Lettera di don Davide Pagliarani, Superiore Generale della Fraternità Sacerdotale di San Pio X, indirizzata a tutti i fedeli confinati nelle loro case e che non hanno più accesso alla Santa Eucaristia, a causa dell'epidemia del coronavirus.
Cari fedeli,
In questo momento di prova, sicuramente difficile per tutti voi, vorrei inviarvi questi pochi pensieri.
Non sappiamo per quanto tempo durerà la situazione attuale, né in particolare come si svilupperanno le cose nelle prossime settimane. Di fronte a questa incertezza, la tentazione più naturale è quella di cercare disperatamente garanzie e spiegazioni nei commenti e nelle ipotesi dei più esperti degli "esperti". Spesso, tuttavia, questi presupposti - che attualmente abbondano da tutte le parti - si contraddicono a vicenda e aumentano la confusione invece di portare un po 'di serenità. Senza dubbio l'incertezza è parte integrante di questo test. Spetta a noi sapere come trarne vantaggio.
Se la Provvidenza permette una calamità o un male, lo fa sempre per ottenere un bene maggiore che, direttamente o indirettamente, riguarda sempre le nostre anime. Senza questa premessa essenziale, rischiamo la disperazione, perché un'epidemia, un'altra calamità o qualsiasi calvario ci troveranno sempre insufficientemente preparati.
A questo punto, cosa vuole che Dio capisca? Che cosa si aspetta da noi in questa Quaresima particolare, quando sembra aver deciso quali sacrifici dobbiamo fare?
Un semplice microbo può mettere l'umanità in ginocchio. Nell'era delle grandi conquiste tecnologiche e scientifiche, è soprattutto l'orgoglio umano che mette in ginocchio. L'uomo moderno, così orgoglioso dei suoi successi, che installa cavi in fibra ottica sul fondo degli oceani, costruisce portaerei, centrali nucleari, grattacieli e computer, che dopo aver messo piede la luna continua la sua conquista fino a Marte, quest'uomo è indifeso di fronte a un microbo invisibile. Il tumulto mediatico degli ultimi giorni e la paura che potremmo avere noi stessi non dovrebbero farci perdere questa lezione profonda e di facile comprensione per i cuori semplici e puri che considerano fedelmente i tempi presenti. La Provvidenza insegna ancora oggi attraverso gli eventi.
Tradotto in termini evangelici, questo messaggio corrisponde alle parole di Gesù che ci chiede di rimanere uniti a Lui il più vicino possibile, perché senza di lui non possiamo fare nulla o risolvere alcun problema (cfr Gv 15, 5). I nostri tempi incerti, l'aspettativa di una soluzione e il sentimento della nostra impotenza e della nostra fragilità devono incoraggiarci a cercare il nostro Signore, a implorarlo, a chiedere il suo perdono, a pregarlo con più fervore e soprattutto a abbandonarci alla sua Provvidenza.
A ciò si aggiunge la difficoltà o addirittura l'impossibilità di partecipare liberamente alla Santa Messa, il che aumenta la durezza di questo calvario. Ma rimane nelle nostre mani un mezzo privilegiato e un'arma più potente dell'ansia, dell'incertezza o del panico che può causare la crisi del coronavirus: è il Santo Rosario, che ci lega alla Santissima Vergine e in paradiso.
È giunto il momento di pregare il rosario nelle nostre case in modo più sistematico e con più fervore del solito. Non perdere tempo davanti agli schermi e non lasciarti vincere dalla febbre dei media. Se dobbiamo osservare il parto, cogliamo l'occasione per trasformare i nostri "arresti domiciliari" in una sorta di felice ritiro familiare, durante il quale la preghiera riacquista il luogo, il tempo e l'importanza che merita. Leggiamo il Vangelo nella sua interezza, meditiamo con calma, ascoltiamolo in pace: le parole del Maestro sono le più efficaci, perché raggiungono facilmente l'intelligenza e il cuore.
