LA CHIUSURA HA FATTO PIÙ DANNI DEL COVID. GRAZIE CONTE, CASALINO, SPERANZA.
Come spiegano Roberto Volpi e Eugenio Serravalle nel loro imperdibile libro IL COVID-19 E LA QUARANTENA la pandemia covid 19 non è stata troppo diversa da altre epidemie dal punto di vista epidemiologico. La Sars e la febbre suina non sono state meno pericolose. Quello che è stata incredibile è stata la gestione, una gestione assurda e soprattutto una gestione cinese.
La Cina è una terrificante dittatura che non ha avuto alcuna remora a sterminare i propri stessi figli. La legge del figlio unico è stata realizzata con aborti forzati, anche al nono mese, e infanticidi di massa: i neonati indesiderati , in maggioranza bimbe, sono state sterminate in orfanotrofi che avevano una mortalità annua del 92 %. Una nazione per la quale la vita umana vale zero, la parola libertà è una parolaccia, se da alcuni punti di vista ha una notevole potenza tecnologica, tanto da essere definita un gigante industriale, dal punto di vista sanitario è gravemente arretrata.
Sul documentato e imperdibile testo Volpi e Serravalle spiegano che tutte le nazioni che hanno applicato il lock down come ha fatto la Cina ( o come la Cina ha finto di fare?) hanno avuto risultati disastrosi, come è ovvio che sia perché il covid si contagia nei luoghi chiusi e chiudere la popolazione in casa ha favorito i contagi, come era ovvio che fosse.
La Cina ha affrontato l’epidemia in maniera squisitamente dittatoriale, una micidiale dittatura fatta sommando confucianesimo e comunismo di alto livello finanziario. All’inizio la malattia è stata negata, così da favorire al massimo il contagio. Una volta il contagio venuto si è risolto il problema in una maniera folle, rinchiudendo le persone in casa, senza il permesso di uscire se non per motivi di assoluta e improrogabile necessità. Le nazioni occidentali e soprattutto l’Italia hanno incredibilmente copiato lo stesso delirante schema, prima negano, sbeffeggiano chi dà l’allarme, non fanno scorte di presidi e farmaci (idrossiclorochina), poi si fanno terrorizzare da buffi algoritmi matematici che non calcolano che la medicina è fatta di creature umane. Detto in parole povere quello che ha fermato le epidemie sempre è sistema immunitario. Buffo come nessuna nazione abbia dato le quattro semplicissime istruzioni contenute al capitolo uno paragrafo a di immunologia per principianti su come potenziare il proprio sistema immunitario: stare il più possibile all’aria aperta, prendete vit D, A, C, un po’ di zinco e un po’ di selenio e il vostro sistema immunitario migliora.
Malati che hanno fatto la colonscopia con qualche mese di ritardo causa covid hanno scoperto in ritardo di avere il cancro. Secondo gli ultimi studi il blocco dei trasporti causerà un arrivo insufficiente di antiretrovirali in Sud Africa e Africa sub Sahariana, con un impennata di aids e milioni di morti. Milioni di morti li farà anche la Tubercolosi, ma ci parlano solo del covid.
L’Italia ha imitato più da vicino la Cina. Fortunatamente in Italia ci sono i cani, e la gente ha potuto portarli fuori. I bambini no, i bambini sono stati chiusi in casa, a diventare malati e fobici.
Ora è noto: il Lockdown è stato istituito contro il parere del CTS.
Dalla piccola parte di documenti desecretati emerge che l’idea di un lock down esteso a tutto l’Itallia per oltre due settimana è stata un’idea di genico partorita dalle potenti menti degli incredibili Conte e Casalino. Come era ovvio i tecnici avevano chiesto che il blocco riguardasse solo alcune zone e che non durasse più di due settimane. Ricordo che avevo riportato su La verità un articolo che spiegava come dal punto di vista epidemiologico il prolungarsi oltre della chiusura è controproducente, quindi dannoso. Erano dati di epidemiologia facilmente reperibili. Le mascherine chirurgiche se sono indispensabili in alcune situazioni, nella maggioranza dei casi non sono di alcuna utilità, i loro effetti collaterali quindi sono ingiustificati. Le attività di ristorazione e di commercio e di turismo avrebbero potuto restare aperte e invece sono state chiuse : i forti hanno cominciato a traballare, quelli che già traballavano sono falliti, tra lo scherno della signora Laura Castelli, laura triennale in economia, che li ha invitati a cambiare mestiere, perché l’economia funziona così.
Non è stato il CTS non a chiedere gli arresti domiciliari per una nazione, si era limitatyo a chiedere la chiusura per non più di 15 giorni di alcune zone, è stata un’idea di Conte Casalino Speranza, è un’idea che viola completamente la costituzione, e non essendo stato prescritto da nessuno per nessuna emergenza è una violazione totale della costituzione senza motivo, che in parola povere si chiama golpe. La fuga al sud dell’8 marzo non ha causato un’ecatombe al sud, e questo dimostra che la chiusura è stata un provvedimento molto opinabile.
La parte divertente di tutto questo e che chi ha vietato ai bambini di uscire ha abbattuto il loro sistema immunitario oltre che la loro psiche, che ha chiuso le persone senza cani in casa ha incrementato diabete, obesità, malattie cardiovascolari e depressioni, tutte conseguenze della sedentarietà, chi ha vietato di vedere i congiunti, ha ordinato che gli anziani e le persone con disabilità rinchiusi negli istituti senza la possibilità di vedere i familiari, vedessero disgregarsi in maniera irreversibile le loro capacità cognitiva.
