Il comunicato di ieri della CEI, qui, è una autentica sconfessione nei contenuti e nella forma del precedente comunicato, di solo qualche giorno fa, sempre a firma della stessa conferenza dei vescovi italiani (leggi anche qui).
Il comunicato sembra una autentica retromarcia, diciamo pure una ritirata nei ranghi. Come se la CEI, neppure una settimana prima, avesse avuto un sussulto di orgoglio e poi se lo fosse prontamente fatto passare nel giro di qualche giorno. Si è passati da uno scontro Chiesa-Stato, che non si vedeva da decenni, al solito tran tran, fatto di sussiegosi ringraziamenti?
Come spiegare altrimenti il passaggio da questi brani del comunicato precedente:
“...il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri varato questa sera esclude arbitrariamente la possibilità di celebrare la Messa con il popolo.“, è responsabilità “della Chiesa, chiamata a organizzare la vita della comunità cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella pienezza della propria autonomia.” e, infine, la bordata più grossa:
“I Vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale.”
A questi altri brani del comunicato di ieri sera:
“Esprimo la soddisfazione mia, dei vescovi e, più in generale, della comunità ecclesiale per essere arrivati a condividere le linee di un accordo, che consentirà – nelle prossime settimane, sulla base dell’evoluzione della curva epidemiologica – di riprendere la celebrazione delle Messe con il popolo”.
“Il mio ringraziamento va al Presidente del Consiglio dei Ministri con cui in queste settimane c’è stata un’interlocuzione continua e proficua.”
Proficua? Ma se la “interlocuzione” in queste settimane è stata “continua e proficua”, perchè allora emettere domenica scorsa un comunicato così duro, nei toni e nella sostanza, nei confronti del governo?
E poi Bassetti continua:
“un pensiero di sincera gratitudine mi sento in dovere di esprimerlo al Ministro della Salute e all’intero Comitato tecnico-scientifico: questa tempesta, inedita e drammatica, ha posto sulle loro spalle un carico enorme in termini di responsabilità”.
“ribadisco l’importanza che non si abbassi la guardia ma, come abbiamo ripetuto in questi mesi, si accolgano le misure sanitarie nell’orizzonte del rispetto della salute di tutti, come pure le indicazioni dei tempi necessari per tutelarla al meglio”.
“Al Paese – conclude il Cardinale Bassetti – voglio assicurare la vicinanza della Chiesa: (…) ne è segno pure la preghiera che, anche in forme nuove, si è intensificata a intercessione per tutti”.
Come si vede, c’è da rimanere a bocca aperta, tanta è la distanza di contenuti e forma da un comunicato all’altro. Anche perché nel nuovo comunicato non si parla di date precise riguardo il ritorno delle messe pubbliche ma, genericamente, di settimane e di appiattimento della curva epidemiologica.
E allora perché tanto can can nel primo comunicato?
Non vorremmo essere nei panni di alcuni prelati come, ad esempio, il cardinale Angelo Bagnasco, che aveva parlato di una “disparità di trattamento inaccettabile”, del vescovo Massimo Camisasca, che a proposito del DCPM aveva detto: “esprime un’arbitraria violazione della libertà religiosa, sancita dalla Costituzione” o, infine, di mons. Giovanni D’Ercole che aveva detto: “è una dittatura quella di impedire il culto perché è un diritto fondamentale sancito dalla Costituzione”. Tutti prelati che pure erano stati spinti ad esporsi così tanto proprio dal primo comunicato della CEI. A questo punto, immaginiamo che da ora in poi sarà difficile per qualsiasi prelato esprimersi pubblicamente poiché sentirà di correre il rischio di essere smentito il giorno dopo proprio da coloro che lo avevano spinto a esporsi… diciamo con ….parresia. Non parliamo poi dei sacerdoti.
Era un po’ quello che era capitato anche agli stessi vescovi, visto che erano stati “smentiti” la mattina dopo da Papa Francesco. Ma, come avevo scritto, si poteva ipotizzare una frenata dettata dalla marcia indietro di Conte. Inoltre, Massimo Franco, sul Corriere della sera, aveva parlato di una telefonata che ci sarebbe stata tra il Papa e il premier italiano che sarebbe alla base della brusca presa di posizione del Pontefice.