Ora non è il momento di far entrare il mondo, ora che le circostanze e le azioni delle autorità ci separano dal mondo! Approfittiamo di questa situazione. Diamo priorità ai beni spirituali che nessun microbo può attaccare: accumuliamo tesori in Paradiso, dove né i vermi né la ruggine distruggono. Perché dov'è il nostro tesoro, ci sarà anche il nostro cuore (cfr Mt 6, 20-21).
Approfittiamo dell'occasione per cambiare la nostra vita, sapendo come abbandonarci alla divina Provvidenza. E non dimentichiamo di pregare per coloro che stanno soffrendo proprio ora. Dobbiamo raccomandare al Signore tutti quelli per i quali si avvicina il giorno del giudizio e chiedergli di avere pietà di tanti nostri contemporanei che rimangono incapaci di trarre buone lezioni per le loro anime dagli eventi attuali. Prega che, una volta superato il calvario, non riprendano le loro vite precedenti, senza cambiare nulla. Le epidemie sono sempre servite a portare tiepida alla pratica religiosa, al pensiero di Dio, alla detenzione del peccato. Abbiamo il dovere di chiedere questa grazia per ciascuno dei nostri concittadini, senza eccezioni, compresi - e soprattutto - per i pastori che mancano dello spirito di fede e non sanno più discernere la volontà di Dio.
Non scoraggiarti: Dio non ci abbandona mai. Meditiamo sulle parole piene di fiducia che la nostra santa Madre Chiesa mette sulle labbra del sacerdote in tempi di epidemia: "O Dio che non vuole la morte ma la conversione dei peccatori, rivolgiti con gentilezza al tuo popolo che ritorna da te e, poiché è devoto a te, liberalo con misericordia dai flagelli della tua rabbia ”.
Vi consiglio tutti all'Altare e alla protezione paterna di San Giuseppe. Dio ti benedica!
Don Davide Pagliarani +
(Fonte: MG - FSSPX.News - 17/03/2020)
La Comunione spirituale
Il tempo di Natale, con la sua estensione nel tempo dell’Epifania, ci mostra la giusta adorazione di Cristo di cui dobbiamo dar prova. L’esempio dei pastori e quello dei Magi sono un invito a spostarci per onorare il Dio-Bambino. Se la nostra anima non si trova in una totale indigenza, si tratta allora di allora di adorare semplicemente come i pastori che non avevano niente da offrire o di offrire dei doni preziosi come i Magi.
Ma una volta terminata questa adorazione ecco che giunge il pericolo dell’oblio: dopo un sincero culto verso il Verbo incarnato, noi rischiamo di ritornare nel mondo come se niente fosse accaduto, come se il nostro culto fosse stato una parentesi presto chiusa.
Come cattolici, la nostra possibilità è di poter rimanere in contatto col Corpo di Cristo attraverso la Santa Ostia, che è una continuazione dell’Incarnazione. La Comunione permette di conservare questa presenza di Cristo, ma noi possiamo spingerci ancora più lontano grazie alla Comunione spirituale.
Questa pratica non è un piccolo consiglio da riservare ai ragazzi; essa è salutare, efficace, e troppo spesso trascurata dai praticanti. Sarà il caso di approfittare del nuovo anno per rimetterla in pratica, essa sarà un mezzo eccellente per applicare in seguito le nostre buone risoluzioni.
Un desiderio
Il Concilio di Trento aveva già distinto tre modi diversi per comunicarsi: solo sacramentalmente (senza carità è cosa peccaminosa), solo spiritualmente, e in questi due modi insieme: come deve essere ogni buona Comunione alla Messa.
Per gli autori spirituali, comunicarsi spiritualmente significa unire la nostra anima a Gesù-Eucarestia, non con la ricezione del sacramento, ma col desiderio di questa ricezione, precisando che questo desiderio è soprannaturale in quanto procede da una fede animata dalla carità.
Così San Francesco di Sales sottolinea questa nozione del desiderio: «Quando non potete avere il bene di comunicarsi realmente alla Santa Messa, comunicatevi almeno col cuore e con lo spirito, unendovi con un ardente desiderio a quella Carne vivificante del Salvatore» (Introduzione alla vita devota, II parte, cap. 21).
