Ambiguità su Vincent, è l'ecumenismo dell'eutanasia
Dopo la morte del 42enne disabile francese, è stata resa nota una Dichiarazione congiunta di sei responsabili religiosi (due cattolici) della città di Reims. I firmatari sono il rabbino Amar, l’imam Bendaoud, i pastori protestanti Langlois e Geoffroy, l’arcivescovo de Moulins-Beaufort e il suo ausiliare Feillet. Dal documento pare proprio che i sei ritengano che aver dato acqua e cibo a Lambert fosse accanimento terapeutico. Segno della dinamica involutiva, anche in casa cattolica, rispetto ai principi non negoziabili, che sta portando all’accettazione supina dell’eutanasia.
A seguito della morte di Vincent Lambert è stata resa nota una Dichiarazione congiunta di sei leader religiosi della città di Reims, città dove è stato ucciso il paziente quarantaduenne. I firmatari sono il rabbino Shlomo Amar; Aomar Bendaoud, imam della Grande Moschea; i pastori Xavier Langlois e Pascal Geoffroy, della Chiesa protestante unita di Francia; l’arcivescovo Eric de Moulins-Beaufort e il vescovo ausiliare Bruno Feillet. Di questa dichiarazione tralasciamo le affermazioni di principio, tanto ricche di buoni sentimenti quanto assai vaghe. Concentriamo la nostra attenzione invece su alcuni passaggi critici.
Primo passaggio problematico: “Oggi il nostro pensiero è rivolto con intensità a coloro che si sono presi cura del signor Lambert: i medici e le équipe dell'ospedale di Reims, così come gli avvocati e i magistrati che erano incaricati di chiarire la situazione del signor Lambert”. Prego? Ma lor signori che trattano del sacro non hanno compreso che i soggetti prima elencati non si sono presi cura di Vincent, ma si sono presi cura di ucciderlo?
La domanda retorica trova risposta nel secondo passaggio problematico di questa dichiarazione congiunta: “Riconosciamo senza riserva che appartiene alla dignità di ogni essere umano rinunciare a trattamenti ritenuti non necessari, sproporzionati o suscettibili di causare un ulteriore stato di sofferenza, a condizione che tale decisione non metta in pericolo la vita di nessun altro”. Sorvoliamo sull’espressione “suscettibili di causare un ulteriore stato di sofferenza” perché non tutti i trattamenti che incrementano la sofferenza di un paziente configurano ipso facto accanimento terapeutico o sono contrari alla dignità personale e sorvoliamo sulla bizzarra espressione “a condizione che tale decisione non metta in pericolo la vita di nessun altro” (e se l’interruzione di trattamenti ritenuti accanimento terapeutico attentasse alla vita del paziente stesso, non si dovrebbe allora considerare tali trattamenti proporzionati?).
Sorvoliamo su tutto questo e domandiamoci: secondo i sei saggi di cui sopra, tra cui ahinoi due alti prelati cattolici, i trattamenti a cui era stato sottoposto il povero Lambert configuravano accanimento terapeutico? Pare proprio di sì, dal momento che il loro pensiero affettuoso è rivolto anche ai medici che hanno preso in carico il caso di Lambert e dal fatto che la Dichiarazione afferma che “la situazione di Lambert era singolare. Pertanto, le decisioni adottate non possono essere trasposte in quanto tali a casi apparentemente simili”. Ciò a dire: qui acqua e cibo non erano da intendersi come mezzi di sostentamento vitale come accade nella maggior parte dei casi, bensì erano terapie sproporzionate.
Ma abbiamo spiegato più volte che nel caso di Lambert idratazione e nutrizione assistite erano trattamenti proporzionati perché soddisfacevano il fine loro proprio, che era quello di mantenere in vita il paziente. Per i sei leader religiosi, al pari dei medici e giudici che hanno condannato a morte Lambert, invece mantenere in vita una persona fortemente disabile, nutrendola e idratandola, è accanimento terapeutico.
Infine un’affermazione che, a voler essere davvero tanto generosi, appare perlomeno ingenua: “Il nostro Paese ha finora cercato di trovare un modo equo per sostenere al meglio, nel contesto altamente tecnico in cui viviamo, le persone alla fine della loro vita e coloro che sono parzialmente o totalmente privi di capacità comunicative”. Proprio il caso Lambert invece prova come la Francia non solo stia percorrendo a rotta di collo il pendio scivoloso dell’eutanasia, bensì si sia gettata nel vuoto del dirupo della “dolce morte”.
