L'aborto fruttariano e i lupi vestiti d'agnelli
Praticare un aborto è come svuotare un frutto della sua polpa: prendi una papaya, infilaci l’aspiratore e il gioco è fatto. Questo quanto è stato insegnato anche negli atenei come la Catholic Loyola University di Chicago e che rischia di dilagare fra le università dei Gesuiti se non fosse per l'"alt" di alcuni studenti.
Praticare un aborto è come svuotare un frutto della sua polpa. Tutto qui. Per dimostrare che è un giochetto da ragazzi e che non c’è nulla di drammatico a Philadelphia, in occasione di una convention di progressisti svoltasi nel luglio scorso, un’attivista pro-choice prese un aspiratore e lo infilò all’interno di un cocomero davanti ad un pubblico ridanciano, né più né meno di quello che accade nelle fiere di paese dove il venditore di pentole mostra al pubblico come si lava facilmente una padella con il fondo antiaderente di ultima generazione. Acceso l’aspiratore la polpa viene risucchiata fuori.
L’aborto fruttariano trovò una sua applicazione anche nelle aule della Catholic Loyola University di Chicago dove nel 2016 andò in scena il "Papaya Workshop" (sic). La procedura fu la medesima: prendi un frutto, questa volta una papaya, ci infili l’aspiratore, lo accendi e il gioco è fatto. La donna così diventa una papaya e il bambino la polpa.
Forse perché le università gestite dai gesuiti sono terreno fertile per queste iniziative tra l’agricolo e il macabro, ecco che il club studentesco H*yas for Choice aveva prenotato una stanza presso la Georgetown University, ateneo retto dai gesuiti, per replicare il Papaya Workshop. Tanto per capire chi sono i ragazzi di H*yas for Choice ecco il loro biglietto da visita: si tratta di una «organizzazione presente alla Georgetown University per la giustizia riproduttiva, pro-choice e sesso-positiva. Siamo un'organizzazione antirazzista e filo queer che lavora per fornire servizi per la salute sessuale e riproduttiva [leggi aborto e contraccezione] e per migliorare l'accesso a questi servizi a favore delle persone di ogni sesso presso gli spazi del campus di Georgetown». H*yas for Choice si vanta di essere «l'unica fonte di informazioni complete sulla salute sessuale, la gravidanza e i servizi abortivi». Infatti, tra le altre attività, distribuisce all’interno dell’ateneo “cattolico” contraccettivi e pillole potenzialmente abortive.
Torniamo all’esperimento sulla papaya, voluto, come si legge sul magazine on line Vice.com, per «demitizzare e de-stigmatizzare l’aborto». Quindi l’aborto è diventato un mito, ossia una favola priva di fondamento reale ed occorre togliere da esso un inappropriato stigma sociale, quasi che uccidere un bambino fosse come bere una tazza di tè, anzi, come addentare un frutto succoso, tanto per rimanere in tema.
Dunque il workshop a base di papaya, in cui le donne sarebbero state invitate a provare le performance miracolose dell’aspiratore, doveva tenersi il 22 gennaio scorso, ma grazie all’intervento di alcuni studenti, che appartengono all’associazione cattolica Tradizione Famiglia e Proprietà (TFP) e che hanno lanciato una petizione la quale ha raccolto 19mila firme, l’evento è saltato. Un portavoce dell’università ha spiegato che tale iniziativa non è in linea con l’identità cattolica dell’ateneo. Manco de La Palice sarebbe arrivato a tanto. Sarebbe stato come permettere ad un club studentesco filo nazista, attivo in un ateneo ebraico, di mostrare quali esperimenti praticavano i nazisti sugli ebrei usando della frutta. E, si badi bene, non per stigmatizzare tali atroci esperimenti, ma per de-stigmatizzarli. I giovani della TFP sono stati costretti a spiegare l’evidenza e, al giornale studentesco The College Fix, hanno dichiarato che «questo workshop è un attacco diretto contro il Quinto comandamento della Legge di Dio e non può trovare spazio in un campus cattolico».