Il gesuita Rodriguez aggiunge: «La comunione spirituale consiste nell’avere un ardente desiderio di ricevere l’adorabile Sacramento … Perché come quando uno ha una gran fame, divora la carne con gli occhi, così bisogna divorare con gli occhi dello spirito quella Carne celeste» (Pratica della perfezione cristiana, II parte, trattato 8, cap. 15).
Rendiamoci conto che noi beneficiamo di un privilegio. Innanzi tutto non era possibile approfittarne nell’Antico Testamento, poiché si tratta di un desiderio del sacramento che fu istituito da Cristo. La manducazione della manna da parte degli Ebrei non è un’applicazione di questa comunione spirituale. Lo stesso per gli Angeli che, secondo il giudizio di San Tommaso, se possono mangiare spiritualmente Cristo essendovi uniti per la carità e la visione beatifica, non possono mangiare spiritualmente il sacramento, che presuppone la possibilità di poterlo ricevere realmente. In senso proprio, essi non possono dunque ricevere la comunione spirituale (Somma Teologica, III, q. 80, a. 1).
Come abbiamo detto prima, questo desiderio è prodotto da una fede viva e richiede dunque lo stato di grazia. Colui che si comunicasse spiritualmente in stato di peccato mortale e con la disposizione di restarvi, peccherebbe gravemente, dice il teologo Suarez. Ma sembra che in questo caso il sacramento della Confessione non sia obbligatorio, basta un atto di perfetta contrizione.
Precisazione importante: il Dizionario di Teologia Cattolica sostiene che in caso di contrizione imperfetta non vi sarebbe peccato, ed anche avendo un buon desiderio i frutti legati alla comunione spirituale non ci sarebbero.
Fondamento
Due principii fondano il valore di una comunione spirituale.
Il primo pilastro è la fede nella presenza di Cristo nell’Eucarestia come fonte di vita, d’amore e di unità. Non solo si tratta di riconoscere la presenza reale, ma anche l’efficacia di questa presenza, come causante la grazia.
Quest’atto di pietà, dunque, è fuori portata dei protestanti, anche se essi riconoscono una certa forma di presenza di Cristo nell’Ostia. E’ questo il caso dei luterani che affermano che l’Eucarestia ha la funzione di eccitare la fiducia in Gesù Cristo, senza che essa produca un aumento della grazia nelle nostre anime.
Il secondo principio consiste nel fatto che l’efficacia del desiderio può supplire all’atto del sacramento; sappiamo, per esempio, che se il battesimo con l’acqua è impossibile, il battesimo di desiderio è una porta aperta per la salvezza. Precisiamo solo che questo desiderio implica una reale volontà di ricevere il sacramento stesso e non si riduce ad un vago attaccamento al cristianesimo; è tale processo che si applica alla Comunione.
Tuttavia, contrariamente alla Comunione sacramentale, che agisce ex opere operato, la Comunione spirituale interviene ex opere operantis e cioè in funzione delle disposizioni della persona. Il cristiano diventa allora causa diretta della grazia, che rischia di essere meno abbondante in ragione delle sue imperfezioni. Nella ricezione dell’Ostia, il fedele è solo una condizione, mentre la causa della grazia è il sacramento stesso, cosa che ne assicura l’efficacia.
Effetti
Dopo tutte queste difficili considerazioni teologiche, vediamo la conclusione pratica: in ragione delle nostre infermità, la Comunione spirituale sarà concretamente meno efficace di quella sacramentale, anche se teoricamente gli effetti sono gli stessi, e cioè un supplemento di grazia, un nutrimento spirituale e la remissione dei peccati veniali. Ma se le nostre disposizioni sono perfette, gli effetti saranno identici o perfino migliori di quelli di una Comunione sacramentale fatta distrattamente.
I Santi ce l’hanno dimostrato: «Si racconta di Sant’Angela Merici che quando le si interdiva la Comunione giornaliera ella vi suppliva con delle frequenti comunioni spirituali alla Messa, e talvolta ella si sentiva inondata di grazie simili a quelle che avrebbe ricevute se si fosse comunicata con le specie sacramentali. Così, in pia eredità, ha lasciato al suo Ordine la pressante raccomandazione di non trascurare questa santa pratica».
