Mons. Denis Theurillat, vescovo ausiliare di Basilea, Svizzera, ha rilasciato un’intervista in cui ha sostenuto che la Chiesa dovrebbe indire un concilio a Roma per votare a favore o contro le donne sacerdotesse.
Ne parla Maike Hickson nel suo articolo pubblicato su Lifesitenews. Eccolo nella mia traduzione.
Denis Theurillat, vescovo |
Mons. Denis Theurillat, vescovo ausiliare di Basilea, Svizzera, ha rilasciato un’intervista in cui ha sostenuto che la Chiesa dovrebbe indire un concilio a Roma per votare a favore o contro le donne sacerdotesse.
“I fatti sono sul tavolo”, ha dichiarato, “i tempi sono maturi”. Tutti i vescovi del mondo dovrebbero riunirsi: sì o no”.
Parlando con il sito ufficiale della Conferenza episcopale svizzera Kath.ch, il prelato settantenne ha insistito sul fatto che Papa Francesco non dovrebbe decidere solo su questa questione, aggiungendo che “altrimenti sperimenteremo uno scisma”. Egli stesso vorrebbe partecipare a un tale concilio sulla questione delle donne sacerdotesse, ha continuato, “e se non lo potrò più sperimentare, lo guarderò dal cielo”.
Il vescovo Theurillat ha organizzato un incontro dei vescovi svizzeri con le donne cattoliche e ha riscontrato l’elogio del capo dell’associazione femminile Frauenbund, Simone Curau-Aepli: “Solo lui ha reso possibile questo incontro”, ha dichiarato.
Il vescovo svizzero intende parlare personalmente con papa Francesco di questo progetto di incontro con le donne cattoliche, durante la visita ad limina dei vescovi svizzeri nel gennaio del prossimo anno. Theurillat era stato consacrato vescovo nel 2000 sotto la guida di Giovanni Paolo II.
Theurillat non è l’unico vescovo ad aver proposto un tale consiglio. È stato il cardinale Christoph Schönborn ad affermare il 1° aprile 2018 che “la questione dell’ordinazione [delle donne] è una questione che chiaramente può essere chiarita solo da un concilio”. Come il vescovo Theurillat, il cardinale austriaco ha aggiunto che questa questione “non può essere decisa da un solo papa. È una questione troppo grande per poter essere decisa dalla scrivania di un papa“.
Come il vescovo Theurillat aveva detto a Kath.ch: un “sì” su questa questione offenderebbe i conservatori, un “no” deluderebbe le donne.
Tuttavia, la Chiesa cattolica ha chiarito la questione già da tempo. La Chiesa ha sempre difeso il sacerdozio maschile, e papa Giovanni Paolo II ha pubblicato, nel 1994, un documento che riafferma questa dottrina. In Ordinatio Sacerdotalis, il papa aveva scritto:
Benché la dottrina circa l’ordinazione sacerdotale da riservarsi soltanto agli uomini sia conservata dalla costante e universale Tradizione della Chiesa e sia insegnata con fermezza dal Magistero nei documenti più recenti, tuttavia nel nostro tempo in diversi luoghi la si ritiene discutibile, o anche si attribuisce alla decisione della Chiesa di non ammettere le donne a tale ordinazione un valore meramente disciplinare.
In risposta a queste opinioni, il Papa ha poi scritto: “dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa“.
Pertanto, questi prelati che propongono un concilio sulla questione dell’ordinazione femminile – secondo Schönborn fino all’ordinazione delle donne vescovi – è un’offesa alla dottrina cattolica. È come se si dovesse proporre un concilio per decidere se Gesù Cristo era veramente Uomo e veramente Dio.
Il 30 maggio 2018, non molto tempo dopo l’intervista originale di Schönborn, l’allora arcivescovo Luis Ladaria Ferrer – il prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede (Cdf) – ha pubblicato sul quotidiano vaticano L’Osservatore Romano una dichiarazione in cui ribadisce il divieto della Chiesa di ordinare le donne al sacerdozio. Ha insistito sul fatto che questo insegnamento fa parte del Magistero infallibile della Chiesa.