Di contro gli studenti che avevano organizzato la simulazione abortiva-fruttariana hanno così replicato: «Consideriamo questa decisione come una violazione della Free Speech Policy della Georgetown e […] come un'azione deliberata per impedirci di fornire informazioni sulla salute riproduttiva al corpo studentesco». Ma non ogni idea è degna di essere diffusa: la libertà di parola è predicabile solo se è connessa con l’autentico bene dell’uomo. Quindi la libertà di espressione non ha valore assoluto, ma è relativa, vincolata al vero e al bene. Faremmo parlare in pubblico una persona che è favorevole alla pedofilia o alla violenza sulle donne?
In tutta questa storia che mostra plasticamente cosa sia il frutto del peccato, c’è un’altra nota stonata, forse la più preoccupante. John Ritchie, uno dei responsabili dei giovani della TFP, ha dichiarato che se «l'iniziativa studentesca della TFP non avesse fatto suonare il campanello d'allarme, penso che si sarebbe svolto il vergognoso workshop sull’aborto». E infatti l’aula era già stata assegnata, assegnata, tra l’altro, a un gruppo - come già ricordato - che distribuisce contraccettivi e pillole con possibili effetti abortivi come fossero volantini. Dunque se nessuno avesse battuto i pugni sul tavolo e la cosa non avesse attirato l’attenzione dei media, l’università, sedicente cattolica, di Georgetown avrebbe fatto finta di nulla. Perché è erroneamente favorevole al pluralismo culturale? Perché “anche se non condivido la tua idea, darei la vita per permetterti di esprimerla”? No, oggi c’è di più che la stupidità del pensiero libertario. Crediamo che ormai molti che si fregiano dell’appellativo di cattolico siano a favore di pratiche contrarie alla dottrina cattolica. Molti lupi si sono travestiti da agnello.
Tommaso Scandroglio
Francia, passa al Senato la legge che cancella il padre
Con 153 voti favorevoli, 143 contrari e 45 astenuti, il Senato francese approva la revisione della legge sulla bioetica, fortemente voluta dal Governo Macron, che estende la fecondazione artificiale a donne single e coppie lesbiche. Pesano i voti e le astensioni di parecchi conservatori che hanno fatto il gioco della sinistra. La resistenza dei repubblicani Retailleau e Chevrollier frutta lo stralcio degli articoli su embrioni transgenici ed embrioni-chimera, ma rimane l’abominio del “bébé médicament”. Il testo passa ora all’Assemblea Nazionale, dove Macron ha da solo la maggioranza.
Ieri, martedì 4 febbraio, il Senato francese ha approvato di misura la revisione della legge sulla bioetica, fortemente voluta dal Governo Macron: 153 i voti favorevoli, solo dieci in meno i contrari e 45 gli astenuti. Pesanti come macigni i voti favorevoli e le astensioni dei senatori di quei partiti ritenuti conservatori, ossia Les Républicains e Union Centriste. Tra i primi solo 97 hanno espresso voto contrario, mentre 25 hanno votato a favore e 19 si sono astenuti; i centristi poi si sono letteralmente spaccati a metà, con soli 26 voti contrari su 51 senatori (11 favorevoli e 14 astenuti). Prevedibile la compattezza dei partiti di sinistra, nonostante qualche mugugno per non essere riusciti a portare a casa la copertura delle spese sanitarie anche per coloro che richiederanno la procreazione medicalmente assistita per ragioni diverse dall’infertilità.
Adesso la legge approvata dal Senato passerà per la seconda lettura all’Assemblea Nazionale, dove era già stata votata in prima battuta nell’ottobre scorso, e dove il partito del presidente Emmanuel Macron, La République En Marche, può vantare da solo la maggioranza dei deputati. Prevedibilmente, non vi sarà partita.
Rispetto al progetto iniziale, la legge votata in aula ha subito numerose modifiche, frutto di compromessi politici, che altro non sono se non la ricerca di punti di equilibrio tra forze politiche che hanno completamente perso di vista l’esistenza di un bene comune oggettivo, ma che anzi sembrano facciano a gara per cancellarne anche il ricordo.