Si spiegherebbero in questo modo anche le curiose prese di posizioni di alcuni vescovi o conferenze episcopali che addirittura rifiutano la disponibilità a concedere il ritorno delle messe pubbliche offerta da alcuni governatori. Emblematico il caso della Sardegna dove l’incidenza dei nuovi casi è zero (si vedano i grafici), tenuto conto che si parla di una Regione che ha avuto relativamente pochi casi se la si mette a confronto con altre Regioni. Dunque una Regione dove, sempre nel rispetto delle norme igieniche e di distanziamento è sicuramente possibile il ritorno delle messe pubbliche.
Di fronte ad una evidente mancanza di chiarezza strategica ed operativa da parte della CEI, davanti a comportamenti palesemente contraddittori, alcuni hanno parlato di caos, monta sempre più la delusione, lo sconforto, il dolore di tanti fedeli e sacerdoti (vedi qui, qui e qui).
Non ci resta che attendere e pregare che “passi la nottata”.
di Sabino Paciolla
Alle loro E.R. vescovi della Sardegna
Mons. Antonio Mura (Nuoro)
Mons. Giuseppe Baturi (Cagliari)
Mons. Sebastiano Sanguinetti (Tempio)
Mons. Roberto Carboni (Oristano}
Mons. Corrado Melis (Ozieri)
Mons. Mauro Maria Morfino (Alghero)
Mons. Gian Franco Saba (Sassari)
Mons. Giovanni Paolo Zedda (Iglesias)
e a tutti i vescovi emeriti,
Paolo Atzei, Giovanni Dettori, Giuseppe Mani, Mosè Garcia, Pietro Meloni, Arrigo Miglio, Antonino Orrù, Tarcisio Pillolla, Sergio Pintor, Antioco Piseddu, Ignazio Sanna, Pier Giuliano Tiddia, Antonio Vacca
mi rivolgo a voi, io, ultimo tra i fedeli della Chiesa in Sardegna, supplice.
In questo tragico momento di pandemia, dove la paura della morte del corpo fa più paura della paura della morte dell’anima, io, come tanti altri fedeli affidati alla vostra paternità, mi sento sconsolato e afflitto.
Dovere di un ministro di Dio è annunciare Gesù Cristo che salva, prim’ancora che l’obbedienza al governo, come virtù del buon cristiano.
Avreste potuto ben dirci che l’amore all’uomo, proprio di Cristo, chiede dei sacrifici, e noi saremmo stati ben disposti a farli.
Invece è sembrato che i riferimenti per le nostre anime fossero prima di tutto i governanti, il potere civile, gli scienziati, il potere tecnologico e scientifico.
Quando il Presidente del Consiglio ha decretato il divieto di celebrare messe aperte al pubblico dei fedeli, lo avete subito accettato senza colpo ferire. Per questo ci è parso che non abbiate tenuto conto della suprema tutela che la Costituzione Italiana riserva alla libertà di culto, come tanti autorevoli studiosi del diritto evidenziano.
Ci è parso anche che non abbiate tenuto conto di quanto dice il Concilio Vaticano II, in particolare nella Dichiarazione Dignitatis Humanae, dove si legge: «Il rispetto della libertà religiosa, in quanto tutela della dimensione trascendente della persona umana, consente l’equilibrato sviluppo di tutte le altre libertà e diritti. Pertanto, essa non è soltanto uno dei diritti umani fondamentali; ben di più, essa è preminente fra tali diritti.»
Ci è parso infine che non abbiate tenuto conto che il Concordato tra Stato italiano e Santa Sede stabilisce che essi sono, nel loro ambito, indipendenti e sovrani, e che quindi il governo avrebbe potuto chiedere la chiusura delle messe o la disposizione di protocolli atti a contenere l’epidemia, ma non avrebbe potuto imporli. Infatti, così come sono state regolamentate altre attività, vedi negozi alimentari, rivendite di tabacchi e supermercati, allo stesso modo avreste potuto disciplinare l’ingresso in chiesa e la partecipazione alle sante messe.
Invece, come molte autorevoli voci fanno presente, le vostre indicazioni pastorali circa l’utilizzo della messa in streaming, a lungo andare, corrono il rischio di ingenerare nel fedele la falsa convinzione che una messa mediatica sia equivalente ad una messa celebrata in forma fisica-carnale, e in un luogo sacro. Questa sarebbe la morte della Santa messa.
Permettetemi infine di essere addolorato dinanzi al vostro rifiuto della mano che vi è stata tesa dal Governatore della Sardegna quando ha detto: “In armonia con il Dpcm che ha sospeso le cerimonie civili e religiose ma non le funzioni religiose – ed esiste, nell’ordinamento giuridico italiano, una netta distinzione tra cerimonia, funzione e pratica religiosa – consentiamo lo svolgimento delle funzioni eucaristiche ordinarie con obbligo di distanziamento tra le persone, divieto di assembramento e l’obbligo di indossare idonei dispositivi di protezione”.