I cadaveri cremati sono una maniera di cancellare prove, non servono a fermare un’epidemia. Non eseguire le autopsie non serve a fermare un’epidemia, serve a cancellare le prove e a ritardare il momento in cui, avendo capito l’esatta eziopatogenesi, si trova una cura efficace. Mancano nei documenti desecretati le 44 pagine che parlano di Bergamo: cosa accidente è successo a Bergamo?
Un suggerimento sulla risposta a questa domanda arriva d’oltremanica. uno studio inglese riportato dal Telegraph ci informa che il Lockdown “ha ucciso due persone ogni tre che sono morte di coronavirus” al culmine dell’epidemia. Secondo lo studio inglese senza il lock down, cioè, i morti sarebbero stati un terzo. “Le stime mostrano che 16.000 persone sono morte per mancata assistenza medica entro il 1 ° maggio, mentre il coronavirus ha ucciso 25.000 nello stesso periodo.Le cifre includono 6.000 persone che causa del timore di contrarre il virus e della sensazione di dover rimanere a casa a causa del messaggio .Allo stesso modo, si pensa che 10.000 persone siano causa della dimissione anticipata dall’ospedale e dell’impossibilità di accedere alle cure critiche.[…]I nuovi dati – presentati a metà luglio allo Scientific Advisory Group for Emergencies (Sage) del governo – sono stati calcolati dal Department of Health, dall’Office for National Statistics (ONS), dal Government Actuary’s Department e dall’Home Office.
Secondo questo studio altre 26.000 pazienti potrebbero morire entro il prossimo mese a causa delle restrizioni sanitarie. In totale, i ricercatori prevedono che 81.500 persone potrebbero perdere la vita nei prossimi decenni aspettando più a lungo per cure elettive non urgenti e l’impatto della recessione causata dalla crisi del virus. Nei prossimi cinque anni, si prevede che moriranno anche 1.400 persone perché è stato .
Il testo qui:
https://www.telegraph.co.uk/news/2020/08/07/lockdown-killed-two-three-died-coronavirus/
da DWN:
La mia domanda è questa. Chi ha fatto il calcolo del rapporto costi benefici e ha condannato l’Italia a morte con una chiusura tardiva e di lunghezza insensata?
Casalino, Conte e Speranza?
C’è ancora un giudice in questo paese?
C’è ancora un magistrato? O abbiamo solo Palamara?
BY
COVID, FOLLIA E DISTURBI FOBICI
Qui ho cercato di sintetizzare il Manuale operativo della scuola.
Distanziamento fisico: individuare il numero massimo di allievi che ogni aula può contenere.
Distanza di un metro tra ogni banco, segnare sul pavimento la posizione corretta dei banchi per mantenerla ad ogni ripristino, esporre su ogni aula il numero massimo di alunni che può contenere, DISTANZIAMENTO FISICO (come? Se i bambini si corrono incontro e si abbracciano che si fa? Fucilazione? Espulsione? ) e arieggiamento frequente, disinfezione periodica delle mani con prodotti a base alcolica, ogni aula deve avere un dispenser.
Il personale può spostarsi dalla sua postazione e muoversi tra i banchi solo se indossa LA MASCHERINA (Il denaro per curare i disturbi fobici qualcuno lo ha messi in conto? Un insegnante con la mascherina sulla faccia parla in maniera poco comprensibile e non si vede la mimica). Così anche gli allievi stessi ( i bambini si mettono a piangere. Quando si mettono a piangere la mascherina si riempie di moccio. Una mascherina piena di moccio è una presidio antiigienico, in parola povere fa schifo) e toccare le superfici nelle vicinanze degli alunni solo se si è disinfettato le mani.
Garantire la distanza di un metro tra ogni alunno anche mettendo delle linee gialla/nera che segnalano la giusta distanza. ( se uno le supera? Scossa elettrica? Sgridata? E se poi si mette a piangere riempie la mascherina di moccio. Che schifo)
In palestra garantire il distanziamento di due metri (e se non ci stanno?) tra allievi e docenti privilegiando le attività sportive individuali. ( niente pallavolo o pallacanestro. )Negli spogliatoi garantire il distanziamento di almeno un metro. ( come? Qualcuno che gira col manganello?)
Disinfezione tra un gruppo classe e quello successivo.
Mensa: si può utilizzare solo se si garantisce la distanza di un metro tra tutti gli allievi seduti a mangiare.
Il personale si può avvicinare agli alunni solo se munito di mascherina.
Aula magna : si utilizzano i seggiolini alternati per garantire la giusta distanza.
Dispenser di soluzione alcolica e pulizia a cura di una ditta specializzata.
Spazi comuni non didattici: atrio ingresso sala insegnanti etc : vanno spazialmente definiti anche con cartelloni e unica direzione di marcia lungo i corridoi oppure predisponendo apposite linee a terra che garantiscano l’obbligo di mantenere la destra in base al senso di percorrenza. ( per i trasgressori? Scossa elettrica? Doberman?)
Sorvegliare gli alunni durante gli spostamenti…
Sala insegnanti: stabilire il numero massimo di persone che possono sostare e accedervi, e distanza di un metro quadrato, uso della mascherina chirurgica! e dispenser di soluzione alcolica
Servizi igienici con le finestre sempre aperte ( anche con 5 gradi sottozero) e dispenser…
Scuola primaria e secondaria di primo grado: si suggeriscono per la lingua italiana anche la lettura dei fogli informativi dei farmaci…( evviva!!!!!! Che allegria!)