Questa dichiarazione prova ancora una volta che anche in casa cattolica - come accennato, due firmatari della stessa sono vescovi cattolici - la dinamica involutiva relativa ai principi non negoziabili ha seguito delle precise tappe. Prima il rifiuto netto di eutanasia, aborto, eccetera. Siamo nel periodo in cui pontefici erano Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Poi il silenzio omertoso. Il periodo è quello dei primi anni di pontificato di Francesco. Poi l’accettazione supina. Il periodo è quello attuale, il periodo di eutanasia della Chiesa.
Tommaso Scandroglio
http://www.lanuovabq.it/it/ambiguita-su-vincent-e-lecumenismo-delleutanasia
Vincent Lambert: un omicidio di Stato
Vincent Lambert è morto. È deceduto lunedì 11 luglio alle 8.24. Qualcuno lo ha considerato come una vittima dell’accanimento terapeutico, ma sarebbe più giusto parlare di accanimento mediatico. Si è voluta la sua morte per dare un esempio, pe «far cambiare le mentalità», per «far progredire le nuove linee», e per altre formule di cui si serve regolarmente la cultura di morte per poterci imporre la sua marcia inesorabile verso l’annientamento di ogni rispetto per la vita e per la dignità umana.
Bisogna insistere su questa terribile realtà: c’è stato un progetto sistematico, cosciente e costante, per arrivare alla sua morte. La sua morte non è il frutto di uno sfortunato processo, un incidente, una vita spezzata, un’impotenza della medicina a poterlo salvare. In Francia oggi ci sono più di 1500 cerebrolesi in una situazione simile a quella di Vincent, ma è lui che è stato «scelto» per servire l’agit-prop dei partigiani della morte misericordiosa, dolce nome che i nazional-socialisti davano all’eutanasia. C’è sempre bisogno di «casi speciali» per far avanzare la causa, come successe nel caso alla sfortunata Jean Rose, pseudonimo di Norma McCovery, il cui nome è inseparabilmente legato all’emendamento Roe v. Wade, che permise di aprire la breccia del diritto all’aborto negli Stati Uniti. Ma, affinché il «caso» funzionasse (anche in Francia), era necessaria la complicità del sistema politico e legale che se ne servì, lo indirizzò e lo amplificò. E anche nel caso di Vincent Lambert la sinistra dello Stato macroniano a giocato perfettamente la sua partita.
Ricordiamoci che alla fine di maggio, quando per la prima volta era all’ordine del giorno la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione per Vincent Lambert, il presidente Emmanuel Macron interpretava il ruolo di Ponzio Pilato dichiarando: «come presidente della Repubblica non ho il potere di contrastare una decisione che spetta al giudizio dei medici e che è conforme alle nostre leggi». Il Comitato dell’ONU per i Diritti delle Persone handicappate ordina però la ripresa dell’alimentazione e idratazione per conservare in vita il paziente. Questa ingiunzione di obbedienza è quindi rivolta allo Stato francese, ma Emmanuel Macron se ne lava le mani: lui è al di sopra dell’ONU, e non si ritiene legato alla più alta delle istituzioni internazionali. (Guarda caso: qualche volta anche L’ONU si mette al servizio della vita! Ndt). Ma Agnès Buzyn, la sua ministra per la solidarietà e la sanità ci spiega con calma che la Francia non è tenuta a rispettare quella richiesta, e che non ritiene di smentire quanto già deciso. Poi, alla fine, qualche giorno più tardi, il suo governo, sempre nella persona di Agnèz Buzyn, sceglie di ricorrere al parere della cassazione per esigere nuovamente la morte di Vincent Lambert. Si rimane stupefatti guardando tanto impegno da parte dei poteri pubblici, quando sarebbe stato sufficiente che Vincent fosse accolto in una struttura privata specializzata, in modo che potesse essere accudito dai suoi cari nel silenzio e nel raccoglimento! Un passo decisivo sta per essere perciò compiuto con l’implicazione delle strutture dello Stato, per un delitto.
I media dominanti sono (purtroppo) amici di riferimento (della politica) «nelle ore più buie della nostra storia». Ma, alla fine, dove sono adesso queste ore più buie della nostra storia? Dove sono, quando l’Assemblea nazionale supera il 5% dei suffragi, o quando lo Stato assassino, in buona coscienza, scarta coloro che non corrispondono alla norma, coloro che costano un po’ troppo alla società, coloro che decidono chi ha o non ha diritto di vivere? Gli eredi del III Reich non sono dove si crede che siano. (Sono in mezzo a noi! Ndt).