A tale proposta, infatti, avete risposto: “I vescovi sardi, pur apprezzando l’attenzione che il Presidente Solinas ha rimarcato nella conferenza stampa di oggi verso l’apertura delle chiese alle ‘celebrazioni eucaristiche’, si riservano di leggere e valutare il testo dell’ordinanza regionale che verrà firmata, tenendo conto che non sono stati consultati precedentemente e che decisioni di questo tipo competono unicamente all’Autorità ecclesiastica”
Addolorato, anche a nome di molti credenti, VI SUPPLICO, cari padri e pastori, ridateci la Santa messa, ridateci l’Eucarestia.
Giorgio Canu, Sassari
https://www.sabinopaciolla.com/lettera-aperta-ai-vescovi-della-sardegna/
Il 1° maggio non c’è stato alcun affidamento a Maria. L’atto è avvenuto il 27 aprile ed è stato registrato
Venerdì scorso, 1° maggio, all’inizio del mese tradizionalmente dedicato alla Madonna, molti di noi hanno assistito in tv all’atto di affidamento dell’Italia a Maria deciso dalla Conferenza episcopale italiana. Luogo prescelto, il santuario di Caravaggio, nella diocesi di Cremona e in provincia di Bergamo, zone particolarmente colpite dalla pandemia. Abbiamo già parlato su Duc in altum della differenza tra affidamento e consacrazione e so bene che molti lettori non sono stati contenti dell’affidamento, perché avrebbero desiderato una consacrazione. Torneremo prossimamente su questo aspetto. Qui vorrei invece occuparmi di un’altra questione. Mi risulta infatti che l’atto di affidamento sia stato trasmesso venerdì 1° maggio ma sia avvenuto in realtà lunedì 27 aprile. Non si sarebbe trattato dunque di una diretta televisiva, ma di una registrazione.
Il comunicato ufficiale della Cei diceva: “Raccogliendo la proposta e la sollecitazione di tanti fedeli, la Conferenza episcopale italiana affida l’intero Paese alla protezione della Madre di Dio come segno di salvezza e di speranza. Lo farà venerdì 1° maggio, alle ore 21, con un momento di preghiera, nella basilica di Santa Maria del Fonte presso Caravaggio”. E Avvenire, quotidiano di proprietà della Cei, titolava: “Il 1° maggio l’affidamento a Maria. Diretta su Tv 2000 e In Blu Radio”. Ma una fonte, che ovviamente non posso rivelare, mi ha fatto sapere che la sera del 1° maggio nella basilica non è avvenuto proprio niente. La basilica era buia e le telecamere interne, che solitamente mandano in onda le immagini del sacro speco in diretta, erano state disattivate per non meglio precisate “questioni tecniche”. L’atto di affidamento sarebbe avvenuto, ripeto, il 27 aprile. Sarebbe stato registrato e trasmesso il 1° maggio.
Perché?
Una persona che ha parlato con i tecnici impegnati nella registrazione televisiva riferisce che, quando ha chiesto i motivi della differita, ha ricevuto questa risposta: “È una questione di costi. La diretta costa molto di più, richiede l’uso di più strumenti e più personale. La registrazione offre poi la possibilità di rimediare nel caso ci fosse qualche problema tecnico”.
Questi i fatti, così come mi sono stati riferiti. Fatti di fronte ai quali è necessario fare qualche riflessione.
Un atto di affidamento non è una partita di calcio, uno spettacolo o un qualunque altro avvenimento di cronaca, ma è un gesto di devozione e di pietà che merita di essere svolto in assoluta trasparenza, per rispetto dell’azione stessa e del popolo che vi ricorre.
Se il 1° maggio alle ore 21 è stata mandata in ondata una “registrazione”, quello a cui il fedele ha assistito non è stata che una finzione, perché in quel momento non è stato affidato nulla a nessuno. Semplicemente, ci è stato mostrato quanto avvenuto il 27 aprile.
Dispiace constatare che è stata persa un’altra occasione per fare in modo che tutti insieme, a una sola voce e nello stesso momento, facessimo salire al Cielo la richiesta di affidare l’Italia alla protezione della Madonna.