Il tema delle donne sacerdote è attualmente oggetto di discussione da parte dei vescovi tedeschi e del loro cammino sinodale. Il capo dei vescovi tedeschi, il vescovo Georg Bätzing, ha affermato solo nel maggio di quest’anno che il rifiuto delle donne sacerdoti da parte dei papi recenti non è definitivo e che ci deve essere più discussione “perché la questione è presente, in mezzo alla Chiesa!” Altri progetti da lui citati sono la Comunione per i protestanti e la benedizione per coloro che non possono ricevere il sacramento del matrimonio – coppie omosessuali e coppie divorziate e civilmente “risposate”. Egli propone di “trasferire” le conclusioni del “cammino sinodale” attualmente in corso in Germania a Roma, “a livello della Chiesa universale”.
Di Sabino Paciolla
Un cardinale vaticano ha detto martedì che papa Francesco ha espresso preoccupazione per la Chiesa in Germania. Anche altri due cardinali qualche giorno fa hanno detto la stessa cosa.
L’articolo è stato scritto dallo staff del Catholic News Agency e ve lo propongo nella mia traduzione.
Un cardinale vaticano ha detto martedì che papa Francesco ha espresso preoccupazione per la Chiesa in Germania.
Il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, ha detto alla rivista Herder Korrespondenz il 22 settembre di ritenere che il papa abbia appoggiato un intervento dell’ufficio dottrinale del Vaticano (Congregazione della Dottrina della Fede, ndr) in un dibattito sull’intercomunione tra cattolici e protestanti.
(La congregazione dottrinale ha sottolineato che tra protestanti e cattolici permangono differenze significative nella comprensione dell’Eucaristia e del ministero.
“Le differenze dottrinali sono ancora così importanti che attualmente escludono la reciproca partecipazione alla Cena del Signore e all’Eucaristia”, vi era scritto, ndr).
La Congregazione per la Dottrina della fede (Cdf) ha scritto la settimana scorsa al vescovo Georg Bätzing, presidente della Conferenza episcopale tedesca, dicendo che una proposta di “comunione eucaristica” danneggerebbe i rapporti con le Chiese ortodosse.
Alla domanda se il papa ha approvato personalmente la lettera della Cdf, datata 18 settembre, Koch ha risposto: “Non vi è alcuna menzione di questo nel testo. Ma il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cardinale Ladaria, è una persona molto onesta e leale. Non posso immaginare che egli faccia qualcosa che Papa Francesco non approverebbe. Ma ho anche sentito da altre fonti che il papa ha espresso la sua preoccupazione in conversazioni personali”.
Il cardinale ha chiarito che non si riferiva semplicemente alla questione dell’intercomunione.
“Non solo, ma sulla situazione della Chiesa in Germania in generale”, ha detto, osservando che papa Francesco ha indirizzato una lunga lettera ai cattolici tedeschi nel giugno 2019.
Il cardinale svizzero ha elogiato la critica della Cdf al documento “Insieme alla mensa del Signore”, pubblicato dal Gruppo di studio ecumenico di teologi protestanti e cattolici (ÖAK) nel settembre 2019.
Il testo, di 57 pagine, propugnava la “reciproca ospitalità eucaristica” tra cattolici e protestanti, sulla base di precedenti accordi ecumenici sull’Eucaristia e sul ministero.
L’ÖAK ha adottato il documento sotto la copresidenza di Bätzing e del vescovo luterano in pensione Martin Hein.
Bätzing ha annunciato recentemente che le raccomandazioni del testo saranno messe in pratica al Congresso della Chiesa ecumenica di Francoforte nel maggio 2021.
Koch ha descritto la critica della Cdf come “molto seria” e “fattuale”.
Egli ha fatto notare che il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani è stato coinvolto nelle discussioni sulla lettera della CDF e che lui ha personalmente espresso le sue preoccupazioni sul documento ÖAK con Bätzing.
“Sembrano non averlo convinto”, ha detto.
CNA Deutsch, partner di CNA in lingua tedesca, ha riferito il 22 settembre che i vescovi tedeschi avrebbero discusso la lettera della CDF nella loro riunione plenaria autunnale, iniziata martedì.
