Si è pregato in tutte le lingue del mondo per il superamento della pandemia, e per coloro che ne soffrono gli effetti, “a tutti i livelli e alle varie latitudini” nella celebrazione della festa dell’Assunta svoltasi nel Duomo di Napoli e presieduta dal cardinale Crescenzio Sepe. Una liturgia, come da tradizione ormai, aperta ai canti e ai riti delle varie etníe delle popolazioni e per questo detta Messa Internazionale di Ferragosto, con i saluti iniziali e finali dell’arcivescovo in sette lingue.“Preghiamo anche per l’intercessione della Vergine, di cui oggi celebriamo l’Assunzione in cielo. Una festa che per noi è la Pasqua di Maria. È la Madre che ci ascolta, in questo momento di grande incertezza e dolore nel mondo”, sottolinea l’arcivescovo, in un Duomo con un rigoroso controllo del distanziamento e con molti turisti (soprattutto italiani, ma anche francesi, inglesi ) decine dei quali attendono ordinatamente in coda all’esterno, nonostante la torrida temperatura di queste ore, per evitare contatti ravvicinati. La mascherina manca infatti per pochi minuti solo a chi danza e sta a distanza da tutti gli altri. La Madre Assunta é al centro delle invocazioni e dell’omelia , che tocca anche “l’eterna lotta con il maligno”, rievocata dalla prima lettura dell’Apocalisse in cui – sottolinea Sepe – “le forze del male vengono sopraffatte da Dio”. Tra i fedeli che hanno partecipato anche con cori, percussioni e balli, rappresentanti delle comunità africane, cinesi, cingalesi (oltre a quelle della comunità europea). Ed anche in altri punti (dall’offertorio alla preghiera dei fedeli), la celebrazione cui hanno partecipato anche i vescovi ausiliari Lucio Lemmo e Gennaro Acampa, ha lasciato spazio ai suoni e agli idiomi delle altre culture. Il ringraziamento del cardinale arriva a tutte le comunità : “Rappresentiamo insieme la chiesa Universale, affratellati da questa intima unione con Cristo”. Fino allo scambio augurale, sentito in modo speciale essendo Sepe già in prorogatio,  e alla benedizione ormai distintiva di Sepe dall’altare, che è in napoletano e non ha bisogno di traduzione : ‘A Madonna t’accumpagne.
Di Sabino Paciolla
Napolipreghiere e balli etnici in Duomo per l'Assunta. Si è pregato in tutte le lingue del mondo per il ...
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DANZARE O NON DANZARE? DANZATE, CHE L’ICEBERG SI AVVICINA…

16 Agosto 2020 Pubblicato da  5 Commenti



Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, ho un solo consiglio da darvi: tenete a portata di mano cerotti e disinfettante, perché oggi il generale Laporta graffia…buona lettura.

