ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 11 marzo 2020

Una shakerata di guancia

Appello ai buonisti dei porti aperti: ora aderite alla realtà

Un ceffone. Il Coronavirus è un ceffone che ci sta riportando alla realtà. Si spera sia la volta buona.
Come quando si è sovrappensiero, con lo sguardo fisso, immobili, con la mente che rincorre riflessioni e fantasie e poi, all’improvviso, un forte rumore (o, volendo, uno scappellotto o una shakerata di guancia) fa sobbalzare e tornare all’attività interrotta.
Ecco. Mentre l’allarme contagio nasceva e il buon senso ci chiedeva prudenza e precauzioni (e magari anche la quarantena per chi arrivasse dalla Cina), in Italia si farfugliava. Si organizzavano cene inclusive con i cinesi, si diffondeva l’hashtag #abbracciauncinese, si mangiavano involtini cinesi in diretta tv e si organizzavano campagne contro il razzismo. Sì, quegli insopportabili predicozzi sull’emergenza razzismo. Perché si sa, ormai è tutto un “restiamo umani” e “porti aperti”.
Ah, e poi, come dimenticare i banchi di pesci italici, le Sardine, che dall’alto del loro spessore culturale, spopolavano con il “metti un libro al posto della mascherina”.
In pratica, la realtà andava in una direzione e la nostra Nazione in un’altra. In quella ostinata e contraria. La realtà ci chiamava alla responsabilità, ad adottare tutte le misure necessarie per proteggerci dall’avanzare di un virus pericoloso e nel Belpaese ci si armava di slogan in salsa “peace and love”. E con questo spirito, alla volemose bene, siamo arrivati ad essere secondi nel mondo, dopo la Cina, per mortalità e diffusione della malattia.
Ora che siamo in piena emergenza, ci riusciamo a rendere conto delle corbellerie (acida sì, ma volgare – quasi – mai) dette per settimane? E della assoluta incapacità di rispondere in modo reattivo a ciò che la realtà ci metteva davanti? Ora riusciamo a comprendere che il problema non era il razzismo?
Facciamo un esercizio in questo periodo di quarantena: piantiamoci nel reale e sbarazziamoci, una volta per tutte, delle “lenti dell’ideologia”. Sono di vecchissima generazione, ma si adattano ad ogni tempo e moda, la loro funzione è sempre la stessa, ossia filtrare la realtà, distorcerla. Queste lenti più si adoperano più impediscono di vedere davvero la verità delle cose e di agire di conseguenza. Fanno vivere in un mondo irreale. Sono quegli stessi occhiali che impediscono di dire che “due più due fa quattro” e che “le foglie sono verdi in estate”. Sono quegli stessi occhiali che ci portano ad affermare che nel grembo materno c’è solo un grumo di cellule, che un bambino può avere due madri o due padri e che esistano persone non degne di vivere perché malate.
Ora è il tempo di tornare alla realtà e di rimanerci.
di Paola Mastropasqua.
 | 

