ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 3 aprile 2019

Ciò che sfugge al controllo

Politica & famiglia, ai vescovi piace il metodo Pd

L'autoreferenzialità e il centralismo di vescovi e Forumfamiglie: parlano di piazze contrapposte a Verona umiliando le famiglie che hanno marciato e rimproverano la politicizzazione del Congresso. Invece Cei e De Palo erano entusiasti del metodo utilizzato per la Conferenza sulla famiglia organizzata dal governo Pd e aperta anche a Arcigay. Si è delegittimato Verona perché non ha dato parola al diktat Lgbt, non accettando che una parte di mondo pro family italiano sfugga al controllo di una linea clericale che non vuole fare a pugni col mondo.




Non è vero che ci sono due piazze contrapposte come dice il presidente della Cei Bassetti. Dirlo equivale a far passare l’idea che le famiglie in marcia a Verona siano il contraltare ideologico di chi ha sfilato sabato con bestemmie e un corredo da collettivo anni ’70: come fossero entrambi figli di estremismi da combattere. Sbagliato e irriverente verso i papà e le mamme che hanno sacrificato il loro tempo per manifestare la bellezza e la gioia della loro vocazione senza offendere l’altro.


Il fatto che un vescovo, il capo dei vescovi, lo dichiari, senza concedere ai 50mila di piazza Bra neppure un riconoscimento in termini di audacia, è un’offesa e la dimostrazione della sistematicità che la classe episcopale, i generali per intenderci, sta mettendo in campo nella demolizione dei principi non negoziabili e nell’incapacità di riconoscere che lo scontro finale è proprio sulla famiglia.


Invece c’è una differenza abissale tra chi scende in strada con cartelli del tipo “Dio, patria e famiglia: che meraviglia” e slogan come “Meglio falli di gomma, che feti di gomma”. Non dirlo è una censura e il tentativo della Cei di uniformare le due manifestazioni come specchio di una polarizzazione sbagliata entro la quale non immischiarsi, è sintomo di come la gerarchia ecclesiale, disprezzi per ragioni politiche il suo stesso popolo.

Nessuna delle famiglie che domenica è venuta a Verona, l’ha fatto perché chiamata a raccolta dalla Lega di Salvini o costretta con la pistola alla tempia da Jacopo Coghe o invogliata da benefit promessi da Maria Rachele Ruiu. Si sono riversati in piazza liberamente dopo essere stati definiti per settimane oscurantisti solo perché consapevoli dell’unicità e santità della famiglia fondata sul matrimonio e perché ritengono le nozze gay, l’utero in affitto e l’aborto delle aberrazioni che lo Stato non deve concedere. In questo, le tesi del Congresso si sono sposate molto bene con un sentimento di popolo che è cattolico. 

Questa non è quella piccola parte in cui la maggioranza delle persone non si è identificata, come ha cercato di sminuire con disprezzo andando in scia di Bassetti, Gigi De Palo, presidente del Forum delle Famiglie. Il quale ha voluto far pesare l’assenza delle oltre 582 associazioni che lo compongono, dai lavori di Verona, per concludere che proprio per questo non deve essere stato rappresentativo dei 5 milioni di famiglie italiane. Illusorio, dato che l’Associazione Famiglie numerose e l'Aibi– che del Forumfamiglie fanno parte - hanno partecipato ai workshop di venerdì. In realtà, si tende a delegittimare l’esperienza di Verona perché si detesta la libertà e si soffre il non poter controllare tutto e tutti in una sorta di centralismo clericratico che le elite ecclesiali hanno mutuato dal vecchio Pci.

Quello che non piace al Forumfamiglie, ormai emanazione diretta della Cei di cui De Palo
dice di condividere la linea, è che ci sia una parte di mondo pro family italiano che sfugga al controllo perché ciò che sfugge al controllo non si piega alla linea dettata. E la linea è stata quella di non sposare Verona perché a fare paura a De Palo, Bassetti & company è una realtà che ha messo attorno al tavolo protagonisti della politica famigliare internazionale senza l'aiuto del Forum. Personalismi? Vecchio vizio del laicato cattolico italiano; Autoreferenzialità? Può darsi, per entrambi. Ma anche politica. La stessa che il Forum ha rimproverato a Verona. 

Non più tardi di novembre scorso, quando è stato riconfermato alla guida del Forum, lo stesso De Palo fu orgoglioso di presentare proprio al vicepremier Salvini il suo piano per la natalità. Allora andava bene la politica? E la Lega?

Verrebbe da chiedersi allora quale sia la politica che intende il Forum? A settembre 2017 proprio il Forumfamiglie era entusiasta di partecipare da protagonista alla III Conferenza nazionale sulla Famiglia, promossa dall’allora Governo Gentiloni.

Ebbene: l’evento era organizzato dal Dipartimento per le Politiche della Famiglia, all’epoca già affidato al premier. A Verona sono volati gli stracci perché il vicepremier Salvini ha partecipato a un evento che aveva il patrocinio del Ministero della Famiglia, ma quando a Roma la Conferenza sulla famiglia la organizzava Gentiloni con l’appoggio del Forumfamiglie, andava tutto bene.

E chi erano i relatori politici allora, oltre ai professori universitari tra cui, guarda un po', il professor Giancarlo Blangiardo, cacciato invece da Verona? Laura Boldrini, Paolo Gentiloni, Gina Pedroni, Pier Carlo Padoan, Valeria Fedeli, Stefano Bonaccini, Antonio Decaro e Maria Elena Boschi: tutti esponenti di governo o delle istituzioni targati Pd o Sinistra. La Boschi poi era stata la madrina assieme a Monica Cirinnà dell’omonima legge sulle Unioni civili, su cui i vescovi hanno chiuso più di un occhio, se non proprio incoraggiato.

