Porta Pia e Risorgimento, 150 anni di menzogne
Il 20 settembre segnerà i 150 anni della presa di Roma da parte dell’esercito sabaudo e il completamento dell’unificazione d’Italia. È la storia di una vittoria del potere liberal-massone e anti-cattolico.
Oramai tanto tempo fa, ventidue anni per l’esattezza, pubblicavo Risorgimento da riscrivere, un testo che ha curiosamente avuto molto successo. Curiosamente è l’avverbio esatto. E non perché ritenga che i libri che ho scritto non siano documentati, seri, e quindi meritevoli di attenzione. Ma perché, vivendo in una società pervasa fin nei suoi più piccoli meandri dalle soffocanti maglie del pensiero liberal-massonico, era semplicemente impossibile che un libro sui “fatti” del risorgimento avesse successo.
D’altronde la sua stessa pubblicazione ha avuto del miracoloso: dopo aver bussato a tutte le porte, c’è voluto l’intervento di Padre Pio perché alla fine l’Ares si decidesse a pubblicare quello che è stato uno dei suoi più riusciti best seller.
Lo spiraglio che si è aperto per qualche tempo una ventina di anni fa, si è nel frattempo meticolosamente richiuso e le notizie che ho raccontato in tanti libri, oggi sono in pochi a ricordarsele. E’ la vita. Lo stesso Meeting di Rimini, che tanta risonanza ha dato ai miei libri sul risorgimento, da qualche anno non solo ha taciuto ma si è accodato alla versione di sempre. Quella ribadita dallo stesso presidente della Repubblica Napolitano, accolto con molta benevolenza dai vertici del Meeting.
150 anni dalla presa di Roma? Sotto la presidenza Napolitano, all’epoca di Alemanno sindaco, sono stati restaurati sul Gianicolo i tanti busti dei protagonisti della repubblica romana del 1849. Cosa si celebra in quell’evento? L’aver messo la parola fine al potere temporale dei papi. Detto in altri termini, l’aver creduto di aver ucciso la religione cattolica: “Roma, la santa, l’Eterna Roma, ha parlato”, scrive Mazzini in Per la proclamazione della Repubblica Romana. Cosa avrebbe detto Roma? “Roma non è dei Romani: Roma è dell’Italia: Roma è nostra perché noi siamo suoi. Roma è del Dovere, della Missione, dell’Avvenire”. E quelli che non sono d’accordo? “I Romani che non lo intendono non sono degni del nome”.
La libertà portata ai romani da Mazzini e dai carbonari è descritta da Pio IX nell’enciclica Quibus quantisque malorum compsta durante l’esilio di Gaeta, ma è anche raccontata dal futuro primo ministro Luigi Carlo Farini ne Lo stato romano dall’anno 1814 al 1850: “Fra gli inni di libertà, e gli augurii di fratellanza erano violati i domicilii, violate le proprietà; qual cittadino nella persona, qual era nella roba offeso, e le requisizioni dei metalli preziosi divenivano esca a ladronecci, e pretesto a rapinerie”.
Se questo è stato l’inizio, il 20 settembre 1870 i massoni hanno continuato l’opera in piena e totale libertà.
Se siamo ancora vivi è perché Pio IX e tutto il popolo cristiano hanno obbedito al Vangelo e hanno alla lettera dato l’altra guancia.
Se siamo ancora vivi è perché Pio IX e tutto il popolo cristiano hanno obbedito al Vangelo e hanno alla lettera dato l’altra guancia.
P.S.: In questo periodo, per ingannare il tempo, mi sono inventata quelle che ho chiamato Pillole. Piccoli video in cui parlo con semplicità e chiarezza delle cose che ho scritto. Se credete potete vederle sul mio canale di youtube. Ben 51 sono quelle che ho dedicato al risorgimento (1; 31-35; 57-102).
N.B.: “Quando ho scritto il pezzo sulla presa di Roma non sapevo, e me ne dolgo, che l’immagine che ho scambiato per un caprone fosse invece quella del “bucranio” che da sempre simboleggia l’università di Padova. A mia scusante posso dire che, per chi non conosce la storia del bucranio, quell’immagine può facilmente essere scambiata per il caprone iscritto nel pentalfa rovesciato (quello che ha due punte rivolte verso l’alto). A ulteriore scusante può essere ricordato come, all’epoca della repubblica romana e del risorgimento in generale, l’influenza satanica non fosse certamente assente”.
