San Pietro statua in piazza San Pietro a Roma
San Pietro statua in piazza San Pietro a Roma

di Gianni Pezzuolo

Tempo addietro, di fronte alle mie perplessità dopo un ennesima uscita poco ortodossa (dal mio punto di vista) di Papa Francesco, un giovane sacerdote mi ha detto “cum Petro e sub Petro” sempre.

Data la mia formazione avvenuta (ormai qualche decennio fa)  in ambito di azione cattolica non posso che fare anche mia tale affermazione, un cristiano cattolico romano non può mai mettere in discussione il primato di Pietro né l’unità della Chiesa.

Con Pietro dunque, ma chi è Pietro e in che modo dobbiamo essere cum Petro e sub Petro? E inoltre, sempre?

Credo che sia fuori discussione che con Pietro si debba intendere il legittimo successore di quel Pietro a cui Gesù, dopo aver chiesto più volte se lo amava, ha dato il mandato di pascere i suoi agnelli e le sue pecore (Gv 21,15-17).

Pietro da discepolo è chiamato ad essere pastore, anzi un “buon pastore”, perché deve pascere le pecore di Gesù. Il buon pastore da la vita per le proprie pecore e non si comporta come un mercenario al quale non importa delle pecore.

Gesù sa molto bene che essere un buon pastore non è facile, per questo avvisa Pietro del pericolo che lo attende “Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli». 

E Pietro gli disse: «Signore, con te sono pronto ad andare in prigione e alla morte». Gli rispose: «Pietro, io ti dico: non canterà oggi il gallo prima che tu per tre volte avrai negato di conoscermi» (Lc 22,31-34).

Pietro nonostante l’amore per Gesù, più volte ribadito, non è immune dal rinnegarlo. E’ perfettamente consapevole della continua guerra che il diavolo porta alla chiesa di Dio e, una volta imparata la lezione, cerca di avvisarci tutti invitandoci ad essere temperanti e vigili perché il nostro nemico il diavolo, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare (1Pt 5,8b) e noi dobbiamo resistergli saldi nella fede (1Pt 5,9a).

Pietro ci deve quindi confermare in quella fede a lui annunziata da Gesù perché il rappresentante non rappresenta se stesso ma colui che gli ha conferito il mandato, l’esempio è Gesù stesso che diceva e annunziava non quello che voleva lui ma quello che il Padre gli aveva ordinato (Gv 12,49) e che, come ci ha detto lui stesso, è destinato a durare nel tempo. Cieli e terra passeranno ma le mie parole non passeranno (Mt 24,35).

Ecco qual è il mandato: la fedeltà. Passerà la scena di questo mondo; noi non dobbiamo uniformarci alla mentalità corrente del momento storico che stiamo vivendo (passerà) ma rimanere fedeli a lui (che non passerà).

Il male e il bene convivono come il grano e la zizzania e solo alla fine sarà fatta la distinzione (Mt 13,24-30). La convivenza tra grano e zizzania non è però commistione. La distinzione è netta e non c’è dialogo che tenga. Rimangono due cose distinte l’una buona e l’altra cattiva (Mt 13,36-43).

Questo significa fedeltà al mandato (Gv 8,3-11). Il peccatore, avendo provato dolore per il proprio peccato  viene trattato con misericordia ma con un mandato preciso va’ e d’ora in poi non peccare più.

L’episodio della peccatrice ci insegna due cose. La prima il prerequisito per la misericordia costituito dal pentimento per i peccati commessi; la seconda il cambiamento dello stile di vita. Senza questi requisiti direttamente connessi non può esistere la misericordia di Dio (vedi sacramento della riconciliazione) ma solo una sua diabolica caricatura.

Oggi invece sembra di essere in presenza di un distributore automatico della misericordia divina che nulla chiede all’uomo e nulla dice sullo stato di peccato.

Era questo il mandato di Gesù?

Nella “regola pastorale” di S. Gregorio Magno papa (Lib. 2, 4 PL 77, 30-31).

Il pastore sia accorto nel tacere e tempestivo nel parlare, per non dire ciò ch’è doveroso tacere e non passare sotto silenzio ciò che deve essere svelato. Un discorso imprudente trascina nell’errore, così un silenzio inopportuno lascia in una condizione falsa coloro che potevano evitarla. Spesso i pastori malaccorti, per paura di perdere il favore degli uomini, non osano dire liberamente ciò ch’è giusto e, al dire di Cristo ch’è la verità, non attendono più alla custodia del gregge con amore di pastori, ma come mercenari. Fuggono all’arrivo del lupo, nascondendosi nel silenzio. Il Signore li rimprovera per mezzo del Profeta, dicendo: «Sono tutti cani muti, incapaci di abbaiare» (Is 56,10), e fa udire ancora il suo lamento: «Voi non siete saliti sulle brecce e non avete costruito alcun baluardo in difesa degli Israeliti, perché potessero resistere al combattimento nel giorno del Signore» (Ez 13,5). Salire sulle brecce significa opporsi ai potenti di questo mondo con libertà di parola per la difesa del gregge. Resistere al combattimento nel giorno del Signore vuol dire far fronte, per amor di giustizia, alla guerra dei malvagi. Cos’è infatti per un pastore la paura di dire la verità, se non un voltar le spalle al nemico con il suo silenzio?

