ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 13 novembre 2019

Un raggio di "Luce divina"!

IL NOSTRO "GIORNO PIU' BELLO"


Il giorno più bello della nostra vita? La Prima Comunione: un raggio di "Luce divina". Non è forse vero che molti di noi potrebbero dire la stessa cosa che disse Napoleone, che quel giorno è stato il più bello della nostra vita 
di Francesco Lamendola  

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Napoleone Bonaparte, che era senza dubbio – comunque lo si voglia giudicare sul piano politico, o militare, o etico – un uomo dall’intelligenza eccezionale, una volta ebbe a dire che il giorno più bello della sua vita era stato quello della sua Prima Comunione. Sorpresa! Napoleone, il nemico della religione cattolica, l’aguzzino di papa Pio VII, il distruttore di decine di ordini religiosi e colui che ha fatto chiudere o demolire migliaia di chiese e conventi, ricordava come il più bel giorno della sua vita quello in cui ebbe il primo incontro con Gesù Eucaristico. E lo ricordava mentre si trovava prigioniero a Sant’Elena, isola sperduta nell’immensità dell’Oceano Atlantico, quando tutti gli amici del tempo felice l’avevano abbandonato e lui, riscoperta la fede dei padri, teneva delle lezioni di catechismo ai figli dei suoi carcerieri. 

Sempre negli anni dell’esilio, ragionando col generale Bertrand, il quale gli parlava di Gesù come di un grande uomo simile agli altri grandi dell’antichità, una volta rispose: (da: Napoleone Bonaparte, Conversazione sul cristianesimo, prefazione del cardinale Giacomo Biffi, Edizioni Studio Domenicano, 2016):
Esiste un Essere infinito, a paragone del quale, generale Bertrand, non siete che un atomo; a paragone del quale io, Napoleone sono un vero niente, un puro nulla, mi capite? Lo sento questo io… lo vedo… ne ho bisogno, credo in lui. (…)
Gli spiriti superficiali vedono una somiglianza tra il Cristo e i fondatori di imperi, i conquistatori e le divinità delle altre religioni. Questa somiglianza non c’è: tra il cristianesimo e qualsivoglia altra religione c’è la distanza dell’infinito. (…)
Lei, generale Bertrand, parla di Confucio, Zoroastro, Giove e Maometto. Ebbene, la differenza tra loro e Cristo è che tutto ciò che riguarda Cristo denuncia la natura divina, mentre tutto ciò che riguarda tutti gli altri denuncia la natura terrena. (…)
Cristo affida tutto il proprio messaggio al proprio amore: come può essere ciò l’invenzione di un uomo? (…)
L’impero di Cesare quanti anni è durato? Per quanti anni Alessandro si sostenuto sull’entusiasmo dei propri soldati? (…)
I popoli passano, i troni crollano ma la Chiesa resta. Allora, qual è la forza che tiene in piedi questa Chiesa assalita dall’oceano furioso della collera e del disprezzo del mondo? (…)
Non c’è via di mezzo: o Cristo è un impostore o è Dio. (…)
È vero che Gesù propone alla nostra fede una serie di misteri, il primo dei quali è la seguente sconcertante affermazione: «Io sono Dio», con la quale affermazione scava un solco incolmabile tra la sua e tutte le altre religioni.

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L’immagine del mondo propria del cattolicesimo è un’immagine mitica nel senso che esprime per mezzo di simboli una Sapienza che non viene dagli uomini, ma da Dio; una Tradizione, con la lettera maiuscola, che è imperscrutabilmente superiore a qualsiasi tradizione umana; una Verità che non ha riscontro in alcuna verità meramente umana, anche la più argomentata e dimostrata per mezzo della ragione!