Tutti i numeri di un disastro
Soppressione degli ordini religiosi e appropriazione dei beni della Chiesa; negata la libertà di istruzione e di stampa; distruzione del patrimonio artistico e culturale; tassazione elevatissima; impoverimento delle fasce più povere ed emigrazione di massa. Questi sono i “successi” del nuovo Stato italiano.
L’unità d’Italia è stata realizzata dai Savoia in nome della monarchia costituzionale e dello stato liberale.
E’ successo l’esatto contrario: sono stati violati tutti i principali articoli dello Statuto, a cominciare dal primo che definisce la chiesa apostolica, cattolica, romana, unica religione di stato:
- sono stati soppressi tutti gli ordini religiosi: a 57.492 persone è stata negata la possibilità di vivere come liberamente avevano scelto di fare;
- sono stati derubati tutti i beni degli ordini religiosi (chiese, conventi, terreni, compresi archivi, biblioteche, oggetti d’arte e di culto, paramenti);
- al momento dell’unificazione più di cento diocesi sono state lasciate senza vescovo;
- non c’è stata nessuna libertà di istruzione;
- non c’è stata nessuna libertà di stampa (è stata persino proibita la pubblicazione delle encicliche del papa);
- è stato infranto il principio della inviolabilità della proprietà privata;
- in nome dell’ordine morale che aveva visto la luce i preti sono stati obbligati a cantare il Te Deum e a dare i sacramenti agli scomunicati liberali. Chi non ha ubbidito è incorso in multe pesanti ed è stato condannato a 2 o 3 anni di carcere (questo stabiliva il codice di diritto penale approvato nel 1859 nell’imminenza dell’invasione);
- qualche anno dopo l’unificazione sono state soppresse anche le 24.000 opere pie.
Conseguenze
- per giustificare la violenza contro lo stato pontificio e il Regno delle Due Sicilie è stata imposta una storiografia radicalmente falsa;
- è trionfato l’odio per la religione cattolica;
- è trionfato il disprezzo per la nostra storia e per la nostra identità (tuttora imperante);
- l’1% circa della popolazione di fede liberale ha realizzato un bottino ingente alle spalle dei beni della Chiesa, cioè di tutta la popolazione;
- enorme è stata la distruzione del patrimonio artistico e culturale;
- il bilancio dello stato è risultato fuori controllo (all’opposto delle abitudini virtuose degli stati preesistenti);
- è stata imposta una tassazione elevatissima per l’epoca;
- c’è stato l’impoverimento delle fasce più povere della popolazione;
- all’Italia liberale è spettato il primato della popolazione carceraria: 72.450 detenuti (il rapporto carceratiabitanti è di 138 ogni 100.000 persone in Francia, di 107 in Inghilterra, di 63 in Belgio, di 270 in Italia);
- è stata realizzata una grande concentrazione della proprietà fondiaria che è aumentata del 20% nei primi venti anni dopo l’unificazione;
- per la prima volta nella sua storia l’Italia è stata ridotta a colonia (economica, culturale, religiosa);
- per la prima volta nella sua storia il popolo italiano è stato costretto ad un’emigrazione di massa.
Angela Pellicciari
https://www.altaterradilavoro.com/porta-pia-e-risorgimento-150-anni-di-menzogne/
Per ridere un po' sull'anniversario dell'invasione dello Stato Pontificio a Porta Pia, il 20 settembre 1870
http://blog.messainlatino.it/2020/09/per-ridere-un-po-sullanniversario.html
20 settembre 1870 – 20 settembre 2020.
È stata notata, da qualche osservatore più attento, la sorprendente scarsità (quantitativa e qualitativa) di celebrazioni (il che vuol dire anche di commemorazione, cioè di esercizio di memoria) del 20 settembre 1870.
Eppure ce ne sarebbe di roba da pompare: Roma capitale, l’Italia unita, la fine del potere temporale della chiesa … e 150 anni sono un anniversario abbastanza tondo da ingolosire i cultori di questo genere di manifestazioni.
Forse l’Italia è ormai troppo decrepita persino per aver voglia di rievocare le sue “imprese” giovanili; forse la chiesa di oggi è troppo smemorata per essere in grado di riflettere criticamente sul suo passato. Non saprei.
