Il “loro” e il “nostro” cristianesimo
Cari amici di Duc in altum, vi propongo il mio più recente intervento per la rubrica La trave e la pagliuzza in Radio Roma Libera.
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Una valutazione interessante arriva dalla Chiesa ortodossa ucraina, che è sotto la giurisdizione del patriarcato di Mosca.
Nell’articolo Il “loro” e il “nostro” cristianesimo: che cosa accadrà domani? Kirill Aleksandrov parte da quanto sta succedendo in Occidente, dove il cristianesimo, scrive, sempre di più “è spinto alla periferia: le chiese si chiudono, il numero dei credenti sta diminuendo”. Di qui la domanda: dato che “l’Ucraina è decollata verso l’Europa”, ne seguirà il corso anche per quanto riguarda la vita religiosa?
“L’Occidente – osserva Aleksandrov – almeno negli ultimi secoli è considerato molto più progressista, di successo, ricco e così via. È consuetudine prenderne spunto; è consuetudine ammirarlo, mentre l’unione con l’Occidente è generalmente nei sogni della maggior parte dei nostri cittadini”. Ma per noi credenti è davvero così?
Pur considerando che il concetto di religiosità è assai ampio e può essere letto e interpretato da diversi punti di vista, una cosa sembra chiara: l’Occidente si sta allontanando dal Dio del cristianesimo e dai comportamenti dettati dalla legge divina.
Sebbene vi siano eccezioni come la Polonia e l’Italia, dove un’ampia maggioranza si dice ancora, almeno sulla carta, religiosa, le statistiche affermano che altrove la situazione è ben diversa: in Germania le persone che si considerano religiose ammontano al 34%, in Francia al 40%, in Svezia al 19%, negli Stati Uniti al 56% (dati Gallup).
L’Ucraina e la Russia (rispettivamente con il 73% e il 70%) sembrano ancora paesi a maggioranza religiosa, ma la tendenza è quella occidentale.
“Nel 2009 – scrive Aleksandrov – lo psicologo statunitense Gregory Paul pubblicò i risultati di uno studio che mostrava come il livello di religiosità sia correlato a indicatori quali criminalità, benessere materiale, consumo di alcol e così via”. Ne risulta che “maggiore è il tenore di vita e di sicurezza sociale, minore è la religiosità, e il miglioramento della situazione economica porta sempre più persone ad allontanarsi dalla fede in Dio”.
In Germania circa 220 mila persone, tra protestanti e cattolici, lasciano ogni anno la Chiesa. Decine di chiese (centinaia nel caso di quelle luterane) vengono chiuse o abbattute.
La rivista Spiegel ha scritto che nei prossimi anni gli evangelici tedeschi dovranno abbandonare circa mille edifici ecclesiastici. Il motivo è semplice: il numero dei parrocchiani sta diminuendo e non è possibile sostenere i costi per il mantenimento delle chiese. Alcuni anni fa la Chiesa evangelica tedesca ha iniziato a parlare dell’ipotesi di rinunciare del tutto alle funzioni domenicali regolari, e di tenere le funzioni solo quando si riunisce un certo numero di persone.
I cattolici tedeschi non stanno molto meglio. Nell’ultimo decennio sono state chiuse 515 chiese cattoliche, mentre altre settecento potrebbero seguire la stessa sorte.
Davanti alla crisi, le soluzioni proposte vanno tutte nel senso di un maggior coinvolgimento sociale e di un adeguamento della Chiesa al pensiero dominante. “Significa – scrive Aleksandrov – che i cattolici non dovrebbero intensificare il digiuno e la preghiera, tornare a leggere la letteratura patristica, prestare più attenzione alla lotta contro le passioni dell’anima. No! Devono elaborare ‘progetti originali e creativi’ per soddisfare le esigenze dei consumatori della società. E poi, forse, i consumatori si rivolgeranno alle chiese per l’assistenza sociale”.
Dato che nella società tedesca aumenta la pressione non solo nel senso dell’assistenza sociale, ma anche per il riconoscimento dei “diritti” delle persone Lgbt, la “liberalizzazione” della morale sessuale, l’introduzione del sacerdozio femminile e così via, ecco che l’episcopato tedesco ha intrapreso un percorso per soddisfare queste richieste. Tutto per andare verso il mondo.
In generale, il quadro è all’insegna della progressiva scristianizzazione. La menzione delle radici cristiane della civiltà europea è vietata. Croci e altri simboli cristiani vengono rimossi da strade, scuole, edifici pubblici. Il tradizionale mercatino di Natale di Bruxelles ha cambiato nome in “Gioia invernale”. I biglietti d’auguri che non dicono “Buon Natale” ma “Buone vacanze invernali” sono considerati più corretti. Il governo slovacco ha deciso di rimuovere le aureole dalle immagini dei santi Cirillo e Metodio sulle monete in euro.
