ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 26 aprile 2019

“Barbari intra muros”

Dove erano i muri?



Nel suo recente intervento sugli scandali sessuali e la pedofilia nella Chiesa [1], il Cardinale Ratzinger [2] ha indicato il maggio ‘68 come il principale fattore scatenante di questi scandali nella Chiesa stessa. Ebbene, i Romani, prima dell’invasione dei Barbari, parlavano di: “Barbaros extra muros”, e allora noi oggi non possiamo non chiederci: dove sono i muri che avrebbero potuto impedire che la rivoluzione del ‘68 entrasse nella Chiesa?

Il Papa attuale non smette di condannare i muri, ma è proprio la mancanza di muri che permise alla barbarie del ‘68 di invadere la Chiesa, senza alcuna resistenza. Si potrebbe dire che essa è entrata per la porta principale, ma i muri non c’erano, e non c’erano neanche cancelli e sentinelle in grado di fermare l’invasione ed evitare i suoi effetti nella Chiesa.
Ora, chiunque abbia un minimo di conoscenze teologiche sa che il maggio ‘68 maggio fu speculare a ciò che la Chiesa stessa visse in quel tempo con la Nouvelle Théologie già condannata da Pio XII [3], questa infatti, col pontificato di Giovanni XXIII e di Paolo VI e col Concilio Vaticano II riuscì a prendere il potere e a diventare norma nella Chiesa.
La Nouvelle Théologie portò con sé una Nouvelle Moral [4], che in linea generale è la stessa di quella veicolata dalla rivoluzione del maggio ‘68, tanto che possiamo affermare che il Concilio Vaticano II ha rappresentato per la Chiesa ciò che il maggio ‘68 ha rappresentato per la società civile. Mentre il motto del maggio ‘68 era “vietato vietare”, la Chiesa, astenendosi dal condannare il condannabile col Concilio Vaticano II, ha finito col produrre il motto “condannato condannare”. Si trattò di usare la direttiva data da Giovanni XXIII nel suo discorso di apertura del Concilio Vaticano II (VII – In che modo vanno combattuti gli errori [5]): usare la medicina della misericordia. Combattere l’errore con la misericordia è lo stesso che fare discutere un Templare col suo avversario prima di sconfiggerlo in battaglia.

Il lungo perdurare degli abusi sessuali e degli scandali della pedofilia nella Chiesa è dovuto proprio a questa applicazione della misericordia nei confronti dell’errore: è evidente che applicando la misericordia all’errore, si finisce con l’usarla anche con l’errante. Il dilemma della gerarchia è stato quindi: come possiamo condannare severamente l’errore, e insieme l’errante, come ha fatto spesso la Chiesa, se ad entrambi è dovuta solo e semplicemente la misericordia?
Ora, l’esperienza dimostra quanto sia vero ciò che era già previsto dalla giusta ragione: tra il pedofilo e la sua vittima, soprattutto il minore, non si costruiscono ponti, ma muri, e muri i più alti possibile, per impedire l’azione dell’aggressore. Applicare la misericordia all’errore della pedofilia è un’assurdità, e forse è questa assurda concezione della misericordia che spiega il silenzio usato da Francesco nei confronti di Mons. Viganó.
La misericordia di Francesco verso i pedofili è nota, ed è chiaro che se c’è misericordia contro i pedofili è perché prima, secondo il principio conciliare, essa è stata applicata la pedofilia.