Traduzione di Claudio Forti
http://www.libertaepersona.org/wordpress/2019/07/vincent-lambert-un-omicidio-di-stato/?
In questo articolo vengono messe ben a fuoco le premesse culturali e le conseguenze future che potremmo aspettarci dopo il caso di Vincent Lambert.
Ecco un articolo di Wesley J. Smith nella mia traduzione.
Il quarantaduenne francese, che 11 luglio a Reims ha esalato l’ultimo respiro, non è morto per un incidente. Non era “il suo momento”. E’ morto lentamente, per nove giorni, per disidratazione forzata, una morte che causa un’essiccazione radicale dei tessuti, screpolature delle membrane, potenziali convulsioni e un lento cedimento degli organi.
Questo non è stato un caso di eutanasia, di per sé – anche se togliere il sostentamento di una persona può avere un solo risultato. Piuttosto, la disidratazione forzata di Lambert è stata considerata semplicemente una questione di bioetica effettuata per legge, una questione emotivamente difficile ma di routine quella di rimuovere il “trattamento medico” di “nutrizione artificiale e idratazione” – perché sua moglie lo voleva e i tribunali hanno ritenuto che fosse nel suo interesse.
Com’è che è stato nel suo interesse? Lambert era profondamente disabile con una catastrofica lesione cerebrale che lo ha lasciato con una diagnosi di [una persona] permanentemente incosciente (anche se i suoi genitori hanno insistito sul fatto che fosse minimamente consapevole). Ma non richiedeva assistenza meccanica alla respirazione o dialisi renale. Tutto ciò di cui il povero uomo aveva bisogno per sopravvivere era ciò di cui ogni essere umano ha bisogno: cibo e acqua.
Il caso di Lambert ha avuto enorme eco nei media in Europa perché è stato oggetto di un’aspra lotta giudiziaria tra sua moglie e i suoi genitori (sia la madre che il padre volevano che Lambert vivesse). La storia è stata meno discussa negli Stati Uniti, in parte a causa della distanza, ma anche perché abbiamo attraversato il Rubicone della disidratazione nel 2005 con la morte di Terri Schiavo, quando i tribunali ordinarono di interrompere il sostentamento a mezzo sondino.
Il caso di Lambert è strettamente parallelo a quello di Schiavo. Entrambi erano profondamente disabili con una grave lesione cerebrale. Nessuno dei due aveva lasciato istruzioni formali scritte circa i loro desideri nel caso fossero diventati gravemente incapaci [di intendere e di volere]. Entrambe le morti erano state precedute da aspre controversie legali intrafamiliari. (…) Sia Schiavo che Lambert erano pazienti cattolici, e in entrambi i casi i favorevoli alla disidratazione accusavano i membri della famiglia di opporsi alla disidratazione perché motivati semplicemente dalla religione, e non dalla vera preoccupazione per i pazienti.
Alcuni sostengono che questi casi dimostrano un pregiudizio contro l’uguale valore dei pazienti con disabilità cognitiva. Questo argomento non ha avuto alcun approfondimento nel caso Schiavo. Ma nel caso Lambert, il Comitato per i diritti delle persone con disabilità delle Nazioni Unite è intervenuto, chiedendo che la sua disidratazione fosse ritardata in modo che si indagasse sul fatto se il rimuovere il cibo e l’acqua equivalesse ad un atto discriminatorio. Tale richiesta ha dato a Lambert una sospensione temporanea quando una Corte d’Appello francese ha annullato l’approvazione della disidratazione decisa da parte di una corte francese. Ma la vittoria è stata di breve durata, in quanto la Corte Suprema francese in seguito ha annullato la decisione (della Corte di Appello, ndr).
Spero che il Comitato delle Nazioni Unite continui la sua indagine. Lambert (e Schiavo) non erano malati terminali. Sono morti solo perché coloro che avevano il potere di decidere ritenevano che la loro vita non valesse la pena di essere vissuta. Non è forse una discriminazione basata sulla disabilità decidere che la morte è nell’interesse del paziente, perché il paziente è incapace dal punto di vista cognitivo? Non è discriminazione basata sulla disabilità sospendere cibo e acqua per le persone [solo] perché sono cognitivamente incapaci, quando non dovremmo (ancora) affamare pazienti incapaci [ma] che mangiano volentieri?
