ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 18 settembre 2020

In coscienza

I modernisti in campagna elettorale


Mancano ormai poche ore alla chiusura della combattuta campagna elettorale per le elezioni regionali. Attualmente, delle sette regioni al voto, quattro sono governate dal Partito Democratico, due dal centro-destra, una dall'Union Valdôtaine, formazione politica valdostana amica del PD e sostenitrice in Parlamento del governo delle sinistre. Com’era da aspettarsi, anche i modernisti sono scesi in campo nella campagna elettorale profondendo gli sforzi nella propaganda in favore del Partito Democratico. Che tristezza! Infatti un cristiano in coscienza non può votare per il PD, visto che ci sono altri partiti politici che hanno dei programmi meno distanti dagli insegnamenti evangelici.
Ma ormai i modernisti sono talmente asserviti al pensiero unico dominante di stampo progressista, che sono pronti ad accettare e “giustificare” le empietà compiute dalle sinistre. Com’è noto il PD e i suoi antenati (PCI, PDS, DS) hanno approvato in Parlamento varie leggi che calpestano la Legge Eterna di Dio. Pensiamo ad esempio a quel che hanno fatto per favorire l’abominevole delitto dell’aborto e il riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali. Adesso il PD vorrebbe approvare una legge sull’omofobia che, come denunciato anche da diversi ecclesiastici, rischia di essere liberticida, imponendo de facto il bavaglio della censura a chi non condivide l’ideologia gender. Questa legge non deve passare! Per questo motivo auspico che si torni presto alle urne per il rinnovo dei rappresentanti al Parlamento, nella speranza che PD e M5S vengano sonoramente sconfitti. So bene che l'attuale maggioranza parlamentare farà il possibile per non tornare alle urne, ma penso che se alle regionali avvenisse un terremoto politico, alcuni senatori del M5S potrebbero decidere di passare in qualche partito dell’opposizione e causare così la caduta del governo. Se le sinistre perdessero la maggioranza al Senato della Repubblica, probabilmente il Capo dello Stato sarebbe costretto a sciogliere le Camere, e così il disegno di legge Zan sull’omofobia verrebbe definitivamente cestinato. I modernisti non stanno facendo nulla per opporsi al ddl Zan, così come non fecero nulla per opporsi alla legge sulle “unioni civili”, fortemente voluta da Renzi.

I modernisti affermano che bisogna votare per il Partito Democratico perché vuole accogliere gli immigrati che giungono in Italia in maniera irregolare, cioè senza rispettare le norme vigenti. Noi invece diciamo che gli immigrati che sono arrivati in Italia in modo regolare (ad esempio preti e suore dell’Africa o dell’Asia) e che rispettano le leggi, sono i benvenuti, ma non possiamo accogliere tutti coloro che giungono qui in maniera clandestina, perché non abbiamo posti di lavoro da offrire, visto che abbiamo già milioni di disoccupati tra i nostri connazionali. Molti vengono in Italia pensando che ci sia lavoro per tutti, poi, vedendo che la situazione è diversa, finiscono per essere arruolati da bande criminali dedite allo spaccio di droga, tratta della prostituzione, rapine e crimini vari, basti pensare al fatto che nelle patrie galere circa un terzo dei detenuti sono stranieri. Il Catechismo della Chiesa Cattolica insegna che i migranti vanno accolti nel limite delle possibilità dello Stato, ma i modernisti dicono invece che bisogna accogliere senza limiti. Ma almeno ci dicano dove bisogna prendere i soldi per dare una casa e un lavoro a tutti gli immigrati irregolari, visto che abbiamo già milioni di poveri tra gli italiani! La realtà è che con la demagogia dei modernisti non si risolvono i problemi, anzi se ne creano di ulteriori!



La battaglia elettorale si concentra soprattutto in Puglia e nelle storiche roccaforti rosse delle Marche e della Toscana, da sempre governate dalle sinistre. Se queste tre regioni, attualmente bastioni del PD, dovessero essere tutte espugnate dai partiti di opposizione, per i modernisti sarebbe un grosso boccone amaro da ingurgitare, anche perché dimostrerebbe che la loro martellante propaganda ormai riesce ad abbindolare solo pochi adepti. La gente sta aprendo gli occhi, il sistema di potere, al quale i modernisti sono asserviti, si sta sgretolando. 


Incoraggio i lettori che sono chiamati a rinnovare i consigli regionali e comunali ad andare in massa alle urne per sconfiggere col voto i partiti politici progressisti che hanno rovinato l’Italia!

