Segreto pontificio ad assetto variabile
“Quello del papa è un gesto molto bello. Ora si attende che venga usato lo stesso criterio per casi altrettanto dolorosi e gravi, come quello di Emanuela Orlandi”.
Laura Sgrò, avvocato della famiglia della quindicenne cittadina vaticana scomparsa nel nulla trentasei anni fa, commenta così la decisione di Francesco di togliere il segreto pontifico per quanto riguarda i casi di violenza sessuale sui minori commessi da appartenenti al clero.
Il provvedimento voluto dal papa dovrebbe tutelare maggiormente le vittime e aiutare lo svolgimento delle indagini, un atto di trasparenza che, secondo Laura Sgrò, sarebbe quanto mai necessario anche per quanto riguarda la vicenda Orlandi.
La legale della famiglia della ragazza scomparsa ricorda di aver inviato più di un mese fa una lettera a Francesco e di aver avviato un’istanza formale per poter esaminare il fascicolo custodito in Vaticano sul caso Orlandi. Tuttavia, “con amarezza e dolore”, l’avvocato constata che dai sacri palazzi non è arrivata alcuna risposta.
“Viva o morta, Emanuela deve tornare a casa”, si legge nella lettera-appello. “Testimonianze recenti e investigazioni difensive – spiega Laura Sgrò – hanno fornito la certezza dell’esistenza di un fascicolo segreto sul suo sequestro”, ma “l’accesso della famiglia a questi documenti mi viene negato da anni”.
Stesso discorso per quanto riguarda la morte del comandante delle guardie svizzere Alois Estermann, della moglie Glady Meza Romero e del vice caporale Cedric Tornay, strage che risale al 4 maggio 1998 e che il Vaticano ha frettolosamente ricostruito come un caso di duplice omicidio e suicidio.
Secondo la ricostruzione ufficiale Tornay avrebbe ucciso il comandante e la moglie e poi si sarebbe tolto la vita. All’origine del gesto, forse il risentimento del giovane per una mancata onorificenza.
Muguette Baudat, madre di Credic Tornay, però non ha mai accettato questa versione e di recente si è rivolta all’avvocato Sgrò chiedendo di presentare un’istanza al Vaticano per accedere al fascicolo integrale sulla vicenda. Anche in questo caso, infatti, la Santa Sede non hai messo a disposizione i dati in base ai quali è giunta alla sue conclusioni.
“La madre – dice Laura Sgrò – ha tutto il diritto di vedere le carte, prendere finalmente visione dei risultati dell’autopsia, verificare se effettivamente c’è stata una perizia balistica e infine nominare nuovi pertiti per condurre analisi molto più approfondite, anche in considerazione del fatto che dal 1998 a oggi la tecnologia è progredita e le scienze forensi offrono nuove possibilità”.
Anche sul fronte economico e finanziario il Vaticano dovrebbe seguire la strada che Francesco ha scelto per quanto riguarda i casi di violenza sessuale.
Di recente il Wal Street Journal ha scritto che solo il dieci per cento delle cifre che la Santa Sede raccoglie nel mondo intero attraverso l’obolo di San Pietro sarebbe usato per opere di carità, mentre il resto sarebbe destinato a risanare il deficit. Che una parte dell’obolo fosse utilizzata a questo fine era cosa nota, ma che si tratti addirittura del novanta per cento è circostanza che suscita molte domande.
Tanto è vero che perfino Luis Badilla de Il Sismografo, sito certamente non ostile a Francesco, si interroga in proposito.
“Si è arrivati a dire – scrive Badilla – che questi dati dimostrano che tra carità e affari la Chiesa ha scelto di usare il suo denaro soprattutto per fare investimenti e affrontare il deficit. Il servizio tra l’altro dice di aver avuto queste informazioni da fonti interne, anonime, ma autorevoli perché vicine al dossier Obolo. Il Vaticano, quindi il Papa, secondo quanto si scrive da giorni, utilizza invece il 90% di questo denaro per fare investimenti (dove non mancano errori clamorosi nonché corruzione) oppure per appianare il bilancio (in deficit perenne) che in molti casi rivela grandi sprechi, doppioni scandalosi e fitte ombre. In sostanza l’accusa è perentoria seppure fondata in modo generico, con argomenti piuttosto analitici che fattuali, eppure sino ad oggi dalla Santa Sede non è arrivata la benché minima riposta, smentita o precisazione. Tra i responsabili della materia si fa finta che nulla sta accadendo e s’ignorano decine e decine di articoli che ripetono, tutti, le medesime affermazioni, imprecisioni, falsità e confusioni”.
Scrive ancora Badilla: “Il metodo della non risposta o del nessun commento da fare, usato e applicato in altre situazioni, di per sé molto discutibile anche se legittimo, in questa specifica materia è pericoloso, molto pericoloso, e non fa altro che accrescere sospetti, sconcerti e dubbi, in particolare tra i cattolici laici. Non vi è dubbio che la Santa Sede ha buonissimi argomenti per smontare e debellare questa campagna mediatica e dunque non si capisce il perché tace. Questo silenzio è lacerante per milioni di cattolici. In Vaticano qualcuno che conta capirà che questo silenzio è deleterio? Sì, la questione a questo punto per il santo fedele Popolo di Dio è una sola: perché la Chiesa tace?”.
Ecco: perché la Chiesa tace? Questa la domanda, che vale per l’obolo come per tante altre questioni e vicende, a partire dal caso Orlandi e dal caso Estermann. Un silenzio che rischia di rendere poco credibile anche la decisione di mettere fine al segreto pontificio per i casi di abusi sessuali.
A.M.V.
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