Il risultato è quello di una legge che ha tutti i tratti di una presa in giro. Nell’articolo 1, che estende la Pma (procreazione medicalmente assistita) anche alle donne single o a coppie di donne lesbiche, è stato aggiunto il principio “rassicurante” che «nessuno ha diritto a un figlio». Principio smentito di fatto dal contenuto dello stesso articolo; come infatti la pretesa, da parte di una coppia di lesbiche, di avere un bambino, possa essere compatibile con il principio che un figlio non è un diritto, non è dato sapere.
Analogo papocchio anche sulla questione dell’identità del donatore di gameti. Da un lato, il donatore dovrà fornire i propri dati identificativi, che verranno conservati al Consiglio nazionale per l’accesso alle origini personali (Cnaop); dall’altro, però, il figlio nato da una donazione di gameti potrà richiedere di conoscere l’identità del proprio genitore solo una volta divenuto maggiorenne e sempre restando ferma la possibilità del donatore di rifiutare tale richiesta. Alla faccia della paternità responsabile.
Per quanto riguarda la maternità surrogata, che in Francia è (per ora) vietata, la legge votata ieri continua a mantenere la proibizione della trascrizione all’anagrafe francese dei bambini nati all’estero mediante la cosiddetta Gpa (Gestation pour autrui); nel contempo però si aggira il divieto, autorizzando la trascrizione delle sentenze d’adozione.
Anche per la filiazione, il risultato finale ha il sapore dell’ipocrisia. Il Senato aveva nei giorni scorsi respinto la proposta del Governo di riconoscere il bambino come figlio sia della donna che lo ha portato in grembo sia della “compagna”; nel contempo ha però concesso che quest’ultima possa essere riconosciuta madre mediante adozione.
Un altro aspetto drammatico della legge riguarda il mantenimento del cosiddetto “bébé médicament”, letteralmente il “bambino medicinale”. Di cosa si tratta? Di un abominio. Nel caso in cui una coppia abbia già un figlio affetto da grave malattia genetica, può esser loro proposta la fecondazione in vitro, per ottenere un embrione che dovrà essere sottoposto ad una duplice diagnosi preimpianto: si dovrà cioè verificare l’assenza della malattia genetica di cui soffre il fratello, e l’immunocompatibilità. Lo scopo è quello di prelevare del sangue dal cordone ombelicale del fratello più piccolo per poter guarire il più grande. Dunque, un bambino creato in laboratorio con lo scopo di guarirne un altro.
Sono poi passati altri articoli che, come il precedente, confermano la “cosificazione” dell’embrione; la legge prevede infatti l’estensione della conservazione degli embrioni fino a 21 giorni (per consentire ricerche sulla gastrulazione), la creazione di modelli embrionali, la fabbricazione di gameti artificiali.
Il dibattito in Senato, grazie alla battaglia portata avanti dai senatori Bruno Retailleau e Guillaume Chevrollier, entrambi repubblicani, ha anche permesso di porre dei limiti importanti, come la soppressione dell’articolo 17, che prevedeva la creazione di embrioni umani transgenici, e dei cosiddetti embrioni chimera, cioè embrioni ibridi, composti di materiale umano e animale. È stato anche cancellato l’articolo 19, che permetteva di estendere la diagnosi preimpianto ai casi di aneuploidia, all’interno dei quali i più frequenti riguardano la Trisomia 21, meglio conosciuta come Sindrome di Down.
Morale della favola: sulle cose che contano davvero, la sinistra tira dritto e i conservatori conservano ben poco, nascondendosi dietro a un’ipocrita di libertà di coscienza concessa ai propri membri. La linea di demarcazione tra incubo e realtà si assottiglia sempre di più.