L’uso che è stato fatto della misericordia a partire dal Concilio Vaticano II è contrario alla giusta ragione: è irrazionale. Cosa dimostrata dall’applicazione di essa agli errori della pedofilia e dell’omosessualismo; e in questa falsa applicazione sono impliciti tutti i problemi conciliari: teologici, morali, liturgici o disciplinari. Il tutto realizza un’enorme assurdità: la misericordia viene usata al posto della giusta pena dovuta, nella maggior parte dei casi preceduta dal pentimento dei colpevoli. E’ quello che ci insegna, ad esempio, il caso del re Davide che commette adulterio: non c’è dubbio  che egli non avrebbe ottenuto misericordia da Dio se prima non si fosse pentito; ma oggi, secondo la concezione conciliare, egli avrebbe ricevuto misericordia senza nemmeno recitare il Miserere mei Deus.
Ora, non v’è dubbio che Dio è misericordioso, ma è altrettanto indubbio che Egli è giusto. Dio non può contraddirsi, e quindi non ha senso pensare che promulghi leggi che verrebbero automaticamente annullate dalla Sua misericordia. Dio concede la misericordia, ma questa è legata alla libera scelta della persona, non è un diritto, come è stato insegnato dal Concilio Vaticano II, quasi fosse un principio assoluto. E tale supposto principio, tra l’altro, annulla praticamente il potere delle chiavi conferito da Nostro Signore a San Pietro. Infatti, se la misericordia è automatica e assoluta, chi ha bisogno di un Apostolo, di un Sacerdote, di un Vescovo e di un Papa che perdonino i suoi peccati?

Sant’Agostino diceva: “Quale morte peggiore per l’anima della libertà dell’errore?”. E’ sempre stata tradizione della Chiesa che l’errore non ha diritti, ma quando si incomincia ad usare la misericordia con l’errore, principio guida di un Concilio Ecumenico, un assoluto, ecco che l’errore acquista piena libertà. Evidentemente ciò che è oggetto di misericordia non viene più combattuto, e questo spiega, ad esempio, ciò che il cardinale Ratzinger dice nel suo articolo quando scrive:
Papa Giovanni Paolo II, che conosceva molto bene la situazione della teologia morale e la seguiva da vicino, fece preparare un lavoro per un’enciclica che potesse rimettere a posto queste cose. Essa fu pubblicata con il titolo Veritatis splendor il 6 agosto 1993 e scatenò veementi reazioni da parte dei teologi morali. In precedenza, il “Catechismo della Chiesa Cattolica” aveva già presentato in modo convincente e in maniera sistematica la morale proclamata dalla Chiesa. 
Non potrò mai dimenticare che Franz Böckle – allora il principale teologo morale tedesco, che era ritornato nella nativa Svizzera dopo il pensionamento -, in vista delle possibili decisioni dell’enciclica Veritatis splendor, dichiarò che se l’Enciclica avesse stabilito che ci sono azioni che sempre e in ogni circostanza vanno considerate malvagie, egli avrebbe contestato la cosa con tutte le risorse a sua disposizione.
Fu Dio, il Misericordioso, che gli impedì di mettere in pratica il suo proposito: Böckle morì l’8 luglio 1991. L’Enciclica fu pubblicata il 6 agosto 1993 e conteneva in effetti l’affermazione che ci sono azioni che non possono mai diventare buone.

Lo ripetiamo: La Nouvelle Théologie portò con sé una Nouvelle Moral, già condannata da Pio XII e dal Sant’Uffizio su suo mandato [6]. Dunque, Giovanni Paolo II e lo stesso Ratzinger, che dicono di aver conosciuto molto bene e di aver seguito da vicino la situazione in cui si trovava la teologia morale, dovevano  conoscere questa condanna, eppure il cardinale Ratzinger dimostra di non conoscerla ancora!

