Satana divora le anime mediante la concupiscenza. Il Diavolo esiste checché ne dicano certi sacerdoti senza fede: al di sopra del male ordinario di cui sono capaci gli uomini c’è un male straordinario, sopranaturale: il Diavolo
di Francesco Lamendola
Scriveva Maria Valtorta subito dopo la Comunione del mattino di venerdì 12 maggio 1944, sempre straziata da dolori insopportabili e da crisi cardiache molto gravi (da: M. Valtorta, I Quaderni del 1944, Isola del Liri, Pisani Editore, 1980, pp. 343-344):
… Il leone, ho detto, conosce le abitudini, le studia per conoscerle, di quelli che vuole sbranare.È intelligentissimo.Comprende subito.ANCHE SATANA È INTELLIGENTISSIMO E COMPRENDE SUBITO. È sempre un angelo. Decaduto ma rimasto tale nella mente che usa ora per il male mentre gliel’avevo data potente per operare il bene. Il leone sa che le sue prede vanno a dissetarsi a sera alle vene d’acque che rigano le terre arse di sole. Sa a quali pascoli vanno per brucare l’erba folta. Sa quando l’uomo torna dal lavoro alle sue dimore. Non ha che scaglionarsi lungo queste tappe.
Desiderio di sollievo fisico o imprudenza umana portano uomo e animali verso le sue zanne inesorabili. Ecco le miti gazzelle e le svelte antilopi, così caute e timorose nel giorno, farsi ardite a sera. La sete, la fame le spingono. E vanno incontro alla morte. Ecco l’uomo, troppo avido di guadagno, attardarsi ancora per lavorare oltre il tramonto. E la morte lo ferma per sempre al ritorno. Ecco l’appetito carnale spingere due fuori del riparo dell’abitato per trovare ricovero ai loro illeciti amori. E la belva scioglie in eterno ciò che la loro lussuria aveva allacciato. Ma in terre africane o nelle regioni dei ghiacci è sempre lo stesso pungolo, fatto di tre punte, quello che spinge gli uomini verso l’unghiata di Satana. È sempre concupiscenza di carne, di denaro, di potere, quello che vi mette alla portata di colui che “come leone ruggente” vi gira intorno instancabile (1 Pt 5,8).
Ricordatevi che anche Io fui tentato nella carne con la fame delle viscere e con l’offerta del cibo carnale ai miei sensi, nella mente con l’avidità di potere, nello spirito con l’inculcarmi di tentare Iddio. L’imprudenza è tentazione verso Dio.
Sappiate imitarmi. Fate fuggire Satana imitando Gesù, Maestro vostro. “Non di solo pane vive l’uomo, ma della parola di Dio”. “Non tenterai il Signore Iddio tuo”. “Adorerai il Signore Dio tuo e Lui solo servirai” (Mt 4, 1-11; Mc 1, 12-13; Lc 4, 1-13).
Fasciate la carne e lo spirito con le bende intrise di aromi della Legge di Dio. Chi vive avvolto di esse preserva la sua carne e il suo spirito dai germi che portano putrefazione di morbi e di morte…
Sul piano dell’educazione morale, oggi si vedono i frutti malefici della stagione del Concilio e del ’68. Sì, mettiamo insieme questi due eventi e nessuno se ne meravigli: come abbiamo più volte sostenuto, non solo il Concilio prepara il ’68, ma ne è la logica premessa e il presupposto ideologico!