Ecco le due lezioni impartite dal Coronavirus

In primo luogo: emerge con quanta urgenza la politica debba riappropriarsi del proprio ruolo, della propria funzione, della propria vocazione, non potendo demandare tutto ai tecnici, agli specialisti, agli esperti, ai magistrati in funzione suppletiva o agli scienziati in funzione organizzativa. In secondo luogo: l’esperienza del Coronavirus ha insegnato e sta insegnando, inoltre, che tutte le attuali visioni, speranze, proiezioni sulla presunta infallibilità della scienza non soltanto contraddicono la realtà, come dimostra il dissenso che anima virologi ed epidemiologi per esempio sulla mortalità del Coronavirus, ma la natura della stessa scienza che è davvero tale soltanto quando si percepisce e viene percepita per ciò che realmente è, cioè fallibile
*****************
«Benedetti siano gli istanti e i millimetri e le ombre delle piccole cose»: così Fernando Pessoa, quasi con i toni del salmista fiducioso, al limite della serafica rassegnazione di un Giobbe flagellato, scriveva nel suo “libro dell’inquietudine”, potendosi le sue riflessioni perfettamente adattare al tempo attuale in cui, tra timori e tremori, percependosi tutta la fragile precarietà dell’esistenza umana ci si “gode” gli istanti della quarantena, in cui i millimetri che ci dividono dagli altri diventano il “droplet” che separa la vita e la morte, mentre, come torreggianti e tuonanti nembi che d’improvviso irrompono in una azzurra e assolata giornata di fine estate, su tutto il mondo, su tutta la vita, sui singoli e sulla collettività, sullo Stato e sulla Chiesa, sull’anima e sul corpo, si proietta l’ombra oscura di una piccola, piccolissima, cosa come un virus, come il Coronavirus appunto.
Eppure, esorta Pessoa, siano tutti benedetti: gli istanti, i millimetri e perfino le ombre; e forse è davvero così; sicuramente meno per la quarantena, specialmente per coloro che riporteranno danni economici o, peggio, per coloro che purtroppo hanno già pagato con la vita, o per coloro che stanno lottando per la sopravvivenza, ma probabilmente e paradossalmente di più per quella infima e infinitesima cosa che è il Coronavirus il quale silenziosamente, pur all’interno del caos e del trambusto che ha generato, con quella linearità inesorabile, quasi spietata, che spesso contraddistingue la natura, specialmente quella “matrigna” come chioserebbe Giacomo Leopardi, sembra aver impartito due fondamentali lezioni all’umanità contemporanea.
In primo luogo: emerge con quanta urgenza la politica debba riappropriarsi del proprio ruolo, della propria funzione, della propria vocazione, non potendo demandare tutto ai tecnici, agli specialisti, agli esperti, ai magistrati in funzione suppletiva o agli scienziati in funzione organizzativa.
Senza dubbio in determinati contesti il parere degli uomini di scienza è utile, se non addirittura necessario, ma non si può sperare che l’uomo di scienza travalichi i propri limiti e i propri compiti, cioè quelli dell’analisi per inerpicarsi sull’erto pendio della sintesi.
La sintesi dovrebbe sempre spettare alla classe politica, specialmente a quella che è investita dell’onere di governare e amministrare la cosa pubblica.
Solo tramite il recupero della sintesi la classe politica potrà nuovamente non soltanto ritrovare se stessa e fuoriuscire da quello stato di minorità in cui versa nei confronti di altre categorie, come per esempio nei confronti dell’aristocrazia giudiziaria o dell’elite scientifica, ma anche e soprattutto potrà concretamente garantire l’effettività della tutela del bene comune pur nella complessità dei fattori che la realtà contemporanea sottopone alla sua attenzione.
In poche parole: i tecnici possono aiutare a governare, ma a loro non si può delegare la funzione governativa, non soltanto in ragione della tutela dei principi democratici e di rappresentanza, ma anche in virtù della natura della politica che per l’appunto non è mero calcolo, afferendo alla più naturale di tutte le dimensioni umane, cioè la relazionalità nella co-esistenza.
In secondo luogo: l’esperienza del Coronavirus ha insegnato e sta insegnando, inoltre, che tutte le attuali visioni, speranze, proiezioni sulla presunta infallibilità della scienza non soltanto contraddicono la realtà, come dimostra il dissenso che anima virologi ed epidemiologi per esempio sulla mortalità del Coronavirus, ma la natura della stessa scienza che è davvero tale soltanto quando si percepisce e viene percepita per ciò che realmente è, cioè fallibile.
Il fideismo assoluto nei confronti della scienza, residuo totemico di una spiritualità orfana di padre celeste in una cultura forzosamente secolarizzata quale è quella dell’occidente contemporaneo, mostra il basilare fraintendimento di fondo oggi così ampiamente diffuso intorno alla natura e alla funzione della scienza alla quale non si possono attribuire i demeriti di ciò che essa non riesce a fare (non perché non voglia, ma perché strutturalmente non può), come per esempio spiegare il senso ultimo e profondo dell’esistenza, della vita e della morte che come tali non sono mai comprensibili alla luce di meri calcoli o di complesse formule, né negare i meriti che la caratterizzano per essere utile strumento ai fini della comprensione del “come” del mondo e del cosmo affidandole gravosi oneri ulteriori, che ad essa non spettano, come l’organizzazione della vita sociale e politica.
L’impotenza cronica della politica e l’onnipotenza presunta della scienza, insomma, sembrano essere state messe in discussione dal Coronavirus il quale, come gli istanti, i millimetri e le piccole cose di Pessoa si spera – alla fine di tutto e nonostante tutto – che possa essere benedetto se, oltre ad aumentare la quantità e la qualità dell’igiene personale e collettiva, riuscirà altresì a ricondurre tutta la realtà, comprese la politica e la scienza, alle sue vere dimensioni ed effettive proporzioni.
di Aldo Vitale.
 | 

