Papa Francesco a Santa Marta il 17 aprile 2020 (screenshot) 
Le parole del Papa, quelle che danno il titolo a questo articolo, sono veramente pesanti e gravi. Sono riprese dalla omelia della messa di oggi da lui celebrata a Casa Santa Marta. L’omelia, tra l’altro, ha parlato della familiarità con il Signore. Papa Francesco ha detto

Una familiarità quotidiana con il Signore, è quella del cristiano. E sicuramente, hanno fatto la colazione insieme, con il pesce e il pane, sicuramente hanno parlato di tante cose con naturalità.
Questa familiarità con il Signore, dei cristiani, è sempre comunitaria. Sì, è intima, è personale ma in comunità. Una familiarità senza comunità, una familiarità senza il Pane, una familiarità senza la Chiesa, senza il popolo, senza i sacramenti è pericolosa. Può diventare una familiarità – diciamo – gnostica, una familiarità per me soltanto, staccata dal popolo di Dio. La familiarità degli apostoli con il Signore sempre era comunitaria, sempre era a tavola, segno della comunità. Sempre era con il sacramento, con il Pane.
Dico questo perché qualcuno mi ha fatto riflettere sul pericolo che questo momento che stiamo vivendo, questa pandemia che ha fatto che tutti ci comunicassimo anche religiosamente attraverso i media, attraverso i mezzi di comunicazione, anche questa Messa, siamo tutti comunicanti, ma non insieme, spiritualmente insieme. Il popolo è piccolo. C’è un grande popolo: stiamo insieme, ma non insieme. Anche il sacramento: oggi ce l’avete, l’Eucaristia, ma la gente che è collegata con noi, soltanto la comunione spirituale. E questa non è la Chiesa: questa è la Chiesa di una situazione difficile, che il Signore permette, ma l’ideale della Chiesa è sempre con il popolo e con i sacramenti. Sempre.
Come vedete, Papa Francesco dice che si è reso conto che qualcosa non quadrava perché qualcuno lo ha fatto riflettere, ed ora ha capito. 
Infatti, proseguendo nell’omelia dice: 
Prima della Pasqua, quando è uscita la notizia che io avrei celebrato la Pasqua in San Pietro vuota, mi scrisse un vescovo – un bravo vescovo: bravo – e mi ha rimproverato. “Ma come mai, è così grande San Pietro, perché non mette 30 persone almeno, perché si veda gente? Non ci sarà pericolo …”. Io pensai: “Ma, questo che ha nella testa, per dirmi questo?”. Io non capii, nel momento. Ma siccome è un bravo vescovo, molto vicino al popolo, qualcosa vorrà dirmi. Quando lo troverò, gli domanderò. Poi ho capito. Lui mi diceva: “Stia attento a non viralizzare la Chiesa, a non viralizzare i sacramenti, a non viralizzare il popolo di Dio. La Chiesa, i sacramenti, il popolo di Dio sono concreti. È vero che in questo momento dobbiamo fare questa familiarità con il Signore in questo modo, ma per uscire dal tunnel, non per rimanerci. E questa è la familiarità degli apostoli: non gnostica, non viralizzata, non egoistica per ognuno di loro, ma una familiarità concreta, nel popolo.
Già, “Stia attento a non viralizzare la Chiesa, a non viralizzare i sacramenti, a non viralizzare il popolo di Dio. La Chiesa, i sacramenti, il popolo di Dio sono concreti.”. E’ esattamente quello che molti, una parte del popolo di Dio sta dicendo da tanto tempo, da quando sono state chiuse le chiese. Fu lo stesso Card. Bassetti, Presidente della Conferenza Episcopale della Chiesa (CEI), a dire che chiudere le Chiese era un atto di “responsabilità” e di “generosità”. Ecco le sue parole
“E’ tempo di responsabilità e si vedrà chi ne è capace”. Certo, “è la prima volta che la Settimana Santa viene celebrata in questo modo – dice l’alto prelato –  senza concorso dei fedeli ma ciò non significa rinunciare a vivere appieno questi giorni”, tanto da chiedersi: “Dov’è la nostra fede? Nella parola o in un luogo?”.  Poi il cardinale aggiunge: “L’impossibilità di poter partecipare alle Messe di Pasqua quest’anno è un atto di generosità. E’ un nostro dovere il rispetto verso quanti, nell’emergenza, sono in prima linea e, con grande rischio per la loro sicurezza, curano gli ammalati e non fanno mancare tutto ciò che è di prima necessità”. Rispondendo ancora al leader della Lega Matteo Salvini il cardinale Bassetti ribatte: “Più che soffiare sulla paura, più che attardarci sui distinguo, più che puntare i riflettori sulle limitazioni e sui divieti, la Chiesa sente una responsabilità enorme di prossimità al Paese”. 
(se non si apre il video qui sotto, fare il refresh di questa pagina o cliccare qui)
 