Ora, proviamo a riandare con la memoria a quel giorno; a ciò  che è stato quel giorno nella vita di ciascuno di noi; specialmente quelli che hanno raggiunto o passato la mezza età e quindi hanno ricevuto la Prima Comunione quando il sottile veleno modernista del Concilio non aveva ancora inquinato le radici della Chiesa cattolica, né la rivoluzione massonica della liturgia aveva ancora stravolto la bella Messa tridentina, con la sua atmosfera di spiritualità, di raccoglimento e di elevazione dell’anima verso Dio. Non è forse vero che molti, moltissimi di noi potrebbero dire la stessa cosa che disse Napoleone, che quel giorno è stato il più bello della nostra vita? Che senso impareggiabile di purezza, di nitore, di pulizia morale, aleggiava sulle nostre anime, allora! Come ci eravamo preparati con devozione, con fede, con un profondo senso del Mistero divino che ci stava per venire incontro! E come avevano fatto bene la loro parte, i sacerdoti; con quanta diligenza, con quanta serietà ci avevano istruito e predisposto; e come si vedeva che essi, per primi, ci credevano! Credevano con fervore a tutto quello che ci avevano insegnato; credevano che Dio è presente nella santa Comunione; che l’Eucarestia è il rinnovarsi del Sacrificio di Gesù Cristo, e che in quel Sacrificio noi troviamo, ancora una volta, per la sua infinita bontà, la nostra salvezza e la nostra redenzione dal male e dal peccato!

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La nota dominante della Prima Comunione è la "Purezza": la purezza dell’anima; la purezza del raggio di luce divina che si posa su di noi per mezzo dell’ineffabile Sacramento del Sacrificio Eucaristico!

E oggi? Non è forse evidente che gran parte dei preti, dei vescovi e di colui che abusivamente si fa chiamare papa, non ci credono affatto? Che, nel migliore dei casi, sono pieni di dubbi, né si curano di nasconderli, indifferenti al turbamento e al dolore che ciò provoca in milioni di fedeli; mentre, nel peggiore, stanno solo recitando una ignobile commedia, mentono sapendo di mentire, e ciò per il più abietto dei motivi, ossia per non perdere i privilegi e le comodità legati allo stato sacerdotale? Ossia perché, se dichiarassero apertamente quel che pensano davvero, che Gesù Cristo non è presente nell’Eucarestia; che Gesù non era Dio; che Dio non c’è, allora dovrebbero inevitabilmente sbaraccare tutto il loro carrozzone, mollare i cospicui capitali di cui dispongono i loro istituti finanziari, e cercarsi, tutti quanti, un altro lavoro, andando a versare il sudore della fronte per guadagnarsi la vita, cosa cui non sono assolutamente abituati, anche se hanno sempre la bocca piena dei poveri, degli ultimi, dei lavoratori, di quelli che faticano a tirare avanti? Molto, molto più facile blaterare di chiesa dei poveri, di chiesa in uscita e di preti di strada, quando si hanno le spalle ben coperte; quando si sa che non si dovrà dormire sotto un ponte, ma in un comodo letto; quando si ha la certezza che, qualunque cosa accada, un pasto caldo e un tetto sopra la testa ci sarà sempre, qualunque cosa accada, anche se l’intera società dovesse scivolare, come di fatto sta accadendo, lungo la china d’un impoverimento senza fine…

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 Se la "Neochiesa" di oggi dichiarasse apertamente quel che pensa davvero, che Gesù Cristo non è presente nell’Eucarestia; che Gesù non era Dio; che Dio non c’è, allora dovrebbe inevitabilmente sbaraccare tutto il suo carrozzone: molto, molto più facile blaterare di chiesa dei poveri!