Ai lavori erano presenti Arcigay e Agedo, segno che l’idea di famiglia promossa non era proprio quella che i vescovi avrebbero dovuto veicolare. E comunque era un’idea di famiglia pesantemente condizionata dalla “rivoluzione” Cirinnà. Infatti passò il concetto di pluralità di famiglie, trovando d'accordo la Cei. Questo, evidentemente, ai vescovi andava bene e così anche al suo braccio operativo De Palo, tanto che non si levarono alti lai per lamentare la presenza delle associazioni Lgbt. 


Anzi: a conclusione, De Palo e il responsabile della pastorale famigliare della Cei don Paolo Gentili dissero, pur con le riserve per le azioni del governo di allora,  che la conferenza era partita col piede giusto, anche se poi non portò nessun beneficio alle famiglie. Perché? Perché aveva stabilito un buon metodo di lavoro. E quale era? Aver invitato le realtà aderenti al Forum. E' il metodo Pd: tutti insieme appasionatamente, con Arcigay, che pure si lamentò per alcune esclusioni, ma potè parlare di tutto, dall'utero in affitto al matrimonio gay tanto da dirsi comunque soddisfatta. 

A Verona invece è apparsa chiara almeno la distanza dal diktat Lgbt che non ha avuto diritto di parola. E' questo che non si perdona. Ed è un fatto che il politicamente ed ecclesialmente corretto mal sopportano.

A Verona poi ha dato scandalo la presenza di esponenti leghisti, ma, specularmente a quanto accadde con la conferenza governativa, si è trattato anche in quel caso di esponenti dell’esecutivo (Salvini, Bussetti e Fontana) o delle istituzioni (Fedriga, Sboarina) più un segretario di un partito, Giorgia Meloni, che si trova all’opposizione dell’attuale governo. Il fatto è che altri ospiti erano stati invitati, ad esempio i Cinque Stelle, ma nessuno si è fatto vivo.

E' vero: il Forum è stato escluso fin da subito a Verona. Ma l'evento del 2017 targato Pd non era meno blindato e non senza inviti a senso unico. Massimo Gandolfini, ad esempio, non venne invitato ai lavori perché – lo disse lui in un’intervista alla Nuova BQ – non faceva parte del Forum, nonostante avesse chiamato a raccolta due imponenti Family Day. Non venne considerato rappresentativo dell’associazionismo per i diritti della famiglia naturale fondata sul matrimonio. O forse, più prosaicamente, non era simpatizzante del Pd. A differenza di qualche altro difensore della famiglia. 

Andrea Zambrano

http://www.lanuovabq.it/it/politica-famiglia-ai-vescovi-piace-il-metodo-pd

VERONA/FAMIGLIA: GRANDI TARTUFI, SQUADRISTI VECCHI E NUOVI

Un paio di osservazioni su quanto accaduto a Verona attorno al Congresso e alla Marcia per la famiglia. Poi un’antologia di citazioni di varia umanità: non pochi ignoranti che montano in cattedra (pontificando di storia ma essendone a digiuno), un gran numero di tartufi (clericali, in talare e no), molti/e squadristi/e di origini diverse (se per alcuni il richiamo dei gulag è proprio ancestrale, per certi compagni di strada cattofluidi il manganello è una scelta cinica di convenienza). Chiesa de facto in uscita…dalla dottrina cattolica.

Si sono concluse domenica 31 marzo, con una marcia attraverso il centro città, le giornate di Verona per la famiglia, apertesi due giorni prima con il là ai lavori della XIII edizione del Congresso mondiale sul tema.
Abbiamo voluto vivere la Marcia di domenica come atto di testimonianza personale. Tra 10 e 15mila i partecipanti, meno di quelli convenuti nella città scaligera il giorno precedente per il ‘corteo transfemminista’. Sono però di più di quanto invece avevamo preventivato, sapendo della rinuncia di molti (specie di chi avrebbe voluto essere a Verona portandosi i figli) per il timore di incidenti. Del resto è evidente che si è potuto manifestare per la famiglia solo grazie a un impressionante schieramento di forze dell’ordine. Una vera vergogna dover constatare ogni giorno di più che l’espressione pubblica del proprio pensiero, anche se consono con il dettato costituzionale  (ma non coincidente con i diktat della cultura dei giornaloni e della nota lobby) in Italia sta diventando un esercizio pericoloso per la propria vita: si rischia – come mostrano diversi episodi recenti – di essere messi alla berlina, di essere emarginati, di essere insultati e peggio. E’ stata perciò consolante (un piccolo  miracolo ‘laico’) la presenza alla Marcia di oltre diecimila persone, dopo che per giorni è stato alimentato dalla cultura dominante un clima irrespirabile. 
Contrariamente all’aggressività del ‘corteo transfemminista’ - nutrito in parte non trascurabile di disprezzo e di odio verso i difensori dell’articolo 29 della vigente Costituzione italiana – la Marcia, connotata dalla presenza di tante famiglie con bambini piccoli e di tanti giovani, si è svolta gioiosamente, punteggiata da slogan intesi a valorizzare la bellezza e l’utilità per la società dell’unione tra un uomo e una donna possibilmente coronata dalla generazione di figli. Da notare che i partecipanti alla Marcia si sono pagati da soli la trasferta, non godendo dei ‘pacchetti’ sindacali a prezzo stracciato.
E’ stata la degna conclusione di una tregiorni di dibattiti intensi, spesso molto sostanziosi e interessanti sulla realtà quotidiana della famiglia oggi, dibattiti di cui però l’opinione pubblica ha potuto conoscere pochissimo a causa del concentrarsi del fuoco mediatico sugli aspetti politici del Congresso e su tutto ciò che poteva creare sensazione (come la vergognosa, cinica evidenza data al contrasto di idee tra Gandolfini e la figlia primogenita).
In ogni caso i media – spinti pure dalla nota lobby vogliosa di annientare l’avversario – hanno parlato ampiamente per settimanei del Congresso di Verona. Il tema famiglia, dunque, è stato posto all’ordine del giorno del dibattito nazionale: e ciò è stato indubbiamente un bel successo per i promotori del Congresso e della Marcia. Ha giovato alla pubblicità dell’evento anche la presenza di noti politici come Salvini, Fontana, Bussetti, Meloni da tempo ossessivamente nel mirino della cultura dominante libertaria, marxista, cattofluida. Se è vero che l’attenzione mediatica per i politici ha quasi azzerato quella per i contenuti dei dibattiti, è altrettanto vero che proprio tale presenza ha molto contribuito alla stessa attenzione che in caso diverso sarebbe probabilmente risultata assai minore.
Passiamo a qualche detto o scritto memorabile su quanto accaduto a Verona. Chi ci legge scelga lui stesso a quale categoria assegnare padri e madri di quanto sarà citato: anime pie e belle (di un’ingenuità tale da far preoccupare), tartufi (male endemico, ma mai diffuso come questa volta), turiferari odiatori,  tout simplement squadristi (per formazione ideologica o per acquisizione opportunistica da alcuni anni a questa parte).