Putin-Erdogan, ovvero il detective e Hannibal Lecter ---- ZANOTELLI, BERGOGLIO, ERDOGAN, SOROS, AMNESTY, UNHCR : “TERRORISTI? LASCIATELI CANTARE, LASCIATELI PASSARE… SONO EMIGRANTI VERI
                                          

Ragazzi, è lungo, ma stavolta vale la pena. Qui non parlo solo io. Ci sono cose che i media – e i preti - vi nascondono, o deformano.

Erdogan è un Fratello Musulmano e la sua politica nei confronti della Siria e degli arabi laici è determinata da questa ideologia che usa la violenza, la religione e il terrorismo per allargare il proprio potere. I Fratelli musulmani non possiedono etica, né politica, né sociale, né religiosa. Quanto all’Europa, per noi non ha niente da dire, dato che il suo padrone sono gli Stati Uniti. In ogni caso, la Siria non si fermerà finchè non avrà liberato l’ultima zolla della propria terra (Bashar el Assad, presidente della Repubblica Araba Siriana, marzo 2020)
E’ fatta. Assistiamo e subiamo: la globalizzazione alla stretta finale. Prove generali di guerra con l’esercitazione “Defender” che vede tutto il potenziale USA-Nato invadere l’Europa e simulare l’assalto alla Russia dalle colonie baltiche a quelle balcaniche. Prove generali di Stati di Polizia in Italia con la paralisi della società, l’isolamento dei cittadini, la sospensione della vita mediante stato d’assedio.

Volevo scrivere anch’io qualcosina di originale sul virus. Ma ogni volta mi capita la tegola di un’altra urgenza, di quelle che non si possono dribblare perché indignano troppo, che vanno oltre la misura del virus, già colmata dalla morta gora di mistificazioni nella quale siamo immersi  dei dannati danteschi nel ghiaccio della Giudecca. Misura già colmata? Magari. Hai voglia ancora a sfruttarlo in termini biopolitici, geopolitici e sociali!. Per adesso, sull’Operazione Virus, ci accontentiamo di questa vignetta assolutamente geniale che colpisce il nocciolo del bubbone.


Perché il “manifesto”? Perché i travestiti ti fregano.
E’ senza paralleli l’odio di quel “quotidiano (anti)comunista”, violentemente impegnato in tutte le campagne scaturite dalla “palude dei caimani”, come Chomsky definisce il regime USA, sotterraneo, ma che comanda. Odio che trasuda da ordini di servizio, ma è nutrito dal complesso di colpa. Colpa originata da mezzo secolo di veleno zuccherato, a netto sbugiardamento della testatina in prima, piovuto dall’alto, propinato ai propri lettori e che si traduce in transfert classici da schizofrenico. Giornale bipolare per cui i resistenti all’odio globale, oggi espresso nella persecuzione dei fuorusciti dal pensiero unico, sanamente incazzati per le incessanti vessazioni e ruberie dei dominanti, sarebbero i veri “odiatori”.

Vertice a Mosca: ennesimo male minore?



