Quella volta che padre Martin fu sottoposto a “terapia di conversione”
Se non ci fosse, bisognerebbe inventarlo. Parlo del blog Eccles is saved, che mi strappa sempre un sorriso con la sua ironia rivolta alla Chiesa modernista, tutta misericordia, dialogo e Pachamama.
L’ultimo post, dedicato al padre gesuita James Martin, l’uomo dei “ponti” verso il mondo Lgbt, merita di essere proposto (tra parentesi le mie note come traduttore).
Eccles immagina che padre Martin, da lui chiamato padre Jim, un giorno abbia bussato alla porta della Clinica Dr Eccles chiedendo, a sorpresa, di essere sottoposto a terapia di conversione! Ed ecco com’è andata.
***
L’abbiamo legato a una sedia, gli abbiamo attaccato gli elettrodi e gli abbiamo iniettato Ecclesine, il nuovo stupefacente farmaco per la conversione.
Giorno 1. Il paziente inizia a rivedere le sue opinioni sull’insegnamento biblico. Ammette che forse Gesù non ricevette le sue idee migliori dalla donna cananea e che forse, dopo tutto, Maria Maddalena non fu “la Chiesa” tra il tempo della Crocifissione e la Risurrezione (riferimento alla scuola di pensiero che enfatizza il ruolo della Maddalena nel cristianesimo delle origini, N.d.T.).
Giorno 2. Il paziente ammette che è possibile che lo Spirito Santo sia maschio e non femmina.
Giorno 3. Grandi passi avanti. Il paziente brucia la sua collezione di idoli Pachamama e la raccolta delle opere di Austen Ivereigh (biografo di papa Francesco super filobergogliano, N.d..t). Ammette che America Magazine (la rivista dei gesuiti Usa, marcatamente modernista, N.d.T.) è “spazzatura dalla prima all’ultima pagina”.
Giorno 4. Un altro successo! Padre Jim inizia a pentirsi della sua ossessione per i problemi Lgbt e afferma che “costruire ponti” non è la risposta. Non si spinge fino ad ammettere l’esistenza del peccato, ma le cose sembrano mettersi bene.
Giorno 5. Un’altra sorprendente dichiarazione di padre Jim: “Thomas Merton (monaco trappista, paladino dell’ecumenismo, del dialogo interreligioso, della pace e dei diritti civili, N.d.T.) era un vecchio eretico!”. Decide di abbandonare la sua appartenenza ai gesuiti e dice che “lo yoga ignaziano distrugge la tua anima oltre a provocare ernie”.
Giorno 6. Proviamo a dare al paziente una Bibbia, un catechismo da quattro soldi e una copia del blog Eccles. Ma in questa fase iniziale è troppo. Viene ricoverato in terapia intensiva, a causa di una dose eccessiva di nutrimento spirituale.
Giorno 7. Al paziente viene consegnata una copia del Catholic Herald (settimanale cattolico britannico, N.d.T.) e riesce a digerirlo senza avere la febbre. Presto sarà pronto per il cattolicesimo non diluito.
Giorno 8. La conversione è completa! Padre Jim ora è un cattolico completamente ortodosso. Ma forse, pensandoci bene, abbiamo esagerato: sta leggendo tutti i blog conservatori e sta facendo commenti sprezzanti sull’Amoris laetitia. Che ne direbbe Papa Francesco?
Nella foto: padre Jim prima della cura
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Fonte: Eccles is saved
UNIONI OMOSEX: LA COMMISSIONE BIBLICA LE RICONSIDERA…
Marco Tosatti
Yahoo News c’è andato mica tanto per il sottile: il titolo è stato “Chiesa, la svolta: “Le unioni omosessuali non vanno condannate”, e con altrettanta baldanza ha continuato: “Dopo aver abolito il segreto pontificio per i casi di abusi sessuali commessi da chierici sui minori, nel giorno del suo 83esimo compleanno Papa Francesco ha dato il via ad una seconda svolta per la dottrina cattolica. Si tratta, questa volta, del giudizio pastorale nei confronti delle unioni omosessuali”.
In realtà la situazione non è così tranciante come vorrebbero Yahoo News (e Gaynews, che ovviamente non si è lasciata scappare la ghiotta notizia), ma si intravedono delle sfumature che sembrano far presagire una posizione meno netta di quella attuale sui rapporti omosessuali. Ma ecco la notizia (neretto nostro):
In un complesso studio commissionato proprio da Bergoglio, infatti, la Pontificia Commissione biblica (che altro non è che un ramo dell’ex Sant’Uffizio, l’organismo di tutela del cattolicesimo) ha pubblicato una rilettura antropologica della Bibbia, affrontando (in ben 4 capitoli di oltre 300 pagine) anche il tema dell’omosessualità.
