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sabato 6 giugno 2020

Oportet ut scandala eveniant

Vaticano, il retroscena sullo scandalo: "Un ricatto davanti al Papa..."

Spunta un retroscena sullo scandalo che sta interessando il Vaticano: il broker avrebbe avanzato le sue richieste anche a Papa Francesco

Addirittura un "ricatto" in presenza fisica di Papa Francesco: il quadro è ancora da chiarire, e l'utilizzo del condizionale è d'obbligo, ma sembrerebbe che l'uomo arrestato ieri per via delle accuse che arrivano sino all'estorsione, sia stato addirittura presso Santa Marta, il luogo che Jorge Mario Bergoglio ha scelto per risiedere, nel corso delle vicenda che ha preceduto il provvedimento emanato ieri sera dall'autorità giudiziara della Santa Sede e che riguarda Gianluigi Torzi, un broker molisano cui il Vaticano si sarebbe affidato per riuscire ad ottenere la piena disponibilità del lussuoso palazzo di Londra che è al centro dello scandalo.
Il retroscena, con tanto di fotografia di un incontro avvenuto all'interno di un'udienza del Santo Padre, è approfondibile sull'AdnkronosLa questione del palazzo londinese continua a presentare sorprese. L'ultima in ordine di tempo è questa del summit che si sarebbe tenuto tra Torzi e Papa Francesco. C'è una data: il 26 dicembre del 2018. Quello è il giorno cui il broker molisano avrebbe avuto modo di parlare con l'ex arcivescovo di Buenos Aires. Vale la pena sottolineare come gli avvocati che rappresentano Torzi abbiano parlato di "grosso malinteso". Vedremo se ci saranno evoluzioni nel corso delle prossime ore. Tornando alla questione di quello che è già stato definito "ricatto", bisogna fare un passo indietro, e cioè rammentare che Torzi è attualmente detenuto per via di accuse che riguardano varie fattispecie, tra cui l'estorsione. Circola pure una cifra precisa: sarebbero 15 i milioni domandati. Un testimone, stando sempre a quanto si apprende per mezzo dell'agenzia, avrebbe confermato che "Torzi non si fece scrupolo di avanzare richieste davanti al Papa".
Ma di quali "richieste" si parlerebbe? Forse del denaro che Torzi avrebbe richiesto per cedere anche le sue quote del palazzo alla Santa Sede, dopo essere intervenuto per finalizzare la piena acquisizione dello stesso immobile, piena acquisizione che si era resa necessaria per via dell'appartenenza di alcune quote ad un'altra società: presumibilmente Athena, di Raffaele Mincione. Ma la vicenda è davvero molto complessa e prima di circoscrivere ogni dettaglio converrà che la chiarezza derivi dal lavoro di chi sta indagando a livello giudiziario. Comunque sia, esiste l'evidenza di una battaglia combattuta dal Papa per favorire la trasparenza. Questo è un fatto poco smentibile.
Ulteriori elementi, poi, riguardano il sequestro di conti correnti in Svizzera. Sequestro che è stato disposto per via della collaborazione prevista dalle norme vigenti. Tra i nomi che sono stati elencati tra i possessori di conti correnti sequestrati, figura anche quello di Torzi, che però non è l'unico della lista resa nota: sono presenti anche persone legate direttamente alla Santa Sede. Bisognerà ovviamente comprendere quale sia la ratio dietro a questa mossa. Non è detto che i soggetti interessati dai sequestri siano indagati.
Una vera e propria bufera, che rischia di riportare tutti ai tempi di Vatileaks, almeno dal punto di vista mediatico-narrativo. La sensazione rimane quella che si debba attendere per comprendere a pieno ogni sfumatura ed ogni dettaglio di questa serie di vicissitudini.





Scandalo Vaticano, spariti 300 milioni di euro delle offerte. Bergoglio: “Non sapevo”

La stangata al Vaticano: truffe, veleni, raggiri, estorsioni, lotte di potere, loschi affari e faccendieri spregiudicati, tradimenti consumati nei sacri palazzi, funzionari infedeli, rogatorie in Svizzera, indagini a Londra, il progetto di un bond da 30 milioni di euro con la Banca Popolare di Bari, infiniti rivoli di denaro che portano lontano, lontanissimo, dall’obolo di carità per i poverelli a cui i tanti soldi spariti erano destinati. Il più grande scandalo finanziario di sempre a Oltretevere, per come lo hanno ricostruito i magistrati vaticani, e che l’Adnkronos ha rivelato in esclusiva (si parte da 300 milioni ma le cifre dei soldi che ballano in varie operazioni sarebbero molto più alte).