Putin ed Erdogan si sono incontrati e ne è venuto fuori il solito pastrocchio ambivalente che rimanda ancora una volta la soluzione al 31 febbraio. La Siria mantiene il controllo sulle aree di Idlib liberate da una grandiosa offensiva delle sue truppe e milizie popolari. Ma il resto rimane in mano ai terroristi, saldamente protetti dal secondo esercito della Nato. Sulle due grandi vie di comunicazione siriane M4 e M5, si applica una zona di sicurezza di 6 km pattugliata da russi e turchi (da turchi in territorio sovrano siriano!). Zona garantita da un cessate il fuoco in tutta Idlib. Che Erdogan si è premurato, come sempre, di polverizzare 48 ore dopo, uccidendo 31 soldati siriani e 40 volontari pachistani. E’ vero che Putin è riuscito a fermare una poderosa offensiva turca, in cui Erdogan aveva impiegato anche i suoi migliori reparti e mezzi. Ma delle decine di migliaia di terroristi Al Qaida-Isis con famiglia che ne è stato, a parte quelli che il sultano sta lanciando contro la Grecia? E di Afrin, cantone siriano prima occupato dai curdi e poi dai turchi? E della famigerata e del tutto arbitraria “fascia di sicurezza” turca di 35km per 100 in territorio siriano? E di un terzo della Siria occupato e derubato del suo petrolio da Usa e curdi? Fare compromessi con un pokerista baro conviene? O approfittare delle sue evidenti difficoltà per metterlo con le spalle al muro?




 A Putin e ai russi, come agli iraniani, deve andare la riconoscenza dell’umanità per aver bloccato i mostri. Intanto però, per quanto va facendo contro la Siria, contro l’Europa, contro il petrolio di Cipro, Egitto, Libia ed ENI e contro il liberatore della Libia Haftar, ora giustamente alleato di Damasco, il lucidissimo presidente turco ha recuperato in pieno il sostegno politico (è quello che conta) di Nato e USA.

Zanotelli, il gatekeeper

Due meravigliosi gatekeeper


Gatekeeper è il termine che si adopera per gli addetti all’apertura e chiusura dei cancelli, specie delle grandi ville. Un vecchio esponente della evangelizzazione cristiana portata avanti, vuoi con il ferro e il fuoco, vuoi con le menzogne e il lavaggio del cervello, è Alex Zanotelli. Il missionario, che molti africani affezionati alle proprie fedi, specie in Sudan, ritengono uno scassaminchia, è da noi però un riverito propagandista del pacifismo, quello a zanne insanguinate. Sabato, ovviamente sul giornaletto caro a Soros, ha sparato l’ennesima scarica d’odio contro coloro che si oppongono a farsi annientare socialmente, culturalmente ed economicamente dall’Operazione Migranti. In ispecie i greci che, su 10mila abitanti delle isole devono vedersela con 35mila occupanti stranieri, pure rissosi, inventati dalla Nato, spediti dal turco e che gli hanno stroncato la sopravvivenza e perciò vengono maledetti dai preti col culo al caldo.

Guerra scatenata contro il Sud Europa da affogare, quello sì, nel Mediterraneo degli scambi e del petrolio. Altro che migranti “salvati”, prossimi al naufragio, come recitano le litanie delle Ong. Operazione strategica della globalizzazione, quanto tutte le altre portate avanti con strumenti come guerre, sanzioni, mattatoio del debito, neoliberismo, rapine multinazionali, virus. Soprattutto, in termini di colonialismo, contro i paesi d’origine, privati delle proprie generazioni produttive e riproduttive, per dar via libera alle depredazioni e fornire, da espatriati, manodopera schiavistica, come quella che si vede per tutte le lande italiane. E poi, la parolina-chiave è disperati. Forse quelli che finiscono tra i pomodori. Ma la mafia nigeriana, inesistente per gli accoglitori, è un’altra cosa.