Cosa conclude lo studio? In sostanza, che la Chiesa deve avere più attenzione nei confronti delle relazioni tra persone dello stesso sesso. In particolare, nel testo si legge che, “nella cultura occidentale, si sono manifestate voci di dissenso rispetto all’approccio antropologico della Scrittura. Sappiamo che diverse affermazioni bibliche […] sono state via via ritenute sorpassate con il progressivo affermarsi delle scienze naturali e umane”.
E ancora: “Una nuova e più adeguata comprensione della persona umana impone una radicale riserva sull’esclusiva valorizzazione dell’unione eterosessuale a favore di una analoga accoglienza dell’omosessualità e delle unioni omosessuali”, “quale legittima e degna espressione dell’essere umano”.
“Si argomenta talvolta – recita il documento – che la Bibbia poco o nulla dice su questo tipo di relazione erotica, che non va perciò condannata, anche perché spesso indebitamente confusa con altri aberranti comportamenti sessuali”. L’allusione, qui, è alla pedofilia.
Questo il passaggio finale dello studio: “L’esame esegetico condotto sui testi dell’Antico e del Nuovo Testamento ha fatto apparire elementi che vanno considerati per una valutazione dell’omosessualità, nei suoi risvolti etici. Certe formulazioni degli autori biblici, come le direttive disciplinari del Levitico, richiedono un’intelligente interpretazione che salvaguardi i valori che il testo sacro intende promuovere evitando, dunque, di ripetere alla lettera ciò che porta con sé anche tratti culturali di quel tempo. Sarà richiesta un’attenzione pastorale, in particolare nei confronti delle singole persone, per attuare quel servizio di bene che la Chiesa ha da assumere nella sua missione per gli uomini”.
“Che cosa è l’uomo?” è un itinerario di antropologia biblica, un volume che, curato dalla Pontificia Commissione Biblica edito dalla Lev, ed è da ieri nelle librerie. Lo studio offre in oltre 330 pagine una lettura antropologica sistematica della Bibbia alla luce delle problematiche odierne.
Tanti i temi affrontati nei quattro capitoli, tra cui anche quelli del matrimonio, della sessualità, della guerra, della violenza e del rapporto tra genitori e figli. Largamente presente anche quello dell’omosessualità.
Appare chiaro che –sulla scia di quanto sta accadendo per esempio in Germania – ci sono quelli che spingono per un’accettazione delle unioni omosessuali. Anche se i problemi restano: siano nell’Antico Testamento, sia nel nuovo, dove San Paolo parla in maniera molto chiara, di quel genere di rapporti. E la scienza moderna (basta vedere che cosa dice la dott.ssa Silvana De Mari, ma non solo ) ben lungi dal dissipare pericoli e controindicazioni rispetto a un uso del corpo quale quello praticato nelle coppie omosessuali maschili, ne sottolinea maggiori rischi e pericoli. Quindi è difficile capire come, a parte l’influenza del politically correct e del pensio dominante in gran parte dell’Occidente, i teologi possano giustificare in tutto o in parte la sodomia.
Preferiamo l’esempio di Suor Isabella a quello di Suor Giuliana
Che ci fa una suora tra la senatrice Monica Cirinnà, madrina delle unioni civili “homosex” ed il noto transessuale Vladimiro Guadagno in arte “Luxuria”? Bella domanda. È accaduto il 13 dicembre giorno di Santa Lucia a Torino. La religiosa in questione è Suor Giuliana Galli, Presidente dell’Associazione Mamre Onlus (impegnata in progetti di integrazione e mediazione interculturale), che proprio insieme alla Cirinnà e Luxuria ha deciso di svolgere il ruolo di terza “banditrice” in un’asta di beneficenza avente per oggetto importanti opere d’arte offerte da una serie di donatori, tra cui Beatrice Merz, per sostenere un’iniziativa Lgbt.
Si tratta del progetto denominato “ToHousing”, ovvero la realizzazione di un blocco di cinque appartamenti nel complesso di edilizia agevolata ex Italgas di corso Farini a Torino, messo a disposizione di persone esclusivamente omosessuali. Un’iniziativa dell’associazione omosessualista “Quore” con il supporto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, dell’ente governativo UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziale), della Regione Piemonte, del Consiglio Regionale del Piemonte, della Città di Torino, di ATC (Agenzia Territoriale per la Casa di Torino), e con il sostegno di aziende gay-friendly come IKEA, Iren, Bentley SOA, Philips, Cooperativa Di Vittorio. Ora, a prescindere dall’opportunità di concedere vantaggi residenziali ad una categoria di cittadini solo per il proprio personale orientamento sessuale (peraltro non verificabile dalle istituzioni perché basato su una mera autodichiarazione), davvero si impone un interrogativo. Perché Suor Giuliana Galli ha deciso di fare da madrina a questa particolare asta di beneficenza presso la prestigiosa Fondazione Merz nel contesto di una mostra antologica dedicata al discusso artista Emilio Prini e con tanto di cena di gala firmata dallo chef Gabriele Torretto? Che ci fa una religiosa ad un evento gay friendly, ad un charity happening omosessualista? La domanda non è peregrina se si considera che il punto 2357 del Catechismo della Chiesa Cattolica definisce – ancora – l’omosessualità come una «grave depravazione», gli atti omosessuali come «intrinsecamente disordinati», «contrari alla legge naturale», che «precludono all’atto sessuale il dono della vita», che non possono essere considerati «il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale», e che «in nessun caso possono essere approvati».
