ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 17 gennaio 2021

I "monelli di S. Antonio"

I riti di passaggio negati


 Oggi, S. Antonio Abate, protettore degli animali agricoli. Una volta tanto, il santo a cui numerose chiese d'Italia hanno dedicato il culto, è protagonista di questo post. Perché? perché come è già avvenuto per Natale, per la Pasqua dell'anno scorso, il Capodanno col coprifuoco alle 22, 00, la chiesa farlocca bergogliota nega questo culto al  santo patrono protettore degli animali intorno al quale si assiepavano le comunità agricole, con la benedizione degli animali domestici, da cortile e da lavoro per propiziare la buona stagione agricola, e i falò che  simbolicamente servivano a cacciare le malattie e ad allontanare  le carestie. 

E' successo ieri sera al rione de La Motta a Varese, dove "è stato concesso" (come si dice nel pessimo dpcm-speech) un falò di piccole proporzioni dopo le 22. Quando cioè la povera gente non poteva accedervi a causa del coprifuoco.  Solo pochi individui, come il cronista di Varese News,  qualche sacerdote, sagrestano, rigorosamente mascherati e disinfettati, una chiesa dai battenti aperti ma con pochi fedeli, tanti vigili del fuoco, manco dovessero  domare chissà quale incendio, e le forze dell'ordine. Chi onorava  e celebrava il santo? Solo loro. Il popolo minuto, a casa davanti alle tv locali o ad accontentarsi dello streaming della "diretta".  Un altro esempio di ICONOCLASTIA e revisionismo dei riti di passaggio e festività antichissime, radicate nell'immaginario popolare. I "monelli di S. Antonio" che dovevano mettere i bigliettini augurali con i desideri sulla pira, potevano, tuttalpiù, accontentarsi a inviarli via email o per procura. Che razza di ignobile presa in giro è mai questa?  Qui su streaming, la "diretta" della mesta cerimonia per pochi presidiata dalle ormai insopportabili  pervasive "forze dell'ordine". con tanto di gazzelle e il camion dei pompieri.  Guardatela e fatevi un'idea su dove e come siamo precipitati. La gente chiusa in casa, e in piazza, solo loro, senza l'ombra di un animale. 


Per fortuna esiste  "la macchina del tempo " per viaggiare a ritroso (à rebours); e allora  ho ripescato un vecchio articolo (2017) del mio vecchio blog "Il Giardino delle Esperidi"  per mettere in luce queste abitudini e questi riti  antichissimi, che sono ad un tempo pagani e cristiani, riti che gli attuali tempi - ahimé! -  pare abbiano brutalmente cancellato. O intenzione di cancellare dal calendario. 


Falò davanti alla chiesa di S. Antonio Abate (rione della Motta - VA) del gennaio 2019


Il nome "Gennaio" deriva dal dio latino-romano Giano (Ianuarius), preposto alle porte, ai ponti, e ad ogni forma di mutamento simbolico e attraversamento: in questo, Gennaio/Ianuarius era un po' la chiave di volta che apre le porte al nuovo anno. Il calendario gregoriano  indica l'inaugurazione di  una nuova fase della vita, con giornate i cui cieli di Lombardia, tanto decantati dal Manzoni, sono, astronomicamente parlando, i più belli dell'anno: puliti, tersi, di uno stupefacente blu cobalto, con i suoi laghi mossi che sembrano riflettere le azzurrità celesti, con tramonti mai così incendiati. Le giornate sono più lunghe e luminose, proprio quando sembrava che il buio, la notte, le pesanti simbologie autunnali e mortuarie, avessero coperto tutto. La magia della Natura inverte l'abisso e di nuovo la luce, come è giusto, riprende il suo posto.
Quando ancora la nostra "civiltà" si lasciava ammaestrare e si leggeva ogni cosa in chiave mitica, la simbologia di Gennaio era insieme una speranza e un insegnamento: quanto più nera e profonda poteva essere la notte, tanto più la luce avrebbe trionfato ancora. E la vita greve e pesante si fa via via più lieve nella luce tersa del solstizio che avanza.
In Gennaio si propiziano arcaici e antichi riti agricoli un tempo pagani, opportunamente assorbiti dalla Cristianità come i falò di San Antonio Abate, protettore dei contadini, degli animali agricoli e delle malattie (specie il fuoco di S. Antonio) che cade il 17 gennaio. Abbiamo visto in quella data, quei rioni con chiese intitolate a detto santo (Chiesa del rione di La Motta a Varese e cappelletta di Lissago-Mustonate, un suo paesello campagnolo che si affaccia sul lago), grandi falò che bruciano davanti ai sagrati delle chiese intitolate al santo. Fuochi che squarciano le tenebre nel bel mezzo del gelido inverno. Detta tradizione di Sant'Antonio Abate è molto sentita anche al Sud, per tutta Italia e nelle Isole, e i loro falò si fanno con sterpi di vite per propiziare l'abbondanza e i buoni raccolti. Se il falò non si accende, per gli agricoltori è un brutto presagio.