Ovviamente, Bergoglio non sapeva. Certo. Peccato che monsignor Becciu lo abbia chiamato in causa nell’affare.
Quello che si dipana in queste ore dopo l’arresto di Torzi è uno scandalo senza precedenti che non risparmia niente e nessuno e che con l’arresto del broker per peculato, truffa, estorsione e auto riciclaggio è destinato a terremotare la Chiesa di Roma. Un sisma giudiziario che si traduce nella gestione “allegra” di centinaia e centinaia di milioni di euro relativa all’acquisto da parte della Segreteria di Stato Vaticana dell’immobile di Sloane Avenue nella capitale britannica (prezzo triplicato rispetto al valore iniziale). Tutto, dunque, ruota attorno all’imprenditore Gianluigi Torzi, intervenuto nell’affare – secondo i magistrati pontifici – per risolvere l’impasse della partecipazione della Santa Sede al fondo Athena e diventato poi, secondo la procura vaticana, l’uomo in grado di tenere in pugno la segreteria di Stato fino a riuscire a estorcerle 15 milioni di euro.

Per gli inquirenti dell’Ufficio del Promotore di Giustizia Gian Piero Milano e del suo aggiunto Alessandro Diddi il quadro si fa inquietante a cominciare dagli investimenti fatti dalla Segreteria di Stato nell’Athena Capital Global Opportunities Fund del noto finanziere Raffaele Mincione, dopo un analogo tentativo di business naufragato in Angola: un’operazione, quella con Athena, nata quando a capo della sezione Affari generali della Segreteria c’era monsignor Angelo Becciu, e considerata anomala dalla magistratura vaticana già solo per il fatto che si fosse deciso di finanziare in parte il fondo con i denari dell’Obolo di San Pietro, destinando dunque somme possedute con vincolo di scopo per il sostegno delle attività caritatevoli a vere e proprie operazioni speculative.

La necessità di uscire da questa operazione scomoda che era costata milioni di euro al Vaticano porterà poi al ‘caso’ dell’acquisto dell’immobile di Sloane Avenue con l’intermediazione di Torzi e della sua Gutt Sa, scatenando uno dei più violenti scontri mai registrati Oltretevere e uno scambio al vetriolo tra il Segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, che ha definito “opaco” l’affare di Londra, e l’ex Sostituto della Segreteria di Stato, mons. Angelo Becciu, che ha assicurato di aver sempre agito nell’esclusivo interesse della Santa Sede arrivando a evocare la ‘macchina del fango’.
Con indagini mirate la “procura” pontificia avrebbe accertato ruoli e interessi dei protagonisti oltre al percorso dei “soldi dei poveri” finiti a finanziare acquisizioni – osservano gli inquirenti – di azioni per diversi milioni di dollari, la sottoscrizione di obbligazioni e perfino quella di un bond emesso da una società riconducibile ancora a Mincione per 16 milioni di dollari: tutte mosse che peraltro, lungi dal portare un guadagno alle casse del Vaticano, per gli inquirenti si sono tradotte in una perdita accertata di oltre 18 milioni di euro al settembre del 2018 e che, secondo gli investigatori, potrebbero nascondere una enorme voragine nei conti della Santa Sede.
Non conosco Torzi, non ero più sostituto quando sono successi i fatti che gli attribuiscono”. Il cardinale Angelo Becciu, già sostituto alla Segreteria di Stato del Vaticano, replica in questi termini all’Adnkronos dopo l’arresto del broker Gianluigi Torzi nell’ambito dell’inchiesta vaticana sulla compravendita dell’immobile londinese a Sloane Avenue.

Sulla questione, il Segretario di Stato Vaticano Pietro Parolin parlò di “affare opaco”; di contro Becciu, che è stato sostituto della segreteria di Stato, ha sempre sostenuto che lo ha fatto “soffrire l’accusa che la Segreteria di Stato abbia utilizzato i soldi per i poveri per speculazioni. Lo smentisco. Noi – racconto’ Becciu – abbiamo acceso un mutuo rispettando i fondi. Si è acceso un mutuo perché con le banche ci sembrava una occasione per fare fruttare al meglio i capitali ma l’obolo di San Pietro è rimasto lì e ha aumentato gli interessi”.

Quanto all’investimento nel palazzo di Londra oggetto di inchiesta, Becciu, che disse di avere parlato della cosa col Papa, spiegò che “si è investito in un palazzo. Da tempo la Santa Sede investe in palazzi. Era una occasione buona che oggi in tanti ci invidiano con la Brexit perché oggi il valore di quella casa è quasi triplicato. Il Papa deciderà se è da mantenere o da vendere ma non ci sono perdite”.
Ecco dove finiscono i soldi dell’8 per mille. In un palazzo di Londra.

Il cosiddetto “Obolo di San Pietro” è il denaro donato dai cattolici di tutto il mondo e destinato al Papa, che lo investe nella gestione della Chiesa e nelle sue missioni in tutto il mondo. Almeno in teoria. In realtà viene utilizzato per investimenti ad alto rischio.
Soltanto una piccola percentuale dell’Obolo sarebbe destinata ad opere caritatevoli: la maggior parte è investita o va a finanziare il bilancio del Vaticano.
A proposito dell’Obolo di San Pietro:
.) Crolla la Chiesa di Bergoglio: dimezzate le offerte dei fedeli

.) www.wallstreetitalia.com

6 Giugno 2020

www.wallstreetitalia.com/come-il-vatican…
Francesco I
https://gloria.tv/post/ZVt3GmTx7Hry1xNSEki7RTF26

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