Luisella Scrosati
https://lanuovabq.it/it/francia-passa-al-senato-la-legge-che-cancella-il-padre
Sanremo, Fiorello e la fede buona solo per far ridere
Apertura del Festival di Sanremo subito discutibile: Fiorello entra dalla platea in talare, facendo la caricatura di un prete. Ma nella discutibilità della gag risalta un dato di fatto: la fede, i sentimenti religiosi, i cattolici sono ridotti a macchietta.
Entra dalla platea ed entra in talare. È Fiorello che apre così il Festival di Sanremo. Con la sua usuale verve affascina il pubblico osannante: «Buonasera fratelli e buonasera sorelle! In questo mondo c’è bisogno di pace! Scambiatevi il segno di pace. Datevi la mano un con l’altro. Fatelo sul serio». Poi spiega il motivo del suo abbigliamento: «Questo è il festival delle polemiche e bisogna iniziare con qualcosa di veramente forte. Questo non è un abito blasfemo, ma un abito di scena. Dovevamo iniziare con qualcosa di potente. Questo è l’abito originale di Don Matteo». Lo sketch si conclude con Fiorello e tutto il pubblico che cantano “Amadeus” sulle note dell’alleluia.
Fiorello, pleonastico a dirsi, è un genio dello spettacolo. Ma ai geni si deve perdonare di meno che alle very normal people proprio a motivo del loro genio. Il primo commento, quello più epidermico e dettato dalle viscere, è intuitivo per i lettori della Bussola: Fiorello ha preso in giro la Chiesa, i sacerdoti, la fede. “Lo facesse con l’islam con tanto di Kufi in testa o scimmiottasse il cohen ebraico!”, a qualcuno scapperebbe da dire. Il Rosario Tindaro nazionale lo sa ed è per questo che ha tirato fuori la foglia di fico dell’abito di scena per coprire alcune pudenda che in realtà hanno visto milioni di spettatori.
Però se facciamo tacitare per un attimo le nostre viscere, ci accorgiamo di un fatto quasi banale. Fiorello inconsapevolmente ci ha confermato in una verità tanto lapalissiana che non riusciamo nemmeno più a vederla: la Chiesa, la fede, i sentimenti religiosi, etc. vanno bene ormai solo per far ridere. I cattolici sono ridotti a macchiette. La religione cattolica sopravvive nella mente dei più come una tenue eco di qualcosa di assolutamente alieno con la vita di ogni giorno, buona solo per strappare sbadigli, sdegnose riprovazioni (sagrestia per molti fa rima solo con pedofilia) o risate se ci mette del suo un comico.
Già il fatto che Fiorello si presenti in talare la dice lunga. Quanti sono i sacerdoti in talare? Lo zero virgola. Però nell’immaginario collettivo il sacerdote è in talare. Fiorello stimola l’immaginario collettivo e dunque la talare ha una sua ragion d’essere. Però – e qui sta il punto – si tratta ormai solo di un simbolo, di una icona, di una suggestione visiva senza più nessun aggancio con il reale. Siamo perciò oltre alla satira del sacro. Il sacro è ridotto né più né meno ad un espediente di scena, ad un canovaccio teatrale, ad un topos comico, ad una maschera, così come in Shakespeare c’è il buffone e la prostituta. Perciò non prendetevela cari cattolici, nulla di personale. La talare è solo un pretesto, appunto «un abito di scena», come ha ricordato il Nostro.
E dunque Fiore ci può prendere in giro perché i cattolici che vivono la loro fede in talare – ossia seriamente – sono pressoché estinti. Quindi numericamente innocui e di certo quei pochi esistenti non siedono nella stanza dei bottoni. Gli altri, i cattolici con il maglioncino grigio topo, plaudono festanti al dileggio festivaliero cantando “Amadeus” sulla melodia dell’alleluia parrocchiale. Tanto sono solo canzonette, si dirà.
Tommaso Scandroglio
https://lanuovabq.it/it/sanremo-fiorello-e-la-fede-buona-solo-per-far-ridere
SANREMO FESTIVAL DELL'OSCENO: FIORELLO VOLGARE, AMADEUS SOTTOMESSO, JEBREAL... - Diego Fusaro
Radio Radio TV
https://www.youtube.com/watch?v=bDyau4qH_lQ
Subito dopo la messa ha avuto luogo l’incontro tra il Papa e il presidente, durato 44 minuti, in un clima molto cordiale.
