COVID. ROMA, MANIFESTAZIONE PER CHIEDERE LIBERTÀ E VERITÀ
Qualche migliaio di persone – ovviamente secondo la Questura del ministro Lamorgese erano millecinquecento; non credeteci, erano molti di più hanno partecipato oggi alla manifestazione di Roma, in piazza Bocca della Verità, per chiedere chiarezza e verità al governo e ai mass media nella narrazione del Coronavirus.
Quelli che il regime – a cui i media hanno fatto rapidamente cassa di risonanza definisce “negazionisti” in realtà non lo sono, come ha spiegato il dott. Pasquale Mario Bacco.
«Non siamo negazionisti del virus, ma di come ce lo hanno raccontato. E oggi siamo numerosi in piazza a Roma per chiedere l’eliminazione dello stato di emergenza, che non ha motivo di esistere». Lo sottolinea all’Adnkronos Salute Pasquale Mario Bacco, medico legale e ricercatore, componente dell’associazione ‘L’Eretico’, dalla manifestazione ‘no-mask’ in corso a Roma. «Io sono uno degli 11 medici che hanno fatto le autopsie quando era vietato, e posso dirlo: il virus uccide se si è malati, molto anziani o non si viene curati in modo corretto. Oggi sappiamo quali farmaci sono utili ai pazienti, e che si devono dare antibiotici per le sovrainfezioni e anticoagulanti».
«La manifestazione di oggi a Roma punta a fare chiarezza: non siamo riusciti ad avere notizia di persone under 60 morte solo per Covid – aggiunge Bacco – Non neghiamo il virus, ma come viene raccontato. Serve chiarezza, trasparenza, e un contraddittorio», conclude.
Vi riportiamo qualche stralcio dal Messaggero:
«Noi non siamo negazionisti, siamo contro la dittatura sanitaria, contro l’obbligo vaccinale perché non si mettono più le mani sui bambini», hanno detto gli organizzatori dal palco. Tra gli slogan intonati «Giù le mani dai bambini» e «verità». Non sono mancati insulti al Governo, fischi per il presidente della Repubblica ed è stata bruciata da un partecipante anche una foto di Papa Francesco.
A sventolare tra la folla oltre ai tricolori, bandiere per Donald Trump e una con la foto di Benedetto XVI mentre sul palco si sono susseguiti tantissimi interventi che hanno toccato i temi più disparati: da presunti errori medici, ai vaccini, alla mutazione del campo elettromagnetico della terra ai microchip.
A raggiungere il raduno anche la conduttrice Eleonora Brigliadori, la deputata ex M5S Sara Cunial e il leader romano di Forza Nuova Giuliano Castellino che ha sottolineato: «Sono in piazza perché sono un uomo libero, non voglio portare la museruola, voglio abbracciare i miei affetti. Chi è criminale? Questa piazza? No. Il presidente Zingaretti e la sindaca Raggi si vergognino, di cosa hanno paura? Oggi c’è una piazza libera, pronta a lottare».
Gli sogan che abbiamo sentito ripetuti molte e molte volte erano “Libertà” e “Verità”. Ho visto che il ministro della Salute Speranza si è detto inorridito dalla manifestazione e ha osato ricordare – lui come Zingaretti – le vittime. Vittime, molti di loro, delle diagnosi sbagliate, causate dal divieto di praticare autopsie, emanato dal Ministero della Salute, di cui lo stesso Speranza è titolare. L’inverecondia e l’impudenza a livelli stellari.
Qui di seguito qualche fotografia di Stilum Curiae.
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https://www.marcotosatti.com/2020/09/05/covid-roma-manifestazione-per-chiedere-liberta-e-verita/
DECEDUTI SULLA COSCIENZA DEL GOVERNO - Pasquale Mario Bacco, Roma 5/09 #NonToccateIBambini
https://www.youtube.com/watch?v=oNLTc4Q_mZY
Covid. "Il virus? Non esiste". I negazionisti scendono in piazza. Ecco chi sono
Manifestazione domani, sabato, a Roma. Negazionisti, ma anche estrema destra, esponenti dei 5stelle, parte dei gilet gialli.
Niente mascherina «perché è un bavaglio». O, ancora più suggestivo in tempi di emergenza sanitaria, «perché fa ammalare»: ci costringe a respirare la nostra stessa anidride carbonica, ci manda in ipossia (facendo diminuire l’ossigeno nel sangue), scatena l’acidosi (abbassando il pH del nostro sangue e ponendo le basi per lo sviluppo del cancro), raccoglie i batteri e li concentra davanti a naso e bocca (esponendoci a infezioni ben più pericolose del Covid).
