente, per la loro meccanica ripetitività. Essi comunicano ai loro devoti una falsa tranquillità morale fondata sull’illusione che basti leggerli per essere a posto, mentre di fatto non si verifica alcun reale progresso sul piano morale e spirituale. Anche la sete di sensazionale si acuisce quanto più la si soddisfa, dato che non nasce da un sincero desiderio di ascoltare il Signore ai fini della propria correzione, ma da quello di soddisfare l’ego. Su questa china può accadere che taluni si smarriscano in dottrine e pratiche – solo apparentemente religiose – proposte come spiegazioni esoteriche del cristianesimo, le quali, contrabbandando in realtà la gnosi con il suo zelo contraffatto, espongono incauti e improvvisati studiosi a nocivi legami con il mondo dell’occulto. Sintomo inconfondibile di tale tipo di infestazione è una cocciuta sordità a qualsiasi messa in guardia.
Senza un impegno effettivo nella pratica delle virtù cristiane, specialmente dell’amore di Dio e del prossimo, si corre il rischio di lasciarsi affascinare anche da dottrine pseudomistiche che la rimpiazzano con atti puramente mentali di assimilazione alla volontà divina, rendendo la grazia di fatto superflua e, con la preclusione dell’intervento della volontà umana, impedendole di applicarsi. Lo smarrimento in una mistica immaginaria può condurre a forme di vera e propria alienazione: se si sopprime la distinzione tra i due soggetti, l’uomo e Dio, si finisce con il confondere i propri impulsi naturali con le mozioni dello Spirito Santo, se non con l’aprire inconsapevolmente le porte all’azione di un terzo. Perfino nella Persona divina del Verbo incarnato (nella quale, in virtù dell’unione ipostatica, sussiste la natura umana) ci sono due volontà distinte, di cui l’una è perfettamente sottomessa all’altra, piuttosto che da essa annullata; infatti le due nature, unite, non si confondono né si alterano. Il Salvatore ha riparato ai peccati umani con i suoi atti teandrici, soprattutto quelli della Passione, che hanno un valore infinito; di conseguenza non ha avuto alcun bisogno di ripetere tutte le azioni degli uomini né tanto meno che lo facciamo noi, che per conseguire la salvezza definitiva dobbiamo semplicemente imitarlo con l’aiuto della grazia, frutto della Redenzione.
Non mancano poi coloro – purtroppo sempre più numerosi – che si lasciano irretire da problemi falsi o superflui, spesso sollevati con l’appoggio di presunte rivelazioni o indiscrezioni. Un tipico esempio è l’asserita invalidità della Messa celebrata in comunione con un eretico: è un marchiano errore dottrinale che, sostenuto pervicacemente, diventa a sua volta eresia. Lo scrupolo riguardante la liceità della partecipazione a tale Messa è risolto dal fatto che l’eretico in questione non è stato ancora dichiarato tale, motivo per cui la coscienza dei fedeli ha diritto di rimanere tranquilla. Altro allarme, agitato da qualche anno a questa parte, è quello relativo a una prossima invalidazione del rito, ma – anche ammesso che ciò sia possibile – tale eventualità non si è ancora verificata. Questioni del genere, in definitiva, non fanno altro che togliere la pace interiore, già tanto minacciata, e logorare lo spirito di orazione fino ad annientarlo, quando non spingono addirittura ad astenersi dai Sacramenti senza ragione, rimanendo privi di ogni sostegno soprannaturale e rischiando di ritrovarsi spiritualmente spacciati. Visti questi risultati, si stenta a credere che non ci sia di mezzo il cornuto o, per lo meno, qualcuno che ha interesse a innalzare ulteriormente il livello, già elevato, di confusione o a creare divisione nella resistenza cattolica.
Una comune matrice antropocentrica ed egotistica può spiegare la paradossale convergenza di due orientamenti esternamente opposti (il modernismo e un certo tradizionalismo) in esiti analoghi: il rifiuto preconcetto dell’autorità ecclesiastica e il correlativo trionfo del libero esame, con il prevalere indiscriminato del giudizio privato su quello gerarchico. Ciò non può provocare se non un crescendo di sistematica disobbedienza e insubordinazione, sfociante in uno stato di sostanziale anarchia e, a causa di innumerevoli sfaccettature ideologiche, in una frantumazione senza fine della compagine ecclesiale. Il totale assorbimento delle energie interiori nelle interminabili diatribe di una reciproca e molteplice contestazione dialettica spegne impercettibilmente la vita spirituale e soffoca lo sforzo di santificazione, sostituendo la carità con il surrogato di uno zelo apparente. Non bisogna pertanto sottovalutare questa azione strisciante del nemico, che è capace di neutralizzarci senza che ce ne rendiamo minimamente conto.