Pratica
Santa Teresa d’Avila raccomanda alle sue figlie di comunicarsi in spirito (Cammino della perfezione, cap. 37); anche il Padre Du Pont, ben noto a coloro che hanno fatto un ritiro di Sant’Ignazio, incoraggia in questo senso; e ancor più San Bernardo.
Allora, perché rifiutare questi inviti? La Comunione spirituale presenta il vantaggio di non essere limitata nella sua frequenza. Essa può essere fatta così spesso per quanto l’anima lo desidera, come ricorda l’Imitazione di Cristo (Libro IV, cap. 10).
Il Padre Faber cita ad esempio la Beata Agata della Croce che «era animata da un tale amore per il Santissimo Sacramento che si dice sarebbe morta se il suo confessore non le avesse insegnato la pratica della Comunione spirituale; e una volta appresala, ella usava ripeterla fino a duecento volte in un giorno».
Noi non siamo obbligati a tenere il ritmo dei Santi; è meglio farla più raramente ma con la profondità richiesta. Ricordiamoci che il momento privilegiato per la Comunione spirituale è il tempo della Messa; ci si può associare all’ora in cui essa è celebrata.
Questo tipo di devozione deve essere soprattutto un complemento alla nostra Comunione abituale e può aiutare nei periodi in cui è più difficile accostarsi ai sacramenti, in particolare durante le vacanze.
Collochiamo al suo giusto posto questo tipo di pratica: il comunicarsi spiritualmente trae il suo valore dalla Comunione sacramentale, ma le ricchezze del tesoro eucaristico non devono farci trascurare il complemento spirituale di questo intimo desiderio del cuore. Così, si può esprime l’intenzione della Chiesa con le parole di Nostro Signore riportate da Sant’Alfonso de’ Liguori: «Io conservo le vostre Comunioni sacramentali in un vaso d’oro, e in un vaso d’argento le vostre Comunioni spirituali».
Ma una volta terminata questa adorazione ecco che giunge il pericolo dell’oblio: dopo un sincero culto verso il Verbo incarnato, noi rischiamo di ritornare nel mondo come se niente fosse accaduto, come se il nostro culto fosse stato una parentesi presto chiusa.
Come cattolici, la nostra possibilità è di poter rimanere in contatto col Corpo di Cristo attraverso la Santa Ostia, che è una continuazione dell’Incarnazione. La Comunione permette di conservare questa presenza di Cristo, ma noi possiamo spingerci ancora più lontano grazie alla Comunione spirituale.
Questa pratica non è un piccolo consiglio da riservare ai ragazzi; essa è salutare, efficace, e troppo spesso trascurata dai praticanti. Sarà il caso di approfittare del nuovo anno per rimetterla in pratica, essa sarà un mezzo eccellente per applicare in seguito le nostre buone risoluzioni.
Un desiderio
Il Concilio di Trento aveva già distinto tre modi diversi per comunicarsi: solo sacramentalmente (senza carità è cosa peccaminosa), solo spiritualmente, e in questi due modi insieme: come deve essere ogni buona Comunione alla Messa.
Per gli autori spirituali, comunicarsi spiritualmente significa unire la nostra anima a Gesù-Eucarestia, non con la ricezione del sacramento, ma col desiderio di questa ricezione, precisando che questo desiderio è soprannaturale in quanto procede da una fede animata dalla carità.
Così San Francesco di Sales sottolinea questa nozione del desiderio: «Quando non potete avere il bene di comunicarsi realmente alla Santa Messa, comunicatevi almeno col cuore e con lo spirito, unendovi con un ardente desiderio a quella Carne vivificante del Salvatore» (Introduzione alla vita devota, II parte, cap. 21).
Il gesuita Rodriguez aggiunge: «La comunione spirituale consiste nell’avere un ardente desiderio di ricevere l’adorabile Sacramento … Perché come quando uno ha una gran fame, divora la carne con gli occhi, così bisogna divorare con gli occhi dello spirito quella Carne celeste» (Pratica della perfezione cristiana, II parte, trattato 8, cap. 15).