Ripensiamo a quel giorno della nostra infanzia; proviamo a rievocarlo, a riviverlo con gli occhi della mente e soprattutto del cuore. Qual era la nota dominante che lo caratterizzava e che si è impressa nella nostra memoria con accenti di una dolcezza struggente? Senza dubbio la nota dominante è stata la purezza: la purezza dell’anima; la purezza del raggio della luce divina che si posava su noi per mezzo dell’ineffabile Sacramento del Sacrificio Eucaristico; la purezza dello stato d’animo con il quale, mediante il catechismo e gli appositi esercizi spirituali, siamo stati preparati al grande incontro soprannaturale. Tutto era avvolto da un candido alone d’innocenza. Non è che non sapessimo che il male esiste, tutt’altro; il catechismo (il catechismo di san Pio X) ce lo aveva bene impresso nella mente; non c’era in noi il disastroso errore di Pelagio, rinnovato da Rousseau, la credenza in  una bontà originaria dell’uomo, che poi si guasta non per colpa sua, ma per colpa della società. E tuttavia, nonostante tale consapevolezza, il nostro sguardo sul mondo era puro e incantato; sapevamo che Dio è un Mistero abissale, e che però quel Mistero si è rivelato a noi uomini; che pertanto, con la grazia di Dio, l’uomo può riconquistare la purezza che aveva prima del Peccato originale; e che per questa ragione Cristo ha istituito i Sacramenti, per questa ragione si è incarnato e ha sofferto la Passione e la Morte: per operare la nostra Redenzione, alla quale siamo chiamati a collaborare. La purezza, quindi, lo capivamo benissimo pur essendo bambini di otto anni, è sì un dono del Signore, ma anche un compito che ci viene affidato e che noi dobbiamo realizzare, e che dura quanto la nostra vita terrena: non un minuto di più e non un minuto di meno. Siamo dei soldati, milites Christi, e ogni giorno è giorno di battaglia, perché le forze del male non demordono mai, non abbassano mai le armi, ma stanno sempre vigili a spiare l’attimo di una nostra possibile, fatale debolezza. E questo senso della militanza non ci pesava sull’anima come un’opprimente fatalità, non era motivo di ansia (come oggi si affretterebbero a predicare gli psicologi che odiano posare sulle spalle dei bambini anche il peso più lieve, anche la responsabilità più modesta, perché, poverini, potrebbero restare traumatizzati se scoprissero che la vita non è solo una festa costellata di diritti e di comodità garantite per legge), ma di gioia, come nelle parole della canzone Io son cristiano, che gioiosamente e con fierezza ci era stata insegnata, e gioiosamente e con fierezza noi piccoli cantavamo in coro:
Io son cristiano, dal sacro fonte / un’onda pura scese su me. / Da quel momento sulla mia fronte / pegno più sacro sceso non è. (…) // Io son cristiano, sono fratello / di Gesù Cristo, mio Salvator; / e dar la vita è santo e bello / a Lui che è morto per santo amor. // Io son cristiano, questa è la gloria / che fa ridenti questi miei dì. / È il grido santo della vittoria: / io son cristiano e morrò così.

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Tutti noi, da bambini, quando ci siamo accostati alla Prima Comunione abbiamo ricevuto qualche riflesso, qualche barlume di quella luce splendente, di quella meravigliosa trasparenza che fa vedere ogni cosa come se fosse fatta di purissimo cristallo. Le cose sono pure per chi ha il cuore puro; sono belle per chi è in grazia di Dio; sono armoniose, gioiose, perfette, per chi le vede attraverso il prisma della Sapienza divina!

Fierezza, orgoglio di essere cristiani, senso della purezza e della verginità: questi erano i sentimenti che abbiamo provato in quel giorno, con tutte le vibrazioni dello spirito, e che mai più, dopo di allora, abbiamo provato con altrettanta forza, freschezza e intensità. L’incredulo, il materialista, prontamente diranno: Era tutta suggestione, solamente suggestione! Eravate stati suggestionati! Niente affatto: la radice di quel sentire era perfettamente autentica, perché era dentro di noi, non fuori; il sacerdote che ci aveva preparati non aveva fatto altro che innaffiare, concimare e potare la pianticella, ma questa era già sbocciata in noi, da se stessa: la pianticella della fede. Era la fede che conferiva quello straordinario alone di purezza ai magici momenti che hanno accompagnato il nostro primo incontro con Gesù Eucaristico: la fede che allora sentivamo con la stessa certezza ed evidenza con le quali, una volta cresciuti e smarriti sulle strade del mondo e intossicati dalla cultura laicista e irreligiosa di cui sono impregnate la scuola e l’università, abbiamo creduto, in virtù dei libri letti e delle lezioni ascoltate, che fosse frutto di suggestione operata dai preti. E così ci siamo allontanati sempre più dalla luce divina e addentrati nel regno delle tenebre; ci siamo smarriti, come Dante, nella foresta buia e paurosa dell’incredulità; e il mondo, ai nostri occhi, ha perso l’incanto, la magia, lo splendore che possedeva prima, allorché, bambini di terza elementare, siamo stati introdotti con delicatezza al più grande di tutti i Misteri.

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Il giorno più bello della nostra vita? La Prima Comunione: un raggio di "Luce divina"!

Il giorno più bello della nostra vita
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