Quando a Bätzing è stato domandato a proposito dei commenti di Koch, egli ha detto di non aver avuto la possibilità di leggere l’intervista. Ma ha commentato che le “osservazioni critiche” della Cdf dovranno essere “soppesate” nei prossimi giorni.
“Vogliamo rimuovere i blocchi in modo che la Chiesa abbia la possibilità di evangelizzare nel mondo secolare in cui ci muoviamo”, ha detto.
Koch ha detto a Herder Korrespondenz che i vescovi tedeschi non possono continuare come prima dopo l’intervento della Cdf.
“Se i vescovi tedeschi dovessero dare meno importanza a una lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede rispetto a un documento di un gruppo di lavoro ecumenico, allora qualcosa non sarebbe più giusto nella gerarchia dei criteri tra i vescovi”, ha detto.
Di Sabino Paciolla
Francia, chiese distrutte e svendute: il cattolicesimo è al capolinea
Il rogo della cattedrale dei santi Pietro e Paolo di Nantes dello scorso 18 luglio, appiccato dal custode ruandese per evitare l’espulsione, ha contribuito a riportare alla luce il fenomeno degli attacchi anticristiani in Francia, il paese d’Europa in cui annualmente si consuma il maggior numero di episodi e violenze contro i simboli e le persone del cristianesimo.
Il fenomeno è molto più complesso di quanto possa apparire, poiché il clima d’odio non è il semplice frutto dell’espansione dell’islam radicale in ogni angolo di territorio, ed è esacerbato da una combinazione letale di disinteresse delle autorità pubbliche nella tutela del patrimonio religioso e incapacità delle forze dell’ordine nell’assicurare alla giustizia i protagonisti dell’anonima anticristiana, che nei prossimi anni potrebbe condurre all’estinzione del cattolicesimo nella fu “figlia prediletta della chiesa” dal cui ventre nacquero i “re cristianissimi”.
Un “clima anticristiano”
Marine Le Pen, commentando l’ultimo rapporto sulla violenza anti-religiosa del Ministero dell’Interno, ha denunciato l’esistenza di un “clima anticristiano”. Stando al documento, il cui aggiornamento è riferito all’anno 2019, in Francia sono stati ufficialmente certificati 1.893 crimini d’odio contro le tre religioni abramitiche, intesi come roghi, vandalismi, distruzioni, furti d’oggettistica sacra, profanazioni e aggressioni fisiche. Ciò che colpisce è la dissimmetria nella distribuzione degli episodi d’odio: il cristianesimo, da solo, è stato vittima di 1.052 attacchi, seguono l’ebraismo con 687 e l’islam con 154.
Gli attacchi ai siti cristiani – che includono non soltanto chiese ma anche statue, croci, monumenti e cimiteri – l’anno scorso hanno raggiunto un picco storico, il massimo mai registrato negli anni recenti, in aumento sensibile rispetto agli 877 del 2018. In altri termini, ogni giorno in Francia vengono consumati quasi tre episodi anticristiani. Nel complesso, fra il 2008 e il 2019, questi crimini d’odio sono quadruplicati.
L’insieme di questi numeri rende la Francia il Paese in cui avviene il maggior numero degli attacchi anti-cristiani che hanno annualmente luogo nel Vecchio Continente. L’anno scorso, in tutta Europa sono stati commessi circa 3mila attacchi anticristiani, dei quali, come già scritto, 1.052 sono avvenuti nella sola Francia. Questo significa che, numeri alla mano, nel paese si consuma un terzo di tutti gli attacchi anticristiani del continente.
Sarebbe sbagliato, però, credere che l’ondata di anti-cristianesimo che sta travolgendo le strade francesi sia interamente imputabile all’islam radicale. Secondo un’indagine del giornale Libération, basata sull’analisi dei rapporti stilati dalle forze dell’ordine, il 60% dei crimini d’odio sarebbe attribuibile ai mondi dell’estrema sinistra, del neonazismo e del satanismo, mentre il restante 40% sarebbe compiuto da fanatici dell’islam radicale e persone con disturbi mentali.