Falso naufragio organizzato e filmato : acqua al ginocchio


Odio, però cattolico
L’invettiva del frate contro i greci che provano ad arginare l’attacco del carnefice storico turco, portato avanti con mercenari rastrellati in giro, come quelli impiegati contro la Siria (l’80% dei jihadisti impiegati contro la Siria vengono da altri paesi), si inserisce in una foliazione del “manifesto” che del frate espande la scomposta collera sull’intero giornale. Esordisce Zanotelli: “Ho il sacro (chissà se il suo dio si rivolta nei cieli) dovere di gridare la mia indignazione per il trattamento disumano riservato a migliaia e migliaia di profughi iracheni, afghani e siriani, in buona parte donne e bambini in fuga da orribili guerre da noi sostenute…”. Tre volte, sempre ricorrendo al suo lessico sorosiano, il monaco definisce “dittatore” Erdogan. Intanto l’espansionista ottomano è tecnicamente dittatore quanto lo sono Merkel, Macron, Mattarella o Trump. Purtroppo è stato eletto dai turchi, cosa di cui non può vantarsi il nostro “commander in chief”, Pippo Conte.

C’è o ci fa?
E poi, a prescindere se Erdogan sia o no un farabutto, che titoli per dare del dittatore ha mai uno sdraiato ai piedi di una successione di 266 monarchi assoluti, infallibili, spesso sanguinari, padroni della nascita, della vita e della morte degli umani, altro che Erdogan?  Zanotelli: si tratta di “fascisti di Alba Dorata”. Falso, sono gli abitanti del luogo. Si tratta di “un milione di siriani in fuga”. Falso, sono le migliaia di mercenari raccattati da Erdogan in Asia e Africa. “Il massacro dei curdi”, falso perché occulta il mercenariato dei curdi invasori e massacratori di siriani per conto Usa.

Il portatore della verità ai poveretti che non ce l’hanno trova poi rispondenza, sul tema “migranti disperati”, con “dittatori” come Erdogan ed eccellenze dello spostamento di popoli da casa loro allo schiavismo, come del gretismo e del sardinismo, quali Furio Colombo e Guido Viale. E’ la prova che, alla fin fine, i tre monoteismi, cristiano, ebraico, dei Fratelli Musulmani e del politicamente corretto si ritrovano tutti dalla stessa parte. La parte di coloro a cui non servono nazioni, culture, identità storia, ma solo masse indistinte al servizio del VerboChe sia l’Immacolata concezione, la “disperazione” dei profughi, o Padre Pio.

Con sospetto accanimento Zannatelli ripete innumerevoli volte la definizione delle orde ai confini della Grecia, come “siriani”, mentre siriani non sono affatto. Ma dirli siriani serve all’indiretta pugnalata nella schiena di Assad, che magari si difende da licantropi, ma si difende male. In definitiva la colpa è sua. E da lui che sono fuggiti, no? Non lo dice anche il Bergoglio, con cui il comboniano è in perfetta sintonia quando, inserito in pieno nella nota strategia, il papa sodale dei generali argentini non fa che indirizzare le sue riprovazioni al solo Assad e alle sue di “violenze” (quelle attribuitegli da Amnesty e altre vivandiere del Dipartimento di Stato). Un grandissimo presidente, caro Padre non tanto pio, che ha saputo animare il suo popolo a una resistenza eroica di 10 anni, trasfigurato da vittima che difende la patria dai terroristi, a carnefice che lo massacra. 

Ed è da questo papa, schieratissimo con i diritti umani dei colonial-globalizzatori, che a San Pietro dilaga la fiumana dei buoni, di quelli che già tre volte hanno assunto su di sé la vergogna di manifestare a Roma contro la Grecia, anzichè contro Turchia, Nato, Usa. Dicono di riunirsi a San Pietro, mica per raccomandare alle preghiere del sant’uomo le anime delle donne stuprate e trucidate dai jihadisti del concerto Usa-Nato-Turchia-Golfo. Ci vanno nello spirito zanotelliano, bergogliano, obamiano e trumpiano della solidarietà al milione di donne e bambini “siriani” assiderati a Idlib, costretti a fuggire dai “bombardamenti a tappeto” di russi e siriani e che poi si trovano bloccati da “un muro invalicabile” dello Stato Canaglia greco.