Il giorno prima, con un’altra locuzione interiore, più lunga e articolata, Gesù le aveva esposto lo stesso concetto, ampliando la similitudine della Prima lettera di Pietro: Satana è simile a un leone ruggente, che se ne va in giro cercando anime da divorare; ma le anime che egli divora, non senza loro imprudenza son finite tra i suoi artigli e sotto le sue zanne: sono state imprudenti, perché hanno acconsentito di essere tentate. E chi si lascia tentare dal Diavolo non ha scampo: il Diavolo è intelligentissimo, perché possiede una mente sovrumana, la stessa mente che fu data agli Angeli, e che egli, ora, adopera per un fine perverso. Non vi è altro scampo dalla sua astuzia e dalla sua furia selvaggia, se non la prudenza e il tenersi fuori dalla portata delle sue tentazioni: ma chi soggiace alla lussuria, all’avidità e alla superbia, inevitabilmente finisce per cadere miseramente in suo potere. Il concetto è chiaro: nessuno commette peccato senza colpa: chi pecca, sa quel che sta facendo; ma la caduta nel peccato è preceduta e preparata da una colpevole leggerezza, da una sottovalutazione del pericolo e da una imprudente sopravvalutazione di sé. Non si pecca all’improvviso, ma al termine di un processo di caduta e di allontanamento da Dio. Allontanandosi da Lui, l’uomo perde il senso delle proporzioni e scambia se stesso per un piccolo dio: pensa di poter fare ciò che vuole, di non correre alcun pericolo; e non si rende conto che tutta la sua forza e la sua intelligenza sono nulla a paragone dell’astuzia e della forza del leone.
Il Diavolo è intelligentissimo, perché possiede una mente sovrumana, la stessa mente che fu data agli Angeli!
È da molto, da troppo tempo che una gran parte del clero ha smesso di parlare di queste cose. Parlare del peccato è male, perché implica, necessariamente, parlare delle conseguenze del peccato: conseguenze terribili per il destino dell’anima. Perciò, come dice il servita Ermes Ronchi, la Chiesa non deve più far leva su una pedagogia della paura. Lasciamo allora questi discorsi relegati nelle pagine dei vecchi libri di teologia morale e andiamo avanti, fiduciosi, sulla via segnata dal Concilio Vaticano II: la via dellemagnifiche sorti e progressive, che ignora i pericoli e sottovaluta le minacce. Non ci sono più pericoli? Non ci sono più minacce? Eppure, Gesù Cristo non ha mai fatto simili discorsi: ai suoi discepoli, ha detto: Ecco, io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi: siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe (Matteo, 10, 16). E allora, se il nostro modello è Gesù; se il nostro testo è il Vangelo; se crediamo a Gesù e al Vangelo prima che a qualsiasi altra cosa, dobbiamo ricordare le sue Parole: prudenza e semplicità di cuore, ossia purezza. La prudenza per discernere i pericoli; la purezza, per prevenirli. Prevenire è meglio che curare; dunque, la purezza in primo luogo. La purezza è tenersi lontano dalle tentazioni, vivendo nella Grazia di Dio e uniformandosi alla sua Volontà. Chi prende a modello Gesù Cristo, chi cerca di fare sempre la volontà del Padre, non cade in tentazione: la tentazione arriva quando l’anima è distratta, pigra, accidiosa; quando ci si dimentica che la vita è una lotta, e che il male è sempre in agguato. Ricordare questa realtà significa fare una pedagogia della paura? Non più di una madre che insegna al suo bambino a non fidarsi degli sconosciuti, a non seguire chi lo alletta offrendogli le caramelle. Era pedagogia della paura, quella delle nostre mamme? Niente affatto: era la sana pedagogia delle sane madri di una volta, che conoscevano i pericoli della vita e non volevano cullare i loro figli in un illusorio senso di sicurezza, ma prepararli alle difficoltà e alle insidie della vita. Quelle madri hanno prodotto una generazione di bambini traumatizzati, di futuri adulti pieni di complessi? Non ci risulta. Ci risulta, al contrario, che i bambini troppo a lungo cullati e coccolati da genitori iperprotettivi, e mai abituati a sbrigarsele da soli, sono diventati degli adulti pieni di problemi, per se stessi e per gli altri.
Il Diavolo esiste, checché ne dicano sacerdoti senza fede come Sosa Abascal. La prima prova che Gesù ha dovuto affrontare, prima ancora d’iniziare il suo ministero pubblico, è stato misurarsi con il Diavolo e le sue tentazioni!