Il fuoco purificatore, ci rimanda al ciclo di morte-rinascita. Le ceneri che si disperdono nel vento di tramontana renderanno fertile il terreno. I terreni del resto, in questo mese vengono arieggiati, rimossi e ripuliti da vecchie stoppie. " Ci  si porta avanti"- come dice delle mie parti, la brava gente di campagna. Gente che non si fa mai cogliere in fallo dalle stagioni e mesi, e sempre rispetta il lunario e le sue fasi. Gli animali domestici e da cortile, vengono benedetti dal prevosto, in una simpatica benevola processione; come “benedetto” era considerato il lavoro dei campi che non poteva svolgersi senza il loro aiuto. 
E la tradizione perdura tuttora. 

Benedizione degli animali agricoli per S. Antonio Abate



Sembra passato un secolo ed era ieri. Sarebbe meglio aggiungere, perdurava, prima che la chiesa farlocca e bergogliota, con la scusa del virus, preferisse la sanificazione alla Santificazione. Come scrive Aldo Maria Valli nel suo libro "Il Virus e il Leviatano", la Chiesa  è rimasta orfana sul mistero della sofferenza, della malattia e della Morte. Non ha fornito chiavi di lettura, ma si è solo preoccupata di applicare misure di presunta sanificazione. Anzi, in molti casi, si è preoccupata di apparire molto più rigida nell'applicare i  comportamenti richiesti dai giannizzeri di stato. Concludo con quest'altro rito di Gennaio dell'ultimo giovedi del mese, che ovviamente non verrà celebrato, quello della Giöbia.


In alcune località della bassa padana sopravvive la tradizione della Giöbia, altra festa a carattere agricolo-popolare La parola significa "vecchia strega", e permane ancor oggi, il simbolo del freddo inverno da scacciare mediante un enorme falò per far sparire i mali, affinché possa nascere e germogliare rigogliosamente la nuova stagione con i suoi doni di opulenza. E’ un altro rito propiziatorio di origini agricole che cade a fine mese,  molto sentito. In particolare a Busto Arsizio, Legnano, Turbigo, nel pavese e nella bassa lodigiana, dove la Giöbia è impersonata da una vecchia fatta di paglia, di stracci, di pezze e di altro materiale combustibile, rivestita di vecchi abiti dismessi, che viene issata su cataste di legna e bruciata in piazza l’ultimo giovedì di gennaio di ogni anno. Forse il suo nome trae per l’appunto origine da Giovia (giovedi). Ma ci sono altre versioni etimologiche, altri modi di chiamare "la vecchia" e altre varianti della vecchia strega da bruciare, a seconda delle località. Oggi anche questa festa popolare è nel mirino del "politically correct", perché accusata di "sessismo" e di "misoginia" dal fasullame del solito femministume. Quest'anno è poco probabile che venga celebrata, a causa delle "misure antiCovid" (il rischio dei cosiddetti "assembramenti"). E ogni pretesto è buono per azzerare i nostri stili di vita. 



Alla fine dell'Inverno e alle porte della primavera in Romagna si brucia la Fogheraccia, che ha fatto la sua suggestiva apparizione nel film "Amarcord" del riminese Federico Fellini.  Vedremo se anche a Fellini toccherà l'onta della "revisione critica" e delle contestazioni postume dei suoi film, in stile BLM. 

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"Perché ho lottato contro i lockdown delle chiese"
Monsignor Mark Davies, vescovo di Shrewsbury, ha fatto il punto dell'attuale situazione inglese con la Nuova Bussola Quotidiana. «A Natale abbiamo celebrato quindici Messe. Nelle ombre oscure di questi tempi è sembrato che la luce di Cristo risplendesse più intensamente. La parola “coraggio”? Mi è stata ripetuta più volte da Papa Benedetto XVI perciò ci siamo opposti alle restrizioni del parlamento. Il vero pericolo? La dimenticanza del passato cristiano».



