il cardinale Kasper sminuisce il celibato sacerdotale
In un documento preparatorio sul prossimo Sinodo dei vescovi sull’Amazzonia, intitolato: «Il potere di santificare: i ministri delle comunità indigene e il diritto all’accesso all’Eucarestia», l’alto prelato fissa i punti cardini per l’abbandono del celibato ecclesiastico, almeno in Amazzonia.
Nei primi tre capitoli egli tratta: dell’Eucarestia domenicale e della sua importanza, dell’Eucarestia nell’economia della salvezza, e del «diritto» all’Eucarestia. Questo gli permette di presentare tre conclusioni concrete.
Il diritto all’Eucarestia
Per Eucarestia bisogna intendere la Messa, secondo il vocabolario dei moderni.
Kasper afferma che vi è un diritto di tutti i fedeli all’accesso alla Messa. Diritto individuale, ma anche comunitario: «Se in circostanze normali, le comunità sono così distanti che questo permette loro l’accesso all’Eucarestia solo una o due volte l’anno, manca loro qualcosa di essenziale per essere Chiesa. Queste comunità hanno il diritto di chiedere al vescovo di fare tutto quello che è in suo potere per cambiare tale situazione.»
Quello che il cardinale Kasper propone per l’Amazzonia vale eminentemente per altre regioni del globo; a cominciare dall’Europa, di cui il cardinale non può essere all’oscuro dello stato di desertificazione sacerdotale. Lo sa quante parrocchie sono oggi senza pastore, malgrado l’accorpamento parrocchiale? O quante chiese vedono il sacerdote solo ogni due, tre o sei mesi?
Perfettamente al corrente di questo stato di cose, il cardinale Kasper si focalizza sull’Amazzonia in vista di trasporre altrove le soluzioni che propone.
Di contro, se l’Eucarestia indica il vero sacrificio della Messa, non si può non ringraziare il cardinale Kasper per il suo difendere il diritto alla Messa tradizionale di tutti i fedeli della Tradizione, e anche per la sua esortazione perché i vescovi facciano tutto quello che è in loro potere per soddisfare tale diritto! In attesa di questo, la cattiva volontà dei vescovi è una giustificazione del tutto sufficiente del ministero esercitato dai sacerdoti della Tradizione.
La ragione della penuria di sacerdoti
Il cardinale presenta una seconda conclusione: la ragione principale della mancanza di Messe «è la penuria di sacerdoti e la mancanza di candidati al sacerdozio in Amazzonia». E precisa: «le ragioni di questa penuria sono molteplici. Ma la più importante per i popoli indigeni (…) è la vita nel celibato». Che fare allora? Non bisognerebbe promuovere il celibato, elevare il livello spirituale di queste comunità o usare altri mezzi già usati da secoli dai missionari?
Niente affatto! La proposta del cardinale Kasper consiste nel relativizzare il celibato sacerdotale: «il celibato è senza alcun dubbio un valore ed una ricchezza della Chiesa che bisogna difendere e promuovere, ma vi è una gerarchia di valori. Il celibato non è un valore supremo, che ha priorità de jure su tutti i valori divini, come la struttura sacramentale della Chiesa. Il celibato è un carisma, un dono gratuito di Dio, che vuole essere accolto e vissuto in piena libertà».
In altre parole, i sacramenti hanno la superiorità sui doni gratuiti (i carismi) di Dio. Cosa che è vera; e tuttavia così si finisce col confondere tutto.
Il celibato è innanzi tutto una legge ecclesiastica, una disciplina della Chiesa, che i Padri e i Papi hanno da sempre fatto risalire agli Apostoli; benché essa sia stata vissuta in modo diverso prima di essere fissata nella legge attuale. Questa legge è molto preziosa agli occhi della Chiesa, ed è per questo che essa si è sempre rifiutata di abolirla o di mitigarla, anche in situazioni molto difficili, come durante la crisi protestante.