IL PAPA E VERONA/1, CON L’IMPERDIBILE PENNA DI FRANCA GIANSOLDATI, TURIFERARIA DEI PALAZZI (IL MESSAGGERO, 30 marzo 2019): “Il fracasso del Congresso sovranista di Verona accompagna a distanza il viaggio del Papa in Marocco, nel pieno dell’incontro con Mohammed VI con cui sta parlando del ruolo di Gerusalemme La manifestazione ultrà nata per difendere la famiglia e diventata col tempo sempre più sguaiata ed eccessiva, fino ad assumere contorni ben poco misericordiosi, come mandare all’inferno gli omosessuali e le donne che abortiscono, non piace affatto alla Chiesa che sta disegnando Papa Bergoglio. (…) Così in aereo prima ha scherzato con la giornalista dicendole che avrebbe voluto leggere sul Messaggero un suo giudizio su quello che sta accadendo a Verona, poi rispondendo a una sua domanda: Santità, lei che ne pensa? Francesco si è fatto serio in volto. Prima ha sgombrato il campo – “Di Verona non me ne sono occupato” – facendo intendere che, in fondo, si tratta di una vicenda marginale, ancorché rumorosa. “Ho letto quello che hanno scritto i vescovi della Cei e poi quello che ha detto il segretario Parolin. Ha dato una risposta giusta ed equilibrata”. Giusta ed equilibrata. Il passo indietro dall’impostazione di Verona non poteva che essere più netto e significativo”. Un vero concentrato di corbellerie e di proterva misericordia, che permette alla Turiferaria dei Palazzi di salire certamente sul podio di una strana gara (di cui al momento non è nota ancora la denominazione)

IL PAPA E VERONA/2, CON UN’ALTRA PENNA IMPERDIBILE, QUELLA DEL TURIFERARIO TREMEBONDO PAOLO RODARI (REPUBBLICA, 30 marzo 2019):  Francesco sul volo che da Roma lo porta a Rabat (…) risponde a una domanda sul Congresso Mondiale delle Famiglie in programma in queste ore a Verona. Il Papa segue la linea tenuta dal cardinale Pietro Parolin che qualche giorno fa si è smarcato dal Congresso dicendo di condividere la sostanza, cioè in generale l’impegno politico per la famiglia, ma non “le modalità”, ovvero la forma con la quale la kermesse stessa è stata organizzata e si svolge. In Vaticano tutti condividono la presa di distanza della segreteria di Stato. Anche il cardinale Gualtiero Bassetti, capo della Cei, ha recentemente chiesto di mettere la parola fine alle polemiche sulla famiglia. Il rischio di ideologizzare il tema, infatti, è reale per la Chiesa. Di qui il “no” alla partecipazione da parte di tante associazioni cattoliche, fra queste il Forum delle Associazioni familiari. L’imbarazzo del Vaticano e della Chiesa italiana è anche per un raduno a conti fatti tutto di stampo leghista, con personalità che si dichiarano cattoliche, ma che non hanno paura della strumentalizzazione a cui più o meno consapevolmente vanno incontro. Un anno fa Parolin fu presente allo stesso Congresso che ebbe luogo in Moldavia. Il cardinale fu invitato nel Paese dal presidente della Repubblica - e non dagli organizzatori del Congresso - per l’anniversario dell’erezione di una diocesi. Lo stesso presidente in quei giorni gli propose di parlare a un “incontro” di famiglie e Parolin, ignorando cosa fosse, vi andò più per delicatezza diplomatica che per altro.”  Anche Rodari ci tiene all’immortalità dei suoi scritti. Come si nota, è certo ben informato: “In Vaticano tutti condividono la presa di distanza della segreteria di Stato”. E come no… basta andarci per controllare! E poi, che finezza sublime a proposito del cardinale Parolin, invitato in Moldavia l’anno scorso (a settembre): andò, secondo il Turiferario Tremebondo, al XII Congresso mondiale delle famiglie a Chisinau, “ignorando cosa fosse, più per delicatezza diplomatica che per altro”. Traduciamo: per Rodari il cardinale Parolin è un po’ bonaccione, un po' farfallone e un po’ tontolone, dato che non sa a che cosa partecipa…. pur pronunciandovi magari un discorso impegnativo. Leggiamo quel che scriveva L’Osservatore Romano sulla partecipazione del Segretario di Stato, il 15 settembre 2018, alla sessione conclusiva del Congresso delle famiglie a Chisinau: “Dopo il pranzo, offerto dal presidente della Repubblica, il cardinale Parolin è intervenuto alla sessione di chiusura del 12° Congresso mondiale delle famiglie. Nel suo messaggio, ha presentato la visione cristiana del matrimonio alla luce del Magistero di Papa Francesco. In particolare, ha sottolineato la bellezza unica dell’amore coniugale e della famiglia, «ponte verso l’ambiente che ci circonda», esortando i congressisti a proclamare «il vangelo della famiglia come fonte di speranza per il nostro mondo». Che il Turiferario tremebondo abbia orecchiato male oppure a settembre dell’anno scorso era immerso in un sonno catalettico? In ogni caso… podio anche per lui! (vedi sopra).

