Ricevo e pubblico. L’autore della lettera, Francesco Arzillo, è un magistrato di Roma che è anche apprezzato autore di saggi di filosofia e teologia.
Caro Magister,
nel film di Nanni Moretti "Habemus papam" abbiamo visto aprirsi una sorta di vuoto nel luogo della presenza petrina per eccellenza, al cospetto di una piazza San Pietro gremita.
Una finzione cinematografica gravida di presentimenti e di implicazioni, indubbiamente; e come tale abbondantemente studiata e analizzata. Eppure mai avremmo potuto immaginarne una sorta di inedita e stupefacente realizzazione all'incontrario, che ne rappresenta tuttavia un chiaro sovvertimento: il papa che prega nella medesima piazza vuota, buia, da autentico “pontifex” che costruisce un ponte tra la terra angosciata e un cielo apparentemente silente, ma anch'esso presente, in realtà, sotto il velo misterioso della presenza eucaristica.
Una sobria e toccante liturgia di intercessione, adorazione e benedizione che non ha certo trasmesso un senso di angoscia, ma piuttosto un vivo senso di compunzione e di speranza partecipato universalmente (e verosimilmente ben oltre il confine della Chiesa visibile).
Sull'universalità occorre insistere, a dispetto di una visione pseudo-apocalittica delle vicende contemporanee: l'avventura umana è stata globale fin dalle origini, nel bene, ma anche nel male (malattie incluse); e non meno globale, per espresso mandato del Salvatore, è la storia - ancora non terminata - dell'espansione dell'annuncio evangelico a tutte le genti.
Tutta la Chiesa, quindi, era presente "in mysterio" nel gesto del suo supremo pastore, nell'atto di invocare misericordia e salvezza spirituale e corporale, secondo una ininterrotta tradizione di cui le liturgie di oriente e di occidente recano testimonianza.
Non quindi un pieno che diventa vuoto, come nel noto film; ma un vuoto che esprime , pur apparentemente nascondendola, l'integrale pienezza del Corpo Mistico.
Molto si potrebbe dire sul resto, anche con riguardo alle polemiche circa la necessità di una predicazione che tenga conto di tutti gli aspetti del mistero, ivi incluso il tema del castigo divino, da intendersi con serietà ma senza angoscia: non predichiamo infatti un Dio buono perché impotente di fronte al male, ma il Signore del mondo e della storia, che per questo può veramente salvare e redimere coloro che si rivolgono a Lui, abbandonando la via della morte (che è la via del peccato sotto ogni forma) per la via della vita.
Settimo Cielo
di Sandro Magister 31 mar
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