L’infilata di catastrofi legate all’uso del dispositivo di protezione a oggi più raccomandato dalle autorità sanitarie del mondo per combattere la pandemia è contenuto in una delle tante interviste reperibili online, su Youtube, a Pasquale Mario Bacco, finito spesso sotto i riflettori della cronaca nelle ultime settimane per le sue tesi negazioniste sul Covid.
Del medico legale salernitano, legato a una società italo-americana che si occupa di sicurezza sul lavoro, non si sa molto. È vegano: a gennaio compare su qualche giornale per aver scatenato l'ira del popolo social con un post trionfalistico sulla morte di un cacciatore sardo ucciso per sbaglio dal colpo di fucile di un suo compagno di battuta. Poi il nulla mediatico fino a maggio, quando firma insieme ad altri colleghi una ricerca minore proprio sul Covid: 7mila i test sierologici (rapidi) effettuati dall’équipe a partire da febbraio, che dimostrano – sostiene Bacco – come «oltre il 30 per cento del campione in Italia era già entrato in contatto con il virus». Oltre ad alcune autopsie, che secondo il medico evidenziano come a portare alla morte non sia tanto il Covid in sé, quanto la formazione di trombi, «una reazione immunitaria sproporzionata dell’organismo di fronte al virus».
È qui che il dato scientifico – per altro evidenziato anche da altre ricerche, oggettivo insomma – inizia ad impastarsi con la militanza: le tesi del medico online diventano “virali” e attorno a Bacco inizia a condensarsi una nuvola di consensi (tra cui quelli del noto virologo Giulio Tarro, a sua volta alla ribalta per una lite televisiva col collega Roberto Burioni) sfociati nella creazione dell’Associazione l’Eretico, tra i principali promotori della manifestazione negazionista che andrà in scena domani a Roma con l’ambizione di eguagliare le adesioni registrate nei giorni scorsi dagli Stati Uniti fino a Madrid, Londra e Berlino.
La parola chiave è esasperazione: i morti di Covid? Mica uccisi dal virus, che «non è affatto aggressivo», ma «dai medici» che li intubavano invece che curarli con l’eparina per le trombosi o con i comuni antinfiammatori, e che per coprire tutto non facevano le autopsie. Più che un errore sanitario, anzi, una vera «strage di Stato»: gli stessi “eretici” arrivano a invitare i parenti delle vittime a denunciare il governo, da Conte in giù.
Ma quella di Bacco & Co è solo una delle tante punte d’iceberg di un movimento scomposto e più che mai variegato, che prima d’essere cavalcato dalla politica – con l’impegno sul campo di Forza Nuova da una parte e di numerosi esponenti del Movimento 5 stelle dall’altra – ha trovato proprio in una deformazione della comunicazione scientifica la sua ragion d’essere e (si vedrà solo domani quanto) di convincere.
Complice – è innegabile – la confusione imperante sul coronavirus anche tra le stesse autorità sanitarie nazionali e internazionali: ecco allora che sulle decine di siti che orbitano nella galassia del "no" il pasticcio sui verbali secretati e poi in parte desecretati del Comitato tecnico scientifico diventa il segno di «un complotto per la nuova dittatura sanitaria»; le dichiarazioni a effetto di primari di grandi ospedali sulla graduale “scomparsa” del virus prestano il fianco alla tesi che «il Covid, in realtà, non è nemmeno mai esistito» oppure (è l’altra faccia della medaglia) che «qualcuno lo ha creato in laboratorio e lo sta manipolando»; ancora, la corsa scomposta tra gli Stati a un vaccino il più presto possibile finisce col moltiplicare le tesi circa «gli esseri umani cavie di Big Pharma» e la «colonizzazione di massa che finirà con l’infettarci tutti». O con l'ucciderci.
Chi produce il vaccino, cosa c’è dentro e quali effetti indesiderati si possono rischiare è anche tra le preoccupazioni principali del Popolo delle mamme, l’altra grande anima del movimento negazionista italiano e della manifestazione di domani che conta su una pagina Facebook (“Salviamo i bambini dalla dittatura sanitaria”) con oltre 24mila membri.