La vittoria del SI al Referendum? Il colpo di grazia alla Costituzione



Di Guido MiserandinoSovranitapopolare.org
Siamo ormai alle soglie della consultazione referendaria del 20 e 21 settembre 2020 ma, nonostante l’importanza di un Referendum che cambia la Costituzione, sembra non ci sia molto interesse a parlarne, neppure da parte dei partiti che hanno proposto e approvato la legge costituzionale.
Infatti, anche nelle Tribune Elettorali programmate in televisione quasi sempre dei due sostenitori del “SI” che dovrebbero intervenire, ce n’è uno solo.
Questo disinteresse credo sia preoccupante, perché non è chiaro se si sono pentiti di aver emanato la legge o sono sicuri di vincere il referendum.
Questa seconda ipotesi può essere suffragata dal testo del quesito referendario che suona:  «Approvate il testo della legge costituzionale concernente “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari”, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 240 del 12 ottobre 2019?» (Vedi facsmile-scheda-referendum).
Quanti cittadini capiranno di cosa effettivamente si tratta? Non tutti seguono i Social o gli scarsi eventi in TV e quindi saranno portati a dire SI per “compiacenza”.
Per cercare di capire gli effetti della legge, analizziamo nelle varie versioni gli articoli della Costituzione interessati che sono già stati modificati più volte:
ART. 56 originale (1948):
La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto, in ragione di un deputato per ottantamila abitanti o per frazione superiore a quarantamila.
Sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto i venticinque anni di età.
ART. 56 modificato (9 febbraio 1963):
La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto.
Il numero dei deputati è di seicentotrenta.
Sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto i venticinque anni di età.
La ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall’ultimo censimento generale della popolazione, per seicentotrenta e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.
ART. 56 modificato (23 gennaio 2001):
La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto.
Il numero dei deputati è di seicentotrenta, dodici dei quali eletti nella circoscrizione Estero.
Sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto iventicinque anni di età.
La ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall’ultimo censimento generale della popolazione, per seicentodiciotto e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.
ART. 56 sottoposto a referendum (12 ottobre 2019):
La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto.
Il numero dei deputati è di quattrocento, otto dei quali eletti nella circoscrizione Estero.
Sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto iventicinque anni di età.
La ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall’ultimo censimento generale della popolazione, per trecentonovantadue e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.
ART. 57 originale (1948):
Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale.
A ciascuna Regione è attribuito un senatore per duecentomila abitanti o per frazione superiore a centomila.
Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sei. La Valle d’Aosta ha un solo senatore.
ART. 57 modificato (9 febbraio 1963):
Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale.
Il numero dei senatori elettivi è di trecentoquindici.
Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sette. La Valle d’Aosta uno.
La ripartizione dei seggi tra le Regioni, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, si effettua in proporzione alla popolazione delle regioni, quale risulta dall’ultimo censimento generale, sulla base di quozienti interi e dei più alti resti.
ART. 57 modificato (27 dicembre 1963):
Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale.
Il numero dei senatori elettivi è di trecentoquindici.
Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sette; il Molise ne ha due, la Valle d’Aosta uno.
La ripartizione dei seggi fra le Regioni, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, si effettua in proporzione alla popolazione delle Regioni, quale risulta dall’ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.
ART. 57 modificato (23 gennaio 2001):
Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero.
Il numero dei senatori elettivi è di trecentoquindici, sei dei quali eletti nella circoscrizione Estero.
Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sette; il Molise ne ha due, la Valle d’Aosta uno.
La ripartizione dei seggi fra le Regioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, si effettua in proporzione alla popolazione delle Regioni, quale risulta dall’ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.
ART. 57 sottoposto a referendum (12 ottobre 2019):
Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero.
Il numero dei senatori elettivi è di duecento, quattro dei quali eletti nella circoscrizione Estero.
Nessuna Regione o Provincia autonoma può avere un numero di senatori inferiore a tre; il Molise ne ha due, la Valle d’Aosta uno.
La ripartizione dei seggi fra le Regioni o le Province autonome, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, si effettua in proporzione alla loro popolazione, quale risulta dall’ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.
ART. 59 originale (1948):
È senatore di diritto e a vita, salvo rinunzia, chi è stato Presidente della Repubblica.
Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario.