IL PAPA E VERONA/3, CON UNA DOMANDA IMPERDIBILE DI CRISTIANA CARICATO, TURIFERARIA DI TV 2000 (CONFERENZA-STAMPA SUL VOLO DI RITORNO RABAT-ROMA, 31 marzo 2019): Santo Padre, Lei ha appena parlato di paure e del rischio di dittature che queste paure possono generare. Proprio oggi un Ministro italiano, in riferimento al convegno di Verona, ha detto che più che della famiglia bisogna avere paura dell’Islam. Lei invece, ormai da anni dice tutt’altro. Secondo Lei siamo a rischio dittatura nel nostro Paese? È frutto del pregiudizio della non conoscenza? Cosa ne pensa? (La seconda parte della domanda riguardava invece il diavolo e la pedofilia). Risposta di papa Francesco: Davvero io di politica italiana non ne capisco. Non capisco… Avevo letto sull’Espresso qualcosa di un “Family day”.  Non so cosa sia, so che è uno dei tanti “day” che si fanno... Ho letto la lettera che il Cardinale Parolin ha inviato e sono d’accordo. Una lettera pastorale, educata, di un cuore di pastore. Ma di politica italiana non domandarmi, non capisco. Grazie.”. Non c’è discussione: anche la Turiferaria di TV 2000 si è meritata il podio, non foss’altro che per aver voluto un replay della risposta papale del giorno precedente e per aver evocato il grave rischio di una dittatura in Italia, con Salvini al posto di Mussolini. E’ certo una domanda che dimostra la solidità culturale – e più precisamente – storica della Caricato. Si metta dunque in lista come prossima direttrice dell’ex-giornale cattolico Avvenire.  (https://www.rossoporpora.org/rubriche/papa-francesco/754-francesco-e-tornato-a-santa-marta-con-qualche-nota.html )

IL PAPA E VERONA/4. E qui ci riferiamo direttamente a Jorge Mario Bergoglio: due risposte, doppio sproloquio (almeno per come si intende comunemente il ruolo del successore di San Pietro). Primo: papa Francesco dice che di Verona non si è occupato. E con ciò tira uno schiaffo di poderosa misericordia ai tanti cattolici che si sono impegnati tra mille difficoltà e insulti nell’organizzazione delle giornate veronesi in difesa della famiglia. Prosegue papa Francesco, rilevando invece di aver letto quello che hanno scritto la Cei e Parolin, che avrebbe dato “una risposta giusta ed equilibrata”. Ma allora Jorge Mario Bergoglio se n’ è occupato! Poi: la risposta alla domanda a gamba tesa della Giansoldati è avvenuta con un tempismo invidiabile, come gentile omaggio alla seconda giornata del Congresso. Secondo: nella risposta di domenica alla domanda fintamente ingenua della Caricato, Jorge Mario Bergoglio (come già in altra occasione) ha detto di non capire la politica italiana, davvero, proprio così… E allora come mai, se non ne capisce niente, ha firmato l’anno scorso la petizione della ‘grande italiana’ Bonino (certo, vergognosamente grande nell’uso della pompa di bicicletta per aborti) e cattofluidi vari? Come mai il 15 febbraio scorso s’è messo compiaciuto la spilla “Apriamo i porti”, in polemica trasparente contro la politica del Ministro dell’Interno? Possiamo dedurre che se l’è messa proprio perché – come ammette lui stesso – non ci capisce niente, giusto per fare un favore all’amico don Nandino Capovilla? Il fatto è che Jorge Mario Bergoglio, quando (e lo fa spesso) indossa le vesti di capo di una fazione politica, danneggia gravemente non solo la sua credibilità, ma anche quella della Chiesa intera, demotivando sempre più cattolici e dando un pessimo contributo allo svuotamento delle chiese. E’ così e bisognerebbe proprio essere ottimisti ad oltranza per scorgere, al punto in cui siamo arrivati, una possibilità sia pur minima di cambiamento positivo nei comportamenti pubblici papali. Una curiosità: il Papa ha detto di aver letto di un ‘Family Day’ sull’Espresso … che sia la nuova voce istituzionale della Dottrina sociale della Chiesa (in uscita)?  