Sintesi dei quesiti del Ministero dell’istruzione…
Il distanziamento di un metro è da intendersi tra le RIME BUCCALI degli studenti in posizione seduta, nella zona cattedra la distanza è di 2 metri, mascherina necessaria in situazioni di movimento… si confermerà o meno in base ai risultati dei contagi dell’ultima settimana di agosto.
Sintomi da covid e procedure: la persona immediatamente isolata e dotata di mascherina chirurgica, si dovrà provvedere al ritorno al proprio domicilio. Nel caso di conferma di infezione si dovrà monitorare per scongiurare eventuali focolai …
Si attiva una collaborazione tra scuola e asl
Si nomina un medico competente per la sorveglianza sanitaria in ogni scuola…
Pulizia degli ambienti scolastici: sanificazione e igienizzazione quotidiana
I collaboratori scolastici devono usare guanti durante le pulizie… (perché? È assodato che sono inutili)
Il Commissario straordinario fornirà le mascherine al personale scolastico e si occuperà dell’acquisto dei banchi monoposto.
TUTTI gli studenti di età superiore ai sei anni dovranno usare la mascherina. ( quelli che ne hanno meno invece no. Buffo. Se ci fosse un pericolo che la mascherina evita non si dovrebbe mettere la mascherina a tutti?) I genitori dovranno far allenare i figli all’uso …(non è una battuta)
Screening di controllo sierologico del personale docente : si raccomanda di procedere con urgenza all’elaborazione di un programma di screening….
Per ora sono facoltativi.
Siamo molto preoccupati per le sorti della Scuola Italiana, già fortemente depauperata, svilita e spogliata del suo ruolo: la scuola è, o almeno dovrebbe essere, il luogo preposto allo sviluppo psicofisico dei nostri bambini e ragazzi. E adesso questo luogo verrà stravolto dalle indicazioni ministeriali per far fronte alla situazione epidemiologica legata al Covid.
Bisogna, però, precipuamente ricordare che l’infezione da Sars-Cov 2 in Italia, nell’età evolutiva (0-18 anni) è stata documentata in circa 4000 casi, di cui solo il 7% ha richiesto il ricovero ospedaliero con 4 decessi relativi a pazienti con gravi patologie preesistenti. Si evince pertanto che nei bambini e ragazzi le forme cliniche sono prevalentemente “paucisintomatiche”, di lieve/moderata entità che solo eccezionalmente hanno richiesto cure intensive. Perché allora la necessità di misure tanto restrittive?
Il distanziamento sociale è un concetto disumano perché l’essere umano è una creatura sociale che muore emotivamente senza il contatto e le interazioni e adesso, secondo le linee guida per la fascia 0-6, lo si vorrebbe chiamare addirittura “distanza di cortesia” affinché i nostri piccoli imparino fin da piccoli a stare distanti l’uno dall’altro, a non condividere. D’altronde, se solo ci soffermassimo un attimo a capire il significato delle parole, capiremmo che l’espressione “distanziamento sociale” è già di per sé un ossimoro perché se c’è distanza non c’è socialità e se c’è socialità non può esserci distanza. Quindi, se un compagno inciampa, chi lo soccorrerà? Come? Dopo quanto tempo, se per toccarlo, si dovrà essere muniti di guanti (che la stessa OMS ha dichiarato dannosi) per evitare il contatto? Oppure, basti pensare alle attività durante le lezioni tecno-pratiche negli istituti professionali o durante l’attività di alternanza scuola – lavoro: gli studenti devono, proprio per la stessa natura delle attività che svolgono, stare vicini, collaborare, condividere gli strumenti di lavoro, essere d’aiuto in caso di pericolo, aiutarsi vicendevolmente. Ecco tutto questo verrebbe irrimediabilmente messo in discussione e sarebbe compromesso tutto il percorso di apprendimento.
Si vorrebbero dare mansioni che non sono presenti in alcun profilo professionale del personale della scuola, rendendo di fatto la scuola un presidio sanitario: immaginiamo un bambino che al primo colpo di tosse o al rialzo della temperatura dovrebbe essere prelevato dalla classe (da chi?), ovviamente alla presenza dei suoi compagni, isolato in un apposito “spazio Covid”, limitando la sua capacità respiratoria applicandogli in volto la mascherina (e se questi sintomi sono manifestazioni di una crisi asmatica o di una grave allergia che porta scompensi respiratori?), guardandosi bene dal toccarlo, contenerlo, consolarlo, ma trasmettendo panico sia allo stesso alunno che agli altri, i quali intuiranno immediatamente ed assoceranno il tutto ad un caso covid, scatenando in poco tempo una vera e propria bomba di terrore. E se a causa di questo clima di panico, qualcuno dovesse scappare da scuola? A chi sarebbero addossate tali enormi responsabilità? E la famiglia dell’alunno coinvolto verrebbe ingiustamente trattata da appestata, diventando un problema di dominio pubblico.
E laddove il distanziamento non possa essere rispettato, ad esempio con gli alunni con disabilità, allora verranno in aiuto oltre alla mascherina, guanti e dispositivi di protezione per occhi, viso e mucose. Perché non usare direttamente una tuta da astronauta? Proprio gli alunni disabili per i quali il contatto è strumento primario di relazione e conoscenza del mondo.
E se nella scuola deve esserci un referente Covid, allora vogliamo anche un referente per l’obesità, l’anoressia, il colesterolo, per tutto!