Certo, la situazione è abbastanza curiosa, perché alle parole del card. Bassetti: “Dov’è la nostra fede? Nella parola o in un luogo?”, risponde oggi il Papa quando dice: “stiamo insieme, ma non insieme. Anche il sacramento: oggi ce l’avete, l’Eucaristia, ma la gente che è collegata con noi, soltanto la comunione spirituale. E questa non è la Chiesa”.
Già, “Questa non è la Chiesa”, perché il pericolo, concreto, concretissimo, è che tutto diventi spirituale nel senso deteriore del termine, che nella gente si insinui uno spiritualismo che potrebbe sconfinare nello gnosticismo. 
Tanta gente semplice, di grande fede, ha più volte osservato: “ma dopo questa pandemia, dopo tutte queste messe fatte viste sui media, dopo tutta questa assenza fisica di sacerdoti, dopo tutta questa lontananza dalla Confessione, dopo tutta questa assenza di Sacramenti…..ma la gente ritornerà in chiesa? O penserà che in fondo dentro la chiesa o fuori di essa, in fondo sia la stessa cosa?” Eppure, a queste semplici ma sentite osservazioni poste a sacerdoti e vescovi, ci è capitato di sentire delle risposte che ci hanno stupito, che non ci saremmo aspettati. A molti quelle risposte di alcuni sacerdoti e vescovi hanno dato il senso di una certa leggerezza, di una Chiesa in ritirata o, se volete, di una Chiesa veramente “in uscita”, tanto in uscita da essere lontana dal suo gregge, dal suo popolo nella fede. Perché quando la Chiesa prende decisioni molto più drastiche di quelle emanate dal governo del paese, il fedele non può che convincersi di essere di fronte ad una gerarchia lontana dai fedeli, più burocratica che sacerdotale, più attenta ad assumere il ruolo del “ministero della salute” che quello del ministero della salvezza delle anime.  
Oggi il Papa ci dice che così facendo, continuando cioè sulla strada di una “chiesa mediatica”, si corre il rischio di una “familiarità gnostica”, che poi significa il rischio di una fede gnostica, cioè di una Chiesa gnostica.
Eppure, non si può pensare che il card. Bassetti, che è il Presidente della CEI, abbia detto allora quelle parole, così diametralmente opposte a quelle odierne del Papa, senza un accordo, almeno sulle linee di fondo, con il Pontefice. Come, d’altra parte, il Vicario di Roma, Card. De Donatis, non poteva emettere un decreto che chiudeva le chiese di Roma senza essersi prima consultato con il Papa. Ed infatti, De Donatis, il giorno dopo, con un nuovo decreto, opposto a quello della sera prima, che ristabiliva la riapertura delle chiese, spiegava con un comunicato che la chiusura delle chiese era avvenuta in accordo con il Pontefice. 
Quella volta, il decreto del Vicario di Roma fece seguito alle parole del Papa pronunciate al mattino nella omelia di Casa Santa Marta, che dicevano: “Le misure drastiche non sempre sono buone”.   
Anche questa volta, le proposte che la CEI ha intenzione di proporre al Governo per la fase due, e che, a quanto è dato sapere dalla stampa, prevedono la partecipazione alla messa, sono state precedute dalle parole del Pontefice, sempre durante l’omelia di Santa Marta. 
Ha ragione Papa Francesco quando riconosce che: “Anche il sacramento: oggi ce l’avete, l’Eucaristia, ma la gente che è collegata con noi, soltanto la comunione spirituale. E questa non è la Chiesa”. Ma proprio per questo non abbiamo capito il senso del perché durante la celebrazione del Giovedì Santo, In Coena Domini, da lui presieduta nella Basilica di San Pietro a Roma, mentre si distribuiva la Comunione, l’operatore video anziché riprendere i presenti che vi si avvicinavano, aveva “oscurato” il momento rivolgendo la telecamera prima sul Crocifisso della Chiesa di San Marcello al Corso, poi facendo una lunga, lenta, ripresa sulla croce che sta sul Baldacchino del Bernini, e per finire, riprende la volta della Basilica stessa. Al termine della ripresa, tutti erano seduti e la distribuzione della Comunione non si era vista. 
Quello che una parte dei fedeli, coloro che si sentiranno di farlo, ha sempre chiesto è una partecipazione alla Santa Messa nel rispetto delle norme di distanza di sicurezza e di igiene, a cominciare dai sacerdoti stessi, attuato anche mediante un contingentamento delle presenze, o una celebrazione, ove possibile, all’esterno della chiesa. Speriamo che sia questo quello che i vescovi si apprestano a chiedere al governo del paese. 
Non possiamo però fare a meno di notare che tutti questi contraddittori movimenti della gerarchia non possono che indurre i fedeli alla confusione e, a volte, allo sconforto. 
A conclusione, ci piace riportare le parole del vescovo statunitense che qualche giorno fa ha sollevato il divieto per i suoi sacerdoti di celebrare messa, ed ha celebrato lui stesso il Triduo Pasquale su un piazzale dove i fedeli erano nelle auto a debita distanza una dall’altra ed ha distribuito lui stesso la Comunione con mascherina e guanti.
“Siamo tutti consapevoli della tragedia causata dal Coronavirus, io stesso ho perso due miei amici intimi, sacerdoti con cui ho studiato e servito. Sono pienamente consapevole della morte e della tristezza che questi giorni sembrano portare. Eppure c’è di più.” (…) “La vita eterna offerta in Cristo Gesù deve essere annunciata. È stata proprio l’urgenza di questo annuncio a guidare i primi apostoli e la necessità non è minore oggi. Cristo è vivo e noi siamo i suoi ambasciatori”. (…) “I sacerdoti possono e devono continuare ad offrire i sacramenti”, ha detto. “I fedeli non devono essere privati di questo sacramento, specialmente quando sono in pericolo di morte”.

Il vescovo Pietro Baldacchino celebra la Messa del Giovedì Santo. Credito: David McNamara/Diocesi di Las Cruces
Il vescovo Pietro Baldacchino celebra la Messa del Giovedì Santo. Credito: David McNamara/Diocesi di Las Cruces

Mons. Peter Baldacchino -Credit: David McNamara/Diocese of Las Cruces (via CNA)
Mons. Peter Baldacchino -Credit: David McNamara/Diocese of Las Cruces (via CNA)