UN GIUDIZIO EQUILIBRATO SU VERONA/1: IMPERDIBILE ANCHE ALBERTO MELLONI, CHE DIRIGE LA FONDAZIONE PER LE SCIENZE RELIGIOSE GIOVANNI XXIII, (REPUBBLICA, 1 aprile 2019): Il mondo reazionario che occupa e cannibalizza i conservatori europei deve infatti espugnare il papato per poter consolidare l’Amalgama Nera  che per questo obiettivo salda la componente clericofascista del tradizionalismo cattolico, l’evangelicalismo suprematista antisemita e le correnti dell’ortodossia contaminate dall’autoritarismo. Una Amalgama trans confessionale il cui odio investe tutte le ossessioni dell’integrismo: donne ed ebrei, istituzioni democratiche e antropologie, libertà. Prepara la violenza di un mondo “cattolico e anticristiano” secondo la famosa formula mussoliniana che anziché praticarle opere di misericordia, pratica le  opere dell’anti-misericordia e come se non bastasse lo fa nominando davvero invano (per falsità, nell’ebraico) il Nome di Dio. (…) La segreteria di Stato ha spiegato la posta in gioco ai tanti cattolici familisti tentati dall’adesione: ed è stata ubbidita. Al di là di qualche pretonzolo repubblichino nessun nuovo consenso è cascato nella trappola mediatica. A questo punto diventa veramente difficile non premiare col podio anche Alberto Melloni, visto il concentrato di odio, disprezzo e corbellerie misericordiose riversate nell’editoriale di Repubblica’ Chi ha partecipato alle giornate pro-famiglia di Verona, per il noto storico (?????) la cui fondazione è mantenuta generosamente dai contribuenti italiani, odierebbe “donne ed ebrei, istituzioni democratiche ed antropologie, libertà”. Da non credere, eppure scripta manent. E gli sproloqui del coccolato Melloni (cattofluido tra i cattofluidi) saranno utili per chi vorrà tra qualche anno fare una ricerca sull’ignoranza nell’Italia degli Anni Venti (del XXI secolo). A proposito di ignoranza: sa il professor Melloni che “amalgama” è maschile (come rileva la Treccani, usare il termine al femminile è “meno corretto”)?

UN ALTRO GIUDIZIO EQUILIBRATO SU VERONA/2: IMPERDIBILI PURE LE DICHIARAZIONI DI GIGI DI PALO, PRESIDENTE DI UNA REALTA’ ASSOCIATIVA DI ENORME IMPATTO NELL’ITALIA CATTOFLUIDA, NIENTEPOPODIMENO CHE DEL ‘FORUM DELLE FAMIGLIE’.  Sentite un po’ che cosa ha detto ieri, primo aprile 2019 (vedi Avvenire’del 2 aprile): “Credo che queste settimane di polemiche siano state importanti per il futuro di questo Paese. Ora sappiamo come non si deve parlare di famiglia, di vita e di donne. Ora sappiamo che tolte quelle due piazze contrapposte che si alimentavano l’una dell’altra, c’è un mondo reale che vuole politiche per la famiglia e per la natalità e che ci si può mettere seriamente attorno ad un tavolo a lavorare”. E in un’intervista di Domenico Agassi junior (successore del Turiferario Maggiore a Vatican Insider, (2 aprile 2019) il De Palo ha risposto così sulle ragioni dell’assenza da Verona: “Abbiamo concordato questa linea con tutte le associazioni del Forum, con la Conferenza episcopale italiana e con il Vaticano. Come si è evinto, infatti, in questi giorni non c’è stato alcun intervento da parte delle realtà associative, né dal programma poteva risultare che qualche realtà associativa del Forum abbia preso parte all’evento”. Ma che dice il prode De Palo? “Abbiamo concordato…”: però il Papa ieri e ier l’altro ha detto di non essersene occupato e in più di non capire nulla di politica italiana… che la decisione di non partecipare in nessun modo sia stata presa all’insaputa di Santa Marta? E poi: siccome il Forum dipende finanziamente dalla Cei, il prode De Palo vuole ancora rassicurare tutti: nessuno dei vantati 582 enti che aderiscono al Forum e che rappresentano “quasi 5 milioni di famiglie” (crescete e moltiplicatevi…. come le decine di migliaia di presunti lettori cattolici di Avvenire…) ha partecipato al Congresso o alla Marcia. Da notare che, sulla falsariga del suo padrone card. Bassetti (quello che ‘traccia il solco’ o almeno regala la zappa ai dipendenti), anche il prode De Palo ciancia di “piazze contrapposte che si alimentavano l’una dell’altra”: ma il prode De Paolo conosce qualche articolo della Costituzione italiana? Sa che in Italia dovrebbe essere garantita la libertà di espressione? Sa che a Verona si difendeva la famiglia come descritta dall’articolo 29 della stessa Costituzione? Sa che questa piazza ha potuto esprimersi soltanto grazie all’impiego di imponenti forze di polizia? Sa che l’altra piazza, fanatizzata dalle Cirinnà, Boldrini, Bonino, Camusso, Turco e istigata dall’ignoranza storica di tipi come di Di Maio e dalla militanza lgbt di tipi come Spadafora covava il sogno (inespresso) di negare la libertà d’espressione alla prima piazza? Lo sa o finge di non saperlo, proclamando un’equidistanza che certo ora garantisce i soldi al suo ‘Forum’? Ora, oggi, forse domani, chissà dopodomani. Insomma anche il prode Di Palo merita il podio… facciamo ex-aequo!