La scuola è ambiente vivo di apprendimento, dove anche nelle peggiori epoche vanno salvaguardati e diffusi coraggio, bellezza, ottimismo, spontaneità e serenità, affinché le nuove generazioni abbiano ancora voglia di sognare il proprio futuro, realizzare i desideri e sviluppare i propri talenti.
Noi lo stiamo trasformando in un incubo di ipocondriaci e fobici. Gli assurdi banchi del ministro signora Azzolina non permettono un compagno di banco, non permettono protezione durante un terremoto ( prima regola, mettersi sotto il banco) non hanno spazio per libri, vocabolari, righelli, squadre, quaderni e materiali da disegno, ma solo per il tablet, per una sottocultura superficiale e filtrata, senza voci discordi. Studi sempre più accurati mostrano una correlazione lineare tra l’uso degli schermi e i disturbi dell’attenzione. Dietro al libro non c’è il porno. Dentro al tablet non è difficile arrivarci, dopo essere passati dal video di Miley Cyrus o dalla serie televisiva fatta di morti ammazzati o ragazzine che si suicidano.
Sempre più famiglie si stanno rivolgendo alla scuola parentale. Non è facile, ma possibile.
Una mia ultima domanda ai vari ministri. Così distanziati i ragazzi non possono passarsi il covid, giusto? Quindi non possono passarsi niente altro, nemmeno il virus del morbillo, meno che mai quella della varicella, eccetera. Quindi perché continuare le vaccinazioni? Se ne può fare a meno. Seconda domanda: perché nessuno raccomanda le regole igieniche ( molto moto all’aria aperta, vit. D, A, C, selenio, magnesio, oligoelementi) che garantiscono un sistema immunitario di acciaio che tiene testa a tutto?
BY
“Patto di corresponsabilità”: attenzione a cosa accettano alunni e famiglie
In rete gira un prototipo aggiornato del cosiddetto “patto educativo di corresponsabilità” tra scuola e famiglia: non è altro che un riadattamento, in vista della prossima stagione autunno/inverno, di un ferrovecchio tratto dalla paccottiglia para-normativa che da lustri affligge l’istruzione italiana. L’estensore del modello è il dirigente di un liceo di Monfalcone (Gorizia), il professor Vincenzo Caico, il quale si dice certo, in tal modo, «di contribuire al successo organizzativo di questo lungo viaggio». Sic.
In effetti il modello proposto dal professore rappresenta molto bene, sia per forma sia per contenuto (e non si sa quale sia peggio), il genere letterario corrispondente.
Nel frattempo, del “patto” già si leggono, qua e là, tante brillanti declinazioni, personalizzate secondo l’estro del funzionario di turno. A breve sfileranno dunque, accessoriati e acconciati come si conviene alla speciale occasione epidemica, tanti “patti” per i vari istituti in cerca di applausi e di solenne encomio. Sarà una gara di bravura, di solerzia, di scrupolo e di obbedienza al sistema.
Il loro comune denominatore è il lessico, attinto al formulario stereotipato del pedagogismo “democratico e inclusivo” e coerente con la funzione propria del fantasioso strumento: quella di raggirare le famiglie avviluppandole in un gomitolo di parole tanto beote quanto suggestive, per estorcere una firma che, verosimilmente, può essere solo utilizzata contro di loro.
DA DOVE VIENE IL “PATTO” Il “patto educativo di corresponsabilità” è una delle trovate escogitate dalle fertili menti ministeriali che risale al DPR 249/1998 (successivamente integrato nel 2007 e noto come “Statuto delle studentesse e degli studenti”), ove è previsto e disciplinato all’art. 5 bis.
Era concepito, e di conseguenza presentato al pubblico, come un istituto di tipo “emergenziale”, volto a dare il dovuto rilievo, nel tentativo di contrastarli, ai fenomeni sempre più diffusi tra le mura scolastiche di violenza alle cose e alle persone, di sopraffazione e di bullismo. Ma per compensare l’accento disciplinare fuori moda, il pacco viene regolarmente imbellettato con grande profusione di tutti gli stilemi passe-partout che tanto piacciono alla gente che piace: se ne fa sempre una questione di alleanza educativa, di sinergia virtuosa, di educazione alla cultura della legalità, di percorsi di crescita, di successi formativi, di accoglienza integrazione e benessere delle studentesse e degli studenti, di valori da trasmettere, di scuola comunità educante. Così uno si convince subito che gli viene offerta una cosa bellissima, che va senz’altro sottoscritta a occhi chiusi nel segno della pace e con tante grazie per la sensibilità e la premura dimostrate dalla istituzione.
Come si legge nella nota di accompagnamento alla novella del 2008, firmata dalla stella della Gelmini che allora brillava al ministero, «l’obiettivo del patto educativo, in sostanza, è quello di impegnare le famiglie, fin dal momento dell’iscrizione, a condividere con la scuola i nuclei fondanti dell’azione educativa»: le famiglie, cioè, nella visione onirica degli estensori, si impegnerebbero a cedere alla scuola, con una cambiale in bianco, parte delle proprie prerogative nel campo della educazione. Alla faccia della Costituzione.
Ancora: «La norma, contenuta nell’art. 5 bis, si limita a introdurre questo strumento pattizio e a definire alcune caratteristiche generali lasciando alla libertà delle singole istituzioni scolastiche autonome il compito di definire contenuti e modelli applicativi che devono scaturire dalle esigenze reali e dall’esperienza concreta delle scuole, non potendo essere astrattamente enucleati a livello centrale». Id est, la singola scuola elabora il testo in piena autonomia: via libera all’inventiva, nel merito e nello stile (in prosa, in poesia, in esametri o in endecasillabi).