Chi conosce Suor Giuliana sa però che lei è una religiosa “in uscita”, non «usa la dottrina come pietre», dialoga e non crea muri, comprende le ragioni di tutti, accoglie tutti, è consapevole che viviamo un «cambiamento d’epoca». Non meraviglia, quindi, che questa religiosa, che da tempo ha superato i 75 anni, voglia sentirsi giovane fino al punto di aver deciso di trasformarsi in “sardina”. Intervistata da “Repubblica” il 20 novembre 2019, Suor Giuliana, infatti, ha dichiarato di essere disposta a scendere in piazza a Torino la prossima volta che le sardine decideranno di farlo. In quella stessa intervista ha pure spiegato gli obbiettivi che sente di condividere rispetto a quella forma di manifestazione, primo fra tutti – lei stessa lo definisce un «comune denominatore» – l’immarcescibile «antifascismo». Già nel 2011 la rivista femminile “Donna Moderna” l’ha indicata come una delle donne italiane da votare per guidare il Paese. Suora, sardina, immigrazionista, gay-friendly e antifascista. Il prototipo della religiosa nell’era bergogliana.
Per una singolare e simbolica coincidenza, l’asta gay-friendly bandita da Suor Giuliana si è svolta praticamente in contemporanea alla beatificazione dell’ennesimo gruppo di martiri cattolici massacrati dai miliziani antifascisti spagnoli, la cui mattanza è cessata solo grazie al provvidenziale intervento del generale Francisco Franco, l’uomo che ha evitato la sovietizzazione della Spagna e ha salvato il cristianesimo e la Chiesa in quella terra.
Il gruppo di nuovi beati è composto da ventisette «uomini e donne di Dio» uccisi tra il 1936 e i 1937 durante la Guerra civile spagnola. Tra questi spicca anche una suora, o meglio una monaca domenicana: Isabella Sánchez Romero. Ha 76 anni quando viene incarcerata nel corso delle persecuzioni anticattoliche. In cella è insultata e malmenata dai miliziani antifascisti senza alcun riguardo per la sua età. Vogliono costringerla a bestemmiare. Lei risponde pregando. Ha ferite e sangue dappertutto. Il giorno dopo la fanno salire sul camion con gli altri prigionieri: devono essere trasportati al cimitero, ove saranno giustiziati per il solo fatto di essere cattolici o religiosi. Non riesce ad alzarsi, così la gettano come un sacco sul veicolo. Arrivati a destinazione, i miliziani sparano ai prigionieri, uno per uno, mentre gli altri sono costretti ad aspettare il loro turno. Suor Isabel vede morire anche suo nipote Florencio, ma continua a rifiutarsi di bestemmiare. Prega fino alla fine. Muore così: mettono la sua testa sopra una pietra e gliela schiacciano colpendola con un altro masso. È il 16 febbraio 1937. È bene che tutti sappiano – a cominciare dalle gerarchie ecclesiastiche – che oggi in Italia ci sono non pochi cattolici che preferiscono l’esempio di Suor Isabella a quello di Suor Giuliana. E preferiscono il generale Franco agli antifascisti spagnoli degli anni Trenta.
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di Gianfranco Amato
Che ci fa una suora tra la senatrice Monica Cirinnà, madrina delle unioni civili “homosex” ed il noto transessuale Vladimiro Guadagno in arte “Luxuria”? Bella domanda. È accaduto il 13 dicembre giorno di Santa Lucia a Torino. La religiosa in questione è Suor Giuliana Galli, Presidente dell’Associazione Mamre Onlus (impegnata in progetti di integrazione e mediazione interculturale), che proprio insieme alla Cirinnà e Luxuria ha deciso di svolgere il ruolo di terza “banditrice” in un’asta di beneficenza avente per oggetto importanti opere d’arte offerte da una serie di donatori, tra cui Beatrice Merz, per sostenere un’iniziativa Lgbt.