In queste ore c'è una forte pressione dei media e degli esperti per convincere Boris Johnson a rendere più rigide le restrizioni del terzo lockdown nazionale che dovrebbe durare almeno fino alla metà di febbraio. La nuova variante del coronavirus, identificata proprio dalle autorità sanitarie britanniche lo scorso 14 dicembre, comincia ad essere considerata da alcuni scienziati "una pandemia nella pandemia". L'incubo in cui sono nuovamente precipitati i sudditi di Sua Maestà si è manifestato a ridosso delle feste natalizie con l'obbligata retromarcia del premier conservatore sul livello di massima allerta per Londra ed il Sud-Est dell'Inghilterra ed è proseguito con l'ingresso nel terzo lockdown nazionale scattato il 6 gennaio. Tuttavia, il governo ha fino ad oggi continuato a consentire l'accesso ai luoghi di culto ai fedeli inglesi, riconoscendo le chiese - e gli altri edifici destinati al culto - come posti non a rischio contagio e fornitori di un servizio essenziale. A Shrewsbury, diocesi della città dove nacque Charles Darwin, c'è un vescovo che ha voluto dedicare l'omelia della Notte Santa ricordando ai cattolici che, nonostante tutto, il "Natale non può mai essere cancellato". Monsignor Mark Davies, che guida la diocesi a confine con il Galles da undici anni, ha fatto il punto dell'attuale situazione inglese in quest'intervista concessa alla Nuova Bussola Quotidiana.

Eccellenza, dopo la scoperta della nuova variante del coronavirus e l'improvviso inasprimento delle restrizioni nella capitale ed in una parte del Paese, i media inglesi hanno scritto di un 'Natale cancellato'. E' stato davvero così? 
La crisi della salute pubblica ha ridotto molti aspetti della vita all'essenziale. La celebrazione del Natale 2020 non è stata annullata come alcuni suggerivano, anzi è stata ricondotta sotto molti aspetti all'essenziale. Sono rimasto profondamente colpito dagli straordinari sforzi compiuti dal clero e dal popolo per riunirsi a Messa in mezzo a tante restrizioni. Ero triste del fatto che molte famiglie non potessero stare insieme, i cori non fossero in grado di cantare e le chiese non potessero essere affollate nella Notte Santa. Tuttavia, queste dure circostanze sono sembrate in qualche modo utili a ricondurci alla grotta della Natività di Cristo. Tanto di ciò che è marginale nella moderna celebrazione del Natale è stato rimosso per consentire a molti di tornare al cuore del mistero della "Messa di Cristo". In Cattedrale sono state celebrate quindici Messe per accogliere i fedeli a causa del numero limitato. Ho pensato a come il Prologo del Vangelo di San Giovanni parli della luce che risplende nelle tenebre. Nelle ombre oscure del Natale 2020 è sembrato che la luce della venuta di Cristo risplendesse ancora più intensamente.

L'anno della pandemia ha portato il mondo a riscoprire la sacralità della vita umana, eppure proprio nel 2020 diversi Paesi hanno introdotto leggi per introdurre il suicidio assistito e facilitare l'aborto. C'è una contraddizione secondo lei?
Nella pandemia del 2020/2021 abbiamo assistito ad una lotta eroica ispirata dal valore attribuito a ogni vita umana e dalla necessità di proteggere coloro che sono più vulnerabili. Tuttavia, allo stesso tempo, una cecità morale ha consentito alle società occidentali in cui venivano compiuti enormi sacrifici a prolungare l'uccisione dei nascituri durante l'aborto e a minacciare la vita dei malati e degli anziani con l'eutanasia. Non possiamo non vedere in questa contraddizione morale un elemento satanico. La luce della fede cristiana ci porta ad amare la vita umana e proteggere i più fragili, ma una "cultura della morte" porta le persone a rivendicare ciecamente il diritto di distruggere e scartare la vita umana. La pandemia ci ha sfidato a mettere al primo posto i più vulnerabili e in questo modo i non nati, i malati e gli anziani non possono più essere nascosti alla nostra visione morale. Spero che nel mondo post-pandemico si possa imparare da questa lezione come la società trovi il giusto ordine delle sue priorità quando mette i più deboli e vulnerabili al centro delle sue preoccupazioni.

Un noto magazine britannico ha scritto che il 2021 potrebbe essere “l'anno dell'Armageddon economico”. Papa Francesco ha dedicato questo nuovo anno a San Giuseppe, patrono dei lavoratori. San Giuseppe era un falegname, oggi considerata una professione della classe media, quella più colpita dalla recessione COVID-19. Cosa può fare la Chiesa per sostenere questi lavoratori in difficoltà in quest'Anno speciale?Non è un caso che un anno in cui molti subiscono danni economici causati dalla pandemia sia anche un anno che è stato posto dal Santo Padre sotto il patronato di San Giuseppe. L'Anno di San Giuseppe ci invita a riscoprire il valore del lavoro umano esemplificato nella bottega di Nazareth. San Giuseppe ci mostra come il lavoro ordinario sia un cammino verso la santità. La concezione cristiana del lavoro porta la società nel suo insieme a riconoscere come tutti dovrebbero poter trarre dal lavoro i mezzi per provvedere a se stessi, alla propria famiglia e l'opportunità di servire la comunità. Questa stessa dottrina ci porta a riconoscere come tutto il lavoro umano onesto può essere intrapreso con amore ed essere offerto a Dio con la preghiera. Un periodo in cui molti sono stati bloccati in cassaintegrazione o sono stati licenziati o sono ansiosamente alla ricerca di un nuovo impiego, è sicuramente un momento per ribadire il valore soprannaturale del lavoro come via verso la santità. In breve, potremmo dire la recita e la pratica dell'Offerta della giornata.