«Il patto di corresponsabilità, pertanto, potrà richiamare le responsabilità educative che incombono sui genitori, in modo particolare nei casi in cui i propri figli si rendano responsabili di danni a persone o cose derivanti da comportamenti violenti o disdicevoli che mettano in pericolo l’incolumità altrui o che ledano la dignità ed il rispetto della persona umana». Laddove, forse per ignoranza del legislatore, si trascura di considerare come certe condotte erano, sono e continueranno a essere sanzionate in via ordinaria dalle ben note disposizioni del codice civile e, nella eventualità, anche penale.
DOVE SI VUOLE ANDARE A PARARE A SUON DI “PATTI” I genitori, dunque, si trovano di fronte a una bella etichetta, a loro già familiare e quindi, per questo, tendenzialmente rassicurante. Essa si presta molto bene, oggi, a recepire nel mucchio anche il contenuto dei diversi e mutevoli protocolli-Covid adottati dalle singole scuole: si presta cioè a essere piegata alle nuove esigenze di addestramento degli scolari e al loro stringente controllo sanitario da parte delle onnipotenti autorità terapeutiche; a fare da contenitore di tutto quell’apparato para-normativo che si fonda su un presunto stato di emergenza, stabilito per contrastare un virus in via di estinzione e disciplinato sine die, e sine titulo, da altrettanto presunte autorità politiche, tecniche e amministrative, monocratiche e collegiali, centrali e periferiche.
Alcune scuole hanno persino l’ardire di pretendere, abusivamente, la firma di questi sedicenti “patti” a pena della mancata ammissione dello scolaro.
Peccato però che essi, in realtà, nulla abbiano di pattizio, perché consistono in documenti predisposti unilateralmente (dalla scuola) e sottoposti alla accettazione della controparte (famiglia, alunni), prendere o lasciare. Come se non bastasse, spesso si dicono modificabili o integrabili, sempre unilateralmente, sulla base di eventuali sopravvenienze di fatto o di “diritto”. Secondo il noto schema truffaldino usato dalle banche con le modificazioni unilaterali delle condizioni contrattuali.
Ora, si può concedere che un componimento di fantasia possa avocare a sé il generico fine di responsabilizzare genitori e alunni e di sollecitare gli uni e gli altri a un particolare scrupolo sia nel tenersi informati, sia nel comportarsi in modo adeguato alle circostanze, quali di volta in volta si manifestino. Una sorta di gentlemen’s agreement, detto in lingua barbara. Ma, di sicuro, non sono suscettibili di stabilire ad nutum contenuti imperativi, tanto più quando questi vertano su materia indisponibile. Covid o non Covid.
L’APORIA DEL “PATTO” CHE NON C’È È innegabile che la scuola sia un servizio pubblico approntato dallo Stato in incertam personam a fronte del quale il contribuente paga le tasse.
L’enumerazione di “impegni” specifici in capo all’uno o all’altro soggetto secondo la mutevole ispirazione dell’estensore appare nulla più che una iniziativa enfatica e sostanzialmente ultronea sul piano del diritto, perché essi si trovano o a ripetere cautele già vigenti ad altro titolo nell’ordinamento (l’inosservanza di regole di comportamento che rispondono ad esigenze di civile convivenza, come detto, rimane autonomamente sanzionata), oppure a sconfinare nella illegittimità per difetto di legittimazione. Nel primo caso generano confusione tra fonti normative, vere o presunte; nel secondo caso possono con facilità tramutarsi in prevedibili occasioni di contenzioso.
Se per ipotesi si fosse davvero in un regime pattizio, come tendenziosamente il nome vorrebbe suggerire, allora tutto dovrebbe svolgersi sul piano privatistico della reciprocità.
L’istituzione scolastica sarebbe tenuta, in condizioni contrattuali di parità, ad assumersi anch’essa una precisa responsabilità non solo nei confronti del proprio superiore gerarchico (Ufficio scolastico regionale, Ministero), ma specificamente nei confronti della controparte con la quale addiviene all’accordo.
E, prima di tutto, dovrebbe provare al genitore-controparte la bontà e l’innocuità di tutte le misure messe in programma. Per esempio, che l’uso della mascherina non provoca danno alla salute, o che le sostanze detergenti e igienizzanti utilizzate non contengano componenti nocive o tali da scatenare reazioni allergiche. O ancora, dovrebbe consentire al genitore che non le gradisca di evitare la somministrazione di prestazioni non richieste che per loro natura investono l’ambito stricto sensu educativo le quali, riguardando la sfera più intima e personale del soggetto in formazione, sono per definizione appannaggio della famiglia; o di rifiutare iniziative ad alto tasso ideologico, o “percorsi” di indottrinamento morale o politico. Tipo, tornando al nostro prototipo apparecchiato dal solerte professor Caico, i progetti che punterebbero al «benessere e alla tutela della salute delle studentesse e degli studenti, attivando momenti di ascolto e di contatto con i servizi di sostegno e di accompagnamento per i giovani». Che forse non tutti apprezzano, soprattutto a scatola chiusa.
Per tutti questi profili, in caso di danni di qualsiasi tipo procurati all’alunno e data la libertà del dirigente di predisporre il testo in autonomia, la responsabilità non potrebbe che ricadere personalmente su quest’ultimo che ne è l’autore.