Si tratta del progetto denominato “ToHousing”, ovvero la realizzazione di un blocco di cinque appartamenti nel complesso di edilizia agevolata ex Italgas di corso Farini a Torino, messo a disposizione di persone esclusivamente omosessuali. Un’iniziativa dell’associazione omosessualista “Quore” con il supporto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, dell’ente governativo UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziale), della Regione Piemonte, del Consiglio Regionale del Piemonte, della Città di Torino, di ATC (Agenzia Territoriale per la Casa di Torino), e con il sostegno di aziende gay-friendly come IKEA, Iren, Bentley SOA, Philips, Cooperativa Di Vittorio. Ora, a prescindere dall’opportunità di concedere vantaggi residenziali ad una categoria di cittadini solo per il proprio personale orientamento sessuale (peraltro non verificabile dalle istituzioni perché basato su una mera autodichiarazione), davvero si impone un interrogativo. Perché Suor Giuliana Galli ha deciso di fare da madrina a questa particolare asta di beneficenza presso la prestigiosa Fondazione Merz nel contesto di una mostra antologica dedicata al discusso artista Emilio Prini e con tanto di cena di gala firmata dallo chef Gabriele Torretto? Che ci fa una religiosa ad un evento gay friendly, ad un charity happening omosessualista? La domanda non è peregrina se si considera che il punto 2357 del Catechismo della Chiesa Cattolica definisce – ancora – l’omosessualità come una «grave depravazione», gli atti omosessuali come «intrinsecamente disordinati», «contrari alla legge naturale», che «precludono all’atto sessuale il dono della vita», che non possono essere considerati «il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale», e che «in nessun caso possono essere approvati».
Chi conosce Suor Giuliana sa però che lei è una religiosa “in uscita”, non «usa la dottrina come pietre», dialoga e non crea muri, comprende le ragioni di tutti, accoglie tutti, è consapevole che viviamo un «cambiamento d’epoca». Non meraviglia, quindi, che questa religiosa, che da tempo ha superato i 75 anni, voglia sentirsi giovane fino al punto di aver deciso di trasformarsi in “sardina”. Intervistata da “Repubblica” il 20 novembre 2019, Suor Giuliana, infatti, ha dichiarato di essere disposta a scendere in piazza a Torino la prossima volta che le sardine decideranno di farlo. In quella stessa intervista ha pure spiegato gli obbiettivi che sente di condividere rispetto a quella forma di manifestazione, primo fra tutti – lei stessa lo definisce un «comune denominatore» – l’immarcescibile «antifascismo». Già nel 2011 la rivista femminile “Donna Moderna” l’ha indicata come una delle donne italiane da votare per guidare il Paese. Suora, sardina, immigrazionista, gay-friendly e antifascista. Il prototipo della religiosa nell’era bergogliana.
Per una singolare e simbolica coincidenza, l’asta gay-friendly bandita da Suor Giuliana si è svolta praticamente in contemporanea alla beatificazione dell’ennesimo gruppo di martiri cattolici massacrati dai miliziani antifascisti spagnoli, la cui mattanza è cessata solo grazie al provvidenziale intervento del generale Francisco Franco, l’uomo che ha evitato la sovietizzazione della Spagna e ha salvato il cristianesimo e la Chiesa in quella terra.
Il gruppo di nuovi beati è composto da ventisette «uomini e donne di Dio» uccisi tra il 1936 e i 1937 durante la Guerra civile spagnola. Tra questi spicca anche una suora, o meglio una monaca domenicana: Isabella Sánchez Romero. Ha 76 anni quando viene incarcerata nel corso delle persecuzioni anticattoliche. In cella è insultata e malmenata dai miliziani antifascisti senza alcun riguardo per la sua età. Vogliono costringerla a bestemmiare. Lei risponde pregando. Ha ferite e sangue dappertutto. Il giorno dopo la fanno salire sul camion con gli altri prigionieri: devono essere trasportati al cimitero, ove saranno giustiziati per il solo fatto di essere cattolici o religiosi. Non riesce ad alzarsi, così la gettano come un sacco sul veicolo. Arrivati a destinazione, i miliziani sparano ai prigionieri, uno per uno, mentre gli altri sono costretti ad aspettare il loro turno. Suor Isabel vede morire anche suo nipote Florencio, ma continua a rifiutarsi di bestemmiare. Prega fino alla fine. Muore così: mettono la sua testa sopra una pietra e gliela schiacciano colpendola con un altro masso. È il 16 febbraio 1937. È bene che tutti sappiano – a cominciare dalle gerarchie ecclesiastiche – che oggi in Italia ci sono non pochi cattolici che preferiscono l’esempio di Suor Isabella a quello di Suor Giuliana. E preferiscono il generale Franco agli antifascisti spagnoli degli anni Trenta.
(L’articolo è stato già pubblicato su La Verità)
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