Il quale, essendo già stato raso a terra dagli stessi Poteri che oggi gestiscono tanto migranti quanto terroristi, rifiuta di farsi sotterrare del tutto, che scostumato. Di un paese pacifico, laico e sovrano, rispettoso del diritto internazionale, con 22 milioni di cittadini attaccati e decimati da un’alleanza di licantropi per quasi dieci anni, non una parola. Firmato Amnesty International, Articolo 21 (Giulietti non manca mai), Caritas, Sant’Egidio, Focsiv, Ucoii, Anna Foa.  E l’assembramento? E il coronavirus? Tranquilli, ci pensa il papa. Il miracolo servirà alla santificazione.

Migranti con nello zaino le cotenne di siriani sgozzati


La palude di malafede in cui sguazzano le varie articolesse del quotidiano è, a questo punto, smentita da un’evidenza alla quale si devono arrendere perfino atlanto-sionisti come il Fatto Quotidiano. Che oggi racconta la vicenda al confine turco-greco in ben altri termini, basandosi su testimonianze raccolte sul posto da un’inviata, Roberta Zunini, Ne ricaviamo che gli assalitori del confine greco, sostenuti dai fumogeni turchi, che provano a occultarne il passaggio delle barriere, e dai lacrimogeni turchi sparati direttamente sui militari greci, non sono quasi mai siriani (uno da Idlib s’è trovato, jihadista scampato, da farne magari cellula dormiente in Europa), bensì afghani, pakistani, bengalesi, iraniani, ceceni, uiguri, turchi, maghrebini (ex-jihadisti?). Buona parte della truppa di orchi Nato che ha fatto a pezzi la Siria.

Al confine greco: neanche uno del “milione di siriani” di Zanotelli


Volete sapere? Mollate schermi e giornali. Andate in rete. Guardatevi i video. Ascoltate le voci della migliore informazione Usa. Seguite i media russi. Mandano avanti le donne e i bambini, laddove ce ne sono, se no si travestono da donne. Molte parrucche sono rimaste impigliate nel filo spinato. Gran parte del movimento è organizzato, sotto gli occhi delle autorità di Erdogan, da organizzazioni mafiose di trafficanti, in contatto con associate in Grecia e Italia. La mediazione delle Ong non manca mai, anche se, per fortuna da isole come Lesbo o Samo, gli abitanti, disperati per come artatamente sono state ridotte le loro vite e terre, le hanno cacciate tutte. A partire da Medici Senza Frontiere (in tutte le mie esperienze di guerra li ho trovati sistemati dalla parte sbagliata) e a finire con Medici per i Diritti Umani, ora emuli di Amnesty con “rapporti sulla tortura” ridicolmente basati su testimonianze di persone che, così, si procuravano la sinecura del diritto d’asilo. Ricordano i 13mila detenuti di Amnesty strangolati da Assad, testimoniati da anonimi e da cadaveri poi scoperti essere di soldati siriani caduti in combattimento.


Di testimonianze, un po’ meno commissionate da dirigenti del Dipartimento di Stato (come Suzanne Nossel di Amnesty, al tempo di Hillary), o da George Soros, la cui Open Society Foundation finanzia entrambe queste consorterie di medici organici, ce l’abbiamo anche noi. Grazie anche all’amica Claudia Berton, brava scrittrice e acuta osservatrice di quanto succede, specie nello spazio ellenico, ho fonti dirette, disinteressate e, dunque, infinitamente più credibili di tutto il cucuzzaro mediatico, missionario e Ong. I nomi ce li abbiamo, ma non li mettiamo certo a repentaglio qui.
   
Prima terroristi e dopo migranti. Siriani?