In conclusione, o la scuola si siede con me a concordare tutti gli interventi che, frutto della propria fantasia contingente, esulino dalla propria specifica funzione; o di certo non può impormi di firmare nulla, specie ponendo la firma come condizione per ammettere mio figlio alla frequenza. Tantomeno una procura generale anticipata sui trattamenti che lo riguardino nel tempo della sua permanenza a scuola.
Elisabetta Frezza Agosto 27, 2020
LA SCUOLA CHE ACCOGLIE.
Nel mese di novembre e dicembre il virus covid 19, al pieno della sua sinistra potenza, stava già circolando in Italia. A gennaio e febbraio ormai la sua presenza si stava imponendo. Le scuole hanno funzionato normalmente e non è successo nulla. Ora, con il covid che ha perso potenza e le terapie che l’hanno acquistata, al punto che la mortalità è ridotta a poche unità al giorno, un ministero dell’istruzione ha istituito regole che possono fare disastri non solo sulla psiche, ma anche sul fisico dei ragazzi. L’impressione è che si tratti di decisioni prese da persone sicuramente di buone intenzioni, vissute tutta la vita su una qualche sperduta e deserta isola delle Filippine o della Micronesia, che non hanno mai visto una scuola in vita loro.
Qualcuno è molto perplesso.
Il movimento “La Scuola Che Accoglie” ( ), nato nel 2017 e composto da professionisti della scuola e genitori, nel mese di maggio 2020 ha formulato un Manifesto per la Scuola, sottoscritto da numerosi gruppi, associazioni e comitati, con cui chiede a gran voce di non dimenticare la normalità alla quale tutti dobbiamo aspirare a tornare.
Sono già alcune migliaia gli educatori, insegnanti e cittadini che si sono riuniti nel movimento, che si inserisce in un quadro di grande fermento di gruppi e associazioni che si stanno mobilitando sul fronte della didattica e delle problematiche deflagrate con l’allarme Covid.
Anna Gruppioni e Matteo De Angelis, referenti nazionali del movimento, propongono ai cittadini di indossare fin dal primo giorno di scuola una maglietta con la stampa del manifesto, per ricordare a tutti che la vera scuola è senza distanziamento, mentre la scuola che comincerà a settembre non è reale e non rappresenta una nuova normalità.
La Scuola Che Accoglie, in sinergia con alcune associazioni di medici (AMPAS – Medicina di Segnale) e avvocati (ComiCost), ritiene che le nuove norme dettate dal Ministero dell’Istruzione – ovvero il distanziamento e le mascherine a scuola – in realtà danneggino i bambini e i ragazzi, producendo in loro gravi ripercussioni a lungo termine di carattere socio-relazionale e psicologico. I minori non devono aver paura di vivere né devono perdere il diritto alla speranza. La paura che regna incontrastata nasce da un senso di colpa perché ci viene continuamente detto che danneggiamo gli altri se non indossiamo le mascherine e se non rimaniamo distanti. Ma l’obiezione di coscienza degli insegnanti aderenti a SCA si basa analogamente sulla volontà di tutelare gli studenti da danni psicologici gravi, numericamente maggiori perché rischiano di estendersi a tutta la popolazione scolastica, bambini compresi. La mascherina può diventare un’incubatrice di microorganismi, favorendo faringiti e sinusiti. Il distanziamento tra bambini è impossibile, e si colpevolizzano e criminalizzano comportamenti normali
Quello che si è perso è l’ovvio e come giustamente scriveva George Orwell bisogna combattere per l’ovvio, perché quando l’ovvio è attaccato, ogni diritto è perso. La referente per il Friuli Venezia Giulia Daniela Reina spiega l’ovvio, spiega che una volta abituati gli studenti che dell’altro bisogna avere paura e che bisogna guardarlo con diffidenza e sospetto, comunicando con lui/lei attraverso una mascherina, una visiera in policarbonato, con i guanti per non toccarlo,….ebbene, se accetteremo tutto questo, accetteremo un mondo senza emozioni, in cui prevale il grigiore dei sentimenti, un mondo in bianco e nero che separa, divide e classifica. Si crea l’ipocondriaco ideale, che vivrà nella sua stanzetta, vivendo di serie televisive. Una spettacolare distopia che diventa realtà. Un popolo che per timore di un rischio di morte sempre più piccolo sta distruggendo il diritto all’istruzione dei suoi figli, sta distruggendo il diritto a non respirare liberamente, a non avere un sistema immunitario forte, (il distanziamento sociale e l’isolamento lo indeboliscono), a giocare a biglie oppure a acchiapparsi, il diritto a un abbraccio o, Dio non voglia, un bacetto senza sentirsi criminali. In realtà stiamo distruggendo il diritto alla vita.
La scuola è palestra di vita, spiega ancora la dottoressa Reina, in cui si allena a relazionarsi con l’altro, in cui si impara grazie all’altro. Stiamo perdendo secoli di pedagogia. Come giustamente argomentava Maria Montessori, la scuola ha la finalità di e-ducare (portare fuori, l’ars maieutica di Socrate) il potenziale di cui ciascun individuo dispone, aiutandolo ad esprimersi al meglio in tutte le espressioni della vita e lungo tutto il suo percorso. E per far ciò l’ambiente scolastico doveva essere opportunamente “preparato” per essere “liberante e costruttivo”. Cosa ci sarà a settembre nelle nostre scuole di liberante e costruttivo, se gli studenti troveranno rigorose segnaletiche da seguire per raggiungere l’aula e per stare in aula, ognuno fermo al proprio posto? Dove, alla scuola dell’infanzia, saranno annullate le attività di intersezione per non mescolare i gruppi? Oppure in palestra, dove saranno da privilegiare le attività individuali? Lo spazio scolastico dovrebbe essere polifunzionale, nel senso che l’organizzazione dello spazio deve consentire lo svolgersi di più attività, individuali o di gruppo, di relazione, manuali o intellettive. E l’insegnante è investito di una delicatissima e fondamentale funzione: quella di “organizzatore ed osservatore della vita psichica e culturale” del bambino e dell’adolescente. Da “e-ducatore”, e non semplice istruttore, egli propone, predispone, osserva, stimola, orienta. Di certo, non rientra nei suoi compiti quello del controllore, del gendarme. Essere insegnanti è una missione di vita ed in questa missione sta la sacralità e l‘importanza del ruolo dell’insegnante, affinché le nuove generazioni abbiano ancora voglia di sognare il proprio futuro, realizzare i desideri e sviluppare i propri talenti.