Le chiese scompaiono, sostituite da negozi e moschee
Pur non sposando il linguaggio allarmista della Le Pen, anche il resto del mondo politico concorda all’unanimità sul fatto che la situazione sia estremamente grave; il problema è che, oltre a mancare la volontà di trovare soluzioni, la rigida legge sulla separazione tra Stato e Chiesa del 1905 permette dei margini di manovra troppo ristretti per poter garantire la preservazione del patrimonio religioso dall’erosione del tempo e dalle violenze dei fanatici.
La situazione è stata illustrata nei dettagli da Édouard de Lamaze, il presidente dell’Osservatorio per il patrimonio religioso (Observatoire du patrimoine religieux), le cui preoccupazioni sono state raccolte in un’inchiesta de La Repubblica. De Lamaze, pur non volendo parlare di “clima anticristiano”, ha dichiarato che “non dobbiamo nemmeno essere ingenui, [perché] il nostro paesaggio sta cambiando”.
Non sono soltanto le profanazioni quotidiane a spaventare de Lamaze, ma la situazione rovinosa in cui, nel complesso, si trova il cattolicesimo: “Una nuova moschea apre ogni due settimane, mentre ogni anno scompaiono tra 40 e 50 chiese: demolite, vendute o radicalmente ricostruite”. Se la tendenza dovesse proseguire per un periodo di tempo abbastanza lungo, nei prossimi anni potrebbero essere riadattare ad uso profano fino a 5mila chiese, quando trasformate in alloggi, quando in discoteche e attività commerciale, quando completamente demolite per fare spazio a parcheggi e supermercati.
Secondo de Lamaze il freno che inibisce il successo di qualsiasi iniziativa di tutela del patrimonio religioso-culturale è la legge sulla separazione tra Stato e Chiesa del 1905. Essa ha comportato l’espropriazione delle 83 cattedrali e delle circa 45mila chiese all’epoca presenti ed operanti sul territorio, la cui proprietà è passata dalla chiesa cattolica allo Stato. Mentre quest’ultimo ha le risorse per curare il mantenimento delle cattedrali, la stragrande maggioranza dei comuni, avendo altre “priorità”, ha lasciato i luoghi di culto in stato di penuria e abbandono.
Lo stato centrale ha provato ad andare incontro alle esigenze dei comuni aprendo un fondo pubblico dal quale ogni anno vengono estratti cento milioni di euro per il mantenimento e la ristrutturazione delle chiese, ma si tratta di una cifra esigua, troppo magra per garantire l’adeguata tutela del paesaggio cattolico della Francia, il secondo Paese d’Europa per numero di chiese dopo l’Italia.
Inoltre, occorre tenere in considerazione che in Francia non esiste un 8xmille da destinare alle istituzioni religiose – questo è un altro motivo alla base delle difficoltà di aggirare le restrizioni della legge del 1905. Molti comuni, quindi, stanno decidendo di fronteggiare l’emergenza fondi nel modo più drastico: vendere le chiese a privati.
La Francia del 2020 non sembra molto lontana da quella immaginata su Le Figaro da Marcel Proust ne La morte delle cattedrali, un appello indirizzato al governo francese alla vigilia dell’entrata in vigore della legge del 1905. Lo scrittore credeva che, un giorno, le cattedrali francesi sarebbero state trasformate in case da gioco; la storia gli ha dato ragione: oggi molte chiese sono state riadattate in discoteche, pub, ristoranti, palestre, auditori, e altre ancora sono state demolite per fare spazio a parcheggi, supermercati ed edifici residenziali.
L’incubo del celebre pensatore si è avverato: nel nome dell’ultra-laicità si sono gettate le basi per la scomparsa non soltanto della religione dalla vita pubblica, ma della fede dall’anima del popolo francese, perché “la cattedrale, nella sua immensità, può dare asilo al letterato come al credente, al sognatore come all’archeologo; quel che importa è ch’essa resti viva, e che dall’oggi al domani la Francia non sia trasformata in un’arida riva dove gigantesche conchiglie cesellate apparirebbero in secca, svuotate della vita che le abitò, e che neppure porterebbero più, all’orecchio che vi s’inchini, il vago murmure di un tempo: semplici pezzi da museo, gelidi musei esse stesse”.
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