Se invece si batte per la difesa del gregge, costruisce contro i nemici un baluardo per la casa d’Israele… Chiunque accede al sacerdozio si assume l’incarico di araldo, e avanza gridando prima dell’arrivo del giudice, che lo seguirà con aspetto terribile. Ma se il sacerdote non sa compiere il ministero della predicazione, egli, araldo muto qual è, come farà sentire la sua voce? Per questo lo Spirito Santo si posò sui primi pastori sotto forma di lingue, e rese subito capaci di annunziarlo coloro che egli aveva riempito» 

I pastori che stanno in silenzio sono come il sale insipido, a null’altro servono che ad essere gettati via e calpestati dagli uomini (Mt 5,13-16).

Ecco allora che, pur essendo cum Petro e sub Petro, come conterraneo di Santa Caterina ritengo che sia altrettanto doveroso ricorrere alla correzione fraterna usando le sue stesse parole quando il pastore non si comporta più come tale:

Io Catarina, serva e schiava de’ servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue Suo; con desiderio di vedervi fondato in vero lume …

Ora è tempo vostro da sguainare questo coltello; odiare il vizio in voi e nei sudditi vostri, e nei ministri della Santa Chiesa.

In voi, dico; perché in questa vita veruno è senza peccato: e la carità si debbe prima muovere da sé, usarla prima in sé coll’affetto delle virtù, e nel prossimo nostro.

Sicché, tagliare il vizio; e se il cuore della creatura non si può mutare, né trarlo de’ difetti suoi, se non quanto Dio nel trae, e la creatura si sforzi coll’auditorio di Dio a trarne il veleno del vizio; almeno, santissimo Padre, siano levati dalla Santità vostra il disordinato vivere e’ scelerati modi e costumi loro …

E perciò, se io parlo quello che pare che sia troppo e suoni presunzione; il dolore e l’amore mi scusi dinnazi a Dio e alla Santità vostra.

Ché, dovunque io mi volgo, non ho dove riposare il capo mio.

Se io mi volgo costì (che dove è Cristo, debbe esser vita aeterna); e io vedo che nel luogo vostro, che sete Cristo in terra, si vede l’inferno di molte iniquità, col veleno dell’amore proprio …

Riluca nel petto vostro la margarita della santa giustizia, senza veruno timore”. (SANTA CATERINA, Lettera a papa Urbano VI) .

E se nonostante tutto il pastore non ascoltasse l’appello delle sue pecorelle allora …: «Figlio d’uomo, profetizza contro i pastori d’Israele; profetizza, e di’ a quei pastori: Così dice il Signore Dio: Guai ai pastori d’Israele, che pascono se stessi! I pastori non dovrebbero forse pascere il gregge?  Vi nutrite di latte, vi rivestite di lana, ammazzate le pecore più grasse, ma non pascolate il gregge. Non avete reso forti le pecore deboli, non avete curato le inferme, non avete fasciato quelle ferite, non avete riportato le disperse. Non siete andati in cerca delle smarrite, ma le avete guidate con crudeltà e violenza. Per colpa del pastore si sono disperse e sono preda di tutte le bestie selvatiche: sono sbandate (Ez. 34, 2-5)

Allora guai ai cattivi pastori (Ger 23, 1), ma noi non perdiamo la speranza perché la salvezza ci arriverà direttamente da Dio  «Infatti così dice il Signore, DIO: “Eccomi! io stesso mi prenderò cura delle mie pecore e andrò in cerca di loro.  Come un pastore va in cerca del suo gregge il giorno che si trova in mezzo alle sue pecore disperse, così io andrò in cerca delle mie pecore e le ricondurrò da tutti i luoghi dove sono state disperse in un giorno di nuvole e di tenebre; le farò uscire dai popoli, le radunerò dai diversi paesi e le ricondurrò sul loro suolo; le pascerò sui monti d’Israele, lungo i ruscelli e in tutti i luoghi abitati del paese. Io le pascerò in buoni pascoli e i loro ovili saranno sugli alti monti d’Israele; esse riposeranno là in buoni ovili e pascoleranno in grassi pascoli sui monti d’Israele. Io stesso pascerò le mie pecore, io stesso le farò riposare”, dice il Signore, DIO. (Ez. 34, 2a.4a.5-6.11-15)

Con questa fiducia nel cuore preghiamo perché anche questo Pietro, come il primo, si ravveda e, una volta ravveduto, confermi i suoi fratelli.


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