Sanremo, Fiorello e la fede buona solo per far ridere
Apertura del Festival di Sanremo subito discutibile: Fiorello entra dalla platea in talare, facendo la caricatura di un prete. Ma nella discutibilità della gag risalta un dato di fatto: la fede, i sentimenti religiosi, i cattolici sono ridotti a macchietta.
Entra dalla platea ed entra in talare. È Fiorello che apre così il Festival di Sanremo. Con la sua usuale verve affascina il pubblico osannante: «Buonasera fratelli e buonasera sorelle! In questo mondo c’è bisogno di pace! Scambiatevi il segno di pace. Datevi la mano un con l’altro. Fatelo sul serio». Poi spiega il motivo del suo abbigliamento: «Questo è il festival delle polemiche e bisogna iniziare con qualcosa di veramente forte. Questo non è un abito blasfemo, ma un abito di scena. Dovevamo iniziare con qualcosa di potente. Questo è l’abito originale di Don Matteo». Lo sketch si conclude con Fiorello e tutto il pubblico che cantano “Amadeus” sulle note dell’alleluia.
Fiorello, pleonastico a dirsi, è un genio dello spettacolo. Ma ai geni si deve perdonare di meno che alle very normal people proprio a motivo del loro genio. Il primo commento, quello più epidermico e dettato dalle viscere, è intuitivo per i lettori della Bussola: Fiorello ha preso in giro la Chiesa, i sacerdoti, la fede. “Lo facesse con l’islam con tanto di Kufi in testa o scimmiottasse il cohen ebraico!”, a qualcuno scapperebbe da dire. Il Rosario Tindaro nazionale lo sa ed è per questo che ha tirato fuori la foglia di fico dell’abito di scena per coprire alcune pudenda che in realtà hanno visto milioni di spettatori.
Però se facciamo tacitare per un attimo le nostre viscere, ci accorgiamo di un fatto quasi banale. Fiorello inconsapevolmente ci ha confermato in una verità tanto lapalissiana che non riusciamo nemmeno più a vederla: la Chiesa, la fede, i sentimenti religiosi, etc. vanno bene ormai solo per far ridere. I cattolici sono ridotti a macchiette. La religione cattolica sopravvive nella mente dei più come una tenue eco di qualcosa di assolutamente alieno con la vita di ogni giorno, buona solo per strappare sbadigli, sdegnose riprovazioni (sagrestia per molti fa rima solo con pedofilia) o risate se ci mette del suo un comico.
Già il fatto che Fiorello si presenti in talare la dice lunga. Quanti sono i sacerdoti in talare? Lo zero virgola. Però nell’immaginario collettivo il sacerdote è in talare. Fiorello stimola l’immaginario collettivo e dunque la talare ha una sua ragion d’essere. Però – e qui sta il punto – si tratta ormai solo di un simbolo, di una icona, di una suggestione visiva senza più nessun aggancio con il reale. Siamo perciò oltre alla satira del sacro. Il sacro è ridotto né più né meno ad un espediente di scena, ad un canovaccio teatrale, ad un topos comico, ad una maschera, così come in Shakespeare c’è il buffone e la prostituta. Perciò non prendetevela cari cattolici, nulla di personale. La talare è solo un pretesto, appunto «un abito di scena», come ha ricordato il Nostro.
E dunque Fiore ci può prendere in giro perché i cattolici che vivono la loro fede in talare – ossia seriamente – sono pressoché estinti. Quindi numericamente innocui e di certo quei pochi esistenti non siedono nella stanza dei bottoni. Gli altri, i cattolici con il maglioncino grigio topo, plaudono festanti al dileggio festivaliero cantando “Amadeus” sulla melodia dell’alleluia parrocchiale. Tanto sono solo canzonette, si dirà.