Comunque mi pare che questa ricorrenza una minima considerazione la meriti. Non c’è dubbio che per la chiesa è stato un bene perdere il potere temporale, benché ciò sia avvenuto – come non di rado, per ironia divina, succede nella storia – ad opera di uomini dalle intenzioni cattive: l’aggredito ci ha guadagnato e l’aggressore ci ha perso. Nato male, cresciuto peggio, il massonico regno d’Italia è stato, per gli 85 anni che è durato, quell’entità orribile, piena di ingiustizia e sopraffazione all’interno e goffamente aggressiva all’esterno, che ha tenuto il suo popolo nella miseria, ha cercato di intossicarlo con la sua retorica nazionale per poi precipitarlo nel mattatoio di due guerre mondiali e infine trasmettere qualcuna delle sue tare genetiche anche alla repubblica che fortunatamente ne ha preso il posto.
Per la chiesa è andata meglio: la perdita del potere temporale l’ha sollevata da un fardello e liberata da un veleno. L’autorità non vuole potere. Se oggi anche nella chiesa le cose non sembrano andare tanto bene, dipende dal fatto che c’è una terribile crisi dell’autorità, mentre permangono al suo interno tanti rapporti di potere.
Ma la differenza sostanziale sta nel fatto che lo stato è, per sua stessa autodefinizione e pretesa, sovrano: il che significa che non ha nessuno sopra di sé (superiorem non recognoscit). Dunque è solo. E se è solo, quando invecchia e si ammala è fottuto. (Probabilmente è quello che sta succedendo all’agonizzante stato italiano, che la sovranità l’ha già persa in larga parte, e forse tra poco non esisterà più, se non per una mera finzione formale).
La chiesa, per sua fortuna, non è sovrana. La chiesa è sposata. Sponsa Christi, ha un marito che, per quante corna lei gli abbia messo e gli metta tuttora, le è fedele e pensa a lei. Provvederà, in qualche modo.
Posted by leonardolugaresi i
https://leonardolugaresi.wordpress.com/2020/09/20/20-settembre-1870-20-settembre-2020/
E Roma Caput mundi si restrinse a Capitale d’Italia
E Roma Caput mundi si restrinse a Capitale d’Italia
Mauro Cocito, il torinese più napoletano che io conosca e da una vita il più romano dei romani, è la sintesi perfetta dell’unità d’Italia ma non a caso: mi mostra con orgoglio una copertina illustrata del 1870 in cui il suo antenato torinese Federico Cocito, tenente dei Bersaglieri, passa per primo dalla breccia di Porta Pia. Quest’anno quella breccia nel cuore di Roma e del Papa Re compie centocinquant’anni. Il venti settembre, anzi il XX settembre, cadde il nostro Muro di Berlino e si unificarono le due Italie, quella laica e quella cattolica. Ma 150 anni, con quel gesto, li compie soprattutto la nascita di Roma Capitale, poi battezzata l’anno dopo.
Roma smise di essere Caput mundi per ridursi a Caput italiae. La Città eterna si rimpicciolì per rientrare nella storia. In verità, perduto l’Impero, oscurata la grandezza cristiana ed ecumenica del Medioevo e tramontata la bellezza artistica del Rinascimento e del Barocco, Roma si era fatta piccola e borgatara, popolata da preti, bottegai e prostitute, una modesta capitale papalina all’ombra di un più modesto stato pontificio. Da capo del mondo si era ridotta a coda (alla vaccinara). La repubblica romana di pochi anni prima era stato l’annuncio di quel cambiamento.
Comunque, sarà stato il castigo della Provvidenza ma nell’autunno del 1870, poco dopo la breccia di Porta Pia, Roma finì sommersa sotto una terribile alluvione. Al fianco della Chiesa di S. Maria della Minerva, proprio dove aveva sede la Santa Inquisizione, c’è ancora un’iscrizione che ricorda l’alluvione del dicembre 1870 e segna il livello che raggiunse l’acqua: ad altezza d’uomo. I papalini collegarono il disastro alla collera divina per la profanazione di Roma cattolica, per gli insulti contro Pio IX definito da Garibaldi “un metro cubo di letame”, per la prigionia del Papa che si definì “sub hostili potestate constitutus”, soggiogato a un potere ostile. Non fu indolore il passaggio di Roma dal Papa Re al Regno d’Italia; e chissà cosa sarebbe accaduto se il Papa anziché in San Pietro si fosse trincerato in piena Roma nel Palazzo dei Papi dove lui abitava, il Quirinale. Quando fu traslata la salma del Papa, nel 1881, fu assaltata, con le sassate al corteo funebre, la violazione del feretro e le bestemmie di una folla inferocita, incurante delle Guarentigie che garantivano rispetto e incolumità al Papa.