UN ULTIMO GIUDIZIO EQUILIBRATO SU VERONA/3: IMPERDIBILE, MA NON E’ UNA NOVITA’, IL TURIFERAIO GUASTALAMESSA OVVERO LUCIANO MOIA (AVVENIRE). Dopo tutto quello che abbiamo già riportato di lui (e naturalmente del suo direttore, Tarquinio il Superbo, quello delle lamentazioni sulla ‘povera famiglia’ che sarebbe stata massacrata dal Congresso di Verona), basta in questa sede riandare a due scampoli della prosa di Moia di questi ultimi giorni. Il primo, apparso domenica 31 marzo, riguarda l’intervento al Congresso del patriarca siro-cattolico di Antiochia Ignazio III Yonan: “Disorientano un po’ le parole del patriarca siro-cattolico di Antiochia, Ignazio III Yonan, secondo cui per difendere la civiltà cristiana dall’invasione del multiculturalismo è urgente ‘aiutarli nelle loro terre’. Idee chiare anche a proposito della questione femminile per cui l’esempio dovrebbe arrivarci dal Medioevo: anche in quell’epoca, ha detto, “la donna era protetta come donna e come madre”. Che dire? Forse la pretesa del patriarca di parlare in italiano, lingua che non padroneggia al meglio, gli ha impedito di articolare meglio concetti che avrebbero avuto la necessità di essere presentati con più attenzione. Nel modo grezzo con cui li ha buttati in pasto al popolo del Congresso – che comunque gli ha tributato una standing ovation – sono risultati più o meno come pugni nello stomaco”. Sbaglierebbe chi ritenesse Moia spocchioso, supponente, maleducato e della stessa classe innata dei vignettisti Staino e Vauro?. Il secondo scampolo del Turiferario Guastalamessa (31 marzo, Avvenire.it): (sulle ‘modalità’ del Congresso, caratterizzato per) “la modalità caotica, i toni esacerbati, la volontà di contrapposizione, le scelte politiche tutte orientate soltanto sulla Lega (oltre a Giorgia Meloni), la rappresentanza internazionale proveniente al 90 per cento dall’Europa sovranista dell’Est. E quando le modalità sono costruite da una serie così rilevante di fattori inquinanti, anche la sostanza finisce per esserne intaccata e per suscitare reazioni scomposte ed esagerate”.  Prendiamo atto del fatto che per il misericordioso Moia (e dunque per ‘Avvenire’) Salvini e Meloni sono dei “fattori inquinanti”. Non basta: (sulla Marcia di domenica 31): “Alla sfilata dei 25mila “oppositori” di sabato ha fatto da contraltare stamattina la marcia delle famiglie voluta a conclusione della tre giorni del Congresso. Diecimila persone forse, in una prova di forza che non serve a nessuno, tantomeno ai problemi reali delle famiglie”. Da notare il compiacimento per i 25mila oppositori (oppositori tra virgolette, una spregiudicata interpretazione di Moia). Poi quel ‘forse’ tartufesco per inficiare anche la cifra di diecimila. Infine il giudizio drastico di chi sa di poter sentenziare: “prova di forza che non serve a nessuno, tantomeno ai problemi reali delle famiglie”. Ma se Avvenire la pensa (e la pensava già) in tal modo, perché ha dedicato all’evento così tanto spazio negli ultimi giorni (anche se per demonizzarlo, fingendo una tartufesca, indegna equidistanza)? Forse perché costrettavi dalle proteste di non pochi lettori? Un podio a Moia non si può proprio negare, anche se dovrà sgomitare per farsi largo tra calibri del tipo di Melloni e Giansoldati.