Ora la domanda è: ma come è possibile che dei pastori abbiano escogitato tutto ciò? Non è che forse stiamo perdendo il valore oggettivo e puntuale delle azioni sacre rivolte a Dio, trasformandole in semplici racconti rivolti agli uomini? In questo senso possiamo dire che il 1° maggio i pastori non hanno affidato l’Italia a Maria, ma hanno solo raccontato/ricordato al popolo che siamo sotto la protezione materna della Madonna. Se scaviamo un po’, vediamo che in questo modo stiamo facendo nostra, magari senza accorgercene, la prospettiva protestante, per cui gli atti religiosi servono solo per “ricordarci”, per “ridestare la coscienza” di essere stati salvati, senza però che niente di oggettivo e concreto avvenga davvero fuori di noi.
Possiamo quindi concludere così: il 1° maggio quello che abbiamo visto in televisione non è stato un vero atto di affidamento, ma il racconto di un atto di affidamento; il 1° maggio l’Italia non è stata affidata a Maria, con la partecipazione orante del popolo; il 1° maggio il popolo fedele ha assistito a una rappresentazione. E questo, purtroppo, è un inganno.
Ovviamente, sarò felicissimo di ricevere eventuali comunicazioni in grado di smentire con dati di fatto ciò che mi ha rivelato la fonte.
A.M.V.
https://www.aldomariavalli.it/2020/05/03/il-1-maggio-non-ce-stato-alcun-affidamento-a-maria-latto-e-avvenuto-il-27-aprile-ed-e-stato-registrato/
15 uomini sulla cassa del morto
di Francesco Filipazzi
A Messa in 15, ma con il morto, senza non puoi. Magari poi ci potremo fare anche un Weekend, basta che ci sia un caro estinto. Dunque, 15 uomini sulla cassa del morto, e una bottiglia di Rum. Tutto sommato, un superalcolico come disinfettante, di questi tempi non guasterebbe, ma non proponiamolo ai preti, altrimenti qualcuno lo metterebbe nel calice. Vedendo alcune performance novusordiche, il dubbio in passato ci è già venuto.
Tant'è che a Messa non ci possiamo andare e la Cei non dice nulla, anzi ci ha provato, ma il Bergoglio di turno li ha stoppati. Leggiamo intanto che un prete social scrive che anche Gesù è nato nella stalla per rispettare il potere temporale. Quindi anche la strage degli innocenti fu una misura dolorosa ma necessaria?
Vorremmo comunque ricordare a lor signori che Roma ha accettato la sottomissione dei sacerdoti, ma poi il Tempio lo ha raso al suolo. Diciamo che emulare il Sinedrio potrebbe essere pericoloso. Al momento, a livello spirituale ci stanno già pensando i vescovi, a livello materiale speriamo che Cesare non ci vada pesante.
A Messa in 15, ma con il morto, senza non puoi. Magari poi ci potremo fare anche un Weekend, basta che ci sia un caro estinto. Dunque, 15 uomini sulla cassa del morto, e una bottiglia di Rum. Tutto sommato, un superalcolico come disinfettante, di questi tempi non guasterebbe, ma non proponiamolo ai preti, altrimenti qualcuno lo metterebbe nel calice. Vedendo alcune performance novusordiche, il dubbio in passato ci è già venuto.
Tant'è che a Messa non ci possiamo andare e la Cei non dice nulla, anzi ci ha provato, ma il Bergoglio di turno li ha stoppati. Leggiamo intanto che un prete social scrive che anche Gesù è nato nella stalla per rispettare il potere temporale. Quindi anche la strage degli innocenti fu una misura dolorosa ma necessaria?
Vorremmo comunque ricordare a lor signori che Roma ha accettato la sottomissione dei sacerdoti, ma poi il Tempio lo ha raso al suolo. Diciamo che emulare il Sinedrio potrebbe essere pericoloso. Al momento, a livello spirituale ci stanno già pensando i vescovi, a livello materiale speriamo che Cesare non ci vada pesante.
Qualcosa non va a livello di diritti e libertà individuali. Sembra che il potere si sia inebriato di se stesso, si senta sempre più intoccabile ed osi fare quello che prima sembrava impossibile ed antigiuridico. Stiamo prendendo una piega dittatoriale e tutto questo nel silenzio generale.