Spesso, osserva Aleksandrov, “per compiacere i migranti dai paesi musulmani gli europei non solo abbandonano le tradizioni e le usanze cristiane, ma anche le norme di comportamento generalmente accettate. In Germania in molte mense scolastiche è vietato servire salsicce e paté di maiale, o addirittura portarsi da casa panini con questi ingredienti, per non offendere i sentimenti religiosi dei musulmani. Molte aziende tedesche durante il Ramadan esortano i dipendenti a non mangiare e bere nulla fino al tramonto, per non mettere in imbarazzo i colleghi musulmani. L’apogeo di questo atteggiamento può essere considerato il caso della Svezia, dove la prima vescova lesbica della Chiesa luterana, Eva Brunne, ha chiesto la rimozione di croci e altri simboli dalle chiese per accontentare i migranti musulmani”.
In Ucraina, scrive Aleksandrov, per ora “il quadro è completamente diverso”. “Se prendiamo come punto di partenza il 1988, quando lo Stato revocò tutte le restrizioni all’attività religiosa nel millesimo anniversario della cristianizzazione della Rus’, le statistiche mostrano che in trentadue anni sono state restaurate e costruite più di 8.500 chiese. Si tratta di circa 280 chiese all’anno, due chiese ogni tre giorni”. Solo nel 2019 il numero di comunità ecclesiastiche nella Chiesa ortodossa ucraina è aumentato di 246 unità.
“Sorge spontanea una domanda: perché nella ricca Europa non ci sono soldi per il mantenimento delle chiese, mentre nella povera Ucraina la gente li trova non solo per la manutenzione, ma anche per la costruzione, nonostante il fatto che in Ucraina, salvo rare eccezioni, lo Stato non finanzia i progetti di costruzione di chiese?”. Da considerare anche che in Ucraina non c’è una tassa religiosa come in Germania e le chiese sono costruite e sostenute dalle donazioni dei parrocchiani.
“Certo, la religiosità non si limita alla costruzione di edifici di culto, ma questo è un indicatore che distingue in modo sorprendente lo stato delle cose nel nostro paese e in Europa, dove le chiese sono abbattute piuttosto che erette. Anche il numero di coloro che desiderano diventare preti e monaci è un indicatore abbastanza significativo. Mentre in Europa e negli Stati Uniti i cattolici lanciano l’allarme per la mancanza di vocazioni, il cui numero sta diminuendo ancora più rapidamente di quello dei parrocchiani, in Ucraina aumentano le persone che desiderano entrare nelle istituzioni educative teologiche piuttosto che in altri percorsi educativi. In totale, alla fine del 2019, nella Chiesa ortodossa ucraina c’erano 4609 monaci e 1372 studenti di istituzioni educative teologiche a tempo pieno”.
Nello stesso tempo, i circoli politici occidentali che da circa dieci anni stanno cercando di far passare il riconoscimento dei “diritti” Lgbt trovano in Ucraina ancora un netto rifiuto.
“La questione di quale società sia più religiosa – osserva l’autore – non si risolve in una competizione. Riguarda le nostre prospettive future. È vero, il mondo occidentale ha materialmente più successo, lì il tenore di vita è più alto, la scienza, la medicina e l’istruzione vi si stanno sviluppando meglio. Ma allo stesso tempo possiamo vedere che il mondo occidentale ha rinunciato ufficialmente al cristianesimo in quanto tale. Al posto di Cristo, sono state messe altre divinità: tolleranza, liberalismo, diritti umani, servilismo verso i migranti. Per il bene di queste divinità le croci sono rimosse dalle chiese, non c’è più il suono delle campane, le chiese sono distrutte, e i credenti hanno paura di citare il Vangelo perché politicamente scorretto”.
“L’Ucraina ha adottato l’integrazione in Europa e l’adesione a varie strutture sovranazionali europee come obiettivo strategico del suo sviluppo. Tuttavia, il costo di tale integrazione potrebbe essere il rifiuto del cristianesimo. Certo, tutto avverrà gradualmente, in modo che la nostra coscienza potrà abituarsi e il processo non risulterà spaventoso. Potremmo essere in grado di mantenere la nostra religiosità, ma molto probabilmente dovremo scegliere. Quelle su cui meditare sono sempre le parole del Vangelo: ‘Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza’ (Mt 6:24)”.
Per chi ha a cuore il vero progresso ciò che conta non è chi è più ricco, ma dove stiamo andando. “E se c’è un abisso davanti, probabilmente è meglio restare indietro. Per i credenti, l’indicatore del benessere di una società non è il livello della vita materiale, ma il modo in cui la società si avvicina a Dio e alla Chiesa”.
A.M.V.
Fonte: spzh.news
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