Un giovane abitante di Samos“La maggior parte dei clandestini qui a Samos arrivano dall’Africa. Ogni settimana partono dal Congo aerei turchi pieni di questa gente che paga una cifra irrisoria per i biglietti, arriva a Istambul, ottiene un visto elettronico, viene avviato ai campi e, da lì, alle isole greche. Il resto sono afgani, algerini, marocchini, tunisini e dell’Asia centrale, jihadisti, terroristi, delinquenti, con in mezzo agenti dei servizi turchi. Usano i bambini come scudo. Le donne arrivano quasi tutte incinte. Qui a Samos sono oltre 20mila. La gente non ne può più. Nel 2015, quando arrivavano rifugiati veri, furono accolti da tutti”.
Un religioso in Siria“Delle centinaia di migliaia di terroristi che per nove anni hanno massacrato e martirizzato il popolo siriano, che hanno saccheggiato tutti i beni e distrutto il paese, ai media europei non importa nulla. E neanche del paese moderno e libero di prima, con le donne emancipate e tutti i servizi di base gratuiti, non sanno niente. Se gli Usa, Israele, Turchia, gli Stati del Golfo e la Nato, con i loro servizi segreti e cacciatori di teste, smettono il loro lavoro satanico, vanno via dalla Siria e riconosco la sua sovranità e integrità territoriale, invece di comportarsi come stati canaglia, contro ogni diritto internazionale e la Carta delle Nazioni Unite, allora i siriani potranno rapidamente tornare a vivere in pace, prosperità e l’armonia di sempre”.
 Isole greche: ONG organizza e filma falso naufragio (l’acqua arriva alle ginocchia)
Sonja van den Ende, autorevole giornalista olandese. “I cosiddetti rifugiati al confine turco-greco per la maggior parte sono afgani, iracheni, combattenti ceceni, combattenti uiguri…. Vengono tutti da Idlib, dalla Turchia e da campi profughi in Turchia, luogo sicuro per i jihadisti di tutto il mondo. Ci sono i restanti terroristi con le loro famiglie, cacciati dalla Siria e dai russi. Non si tratta di rifugiati siriani, molti al confine sono giovani mascherati o travestiti, corrono lungo la barriera urlando “Turchia, Turchia, Allah U Akbar”.

Idlib è l’ultimo bastione di combattenti jihadisti di tutto il mondo, europei, afgani, iracheni, marocchini, algerini, tunisini, soprattutto combattenti ceceni e uiguri dello Xinjang. La Turchia è ora la sede di una diaspora uigura che arriva a 50mila persone, di cui molte si sono unite alla Jihad supportate dal regime turco. Ora hanno la possibilità di migrare verso l’Europa, con la Turchia che gli fa superare la frontiera greca e bulgara. A loro si aggiungono combattenti stranieri dalla Russia settentrionale, Georgia, Cecenia, Daghestan, che nella guerra siriana sono stati tra i più formidabili gruppi terroristici”.

Un video, che ai nostri media non risulta, mostra il confine di Evros tra Turchia e Grecia dove gruppi costituiti da centinaia di migranti dell’Asia centrale, attentamente guidati dai media turchi e da sindaci turchi, cercano di infrangere le barriere ed entrare in territorio greco, gridando Allah Uh Akbar e attaccando fisicamente poliziotti e veicoli greci.
Con questa Turchia di Erdogan una nuova crisi migratoria è imminente. Ma questa volta non arrivano siriani, ma mercenari turchi e Nato che hanno combattuto una feroce guerra in Siria uccidendo centinaia di migliaia di civili. L’Europa sarà un porto per tutti i tipi di terroristi, dovrà affrontare attacchi terroristici ovunque… Una popolazione del tutto inconsapevole è indotta a occuparsi di questioni relative a LGTB, al clima (ora, a un virus pompato oltre misura), troppo cieca per vedere arrivare il pericolo”.


Per la benda sugli occhi e nella mente il veleno buonista dell’odio per la verità, ringraziamo sentitamente Alex Zanotelli, Jorge Bergoglio, Gad Lerner e Guido Viale, i chierichietti della tratta. Di Amnesty e altre Matrix che ci distribuiscono la pillola blu per tenerci addormentati da svegli, non mette neanche più conto parlare. Abbiamo buone riserve di pillole rosse. Per cui il migliore finale me lo regala Gad Lerner. Guardate e trattenetevi.

Pubblicato da 


Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.