Negli Stati Uniti, il supporto popolare per la disidratazione di Schiavo è stato un [attraversamento del] Rubicone. Prima dell’imbroglio nazionale sulla sua disidratazione, molti americani non sapevano che i disabili dal punto di vista cognitivo potevano morire in questo modo. Dopo il caso Schiavo, i sondaggi hanno mostrato che la maggior parte degli americani sostenevano l’approccio, e che avevano risolto la questione del “cibo e dei fluidi”. Oggi, i pazienti non coscienti e con minima coscienza vengono disidratati [a morte] in tutti i cinquanta stati come una questione di routine medica, di solito con l’acquiescenza della famiglia. Se c’è una disputa familiare, la legge di solito dà il beneficio del dubbio alla morte piuttosto che alla vita, a meno che il paziente non abbia chiarito abbondantemente prima dell’infortunio o della malattia che voleva che le cure continuassero. Sospetto che Lambert diventerà lo stesso Rubicone in gran parte dell’Europa.
Ma non sarà la fine. La bioetica non è mai statica. Il ragionamento utilitaristico del movimento mainstream si basa su un’etica della “qualità della vita”, invece che su un approccio “santità/uguaglianza di vita”. Questa filosofia, abbracciata dall’establishment medico, porterà il paese a considerare la morte indotta come la risposta adeguata a gravi malattie e lesioni. Bisogna prepararsi alle seguenti tendenze:
- La difesa della interruzione dell’alimentazione di persone con demenza avanzata: Il movimento per l’eutanasia vuole che la legge permetta alle direttive mediche avanzate di istruire coloro che si prendono cura dei malati di affamare coloro che hanno firmato [una dichiarazione anticipata di trattamento] – anche se mangiano e bevono volentieri – una volta che la loro demenza abbia raggiunto un livello predeterminato di declino. Se adottata, costringerebbe le case di cura e i membri della famiglia a far morire di fame e disidratare a morte questi pazienti, forse anche se chiedessero del cibo.
- Aumento delle leggi sulle “cure inutili”: il Texas, la Virginia e altri stati permettono ai medici e/o ai comitati ospedialieri di bioetica di rifiutare un richiestotrattamento di sostegno alla vita in base alle loro opinioni sulla qualità della vita del paziente e/o sui costi delle cure. In futuro, tali leggi potrebbero permettere ai medici di ordinare l’interruzione dell’alimentazione a mezzo sondino sulla base delle obiezioni della famiglia.
- Razionamento dell’assistenza sanitaria: Con l’aumento della crisi delle spese mediche, un giorno potremmo vedere leggi che fissano limiti di tempo per la copertura dei costi di cura di pazienti con disabilità profonde come Lambert e Schiavo.
- Iniezione letale invece che disidratazione: Se l’eutanasia/il suicidio assistito si diffondono, a un certo punto la gente concluderà che fare una iniezione letale a questi pazienti sia più umano della disidratazione, cosa che senza dubbio lo sarebbe. Uno dei punti di difesa che sta dietro a questi casi di disidratazione è stato quello di abituarci alla eliminazione della sofferenza eliminando il malato. Una volta accettata questa premessa, l’iniezione letale diventa la scelta logica.
- Prelevare gli organi di pazienti profondamente disabili: Disidratare a morte i pazienti rende i loro organi inutilizzabili per il trapianto. Ma se mai permettessimo le loro uccisioni mediante l’eutanasia, questo paradigma cambierebbe. Belgio, Paesi Bassi e Canada uniscono già l’eutanasia al prelievo di organi e alcuni bioeticisti hanno sostenuto su riviste professionali che ai disabili dal punto di vista cognitivo (e altri) dovrebbero essere prelevati gli organi per mezzodell’eutanasia.
Come scrisse una volta padre Richard John Neuhaus, i bioeticisti “guidano professionalmente l’impensabile nel suo passaggio attraverso il discutibile sulla sua strada affinché diventi giustificabile fino a quando non viene stabilito come non eccezionale”. Con le disidratazioni di Schiavo e Lambert, la rimozione del sostentamento dei disabili dal punto di vista cognitivo è stata “stabilita come non eccezionale”. La cura inutile è allo stadio del “giustificabile”. Il prelievo di organi unito all’eutanasia, come mezzo per uccidere i pazienti, è diventato “discutibile”.
A meno che la società non rifiuti collettivamente le premesse logiche e morali dell’etica della “qualità della vita”, vedo pochi impedimenti – oltre alla debole obiezione della repulsione emotiva – che ci impediscono di seguire un percorso bioetico oscuro.
Wesley J. Smith è un senior membro del Discovery Institute. Il suo ultimo libro è: Cultura della Morte: L’epoca della medicina del “far del male”.
Fonte: First Thing
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