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Danzare o no? Dilemma da cicisbei, come al solito. D’altronde il non Vicario di Cristo, come vedremo, dette la sua benedizione danzante. Perché dunque angustiarsi? La notizia del giorno, oggi vigilia di Ferragosto: il governo vuole chiudere o limitare l’accesso alle discoteche, a causa del virus. Talune regioni s’oppongono con energia. Quanta energia? Chi vincerà? La soluzione del dilemma non pare di grande interesse per il futuro dell’Italia, sebbene esiga una riflessione: furono chiuse le chiese con le discoteche per il virus. Dopo le sante Messe e le sante Eucaristie soggiacquero a regole ferree quanto grottesche. Mentre il ballo dilaga invece indisturbato, dall’Alpi a Lampedusa, è arduo dimenticare la sbirraglia nel bel mezzo della santa Messa, coi vertici delle polizie defilati dall’obbedienza, come fossero sugli scranni di Norimberga.
Il mondo balla sfrenato e continuerà la danza a dispetto(?) delle grida e delle pochette. Perché quindi un bellicoso reparto di marinai non dovrebbe danzare alla fine del proprio addestramento? Che cosa c’è di male? La tesi difensiva dell’avvocato appare fondata, patrocinando il tenente di vascello danzante col suo reparto, al ritmo di Jerusalema.
Roberto Saviano propone anzi alla Marina Militare di premiare la Salomè marinara: «Jerusalema è una canzone in questo momento ascoltata da milioni di persone perché è partita in milioni di challenge, un testo semplice di invocazione religiosa, “Gerusalemme è la mia casa, Salvami, lui è venuto con me non lasciarmi, Gerusalemme è la mia casa”» declama il gomorrista scortato, per strologare antropologia bergogliana «Il sogno di un ritorno alla città dove vivere in pace, un’invocazione, chi danza questa canzone non riesce a comprendere le parole perché sono in lingua venda parlata dalla comunità bantu, lingua che si parla in Zimbabwe e che molti degli uomini e delle donne della Marina militare hanno ascoltato direttamente pronunciata dalle persone che hanno salvato in mare». A parte l’italiano sgarrupato, come dare torto al gomorrista scortato? Lasciamo dunque danzare il tenente di vascello… o no?
Il fremente lettore si cheti. Numerosi video testimoniano nel web danze più o meno scatenate persino di religiosi, di una delle quali SC dette conto tempo fa con un proprio video. Jerusalema è danzato su YouTube pure da frati e suore. Osservate la coreografia, provate a pensare che cosa siano state le prove. Il frate coreografo che correggeva i confratelli e le religiose: «Sorella Antonia, alza di più quella gamba e oscilla a tempo con la schiena… Frate Francesco, più alta quella mano, più alta… non stai mica celebrando!…» E così avanti per ore, per una pastorale necessaria al pastore prima che al gregge.
Inutile quindi dare addosso alla Marina Militare, d’altronde vocata alle danze guerriere, si direbbe. Un reparto dei fanti di marina è infatti immortalato a danzare in questo video. In conclusione, l’avvocato difensore del tenente di vascello danzante ha ottime possibilità di fermare i minacciati procedimenti disciplinari. Se la Marina Militare invece insisterà, ci penserà il Tribunale Amministrativo Regionale e poi il Consiglio di Stato ad affondarla, se non altro grazie a quel video dei danzanti, bellicosi fanti di Marina. Allora che cosa si fa? I fanti di Marina – maschi per giunta – possono danzare e il nostro tenente di vascello, pettoruta e callipigia, invece no? L’esito del giudizio amministrativo, se ci sarà, è insomma scontato.
Lo scrissi a suo tempo ai vertici della Difesa, ora lo ripeto: le donne italiane – non sono anglosassoni né slave e neppure cinesi – non possono fare il soldato. Non è “solo” questione di DNA. Il parere andò a un ammiraglio che avrebbe fatto strada all’ombra del galantuomo Mario Monti. Vorrei dirmi lieto ora che tocchi proprio alla Marina pagare il conto; non è così mentre l’Italia affonda. Mentre altri eserciti sono riusciti ad arginare in vari modi la femminilizzazione, i nostri ranghi ne sono pervasi a causa dei cicisbei. I limiti di fatica con gli obiettivi addestrativi e formativi furono abbassati per includere le donne, scesero tuttavia ben dopo quelli etici, perché i cicisbei dilagano da tempo, infettando della propria femminilizzazione l’istituzione militare.
Qual è la funzione direttiva importante quanto “comandare” e “coordinare”? È il “controllo”, cioè controllare che gli ordini siano in corso d’opera, correttamente eseguiti e, se così non è, raddrizzare il timone. È una funzione di cui sono particolarmente carenti tutti, un po’ meglio va all’Aeronautica, per ragioni che non sto a spiegare. I peggiori, incredibile dictu, sono i CC, come si capisce dalle cronache, mentre Esercito e Marina fanno pena a pari merito.
Per capire che cosa è per altri il controllo, bisognerebbe adottare i modelli statunitense o, meglio ancora, inglese, con le intrusioni nella vita privata, i licenziamenti in tronco e le punizioni esemplari per i comandanti – e poi per i rimanenti – per ridare nerbo e significato alla disciplina. Il rimedio è tuttavia impossibile in Italia per due ragioni concorrenti, come i bracci d’una tenaglia: la scarsa credibilità dei vertici militari e la sindacalizzazione. La foto del generale Claudio Graziano, piegato a novanta gradi davanti a Jean Claude Juncker, è programmatica. Nulla di nuovo tuttavia per chi ha vita militare alle spalle. Un generale dei carabinieri, oggi popolare arruffapopolo, era soprannominato “novantagradi” fra noi giovani ufficiali della divisione corazzata Ariete. Fu antesignano dello stile di Graziano nel salamelecco fantozziano ai divini superiori. Intendiamoci, la sindacalizzazione è conseguenza dei “novantagradi” e non viceversa. L’incapacità di vertici a “novantagradi” di difendere la dignità dei propri uomini alimenta la tossica speranza in un sindacato taumaturgo. Danzando danzando s’accorgeranno dell’errore, tant’è a nostre spese.
Lasciamo dunque danzare l’Italia mentre va incontro al suo iceberg, anzi lo urtò, non s’accorse ed esultò. Era il 16 Dicembre 2014, compleanno di Bergoglio. Come festeggia il Papa il suo compleanno? Con una santa Messa? Con una processione? Con un Te Deum? Con un digiuno? Macché, anticaglie dei soliti fondamentalisti: tremila a ballare il tango in piazza San Pietro per ringraziare Nostro Signore d’averci mandato Bergoglio. Se questo è l’ordine, il caos è benvenuto. Suvvia lettori fondamentalisti, vi basti l’ostilità governativa alla danza e l’abolizione dello “scambiamoci un segno di pace” come sensali al mercato, per ringraziare Dio per questo virus, da ovunque provenga.
www.pierolaporta.it
Piero Laporta