«Il governo sta illegittimamente limitando le libertà personali e i diritti inalienabili dei cittadini. Tali limitazioni danneggiano soprattutto la fascia più debole della nostra societa: i bambini» scrivono le promotrici sul sito dell’associazione, rifiutando le etichette di mamme complottiste, mamme no vax o mamme di estrema destra. E mettendo nel calderone della grande protesta di tutto e di più: la immancabile legge Lorenzin sull’obbligo di profilassi a scuola, le decisioni dell’attuale ministra Azzolina sulla ripartenza dell'anno nelle classi, l’obbligo di distanziamento e «di mascheramento/bavaglio che si impongano nell’educazione dei nostri figli, e pensiamo che essi significhino distanziamento dal valore umano».
Per loro «il 5 settembre sarà una data storica» e gli slogan d’accompagnamento agli inviti al raduno parlano di tirannia e reclutano “soldati” pronti «a difendere il nostro futuro e quello dei nostri bambini con le unghie e con i denti». Parole che accompagnano anche la pagina dedicata alla manifestazione, sempre su Facebook, in cui compaiono anche frasi sui «migranti infetti» e sulle navi quarantena come parte del «complotto per diffondere il virus» (che non esiste, ma evidentemente soltanto dentro i nostri confini).
Della politica, e degli interessi a cavalcare la protesta nata dal basso da parte di volti noti, s’è detto molto negli ultimi giorni. La presenza massiccia di esponenti di Forza Nuova – guidati dal leader Giuliano Castellino, secondo cui «la pandemia è stata pianificata, tutto per “cinesizzare” il mondo, tapparci la bocca» – ha per altro spezzato il fronte del “no” convincendo il leader dei negazionisti della prim’ora, i Gilet arancioni di Antonio Pappalardo, a smarcarsi dalla marcia: «Attenzione – ha detto il generale –, dietro la manifestazione c’è l’estrema destra».
Anche se poi gruppi locali del movimento parteciperanno comunque. In prima linea ci sarà invece Davide Barillari, consigliere regionale del Lazio ed ex esponente dei 5 Stelle, e l’altra pasionaria ex 5 Stelle Sara Cunial, tanto discussa per la multa ricevuta durante il lockdown (lei se ne andava al mare). E poi tanti volti noti, tra cui lo psichiatra-opinionista Alessandro Meluzzi, l’avvocato Carlo Taormina, il cantante Povia, il filosofo sovranista Diego Fusaro, persino l’arcivescovo Carlo Maria Viganò, che si è fatto notare in passato per gli attacchi a Papa Francesco e per cui la pandemia è «una punizione di Dio».
Conte inventa 100.000 morti in più
Alla festa del «Fatto», il premier gonfia il numero dei morti di Covid: 135.000 anziché 35.000. Ma i media, a partire dal grillino «Tg1», fanno finta di niente. Poi liscia ambiguamente Mario Draghi e prova a bruciare Sergio Mattarella per il mandato bis: al Colle sogna di salirci lui.
Ha sbagliato il numero dei morti da virus cinese. Ha sottovalutato a tal punto la più tremenda tragedia del nostro Paese dalla seconda guerra mondiale da dare i numeri allegramente, con convinzione, ripetendo per due volte il dato: «Sono 135.000 decessi. Punto». In realtà sono 35.518 (fonte la governativa Protezione civile). Il premier Giuseppe Conte stava rispondendo a una domanda di Antonio Padellaro alla festa del Fatto Quotidiano, preparava un'uscita al vetriolo contro gli scettici del virus No mask e No vax radunatisi a Roma. Ha detto e poi ribadito, convinto: «Alle persone che sostengono questo e scendono in piazza ricordo soltanto i numeri. Oltre 274.000 contagi generali e 135.000 decessi. Punto».
È il punto a fare la differenza. È l'infallibilità del potere innalzata a dogma, è il punto esclamativo della squassante castroneria. È il Mussolini che dopo avere confuso Protagora con Anassagora chiosò: «Scusate l'erudizione». Quel punto è la cifra caratteriale e politica di Conte, il leader che sta tutto dentro un taschino come le sue pochette, l'uomo della perentorietà, colui che in piena pandemia schiaffeggiava i pochi giornalisti dalla schiena dritta con risposte arroganti. «Se avrà responsabilità di governo scriverà lei i decreti», «Se ritiene di poter fare meglio la terrò presente». Punto. Sprezzante, superficiale, un provinciale sul piedistallo governativo che si crede Re Sole.