ALCUNE MENZIONI ONOREVOLI IN CONCLUSIONE
. Concita Di Gregorio, ex-direttrice dell’ Unità (anche lei può mettersi in lista per la direzione dell’ex-giornale cattolico Avvenire), sul suo blog: Alla vigilia del cosiddetto congresso mondiale delle famiglie che riunirà a Verona i massimi esponenti del Medioevo, fossili viventi… Medioevo, fossili viventi…beh, la menzione onorevole la nota, salottiera e presuntuosa radical-chic (editorialista di Repubblica) se l’è ben meritata!.
Amnesty International Italia. Alla vigilia del Congresso mondiale delle famiglie, Amnesty International Italia ha dichiarato che “programma, obiettivi e relatori coinvolti caratterizzano chiaramente l’incontro di Verona come un evento ostile ai diritti umani, in particolare ai diritti sessuali e riproduttivi e ai diritti delle persone Lgbti; un evento che non dovrebbe essere sostenuto da alcuna istituzione governativa, cui piuttosto spetta il dovere di garantire i diritti di tutte le persone”. Ancora: “Sabato 30 marzo Amnesty International Italia parteciperà al corteo e ad alcune iniziative della società civile, tra cui un convegno – in programma dalle 9 alle 13 presso l’Accademia dell’agricoltura, Lettere e scienze, via del Leoncino 6 – organizzato dall’International Planned Parenthood Federation European Network e Unione degli atei e degli agnostici razionalisti in collaborazione con Rebel Network e con una vasta rete di associazioni e movimenti, cui interverranno attiviste per i diritti umani provenienti da altri paesi”. Da notare il convegno organizzato dalla tristemente famosa Planned Parenthood (cliniche abortive con tutto quel che ne consegue). Menzione d’onore, purtroppo, anche a Amnesty International, un’organizzazione la cui credibilità è ormai scesa (da tempo) sottozero.
. Non una di meno (e anche per chi ha aderito all’appello di contro-manifestare: Se non ora quando; Cgil, Cisl, Uil, Anpi, Arci-varie categorie, Pd, Libera, Sinistra e Libertà, ecc…): “Disinfestiamo la città: da venerdì a domenica Verona sarà infestata da pericolosi germi infettivi, noi ci rifiutiamo di respirare quest’aria. Verona è malata da molti anni, infiltrata dal radicalismo di destra e dall’oscurantismo. Questo governo, con il supporto delle associazioni pro vita e dei gruppi di estrema destra, sta sistematicamente colpendo gli organi della democrazia del nostro paese: i diritti civili sono solo il primo obiettivo. Donne, gay, lesbiche, trans, migranti, chi non si adegua alla morale del tradizionalismo cristiano. Abbiamo scelto di usare la parola transfemminismo per indicare la volontà di andare oltre i confini geografici e la definizione di donna biologica. Per noi si parla di femminismi al plurale: ci rivolgiamo a tutti coloro che sono oppressi”. Disinfestiamo, germi infettivi… menzione obbligata anche per ‘Non una di meno’ e compagnia, compresi/e gli/le attivisti/e dell’arcipelago lgbtqia ecc… (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, queer, intersessuali, asessuali, ecc…) : tutti insieme per una Verona pulita, igienicamente sostenibile, libera dai miasmi mefitici del Medioevo. Menzione onorevole stra-meritata.
Monica Cirinnà, Livia Turco, Laura Boldrini sui feti di gomma (riproducenti fedelmente un feto a undici settimane) rimasti dopo l’ultima campagna di Notizie ProVita OnlusLa scoperta che dentro il Palazzo della Gran Guardia (che ospitava il Congresso) ci fossero anche esemplari in gomma di un feto di undici settimane, ha scatenato un’indignata apocalisse tra le esponenti politiche ferocemente ostili all’evento di Verona. Laura Boldrini: E’ semplicemente mostruoso fare un’operazione di questo genere. Monica Cirinnà: In un Congresso di oscurantisti esiste anche l’orrore, e un bambolotto a forma di feto dimostra l’orrore che queste persone hanno, loro sì, per la vita. Perfino la rediviva Livia Turco: E’ un gesto inaudito: distrugge un valore fondamentale della Costituzione. E’ un’esaltazione della natura e una mercificazione della persona. Un messaggio che nega i valori fondanti della nostra cultura. La Turco era, come le colleghe citate, sul palco di un convegno promosso tra l’altro da Cgil, Cisl, Uil svoltosi sabato mattina 30 marzo, moderato dalla scatenata attivista svizzera Natascha Lusenti  e propedeutico al ‘corteo transfemminista’ del pomeriggio.  Menzione onorevole anche per loro, per i veri e propri sproloqui proferiti – offensivi di natura, ragione, verità dei fatti - che confermano come avesse ragione Chesterton, prefigurando tempi di follia come i nostri. In cui non resta che testimoniare combattendo.
VERONA/FAMIGLIA: GRANDI TARTUFI, SQUADRISTI VECCHI E NUOVI - di GIUSEPPE RUSCONI –www.rossoporpora.org – 2 aprile 2019