Abitualmente si mette avanti la pratica orientale. Il matrimonio del clero della Chiesa orientale non è originario: esso data dal concilio di Trullo (691). Per giustificare questo cambiamento di una legge considerata come apostolica, i vescovi orientali ripresero dei canoni di un vecchio concilio africano, modificandoli ad arte per adattarli alla loro novità. Questa falsificazione ha finito con l’essere ammessa dagli orientali, che l’hanno giustificata sostenendo che i Padri del concilio avevano questo potere.
Il cardinale Kasper prosegue: «E’ dunque necessario ascoltare ciò che lo Spirito suggerisce alle Chiese, e riflettere e meditare coscienziosamente sulla questione di sapere se, in questa situazione, è augurabile, col consenso del Papa, ordinare al sacerdozio degli uomini dalla fede provata che vivono sposati e in famiglia (i cosiddetti viri probati)».
Non si tratta affatto di sapere ciò che lo Spirito suggerisce alle Chiese, quanto piuttosto di riflettere e meditare coscienziosamente sulla tradizione immemorabile della Chiesa. Perché quest’ultima non può ingannare, come dice felicemente il Commonitorium di San Vincenzo di Lerino. Ma per i modernisti si tratta di andare sempre più avanti nella disintegrazione dell’opera di Gesù Cristo e dello Spirito Santo nel corso dei secoli.
Lo spirito che soffia su questa riflessione del cardinale Kasper non viene da Dio, ma è opera di uno spirito maligno.
Il ministero delle donne
Dopo una premessa sull’inculturazione, il cardinale si sofferma sul ministero da affidare alle donne, «la cui promozione è oggi una delle questioni più urgenti». Ma egli vede un ostacolo: focalizzarsi su un ministero sacerdotale (femminile) «mi sembra controproducente e blocca i passi che sono immediatamente possibili»; perché «oggi e per quanto possono umanamente prevedere, un consenso sacerdotale ed episcopale nella Chiesa universale sull’ordinazione delle donne mi sembra irrealistico e di fatto porterebbe ad uno scisma»; per di più «comporterebbe la fine del dialogo fecondo con tutte le Chiese ortodosse d’Oriente».
Questa confessione è terrificate. Essa significa solo, per il cardinale Kasper, che la fede non sarebbe altro che un consenso e non una virtù soprannaturale data da Dio per credere nella rivelazione di Gesù Cristo. Rivelazione che è immutabile e che è stata fissata con la morte dell’ultimo Apostolo. Dicendo che il cambiamento del consenso equivarrebbe al cambiamento dell’oggetto della fede, si arriva al fatto che le realtà divine sarebbero sottomesse alla volontà umana. Qui si tratta di nient’altro che di una fede puramente modernista, che trae il divino dalla coscienza dell’uomo.
Il cardinale conclude proponendo delle tappe per una evoluzione verso questo sacerdozio femminile: e suggerisce che «Forse il diaconato» potrebbe essere il primo passo. «Ma il più importante sarà: 1 Delle strutture sinodali a tutti i livelli della Chiesa, che garantiscano la corresponsabilità e il diritto alla consultazione, ma siano anche organi di decisione del popolo di Dio».
Il che significa l’introduzione della democrazia a tutti i livelli della Chiesa;
«2 Vi sono molti posti di alto livello nella Chiesa (anche nella Curia romana), che possono essere occupati da persone che non hanno ricevuto l’ordinazione sacerdotale».
Dunque, femminilizzare la Curia. A quando la parità?
Bisogna riconoscere al cardinale Kasper che dice le cose chiaramente e non esita ad andare al fondo dei suoi ragionamenti. Ciò nonostante egli rimane un contestatore della Tradizione della Chiesa e un demolitore oggettivo dell’esegesi, della teologia e della disciplina ecclesiastica. E lo ha provato ancora una volta rivolgendo le sue armi contro il celibato ecclesiastico.
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV3110_FSSPX_Card_Kasper_VS_celibato.html
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