A Siracusa una persona va in strada e si mette a gridare, col megafono, di svegliarsi che il contagio non esiste. Un punto di vista dubbio, senza dubbio, ma comprensibile al Sud dove il contagio è arrivato di striscio rispetto alle regioni del Nord. Un’idea magari balzana, ma non da meritare quanto segue: arrivano le forze dell’ordine con un’ambulanza, sedano la persona e la portano via per un TSO. Potete vederlo nel video
Non sembrava di avere a che fare con un pazzo,ma con una persona che esprimeva le sue idee forse nell’unico modo che aveva per farsi ascoltare. Una persona strana, ma non pazza. Però, perchè esprimeva delle idee eccentriche, lo hanno sedato come un pazzo e trattato allo stesso modo. Una cosa da Unione Sovietica, ed invece la vediamo nell’Italia di Giuseppe Conte.
posted by Guido da Landriano
Non è un virus democratico. E a qualcuno non dispiace
Possiamo coltivare infiniti dubbi su tutto quanto sta capitando, chiederci un sacco di cose: se il virus sia di origine naturale o umana, se (laddove artificiale) sia frutto di un errore accidentale o di una deliberata intenzione, se la sua letalità sia davvero così alta come ci raccontano o così bassa come ci sembra. Però, c’è una cosa (una sola) su cui tutti possiamo convenire. Nessuno escluso: da destra e da sinistra, sovranisti ed europeisti, complottisti e debunker.
E la cosa è questa: non è un virus democratico. Anzi, è molto, molto autoritario. Sarà pure il caso, o una fottuta sfavorevole coincidenza, ma pensateci. Il Covid-19 agevola, favorisce, asseconda, suggerisce, esorta addirittura l’adozione di tutta una serie di misure perfette per una società totalitaria. Se anche non è stato sintetizzato in provetta, nessun aspirante dittatore del Novecento avrebbe potuto crearne uno di migliore per raggiungere i suoi intenti.
Per esempio, il Corona è insidioso, ma non insidiosissimo: niente a che fare con robe tipo l’Ebola in grado di sterminare il novanta per cento della popolazione mondiale. Il che renderebbe persino superflua una dittatura, oltre a sterminare probabilmente anche tutti i dittatori (manifesti o latenti) su piazza. Questo virus semplicemente mette sotto stress i sistemi sanitari per via delle terapie intensive. E, quindi, pur non essendo micidiale, è abbastanza cattivo da giustificare l’instaurazione provvisoria di un regime.
Abbiamo imparato, in questi due mesi, che il popolo (magari non tutto il popolo, ma la stragrande maggioranza) è disposto a digerire qualsiasi limitazione sotto il ricatto della “salute”. Se tornassero in vita certi despoti neri e rossi del secolo breve si risparmierebbero un casino di fatica. La violenza, l’intimidazione, il terrore possono anche non servire di fronte alla potentissima carica “auto-disciplinante” del tabù salutista.
Ma c’è molto altro: il virus impone il distanziamento sociale, cioè rende impossibili le manifestazioni e gli assembramenti. In una parola: disinnesca l’effetto “massa critica” e la forza del “numero”, unica arma delle plebi contro le elite, dai tempi di Roma antica. Il virus è pure un alibi perfetto per i veri artefici della crisi economica mondiale, i quali accuseranno il Covid dei criminali effetti di quarant’anni di politiche neoliberiste.Quindi, non solo depotenzia la protesta nei numeri, ma anche nei contenuti.
Il virus, inoltre, consente il definitivo affermarsi, con una accelerazione spaventosa, della ideologia “scientista”, del controllo mediatico e del parossismo vaccinale. Ergo, è un “motivo” straordinario per giustificare, nell’ordine: la capitolazione della politica alla tecnocrazia, la censura del pensiero libero e renitente immolato sull’altare della “scienza”, l’imposizione “legale” di un vaccino universale.
E, infine, ciliegina sulla torta, il virus legittima forme intrusive e orwelliane di controllo sociale attraverso nuove diavolerie digitali (per ora, sovracutanee). E per i riottosi? C’è la corsa dei consociati a forme “spintanee” di delazione del prossimo ai questurini. A questo punto, l’unico “muro” di carta velina a separarci dall’instaurazione di un ordine globale simile al Panopticon di Jeremy Bentham è la nostra “fede” infantile. Cioè, la nostra sicurezza di essere “governati” da persone, istituzioni, agenzie “buone” e “democratiche”. Non fosse così, coglierebbero al volo l’occasione del Covid per farci accettare (anzi “desiderare”) persino un nuovo nazi-fasci-comunismo per il nostro “bene”. Per fortuna che non è così. O no?
Francesco Carraro
www.francescocarraro.com
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