Ricordiamo il caso di Mons. Geremia Bonomelli che inviò al Papa Pio X, per il suo 80esimo compleanno, una copia del suo recente libro “Profilo di tre personaggi italiani e moderni” su tre senatori italiani dell’epoca: Thaon di Revel, Tancredi Canonico e Antonio Fogazzaro, quest’ultimo condannato dallo stesso San Pio X per modernismo.  Il libro era accompagnato da una lettera a cui Pio X rispose con una sua lettera intitolata  “Rispondo punto per punto”. In essa, il santo Papa rispose quanto oggi si può leggere sul resoconto pubblicato dal periodico antimodernista SI SI NO NO:
Nella sua Lettera di risposta papa Sarto [Giuseppe Melchiorre Sarto, nome di nascita del santo], esprime stupore e disappunto per il fatto che il Vescovo di Cremona presenti la vita e le opere di tre personaggi in odore di modernismo, di cui uno condannato formalmente, senza che esprima alcun giudizio sulla loro ortodossia dottrinale. Quindi San Pio X rinnova la condanna del modernismo con parole molto forti e risponde all’accusa rivoltagli dal Bonomelli di essere troppo severo nei confronti del modernismo e dei modernisti. Infine affronta il problema della “Questione romana” sollevata dal Bonomelli nella sua lettera [7].

Le circostanze sono diverse, ma hanno dei punti in comune, sono analoghe. In entrambi i casi c’è un diverso grado di gravità, ma mentre Mons. Geremia Bonomelli ricevette una risposta, come Antonio Rosmini e tanti altri, Franz Böckle non ricevette alcuna risposta dalla Chiesa su quanto dichiarò; come non ha ottenuto risposta Mons. Viganó, e non ottenne risposta il Breve esame critico dei cardinali Ottaviani e Bacci, né i lavori teologici di Mons. Lefebvre e di molti altri [8]. Il giudizio della Chiesa è uno strumento della misericordia di Dio, ma non è stato così dal Concilio Vaticano II in poi. Franz Böckle morì in stato di errore grave, si può dire che ricevette misericordia, trovandosi in spirito di ribellione contro la Chiesa? Giunse alla salvezza?

Come con Franz Böckle, ci sono stati e ci sono decine e centinaia di altri che nella Chiesa si trovano in errore. Per esempio: nel Collegio dei Cardinali ce ne sono di atei, protestanti, comunisti, che la Chiesa non corregge, preferendo applicare la misericordia sia all’errore sia all’errante, così da convalidare la loro falsa dottrina, senza alcun obbligo per loro di aderire alla fede cattolica. Cosa che si è verificata con Franz Böckle, che pur avendo respinto la dottrina della Chiesa è morto in comunione con essa.
E’ seguendo questa prassi dell’uso della misericordia con l’errore, che si traduce nella convalida dell’errata dottrina, che è stato formato il Collegio di Cardinali che annovera nel suo seno uomini che non hanno la fede cattolica, quasi a lasciar intendere  che non sia più necessario avere la fede cattolica.
Al cospetto di tale situazione, parafrasando il detto degli antichi Romani, possiamo esclamare: “BARBAROS INTRA MUROS!”, purtroppo non più seguita da alcuna reazione.
San Pio X vide i Barbari dentro le mura e reagì con tutto quanto gli era possibile per costringerli a venire allo scoperto [9]. Oggi i Barbari sono riconosciuti come cattolici, come si legge nelle parole del Cardinale Ratzinger. A Franz Böckle non venne chiesto alcun tipo di assenso alla fede e alla morale cattolica, l’autorità non lo disturbò in alcun modo, nonostante la sua manifesta opposizione. Un lupo che ulula non è più riconosciuto come tale dai Pastori della Chiesa. La misericordia applicata all’errore porta i non cattolici al sacerdozio, all’episcopato e al cardinalato, e cosa impedisce allora che un errante diventi Papa e con lui venga intronizzata la misericordia applicata all’errore?

La tesi dell’influsso della rivoluzione del maggio 1968, avanzata dal Cardinale Ratzinger, fa il paio con la sua tesi del Concilio stravolto dai media. Sembrerà eccessivo, ma in effetti è facile dedurre che come i media avrebbero carpito il Concilio Vaticano II alla Chiesa, così la morale cattolica sarebbe stata carpita dalla Chiesa al maggio 1968. Al punto che possiamo concludere dicendo che una Chiesa senza muri non ha alcun controllo su ciò che entra e ciò che esce, non ha vigilanza, non ha sentinelle, quindi è facile far man bassa in essa. Ed è esattamente questo che rese possibile l’ingresso del fumo di Satana nel tempio di Dio, come disse Paolo VI, ingresso avvenuto da qualche fessura, che in realtà era ed è tutt’altro che una semplice fessura!