Rendiamoci conto che noi beneficiamo di un privilegio. Innanzi tutto non era possibile approfittarne nell’Antico Testamento, poiché si tratta di un desiderio del sacramento che fu istituito da Cristo. La manducazione della manna da parte degli Ebrei non è un’applicazione di questa comunione spirituale. Lo stesso per gli Angeli che, secondo il giudizio di San Tommaso, se possono mangiare spiritualmente Cristo essendovi uniti per la carità e la visione beatifica, non possono mangiare spiritualmente il sacramento, che presuppone la possibilità di poterlo ricevere realmente. In senso proprio, essi non possono dunque ricevere la comunione spirituale (Somma Teologica, III, q. 80, a. 1).
Come abbiamo detto prima, questo desiderio è prodotto da una fede viva e richiede dunque lo stato di grazia. Colui che si comunicasse spiritualmente in stato di peccato mortale e con la disposizione di restarvi, peccherebbe gravemente, dice il teologo Suarez. Ma sembra che in questo caso il sacramento della Confessione non sia obbligatorio, basta un atto di perfetta contrizione.
Precisazione importante: il Dizionario di Teologia Cattolica sostiene che in caso di contrizione imperfetta non vi sarebbe peccato, ed anche avendo un buon desiderio i frutti legati alla comunione spirituale non ci sarebbero.
Fondamento
Due principii fondano il valore di una comunione spirituale.
Il primo pilastro è la fede nella presenza di Cristo nell’Eucarestia come fonte di vita, d’amore e di unità. Non solo si tratta di riconoscere la presenza reale, ma anche l’efficacia di questa presenza, come causante la grazia.
Quest’atto di pietà, dunque, è fuori portata dei protestanti, anche se essi riconoscono una certa forma di presenza di Cristo nell’Ostia. E’ questo il caso dei luterani che affermano che l’Eucarestia ha la funzione di eccitare la fiducia in Gesù Cristo, senza che essa produca un aumento della grazia nelle nostre anime.
Il secondo principio consiste nel fatto che l’efficacia del desiderio può supplire all’atto del sacramento; sappiamo, per esempio, che se il battesimo con l’acqua è impossibile, il battesimo di desiderio è una porta aperta per la salvezza. Precisiamo solo che questo desiderio implica una reale volontà di ricevere il sacramento stesso e non si riduce ad un vago attaccamento al cristianesimo; è tale processo che si applica alla Comunione.
Tuttavia, contrariamente alla Comunione sacramentale, che agisce ex opere operato, la Comunione spirituale interviene ex opere operantis e cioè in funzione delle disposizioni della persona. Il cristiano diventa allora causa diretta della grazia, che rischia di essere meno abbondante in ragione delle sue imperfezioni. Nella ricezione dell’Ostia, il fedele è solo una condizione, mentre la causa della grazia è il sacramento stesso, cosa che ne assicura l’efficacia.
Effetti
Dopo tutte queste difficili considerazioni teologiche, vediamo la conclusione pratica: in ragione delle nostre infermità, la Comunione spirituale sarà concretamente meno efficace di quella sacramentale, anche se teoricamente gli effetti sono gli stessi, e cioè un supplemento di grazia, un nutrimento spirituale e la remissione dei peccati veniali. Ma se le nostre disposizioni sono perfette, gli effetti saranno identici o perfino migliori di quelli di una Comunione sacramentale fatta distrattamente.
I Santi ce l’hanno dimostrato: «Si racconta di Sant’Angela Merici che quando le si interdiva la Comunione giornaliera ella vi suppliva con delle frequenti comunioni spirituali alla Messa, e talvolta ella si sentiva inondata di grazie simili a quelle che avrebbe ricevute se si fosse comunicata con le specie sacramentali. Così, in pia eredità, ha lasciato al suo Ordine la pressante raccomandazione di non trascurare questa santa pratica».
Pratica
Santa Teresa d’Avila raccomanda alle sue figlie di comunicarsi in spirito (Cammino della perfezione, cap. 37); anche il Padre Du Pont, ben noto a coloro che hanno fatto un ritiro di Sant’Ignazio, incoraggia in questo senso; e ancor più San Bernardo.