Conte dovrebbe avere sulla scrivania il counter dei deceduti e ricordarseli giorno per giorno perché lui sarà ricordato anche per loro. E dovrebbe provare a chiedere scusa. Sparare numeri a caso, come se il dramma non riguardasse lo Stato e non sfiorasse il suo governo, non fa altro che peggiorare l'approccio. Molti media mainstream hanno liquidato la gaffe in due righe, derubricandola a dettaglio stonato. Se una simile uscita l'avesse fatta Donald Trump, il New York Times avrebbe chiesto le dimissioni. Molti altri (quelli più allineati al pensiero unico grillopiddino) non ne hanno neppure fatto menzione, in fondo ha sbagliato solo del 387% e si sa che il governo sui numeri non è ferrato. Il Tg1 diretto da Giuseppe Carboni (nominato in quota 5 stelle) ha mandato in onda il video alla sovietica, senza neppure correggere in studio il dato.
Eppure la faciloneria sui morti è grave, è un pugno nello stomaco dei parenti delle vittime, è un velo nero gettato sulle lacrime, sulla disperazione, su cinque mesi di terrore, sul -12,8% del Pil. Oggi sul variegato e delirante orizzonte italiano il negazionista involontario numero uno è il presidente del Consiglio. Centomila in più o in meno cosa vuole che sia, signora mia? E poiché gli opposti si toccano, a negare ci arriva esagerando, a conferma che la strategia dell'enfatizzazione funziona, che spargere paura ha - come direbbero a Genova - la «sua bella convenienza». Lo scopo è sempre più evidente, l'allarmismo paga. E con la paura della seconda ondata il Conte 2 si allunga la vita.
Il premier torna a parlare dopo un mese, sempre grazie al quotidiano diretto da Marco Travaglio. L'ultima uscita fu quando lanciò l'accordo elettorale con i grillini, finito come sappiamo in un pasticcio a macchia di leopardo. E rieccolo ieri davanti ai microfoni e a quei 100.000 fantasmi evocati dalla sciatteria. Eppure è lo stesso Conte che più tardi a Villa d'Este, al Forum Ambrosetti, dirà sempre con la prosopopea del conducador infallibile: «Il motto sia: sobri nelle parole e operosi nelle azioni». Cominciasse lui con il numero dei morti, il resto verrà da sé. Il premier dice che non abbasserà le tasse, teme la batosta alle regionali («ma non inciderà sul governo»), promette che «non ci sarà più un lockdown generalizzato» smentendo le sue stesse decisioni prese a marzo. Poi c'è la politica, anzi la politique politicienne, quella dei messaggi trasversali, delle strizzatine d'occhio. Il premier si trasforma in Zelig ed evoca due totem, con i quali comincia la sua personalissima campagna d'autunno per accreditarsi nel grande centro, area della quale vorrebbe essere l'ago della bilancia. Oggi il grande centro guarda a Mario Draghi, quindi niente di meglio che farsi fotografare con lui. «Quando si è lavorato per una nuova Commissione Ue cercai di creare consenso per Draghi, lo avrei visto bene come presidente ma lui mi disse che non si sentiva disponibile perché era stanco della sua esperienza europea. Quando si invoca Draghi penso che lo si tiri per la giacchetta. Non lo vedo come un rivale ma come un'eccellenza». La mossa è abile, in questo momento Draghi viene percepito alternativo a Conte, quindi è inevitabile che lui, mellifluo e postdemocristiano, si accrediti come suo alleato. E mentre lo fa provi a delegittimarlo, «era stanco».
Il secondo nome evocato nel giorno del ritorno al verbo è quello del capo dello Stato, Sergio Mattarella. Prima se ne fa scudo per evitare, o almeno stemperare, le numerose responsabilità politiche nella criticabile gestione della pandemia (zone rosse tardive, dispositivi mancanti, maldestri tentativi di addossare le colpe alle regioni, rilancio economico inesistente), poi lo dipinge come un suo stretto sodale. Cosa peraltro verosimile visto che il Quirinale è stato la levatrice del governo giallorosso. «L'ho coinvolto sulle zone rosse. Credo che stia interpretando il suo ruolo in modo impeccabile, man mano che vado avanti ne apprezzo sempre più le qualità». Infine la stoccata rivelatrice: «Lo vedrei benissimo per un secondo mandato, se ci fossero le condizioni per accettarlo». Poiché sul nome sarà molto difficile trovare un punto d'incontro, l'intimo sentimento è quello di aspirare egli stesso al Colle: Draghi premier e Conte presidente della Repubblica, con Mattarella bruciato nelle prime devastanti votazioni.
C'è tempo, e c'è un'Italia che nel frattempo langue per colpa delle sue non scelte, della sua non politica, dei suoi silenzi omertosi e delle sue parole fini a sé stesse. Quanto ai numeri, su quelli è meno credibile di un giornalista alle prese con un database. Centomila più, centomila meno. Punto e virgola.
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