ART. 59 sottoposto a referendum (12 ottobre 2019):
È senatore di diritto e a vita, salvo rinunzia, chi è stato Presidente della Repubblica.
Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Il numero complessivo dei senatori in carica nominati dal Presidente della Repubblica non può in alcun caso essere superiore a cinque.
Vediamo cosa cambia con la nuova riduzione: nel 1948 con circa 47 milioni di cittadini avevamo 574 Deputati e 237 Senatori, in totale 811 parlamentari.
Oggi con circa 61 milioni di cittadini dovremmo avere, secondo la Costituzione originale 800 Deputati e 320 Senatori, in totale 1120 parlamentari.
Date le dimensioni delle  nostre aule parlamentari e il costante aumento della popolazione, si può arguire che la modifica del 1963 che fissava il numero dei Deputati a 630 e dei Senatori a 315 sia stata decisa perché altrimenti avremmo dovuto costruire nuove AULE più capienti.
Non è comprensibile invece la diminuzione a 400 Deputati e 200 Senatori.
Chi la propone indica come fondamentali i seguenti vantaggi:
  1. Uniformarci agli altri paesi
  2. Il risparmio economico
  3. La maggiore efficienza
  4. Il minor numero di “assenteisti”
  5. È solo l’inizio, dopo faremo il resto…
Vediamo cosa vuol dire:
  1. Tra i Paesi dell’UE oggi l’Italia si piazza 22° posto  con 1,6 Deputati per 100.000 abitanti, davanti solo a Polonia e Francia (1,4), Regno Unito (1,1) e Germania (0,8), molto al di sotto della media che è 4,0 .
Con la riduzione che avremo se venisse approvata la nuova legge (vincesse il “SI”) andremmo al 26° posto  con 1,1 Deputati per 100.000 alla pari del Regno Unito  e davanti alla sola Germania, riducendo così la rappresentanza democratica dei cittadini. (Vedi Tabella 1).
Tabella 1
  • L’Osservatorio Conti Pubblici Italiani (CPI) dell’Università Cattolica ha calcolato che il risparmio netto, togliendo le tasse, risulta essere di 57 milioni l’anno; lo 0,007% della spesa pubblica italiana, cioè il prezzo di un caffè all’anno per ogni cittadino.
  • Con meno parlamentari, ognuno di essi dovrebbe partecipare a più commissioni ed avrebbe quindi più lavoro da fare, ed è chiaro che i tempi per le decisioni si allungherebbero. Altro che maggiore efficienza!
  • È vero che ci sono assenteisti, ma chi può assicurare che eleggendone meno si scartino gli assenteisti? E se venissero eletti ancora tutti quanti, la percentuale aumenterebbe notevolmente.
  • Questa è la cosa che preoccupa di più perché, manomessa la Costituzione per ottenere vantaggi così poco rilevanti, come abbiamo visto, potrebbe voler dire che domani chiunque abbia una maggioranza in Parlamento può cambiare la Costituzione anche senza un motivo serio. Ricordiamoci che i Parlamentari vengono scelti dai Partiti e saranno ancora più fedeli di prima.
Ma c’è anche dell’altro.
Con i tagli lineari previsti si creeranno delle storture che penalizzeranno la rappresentanza, di alcune Regioni e della Circoscrizione Estero, e che rischieranno di dare vita a un parlamento che non rifletta adeguatamente l’esito delle elezioni.
La Circoscrizione Estero dimezza i suoi rappresentanti da 12 a 6 quindi sarà fatale che qualche Paese non sarà rappresentato (Vedi Tabella 2).
Tabella 2
Al Senato poi il “taglio” non colpisce omogeneamente tutte le Regioni: la Valle d’Aosta e il Molise non diminuiscono la loro rappresentanza (0,0%), il Trentino Alto Adige riceve un “trattamento privilegiato” con 3 seggi per Provincia (diminuzione del 14,3% in omaggio all’autonomia) a danno, nella ripartizione seggi, di altre Regioni. Come l’Umbria e la Basilicata con una diminuzione del 57,1% l’Abruzzo e il Friuli V.G. 42,9%  e via via le altre (Vedi Tabella 3).
Con il taglio dei parlamentari, su cui gli italiani saranno chiamati ad esprimersi con il referendum del prossimo 20 e 21 settembre, si annuncia quindi una vera e propria rivoluzione nell’architettura parlamentare che cambierà profondamente anche la ‘geografia’ della rappresentanza regionale. Soprattutto al Senato. Lo abbiamo visto in percentuale, ma è interessante anche il confronto numerico. Con la vittoria del Sì, ad esempio, la Lombardia sarà la regione che perderà il maggior numero di senatori: passerà dagli attuali 49 a soli 31 seggi, perdendone ben 18. In termini di rappresentatività, la seconda regione a pagare le conseguenze del taglio di 115 senatori che ridurrà a 200 i componenti eletti dell’Assemblea del Senato, sarà la Campania: passa, infatti, da 29 a 18 senatori, perdendone 11. (Vedi Tabella 3)
Tabella 3
Ogni favola ha una morale, quindi, morale della favola (da intervista su La Repubblica del 4 settembre 2020 a Carlo Cottarelli, economista e docente della Bocconi è stato nel 2013-2014 Commissario straordinario per la spending review)
«Finiremo per avere un numero di parlamentari insufficiente per far funzionare bene le due Camere. E, soprattutto, avremo sottratto tempo ed energie per una riforma costituzionale inutile e dannosa, anziché pensare a cose più serie»
«Se si voleva colpire la casta si doveva ridurre la spesa per ogni membro delle due Camere, non il numero»
Concludendo, se  non si vogliono correre rischi stravolgendo la Costituzione, al Referendum si deve votare “NO”.
Di Guido Miserandino, Il Referendum 2020 per la riduzione dei parlamentariSovranitapopolare.org
Link fonte: https://www.sovranitapopolare.org/2020/09/15/il-referendum-2020-per-la-riduzione-dei-parlamentari/
15.09.2020
Pubblicato da Jacopo Brogi per ComeDonChisciotte.org

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