Allora, perché rifiutare questi inviti? La Comunione spirituale presenta il vantaggio di non essere limitata nella sua frequenza. Essa può essere fatta così spesso per quanto l’anima lo desidera, come ricorda l’Imitazione di Cristo (Libro IV, cap. 10).
Il Padre Faber cita ad esempio la Beata Agata della Croce che «era animata da un tale amore per il Santissimo Sacramento che si dice sarebbe morta se il suo confessore non le avesse insegnato la pratica della Comunione spirituale; e una volta appresala, ella usava ripeterla fino a duecento volte in un giorno».
Noi non siamo obbligati a tenere il ritmo dei Santi; è meglio farla più raramente ma con la profondità richiesta. Ricordiamoci che il momento privilegiato per la Comunione spirituale è il tempo della Messa; ci si può associare all’ora in cui essa è celebrata.
Questo tipo di devozione deve essere soprattutto un complemento alla nostra Comunione abituale e può aiutare nei periodi in cui è più difficile accostarsi ai sacramenti, in particolare durante le vacanze.
Collochiamo al suo giusto posto questo tipo di pratica: il comunicarsi spiritualmente trae il suo valore dalla Comunione sacramentale, ma le ricchezze del tesoro eucaristico non devono farci trascurare il complemento spirituale di questo intimo desiderio del cuore. Così, si può esprime l’intenzione della Chiesa con le parole di Nostro Signore riportate da Sant’Alfonso de’ Liguori: «Io conservo le vostre Comunioni sacramentali in un vaso d’oro, e in un vaso d’argento le vostre Comunioni spirituali».
di Don Bruno France, FSSPX
Pubblicato sul numero 125, gennaio - febbraio 2012, del Bollettino del Priorato San Giovanni della Fraternità San Pio X a Nantes, Francia
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV3432_Don-France__Comunione_spirituale.html
L’INIZIATIVA
Preghiera ai Santi pastorelli di Fatima contro l’epidemia
«Santi Giacinta e Francesco, piccoli veggenti di Fatima, per singolare grazia scelti da Maria Santissima nel suo Cuore Immacolato a divenire grandi testimoni della luce di Cristo, a voi ricorriamo oggi in questo momento di emergenza sanitaria, di dolore e di prova…». L’inizio della preghiera scritta da un sacerdote, con approvazione del vescovo di Pavia, per accrescere la devozione al Santo Rosario e chiedere di proteggere le nostre anime e i nostri corpi in tempo di coronavirus.
Riceviamo da don Luca Roveda (parroco di Gerenzago, Inverno e Monteleone) e pubblichiamo una preghiera ai santi pastorelli di Fatima, Francesco (11 giugno 1908 – 4 aprile 1919) e Giacinta Marto (11 marzo 1910 – 20 febbraio 1920). Entrambi colpiti dall’epidemia di Spagnola, nacquero al Cielo un secolo fa, a pochi mesi di distanza l’uno dall’altra, offrendo le loro sofferenze per la salvezza delle anime. La preghiera è stata approvata dal vescovo di Pavia, Corrado Sanguineti, che ha espresso il desiderio di diffonderla tra i catechisti e i bambini della diocesi.
---
Santi Giacinta e Francesco, piccoli veggenti di Fatima, per singolare grazia scelti da Maria Santissima nel suo Cuore Immacolato a divenire grandi testimoni della luce di Cristo, a voi ricorriamo oggi in questo momento di emergenza sanitaria, di dolore e di prova.
Cento anni or sono, o santi bambini, foste colpiti voi stessi dalla terribile epidemia di febbre spagnola e portaste con fede nel vostro corpo i segni e i dolori del male che affrontaste con fede meravigliosa sino alla morte cristiana. La nostra Mamma Celeste vi aveva annunciato la morte prematura associandola alla Passione di Cristo per la salvezza del mondo, e voi nella malattia e nell’agonia testimoniaste con la continua preghiera la totale adesione alla divina volontà.
Oggi, un secolo dopo, siamo sconvolti da un’altra terribile epidemia e ci rivolgiamo a voi con fiducia perché per il Cuore Immacolato di Maria, che i vostri occhi videro già qui in terra, possiate ottenere per noi la salute dell’anima e del corpo, una fede forte e la capacità di essere solidali con quanti sono nella malattia e nella prova.