È inutile girarci attorno: il male esiste nel mondo terreno; anche se, filosoficamente parlando, non è che mancanza di bene. Ma esiste il pericolo che esso rappresenta, esistono le sofferenze di cui è causa, ed esistono le sue terribili conseguenze, cui talvolta è impossibile rimediare. Inoltre, il male si presenta di solito come una contraffazione del bene. Il lussurioso, l’avaro e il superbo, cercano ed inseguono un qualche fantasma di bene, ma intanto sprofondano nell’inferno delle loro passioni disordinate. E al di sopra del male ordinario, quello di cui sono naturalmente capaci gli uomini, accecati da un miraggio di bene capovolto, c’è il male straordinario, il male sopranaturale: il Diavolo. Il Diavolo esiste, checché ne dicano sacerdoti senza fede come Sosa Abascal. La prima prova che Gesù ha dovuto affrontare, prima ancora d’iniziare il suo ministero pubblico, è stato misurarsi con il Diavolo e le sue tentazioni. Lo ha affrontato e lo ha vinto in virtù della sua fede incrollabile nel Padre, mettendolo in fuga. Ma non è stata una vittoria definitiva. Gesù ci ha insegnato come si vince il Diavolo: con la vita pura, con la fede in Dio e con la preghiera; ma non lo ha vinto per sempre. Lo vincerà per sempre quando ritornerà, il giorno della Parusia: per intanto, la battaglia continua. Il Diavolo, intelligentissimo, non cessa mai di spiare la nostra vita interiore, le nostre debolezze, pronto a cogliere un varco per insinuarsi. Una volta che sia riuscito a socchiudere la porta, ci sono poche speranze di cacciarlo: la battaglia è già persa. Colui che lascia la porta socchiusa è simile a una sentinella negligente, che non chiude il portone della cittadella, pur sapendo che il nemico, al di fuori, non aspetta altro. Quando è accaduto che abbiamo smarrito, come cristiani, la coscienza che il Diavolo è fuori della porta e attende solo una nostra distrazione, attende solo che ci dimentichiamo l’uscio socchiuso? Quando abbiamo smesso di essere coscienti del pericolo che ci minaccia, e abbiamo smarrito la consapevolezza che tutta la vita terrena dell’uomo non è che una battaglia incessante fra il bene e il male, fra la luce e le tenebre? Fino agli anni del Concilio, la Chiesa insegnava queste verità con molta chiarezza e con una certa forza (qualcuno direbbe: enfasi). Non ci risulta che ciò abbia prodotto chissà quali scompensi psicologici, se non nei soggetti che vi erano predisposti: perché esistono delle nature predisposte al disordine psichico, e non bisogna fare l’errore di riversar la colpa sulla prima agenzia educativa che ci capita a portata di mano, la famiglia, la scuola, la Chiesa. Al contrario, ci sembra che il sistema educativo vigente fino all’inizio degli anni ’60, Chiesa compresa, abbia prodotto persone solide, con la testa sulle spalle e con una forte coscienza morale: persone che si sarebbero vergognate di dire una bugia, di mettere in tasca una cosa altrui, di mancare alla parola data. Persone che pensavano per prima cosa al dovere, e solo in un secondo tempo, eventualmente, al proprio piacere. Mariti capaci di abnegazione verso le mogli, e mogli capaci di abnegazione verso i mariti; genitori capaci di abnegazione verso i figli, e figli rispettosi verso i loro genitori e coscienti dei propri doveri. Mentre ora, con le pedagogie “facili”, col fatto di non rimproverare mai i figli quando sbagliano, di non stabilire mai delle regole da rispettare, di non fissare mai dei paletti fra il lecito e l’illecito, la nostra società sta raccogliendo gl’inevitabili frutti del lassismo, del buonismo e del permissivismo: persone che non sanno badare a se stesse, che non sanno sbrogliarsela nella vita, che si perdono anche in situazioni tutt’altro che disperate.
Il sistema educativo vigente fino all’inizio degli anni ’60, Chiesa compresa, ha prodotto persone solide, con la testa sulle spalle e con una forte coscienza morale: persone che si sarebbero vergognate di dire una bugia, di mettere in tasca una cosa altrui, di mancare alla parola data. Persone che pensavano per prima cosa al dovere, e solo in un secondo tempo, eventualmente, al proprio piacere. Mentre ora possiamo vedere i risultati delle pedagogie “facili”! Possiamo vedere i risultati del Concilio Vaticano II e del '68!
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