Col XX settembre gli ebrei furono pienamente integrati nella città anche se fu Pio IX a sghettizzare gli ebrei a Roma, abbattendo il muro che li separava nel cuore di Roma. Poi venne il sindaco ebreo Ernesto Nathan. Un quartiere intero a ridosso di San Pietro, Prati, sorse quasi in sfregio al Papato. Ma dopo l’avvento di Roma capitale l’ostilità perdurò tra i “buzzurri” piemontesi che la occupavano e gli “oscurantisti” clericali che la abitavano da millenni; quanti conflitti tra massoni, atei e radicali da una parte e dall’altra parte nobiltà nera e papalini, con le celebrazioni contrapposte del XX settembre. E poi nel ‘900 i futuristi che sognavano di “svaticanare” l’Italia; le sinistre atee che urlavano contro i preti e la religione, ricevendo scomuniche… Ci vollero i Patti Lateranensi di Mussolini e dopo la guerra l’avvento al potere della Democrazia Cristiana per ricucire la breccia tra cattolici e laici.
Da allora passò molta acqua sotto i ponti del Tevere. E nel 1961, centenario dell’Unità d’Italia, Papa Giovanni XXIII e poi il cardinal Montini, che diventato Paolo VI celebrò pure il centenario di Roma capitale, definirono provvidenziale l’Unità d’Italia e l’avvento di Roma capitale. Montini dette ragione al laico e scettico Prezzolini: la Chiesa grazie al XX settembre si era liberata del potere temporale, non era più ristretta in un piccolo regno ma riprendeva la sua missione universale e spirituale, urbi et orbi.
Nonostante tutte le ombre, l’avvento di Roma capitale fu importante per due ragioni. La prima, perché solo a Roma la storia dell’unità d’Italia si incardinò nella storia di una civiltà, la civiltà romana e poi cristiana – medioevale, rinascimentale e barocca – ma anche la civiltà del diritto, dello stato, della civitas imperiale e universale. La seconda, perché solo a Roma si compì l’Unità d’Italia, il sud si ricongiunse al nord ed entrò nella storia comune del paese e nella vita delle istituzioni. Con Roma capitale si ricompose geograficamente l’Italia e si integrò il centro-sud nel processo unitario, dapprima vissuto come un’occupazione piemontese o comunque settentrionale. L’integrazione del Meridione non più come colonia ma come territorio a pieno titolo non è solo un fatto simbolico e geopolitico: con Roma capitale nasce uno Stato che attinge i suoi ranghi in prevalenza al sud d’Italia e non più solo dal Piemonte: ranghi burocratici e dirigenziali, prefetti e carabinieri, forze dell’ordine e insegnanti, impiegati pubblici e sanitari, uscieri e bidelli. Con Roma capitale nasce la borghesia di stato, in prevalenza meridionale; per cento anni, dall’unità d’Italia fino alle soglie degli anni Settanta, quel ceto pubblico del sud concorse – con la vitalità imprenditoriale del nord – a modernizzare, alfabetizzare, strutturare e integrare il paese, appianando le disparità. Non va confuso lo statalismo parassitario e la brutta immagine del settore pubblico e degli insegnanti negli ultimi 50 anni col ruolo storico e civile che lo stato unitario e i ministeriali venuti dal sud hanno avuto per più di cento anni.
Tutto sommato sia benedetto quel parto cesareo di 150 anni fa che ci dette Roma capitale.
MV, Panorama n.40 (2020)
Bravissima Angela Pellicciari, è stata la prima a scoprire le carte in tavola, rivelando 150 anni di menzogne, falsità, retorica vuota e bugiarda. Poi è entrato in scena anche Massimo Viglione e recentemente è uscito il bellissimo libro >"Risorgimento - guerra alla Chiesa". Ottime letture, che aprono gli occhi e le orecchie a chi è stato ingannato e manipolato fin da piccolo. Viva 'Italia, ma non i massoni piemontesi ottocenteschi, non i Savoia, non Mazzini e Garibaldi, viva gli stati preunitari e la mancata federazione italiana, sull'esempio di quella Svizzera. Il vero Risorgimento è stato quello dele insorgenze antinapoleoniche, ovviamente insabbiate e nascoste dagli storici pennivendoli al soldo dei massoni...
RispondiElimina