E’ la credenza nella misericordia da applicare all’errore, intesa come un assoluto, con cui si elimina la parte di colpa personale di chi la applica, che rientra a pieno titolo nella diagnosi del Cardinale Ratzinger.
In tale situazione non ci resta che recitare un Confiteor al posto del Cardinale Ratzinger e di tutte le autorità della Chiesa postconciliare.

NOTE

1 – Benedetto XVI, La Chiesa e lo scandalo degli abusi sessuali.
2 - Diamo a Ratzinger il titolo di Cardinale, perché, come lui stesso ha insegnato: “Il Papa non è una specie di monarca assoluto che governa da solo, ma lo fa in comunione con tutti i vescovi”. Sembra che la cosa più importante per il teologo Ratzinger non sia la funzione rappresentativa, ma la preghiera, che è elemento centrale. Il suo, quindi, è solo un ritiro parziale, perché dalla cosa più importante, la preghiera, egli non si ritira.
3 – Enciclica Humani Generis di Pio XII.
4 – Dalla Nouvelle Théologie alla morale di situazione.
5 – Giovanni XXIII, Discorso di apertura del Concilio Vaticano II.
6 – Condanne di Pio XII alla morale di situazione:
- Radiomessaggio in occasione della “Festa della famiglia”, 23 marzo 1952.
http://w2.vatican.va/content/pius-xii/it/speeches/1952/documents/
hf_p-xii_spe_19520323_la-culla.html
- Discorso ai partecipanti al Congresso della Federazione Cattolica Mondiale della Gioventù Femminile – 18 aprile 1952
http://www.unavox.it/Documenti/Doc1239_Pio_XII_
Condanna_morale_situazione.html
- Discorso ai partecipanti al Congresso Internazionale di Psicoterapia e di Psicologia Clinica, 13 aprile 1953. Testo in francese:
http://w2.vatican.va/content/pius-xii/fr/speeches/1953/documents/
hf_p-xii_spe_19530413_psicoterapia.html
- Decreto del Sant’Uffizio del 2 febbraio 1956 (AAS n° 48, 1956, pp. 144-145)
http://www.vatican.va/archive/aas/documents/AAS-48-1956-ocr.pdf
8 – Forse questa attitudine al silenzio si spiega col convincimento che vi sia una naturale capacità di abbandonare l’errore, come insegnava Giovanni XXIII nella sua enciclica Pacemin Terris (n° 83):
«Non si dovrà però mai confondere l’errore con l’errante, anche quando si tratta di errore o di conoscenza inadeguata della verità in campo morale religioso. L’errante è sempre ed anzitutto un essere umano e conserva, in ogni caso, la sua dignità di persona; e va sempre considerato e trattato come si conviene a tanta dignità. Inoltre in ogni essere umano non si spegne mai l’esigenza, congenita alla sua natura, di spezzare gli schemi dell’errore per aprirsi alla conoscenza della verità. E l’azione di Dio in lui non viene mai meno. Per cui chi in un particolare momento della sua vita non ha chiarezza di fede, o aderisce ad opinioni erronee, può essere domani illuminato e credere alla verità. Gli incontri e le intese, nei vari settori dell’ordine temporale, fra credenti e quanti non credono, o credono in modo non adeguato, perché aderiscono ad errori, possono essere occasione per scoprire la verità e per renderle omaggio».
9 – San Pio X scrisse l’Enciclica Pascendi Dominici Gregis, ordinò la promulgazione del Decreto Lamentabili Sine Exitu e del Giuramento Antimodernista. Creò il Sodalitium Pianumper far venire allo scoperto gli “Haeretici intra muris”.

di
 Gederson Falcometa

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