La nazione siamo noi, il popolo siamo noi, la scuola siamo noi.
Tutto quello che sta succedendo avrebbe sicuramente senso se avessimo di fronte l’ebola. Abbiamo di fronte un coronavirus ingengnerizzato che ormai ha perso aggressività e virulenza, abbiamo di fronte una malattia che ha ucciso perché mal curata, ma che non uccide se curata correttamente, abbiamo il plasma iperimmune che guarisce, quindi la soluzione è curare la malattia, non uccidere una nazione per evitarla.
Tutti noi abbiamo il dovere di difendere la nazione, tutti noi abbiamo il dovere di difendere la suola, un posto dove non sia obbligatorio imparare a essere fobici, dove non sia un crimine correre o dare una pacca sulla spalla.
Tutti noi dobbiamo batterci per l’ovvio.
Come ci ricordano Matteo De Angelis ed Anna Gruppioni, referenti nazionali della Scuola che Accoglie, l’Italia ha un patrimonio umanistico, pedagogico, sociale ereditato dai secoli passati di cui possiamo essere fieri e che non deve essere disperso in mascherine , plexigas e rotelle.
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1984 di Orwell: le sette fasi della dittatura
Un grande Antonio Socci sulla dittatura del "pensiero unico".
I nostri lettori si imprimano nella testa queste sette fai e capiranno meglio dove stiamo andando a finire, dentro e fuori la Chiesa:
1° fase: DISTRUGGERE LA LIBERTÀ
2° fase: IMPOVERIRE LA LINGUA
3° fase: ABOLIRE LA VERITÀ
4° fase: SOPPRIMERE LA STORIA
5° fase: NEGARE LA NATURA
6° fase: PROPAGARE L'ODIO
7° fase: ASPIRARE ALL'IMPERO
Luigi
LE SETTE FASI DELLA ''TEORIA DELLA DITTATURA'' DI GEORGE ORWELL
Oggi stiamo perdendo la libertà e non ce ne rendiamo conto... forse dovremmo rileggere 1984 visto che il Grande Fratello, l'antilingua e la psicopolizia sono tra noi.
I 20 anni di "Libero" - che nasce come giornale controcorrente e proclama questa ambizione fin dal nome della testata - cadono in un momento in cui la discussione sulla libertà d'opinione e l'informazione è spesso incandescente. Non solo in Italia.
Perfino negli Stati Uniti: basta leggere il manifesto di alcuni intellettuali (assai impauriti) contro la nuova Inquisizione politically correct, che ormai incombe perfino sul presidente Trump.
Stiamo andando verso una forma di libertà "controllata" e fortemente limitata? C'è addirittura chi sostiene che siamo ormai nella società del Grande Fratello di Orwell. A scriverlo - con dovizia di argomenti - non è proprio l'ultimo arrivato, né un bigotto conservatore, ma è un intellettuale che per anni è stato uno degli astri della "gauche" francese, coccolato anche sui giornali progressisti italiani: Michel Onfray.
Da libero pensatore, Onfray sta ribaltando tanti dogmi progressisti del "politically correct", la nuova religione dominante che si pretende indiscutibile e spesso emette anatemi e scomuniche. Lo fa con una controversa rivista, "Front Populaire", che raccoglie tutti i non allineati - da destra a sinistra - e lo fa con libri come quello appena uscito, "Teoria della dittatura" (Ponte alle Grazie, pp. 220, euro 16,50).
Dove esordisce così: "Considero il pensiero politico di George Orwell come uno dei più grandi, al pari di quello consegnato da Machiavelli nel Principe". La tesi di Onfray è semplice e provocatoria: "Il romanzo 1984 rimanda spesso al totalitarismo marxista-leninista" e "richiama altrettanto spesso anche il totalitarismo nazionalsocialista".
Tuttavia quest'opera oltrepassa "l'orizzonte di questi stessi totalitarismi" e fa "pensare direttamente alla nostra epoca" in cui si affaccia "un tipo nuovo di totalitarismo". Può sembrare eccessivo perché noi in fondo ci riteniamo liberi, ma quello che abbiamo vissuto nei due mesi del lockdown a molti ha dato la sensazione di una distopia orwelliana.
È uno "stato d'eccezione" che non si ripeterà? O - come ritengono alcuni - è solo la "prova generale" in cui è stata misurata la "disponibilità" collettiva a lasciarsi privare della libertà?
La cosa più ragionevole è considerare criticamente la normalità che viviamo fuori dallo stato d'eccezione. È quello che fa Onfray.