  • INCESTO 2.0

Ecco la “famiglia” voluta da chi le fa la guerra

Matthew e il suo compagno gay Elliot decidono di avere un figlio. La mamma del primo, Cecile, oggi 61 anni, si offre da surrogata, mentre la sorella del secondo fornisce gli ovuli. Matthew mette lo sperma. Il 25 marzo Cecile dà alla luce una bambina, di cui è sia madre che nonna. Nel mezzo embrioni distrutti o congelati. E non basta. La lobby Lgbt usa questa storia per un altro obiettivo: l’utero in affitto pagato con i soldi di tutti.
«Stiamo creando il caos, e lo chiamiamo civiltà». Questo commento del giornalista americano Rod Dreher, autore del libro L’Opzione Benedetto, ben riassume la notizia che viene dalla città di Omaha, Stato del Nebraska, dove il 25 marzo è nata una bambina di nome Uma Louise, la cui mamma (una delle due, a voler essere precisi in tanto caos) è contemporaneamente anche sua nonna. Ricostruiamo la storia, raccontata in modo esteso su BuzzFeed News e rilanciata dalla Cnn a mo’ di bella favola, come notava già Il Timone.
Un paio di anni fa, Matthew Eledge e il suo compagno gay Elliot Dougherty decidono di avere un figlio. Un comune mortale si farebbe la domanda: come? No problem, oggi c’è l’utero in affitto. Matthew ed Elliot non hanno nemmeno bisogno di scomodare una delle famigerate agenzie che mettono sotto contratto le madri “surrogate”, perché la mamma del primo, Cecile, oggi 61 anni, si offre di sua sponte: «Se vuoi che sia io la gestante, lo farei in un attimo», dice al figlio Matthew, il quale a sua volta mette lo sperma. Per completare il quadro mancano gli ovuli, che vengono forniti dall’allora venticinquenne sorella di Elliot, Lea.
Il bombardamento ormonale produce due dozzine di cellule uovo, in 11 di esse viene iniettato il seme di Matthew, 7 si sviluppano in embrioni. Il processo di costruzione della vita in laboratorio prosegue con un altro passaggio: «La coppia ha deciso di pagare un extra per i test genetici pre-impianto, il che aiutava a determinare gli embrioni con maggiori probabilità di evolversi in un bambino sano», riferisce BuzzFeed News. Risultato? Dei sette embrioni di partenza ne rimangono tre. Della sorte degli altri quattro embrioni non viene detto nulla, ma la si può intuire: scartati e distrutti. Come semplici prodotti. In tutto questo ci viene fatto capire che pure Matthew ha un minimo di repulsione residua verso l’eugenetica perché vorrebbe una bambina ma al momento di poter scegliere quale embrione - se maschio o femmina - impiantare, manifesta disagio: «Non sono una persona super religiosa, ma ti senti come se stessi giocando a fare Dio. Tipo, sto scegliendo troppo?». Visto il contesto, è un po’ come se un’orda di devastatori sorvolasse sull’ultima casa dopo aver seminato distruzione in tutta la città, magari continuando la stessa attività altrove.
L’eugenetica sottostante ritorna subito dopo, quando Matthew dice ai medici di scegliere «il più sano» dei tre. E gli altri due embrioni? «Gli altri due sono “congelati” nel caso in cui la coppia volesse espandere la propria famiglia», spiega ancora BuzzFeed News, che malgrado avalli pienamente il sovvertimento antropologico deve esprimere con delle virgolette (“on ice”, traducibile pure come “in stand-by”, “sospeso”, che è esattamente ciò che avviene con queste piccole vite) la condizione - appunto da congelate - delle due sorelline di Uma Louise (i due embrioni sopravvissuti risultano infatti femmine).
La loro sorte di vite sospese non importa granché al mondo che celebra tutto questo come meraviglioso progresso, che poi è lo stesso mondo che ha attaccato con una ferocia dissennata il Congresso Mondiale delle Famiglie tenutosi a Verona, né importano le domande che potrà fare la piccola Uma Louise quando crescerà. Domande già ignorate sul nascere da chi sacrifica sull’altare dei propri desideri personali le realtà di “mamma”, “papà”, “matrimonio”, “famiglia”, “vita” accolta come dono, in breve le colonne portanti della società umana. Sostituite con un incesto 2.0, tutto concluso in laboratorio, che confonde al solo pensiero di voler ricostruire l’albero genealogico della bambina, piccola innocente.
Anche uno solo dei fatti osservati, ognuno dei quali lesivi della dignità umana(produzione della vita umana in laboratorio, selezione, distruzione e congelamento di embrioni), dovrebbe ricordare che il fine non giustifica i mezzi. E magari condurre a un rinsavimento generale. Invece, il grosso della cultura liberal saluta questi eventi come un superamento dei “tabù” o, al più, li riporta acriticamente. Il che equivale a divenirne complici, anche perché non si tratta ‘solo’ di fatti privati (con ingiustizie private), essendo chiaro l’obiettivo di scardinare il senso morale dell’intera società. Per rimanere al caso del Nebraska, la bambina è nata il 25 marzo e appena tre giorni dopo era comparso il lungo articolo di Shannon Keating, cioè, come si autopresenta, «the LGBT editor for BuzzFeed News», una redattrice ad hoc per le tematiche Lgbt. L’articolo è corredato di foto sia pre che post nascita, con Matthew ed Elliot intenti a preparare biberon, cuscini e vestitini per la piccola in arrivo, nel mezzo ai rassicuranti sorrisi di “mamma-suocera” Cecile: giusto per contribuire a normalizzare l’idea dei “due papà”.
Ma la studiata propaganda gay non si ferma qui, perché l’altro obiettivo è elevare la fecondazione artificiale - utero in affitto incluso - a bene sociale, quindi da finanziare con le tasse di tutti. «Penso sia triste che l’IVF (fecondazione in vitro, ndr) sia una procedura esclusiva per coloro che possono permettersela», dice Matthew, tirando fuori il classico cavallo di battaglia che ha fatto espandere l’industria della vita in provetta. «E per le coppie queer è una sfida particolare», aggiunge l’uomo, con la redattrice che gli dà manforte spiegando le ristrettezze economiche a cui ha dovuto far fronte questa coppia gay, i 40.000 dollari spesi per l’intera procedura, la difficoltà a vivere in uno Stato come il Nebraska dove i costi per l’IVF sono coperti solo in parte o, nel caso della maternità surrogata, per nulla. Eccetera, eccetera.
Del resto, anche in Italia l’eterologa - cugina prima dell’utero in affitto - è entrata nei Livelli essenziali d’assistenza, mentre dagli stessi Lea vengono esclusi metodi cattolici per rimuovere le cause dell’infertilità e mentre il ministero studia tagli per i malati di sclerosi multipla e di altre malattie neurodegenerative: giusto per ricordare che i “nuovi diritti” non sono mere aggiunte, ma comprimono quelli veri. E con questo andazzo è logico che non reggerà molto, vista la legge sulle unioni civili, il divieto per le coppie gay di accedere alla fecondazione artificiale (la quale di per sé è sempre immorale). Insomma, il nuovo fronte è aperto: la lobby Lgbt non vuole semplicemente legalizzare ovunque l’utero in affitto, vuole anche che i costi ricadano sull’intera collettività. Non basta tutto l’orrore già contenuto nella storia del Nebraska: la spinta è spostare il limite sempre un po’ più in là. La speranza è invece che una vicenda del genere convogli nuove forze a difesa della famiglia.
Ermes Dovico

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