Benedetto XVI, all'epoca regnante, le aveva raccomandato di avere "coraggio" nel suo ruolo di Vescovo. Pensa che il coraggio che lei e altri vescovi del Regno Unito avete dimostrato protestando contro il divieto di riunirsi nei luoghi di culto durante il secondo lockdown abbia influito nella decisione del governo di fare marcia indietro?
Sì, la parola “coraggio” mi è stata ripetuta più volte da Papa Benedetto XVI quando sono stato chiamato a essere Vescovo. Questa chiamata al coraggio riecheggia nella mia mente soprattutto quando si affrontano le sfide. La crisi della salute pubblica ha comportato molte sfide di cui non si aveva traccia nella memoria vivente. La Chiesa desiderava cooperare con le autorità pubbliche per cercare di salvaguardare l'intera comunità e soprattutto i più vulnerabili. Tuttavia, quando il Parlamento britannico ha intrapreso il passo senza precedenti di rendere illegale il culto pubblico in Inghilterra, questo è stato un atto che i vescovi hanno dovuto contestare. Ho visto un pericoloso precedente in un governo o in qualsiasi autorità politica che rivendicava il diritto di dichiarare la celebrazione della Messa e dei Sacramenti illegali in una nazione. È stata una risposta notevole e unita che ha visto numerosi fedeli contattare i parlamentari per dare testimonianza dell'essenzialità dei luoghi di culto. Questa testimonianza, insieme all'attuazione delle misure di sicurezza che rendono le chiese tra i luoghi più sicuri della società, ha portato il governo a riconoscere il culto come "essenziale" e a fare del culto pubblico l'unica assemblea legalmente autorizzata in questo lockdown nazionale.

Soffermandoci sul difficile anno appena trascorso: nelle strade britanniche abbiamo visto attivisti vandalizzare o chiedere la rimozione di statue dedicate a personaggi o eventi legati alla storia nazionale. Teme che in futuro questa cosiddetta "cancel culture" possa colpire i simboli dell'eredità cristiana anche da voi, così come successo altrove?
La storia mostra come le piaghe e le pandemie siano state spesso seguite dal disordine sociale. Nelle strade delle città britanniche ci è sembrato di vedere il desiderio di cancellare molti torti del passato. Un desiderio non manifestato in uno spirito di conversione o di pentimento, ma piuttosto con ciò che descrivi come furia di una folla e atti spontanei di violenza. Comprendo il motivo per cui si teme che tale violenza possa essere diretta contro i simboli dell'eredità cristiana della nazione. L'amnesia generale sul passato cristiano riscontrata oggi può consentire che la la fede stessa - da cui si è forgiato tutto ciò che c'è di buono nella nostra civiltà - venga presentata come una forma di oppressione. Questa dimenticanza del passato cristiano è il pericolo maggiore e rende ancora più imperativo dare testimonianza di quei fondamenti cristiani vitali della società.

Il cardinale Manning, arcivescovo di Westminster dal 1865 al 1892, sosteneva che la Chiesa cattolica ha due servizi da rendere al mondo: il primo compito è quello di salvare le anime, ma in secondo luogo dovrebbe “maturare ed elevare la vita sociale e politica degli uomini”. Pensa che sia giunto il tempo per un ruolo maggiore dei cattolici nella vita nazionale del Regno Unito?
Penso che per i cattolici sia un momento vitale per impegnarsi nella vita nazionale nonostante tutto ciò che lo rende difficile. Papa Benedetto XVI nel suo viaggio apostolico su queste sponde ci ha esortato ad entrare in questo impegno da cui dipende il futuro della società. Una società che rischia di dimenticare le sue fondamenta cristiane potrebbe anche stranamente essere pronta a ricevere di nuovo questa testimonianza. Papa Benedetto lo ha certamente dimostrato durante la sua visita in Gran Bretagna nel 2010. Citando le parole del cardinale Manning che ha raccolto questa sfida in tempi altrettanto difficili, possiamo vedere come la preoccupazione suprema della Chiesa per la salvezza delle anime sia legata a questa elevazione o trasformazione dall'interno della vita della società.

Nico Spuntoni

1 commento:

  1. “Verrà un tempo in cui gli uomini impazziranno, e al vedere uno che non sia pazzo, gli si avventeranno contro dicendo: “Tu sei pazzo !”, a motivo della sua dissomiglianza da loro”. (profezia di S. Antonio Abate)

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