Tommaso Scandroglio
https://lanuovabq.it/it/sanremo-fiorello-e-la-fede-buona-solo-per-far-ridere
SANREMO FESTIVAL DELL'OSCENO: FIORELLO VOLGARE, AMADEUS SOTTOMESSO, JEBREAL... - Diego Fusaro
Radio Radio TV
di Sabino Paciolla
Venerdì 31 gennaio il presidente dell’Argentina, Alberto Fernandez, divorziato, strenuo sostenitore della legalizzazione dell’aborto, e la sua convivente hanno ricevuto la Comunione durante una messa nella cripta della tomba di San Pietro, sotto la Basilica romana, riporta Lifesitenews. Successivamente sono stati accolti da Papa Francesco.
Alberto Fernandez, 61 anni, dal 2014 vive con l’attrice argentina Fabiola Yañez (38 anni). Dalla sua elezione, lo scorso dicembre, si è trasferita con lui al Palazzo Presidenziale di Buenos Aires e svolge il ruolo di First Lady, nonostante siano semplicemente conviventi.
Fernandez aveva sposato Marcela Luchetti nel 1993, dalla quale ha divorziato nel 2005. Dalla loro unione è nato un figlio, Estanislao Fernandez, 24 anni, che è oggi una nota drag queen professionista in Argentina.
“Mio figlio è un attivista per i diritti della comunità LGBT”, ha detto il neo presidente dell’Argentina. “Mi preoccuperei se mio figlio fosse un criminale, ma è un grande uomo. In quel mondo, di cui non so molto, sembrerebbe essere rispettato e molto riconosciuto. Sono orgoglioso di mio figlio. Voglio che sia lo stesso per qualsiasi padre, che sia felice”.
Come detto, il presidente e la compagna hanno ricevuto la Comunione (vedi video) dal connazionale vescovo Marcelo Sanchez Sorondo che ha detto: «Chiediamo il successo del nuovo presidente per la sua nuova missione, così difficile. Volevamo celebrare una messa di riconciliazione, che abbiamo pensato fosse nel cuore del presidente, dei vescovi e del papa», ha detto Sanchez Sorondo, secondo Il Messaggero. L’arcivescovo Marcelo Sanchez Sorondo è cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze e della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, noto alle cronache per aver detto che l’unico paese al mondo che meglio attua la Dottrina Sociale della Chiesa è la Cina.
Subito dopo la messa ha avuto luogo l’incontro tra il Papa e il presidente, durato 44 minuti, in un clima molto cordiale.
Dopo tale incontro, il Vaticano ha emesso un comunicato in cui si faceva riferimento ai temi trattati, tra cui quello dell’aborto.
Erano passate più di tre ore dalla fine dell’incontro tra Alberto Fernandez e il Papa quando un messaggio del Presidente è entrato nella casella di posta elettronica di Papa Francesco, riferisce La Nacion. Il Presidente ha chiesto spiegazioni e gli ha inviato il comunicato del Vaticano che lo informava che durante la sua visita al Palazzo Pontificio si era parlato di aborto. Fernandez lo aveva appena espressamente negato nella conferenza stampa che aveva tenuto all’ambasciata argentina dopo l’udienza presso la Santa Sede. “Non ne abbiamo parlato”, ha insistito il Presidente nella mail. “L’ho già inviato alla correzione”, ha risposto il Papa qualche minuto dopo, secondo la delegazione argentina, come riporta La Nacion.
E infatti, la dichiarazione emessa dopo le 14.00 non specificava se la questione fosse stata toccata durante i 44 minuti in cui il Papa e il capo dello Stato erano stati soli nella biblioteca del Palazzo Apostolico, o più tardi, quando Fernandez aveva avuto un incontro con il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, accompagnato da monsignor Miroslaw Wachowski, sottosegretario ai Rapporti con gli Stati.
È stato un momento di tensione dopo un incontro caldo e produttivo, secondo la valutazione della Casa Rosada e del Vaticano, poiché è stato a quel punto sopraffatto da una confusione dei canali di informazione. Ci si chiedeva infatti se il Presidente avesse nascosto una delle parti più delicate del dialogo con Francesco.