Voi, che con sorriso gentile e mitezza di cuore, accoglieste le cure mediche, assistete e proteggete tutti i medici e gli operatori sanitari nel loro immane sforzo in questa lotta contro la malattia.
Proteggete le nostre famiglie, facendo riscoprire la bellezza della preghiera recitata insieme e in particolare il Santo Rosario che voi stringeste fra le mani sino all’ultimo respiro. Con voi piccoli pastorelli e con Maria Santissima nostra madre e custode, con fiducia totale ci rivolgiamo a Gesù Cristo nostra Salvezza che nella luce pasquale vince il male e la morte. Amen
(don Luca Roveda) con approvazione ecclesiastica
https://lanuovabq.it/it/preghiera-ai-santi-pastorelli-di-fatima-contro-lepidemia
L’INIZIATIVA
Preghiera ai Santi pastorelli di Fatima contro l’epidemia
«Santi Giacinta e Francesco, piccoli veggenti di Fatima, per singolare grazia scelti da Maria Santissima nel suo Cuore Immacolato a divenire grandi testimoni della luce di Cristo, a voi ricorriamo oggi in questo momento di emergenza sanitaria, di dolore e di prova…». L’inizio della preghiera scritta da un sacerdote, con approvazione del vescovo di Pavia, per accrescere la devozione al Santo Rosario e chiedere di proteggere le nostre anime e i nostri corpi in tempo di coronavirus.
Riceviamo da don Luca Roveda (parroco di Gerenzago, Inverno e Monteleone) e pubblichiamo una preghiera ai santi pastorelli di Fatima, Francesco (11 giugno 1908 – 4 aprile 1919) e Giacinta Marto (11 marzo 1910 – 20 febbraio 1920). Entrambi colpiti dall’epidemia di Spagnola, nacquero al Cielo un secolo fa, a pochi mesi di distanza l’uno dall’altra, offrendo le loro sofferenze per la salvezza delle anime. La preghiera è stata approvata dal vescovo di Pavia, Corrado Sanguineti, che ha espresso il desiderio di diffonderla tra i catechisti e i bambini della diocesi.
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Santi Giacinta e Francesco, piccoli veggenti di Fatima, per singolare grazia scelti da Maria Santissima nel suo Cuore Immacolato a divenire grandi testimoni della luce di Cristo, a voi ricorriamo oggi in questo momento di emergenza sanitaria, di dolore e di prova.
Cento anni or sono, o santi bambini, foste colpiti voi stessi dalla terribile epidemia di febbre spagnola e portaste con fede nel vostro corpo i segni e i dolori del male che affrontaste con fede meravigliosa sino alla morte cristiana. La nostra Mamma Celeste vi aveva annunciato la morte prematura associandola alla Passione di Cristo per la salvezza del mondo, e voi nella malattia e nell’agonia testimoniaste con la continua preghiera la totale adesione alla divina volontà.
Oggi, un secolo dopo, siamo sconvolti da un’altra terribile epidemia e ci rivolgiamo a voi con fiducia perché per il Cuore Immacolato di Maria, che i vostri occhi videro già qui in terra, possiate ottenere per noi la salute dell’anima e del corpo, una fede forte e la capacità di essere solidali con quanti sono nella malattia e nella prova.
Voi, che con sorriso gentile e mitezza di cuore, accoglieste le cure mediche, assistete e proteggete tutti i medici e gli operatori sanitari nel loro immane sforzo in questa lotta contro la malattia.
Proteggete le nostre famiglie, facendo riscoprire la bellezza della preghiera recitata insieme e in particolare il Santo Rosario che voi stringeste fra le mani sino all’ultimo respiro. Con voi piccoli pastorelli e con Maria Santissima nostra madre e custode, con fiducia totale ci rivolgiamo a Gesù Cristo nostra Salvezza che nella luce pasquale vince il male e la morte. Amen
(don Luca Roveda) con approvazione ecclesiastica
https://lanuovabq.it/it/preghiera-ai-santi-pastorelli-di-fatima-contro-lepidemia
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