Anche gli effetti della condotta seguita dalla gerarchia con i contestatori possono risultare fatali. In passato, le strategie curiali erano più fini e dissimulate: per ammansirli, i superiori ne allettavano l’ambizione con prospettive di carriera, offrendo loro posti prestigiosi in cui, oltretutto, li avrebbero tenuti sotto controllo. L’inconveniente è che i furbi, fingendosi pentiti, si sono infiltrati nel sistema di potere e, anziché lasciarsene assimilare, lo hanno rivoluzionato dall’interno. Oggi, capovoltasi la situazione, la risposta di quelli che comandano a quanti li criticano è rozza e sbrigativa: semplicemente li schiacciano ed escludono, con il risultato – questa volta – che i dissidenti si trasformano spesso in rivoluzionari di segno contrario. Uno dei fatti più dolorosi è per me il dover assistere, praticamente impotente, all’abbandono della Chiesa da parte di sacerdoti e fedeli che, per effetto di un malinteso fervore, son diventati refrattari ad ogni tentativo di persuasione. Causa remota di tale accecamento – mi sembra – è il rifiuto della croce o una superbia camuffata da santo zelo.
È indubbio che il protrarsi della situazione attuale possa spingere all’esasperazione, ma il segreto per evitare questo esito è trasformarla in mezzo di santificazione personale. Il sistema sovietico, con il quale l’odierno regime ecclesiastico mostra una profonda analogia, soppresse tutti i monasteri (a parte quello delle Grotte di Pskov, che riuscì a resistere sino alla fine), risparmiando la sola Lavra di San Sergio come pezzo da museo e strumento di propaganda, per mostrare il passato oscurantista del Paese, ormai liberato dal tetro retaggio medievale. Il criterio con cui si lasciano vivere gli istituti facenti capo all’estinta Commissione Ecclesia Dei pare il medesimo; tuttavia, anche se in pubblico si è costretti a far buon viso a cattivo gioco, nessuno può impedire ai loro membri di crescere nella santità accettando questa scomoda posizione come una croce che il Signore fa portare per il genuino rinnovamento della Sua Sposa.
Anche la sorte degli istituti commissariati o di singoli sacerdoti, religiosi e fedeli di orientamento tradizionale, tollerati in contesti del tutto ostili, richiama alla mente quella di quei monaci russi che non furono massacrati come gli altri, ma vennero tenuti in vita nei loro monasteri, riconvertiti in gulag, per il gusto di tormentarli o per ottenerne utili servigi. Essi, per non cedere alla disperazione, scelsero deliberatamente quell’orribile stato quale nuova forma di ascesi e di esercizio della carità, prescritta dalla Provvidenza come dal padre spirituale. Perfino un’anima non cristiana, come Viktor Frankl nel campo di Auschwitz, riesce a sopportare prove spaventose, se può dare ad esse un senso; quanto più è in grado di farlo chi è dotato della grazia e sa unire le proprie sofferenze a quelle di Cristo crocifisso! È pur vero che i miasmi modernisti in cui siamo cresciuti ci hanno tolto lo spirito di pazienza e sopportazione, fino a renderci inviso anche il minimo disagio; ma la nostra situazione non è certo paragonabile a quella dei gulag o dei campi di sterminio.
Purché lo si voglia con volontà determinata, umile e perseverante, con l’aiuto della grazia santificante è possibile a tutti esercitare le virtù, in attesa che il Signore provveda; la Chiesa, in fin dei conti, non è forse Sua? Sulle orme dei Santi, mettiamoci dunque con decisione al Suo seguito per conformarci a Lui e riprodurre in noi, nella misura concessaci da Dio, le Sue fattezze. Vi rendete conto della grazia immensa di esser stati considerati degni di soffrire perché la Chiesa si rinnovi secondo il volere del suo Sposo? Tale consapevolezza riempie l’anima di una pace dolente e di un’afflizione serena, che la rendono pronta a tutto sopportare per amore, senza sterili recriminazioni, con quella soprannaturale mitezza da cui fluisce un’ineffabile dolcezza interiore. Che il Signore la conceda ad ognuno di voi, non senza un umile sforzo e una costante invocazione.
Esaudisci con clemenza, te ne preghiamo, Signore, le preghiere del tuo popolo, affinché noi, che giustamente veniamo percossi per i nostri peccati, siamo misericordiosamente liberati per la gloria del tuo nome (dalla Liturgia).
Pubblicato da Elia
http://lascuredielia.blogspot.com/
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