Della "Teoria della dittatura" contenuta in "1984" coglie "sette fasi principali" che vede molto attuali: "distruggere la libertà; impoverire la lingua; abolire la verità; sopprimere la storia; negare la natura; propagare l'odio; aspirare all'Impero". Sono - a suo avviso - elementi che possiamo già ritrovare anche nel nostro presente.
1° fase: DISTRUGGERE LA LIBERTÀ
Come "prima tesi" spiega: "la libertà si rimpicciolisce come una pelle di zigrino. Siamo una società sottoposta a controlli di ogni tipo, una società in cui la parola, la presenza, l'espressione, il pensiero, le idee e gli spostamenti sono completamente tracciati e tracciabili. Le informazioni recuperate potranno essere tutte usate per istruire le pratiche destinate al tribunale del pensiero".
In effetti è vero. Molti aggiungono alla lista anche il totale controllo del nostro conto corrente fino al tentativo di abolizione del contante e - in Italia - addirittura l'ipotesi di leggi che colpiscono la libertà d'opinione.
2° fase: IMPOVERIRE LA LINGUA
Onfray prosegue: "Seconda tesi: l'attacco alla lingua". La politicizzazione della lingua arriva perfino a prescrivere proibizioni sul maschile e il femminile. Ci sono poi vademecum da rispettare perfino per i giornali. Ma soprattutto impoverire la lingua con stereotipi, conformismi e slogan è la tomba del pensiero.
3° fase: ABOLIRE LA VERITÀ
Ovvero "si stabilisce come nuova e insormontabile verità il fatto che non esistono più verità ma solo prospettive. E guai a chi rifiuta la nuova verità sull'inesistenza delle verità!... Questo nichilismo della verità consente di fare tabula rasa di qualsiasi certezza... Se non esiste più una verità ma soltanto delle prospettive, allora tutto diventa possibile... la menzogna ha a propria disposizione un viale intero".
4° fase: SOPPRIMERE LA STORIA
La "Quarta tesi" di Onfray/Orwell è "la strumentalizzazione della storia".
In questo caso gli esempi si sprecano.
5° fase: NEGARE LA NATURA
"Quinta tesi: la cancellazione della natura", per esempio con quella "teoria dei generi" che "postula che noi non nasciamo né di sesso maschile né di sesso femminile, ma neutri e che diventiamo ragazzi o ragazze solo per questioni di cultura, di civiltà, di società e d'indottrinamento, attraverso stereotipi che andrebbero decostruiti fin dalla scuola".
6° fase: PROPAGARE L'ODIO
La "Sesta tesi" che Onfray trae da Orwell è "l'incoraggiamento dell'odio". E spiega: "Nell'ambito della cultura postmoderna, l'odio viene riservato a chi non si inginocchia davanti alle verità rivelate della religione che si autoproclama progressista".
Nell'attuale tempesta di odio - osserva Onfray - "è meglio trovarsi sotto il vento cosiddetto progressista per poterne beneficiare, piuttosto che sotto quello del sovranismo - questo, tanto per prendere un esempio in cui l'odio si manifesta senza ritegno".
7° fase: ASPIRARE ALL'IMPERO
La "Settima tesi" è la seguente: "l'Impero è in marcia. Ma quale Impero?" si chiede Onfray: "La fine delle nazioni" risponde "è stata voluta dagli attori dell'Europa di Maastricht. La scomparsa di quello che resta della sovranità nazionale francese è addirittura stata rivendicata da un deputato della maggioranza presidenziale come l'orizzonte politico del macronismo".
Per l'Italia questo è ancora più vero. La caratteristica di tutti questi dogmi è appunto quella di imporsi come indiscutibili. Il fatto stesso di analizzarli criticamente ti pone fuori dal consorzio civile. Il coro uniforme dei media lo dimostra.
"In un mondo in cui i progressisti hanno cancellato la verità" scrive Onfray "il progresso significa sostenere il catechismo dei dominatori e ingoiare tutti i princìpi della loro ideologia, significa non rimettere mai niente in questione e prendere per oro colato tutte le cose che si raccontano a scuola, sui giornali, in televisione o su Internet".
CONCLUSIONE
Può sembrare esagerato paragonare la distopia totalitaria di "1984" alla nostra situazione in cui il potere non sembra usare la coercizione. Ma - secondo alcuni - un eventuale totalitarismo non ha sempre bisogno della violenza per affermarsi e sostenersi. Soprattutto nel XXI secolo.
È quanto affermava già un altro scrittore distopico, Aldous Huxley che nel "Ritorno al mondo nuovo" scrive: "la società descritta in 1984 è una società controllata quasi esclusivamente dal castigo e dal timore di esso. Nel mondo immaginario della mia favola il castigo è raro e di solito mite. Il governo realizza il suo controllo, quasi perfetto, inducendo sistematicamente la condotta desiderata, e per far questo ricorre a varie forme di manipolazione pressoché non violenta, fisica e psicologica".
Poi Huxley aggiunge che - a differenza di 1984 - nel suo "Mondo nuovo" lo "stato mondiale" per impedire turbolenze ha molti strumenti a disposizione, ad esempio pure "una certa misura di libertà sessuale (possibile dopo l'abolizione della famiglia)" e "una grossa industria della comunicazione di massa che non dà al pubblico né il vero né il falso, ma semmai l'irreale", un "oppio del popolo", con un "flusso continuo delle distrazioni" per "far affogare in un oceano di fatuità" la razionalità, la libertà e le istituzioni democratiche.
Non siamo già a questo scenario. Ma per evitarlo assume un'importanza enorme l'esistenza di un giornalismo "libero" e anticonformista.
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