La spiegazione, riporta La Nacion, è arrivata qualche minuto dopo. In primo luogo, Fernandez ha chiarito che l’argomento era stato toccato nel suo incontro con il segretario di Stato della Santa Sede, l’italiano Pietro Parolin, cosa che aveva anche negato durante la conferenza stampa. “Parolin ha espresso la sua preoccupazione per la questione e mi ha ricordato che la posizione della Chiesa è sempre la difesa della vita dal concepimento”, ha detto Fernandez a La Nacion.
Vista la confusione che si era creata, e le versioni incrociate, la Santa Sede è stata costretta a diffondere un nuovo messaggio, insolito per i giornalisti che avevano seguito l’incontro: “non tutti i temi menzionati nel comunicato stampa sull’udienza al presidente della Repubblica Argentina sono stati affrontati in tutti gli interventi: alcuni sono stati esaminati nel corso dell’udienza con la Segreteria di Stato, altri con il Santo Padre”, dice il testo, firmato dal direttore di quell’agenzia, Matteo Bruni, che, secondo La Nacion, aveva ricevuto una denuncia dal Segretario di Stato argentino per le comunicazioni, Juan Pablo Biondi.
Da parte sua, in una conferenza stampa con i giornalisti, il presidente Fernández ha detto che alcuni temi, come quello della difesa della vita, non sono stati trattati nel colloquio con il Papa, ma in quello successivo con i superiori della Segreteria di Stato.
Il Vaticano ha confermato, in accordo con la dichiarazione di Fernandez, che la questione dell’aborto è sorta durante l’incontro con Parolin, e non nell’udienza con il Papa.
Il presidente Fernandez dinanzi alle esternazioni sull’aborto fatte dal card. Parolin non è rimasto muto. Ha portato come giustificazione la posizione di san Tommaso sull’argomento. Le parole di Parolin non hanno modificato in alcun modo la posizione del governo argentino sulla volontà di legalizzare l’aborto. “Ne ho già parlato e manterrò la mia parola. La mia parola non è di riaprire un divario tra il verde e il blu. La mia parola è di dare alle donne che vogliono abortire la possibilità di farlo legalmente e di aiutare coloro che vogliono avere figli. Questo è il mio lavoro”, ha risposto Fernández nell’incontro con i giornalisti.
Per il governo la decisione è stata presa e non si potrà tornare indietro. Il presidente annuncerà l’invio del progetto di legalizzazione all’Assemblea Legislativa il prossimo 1° marzo.
Da questa vicenda si possono trarre le seguenti osservazioni.
1) Papa francesco, da quanto si è appreso, non ha parlato di persona con il Presidente Fernandez della questione dell’aborto;
2) L’effetto di Amoris Laetitia, in particolare con l’interpretazione data dai vescovi della provincia di Buenos Aires, si è visto in Vaticano con la coppia dei divorziati, non risposati ma conviventi, che hanno ricevuto la Comunione;
3) Il presidente Fernandez è un forte sostenitore della legalizzazione dell’aborto, nonostante nell’agosto dell’anno scorso il Senato abbia respinto una legge che avrebbe radicalmente liberalizzato le leggi sull’aborto nel paese, e una grande Marcia per la vita che ha visto la partecipazione di due milioni di persone. Nonostante ciò, e nonostante che Fernandez sia divorziato e convivente con persona con la quale non ha nessun legame, l’arcivescovo Marcelo Sorondo da dato la Comunione al Presidente argentino ed alla sua compagna durante una messa nella cripta della tomba di San Pietro.
Questo episodio ci ricorda l’ex vice presidente degli Stati Uniti d’America, Joe Biden, che sfiderà a novembre prossimo Trump alla presidenza degli USA, quando, in risposta al sacerdote che gli aveva negato la Comunione a causa del suo convinto sostegno all’aborto, aveva detto: “Non è un atteggiamento che ho trovato altrove, anche da parte del Santo Padre che mi ha dato la Comunione “(si veda il video).
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