ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 23 gennaio 2021

L’aborto è come l’insalata alla Paglia..

Aborto normalizzato, il male non è più percepito

Due esempi recenti: Monica Cirinnà, scandalizzata, protesta contro i manifesti di Pro Vita & Famiglia, mentre l'Europarlamento boccia l'emendamento di Simona Baldassarre contro l'utero in affitto. L'aborto e le pratiche di fecondazione artificiale sono ormai talmente sdoganate e normalizzate che viene giudicato folle chi si oppone.

                              Feto di 10 settimane abortito

Prendiamo due dichiarazioni. La prima viene dalla senatrice Monica Cirinnà che se la prende con la campagna antiabortista promossa da Pro Vita & Famiglia. Su Facebook la Cirinnà così si esprime: «Di nuovo. Da stamattina [sic] questi beceri manifesti antiabortisti e contro i diritti delle donne stanno girando tra le strade di Roma. Non più sui muri come nei mesi scorsi, ma su "vele" pubblicitarie enormi. Perché anche nel giorno in cui celebriamo la prima vicepresidente donna degli Usa, in Italia c'è ancora chi vorrebbe mortificare i diritti femminili. È la campagna disgustosa di Pro Vita che mortifica i diritti e continua a colpevolizzare le donne. Il comune di Roma deve fermarle subito: non può esserci spazio politico per chi intende calpestare le donne e i loro diritti».

Passiamo ad una seconda dichiarazione di segno opposto. Simona Baldassarre, Eurodeputata della Lega, propone un emendamento contro l’utero in affitto presso il Parlamento europeo, ma viene bocciato. Questi i commenti della Baldassarre: «Il Parlamento europeo, per l’ennesima volta, ha perso un’occasione storica: difendere la dignità della donna, condannando l’utero in affitto. Insieme a 41 colleghi provenienti da Gruppi politici e nazionalità differenti, all’interno della Relazione annuale sui Diritti umani e democrazia nel mondo, ho chiesto che il Parlamento impedisse la nuova schiavitù del III Millennio. Purtroppo il nostro appello è rimasto inascoltato. L’emendamento è stato bocciato dalla maggioranza. Risultato: la tanto sbandierata “tutela della donna” resterà una parola vuota e il business della riproduzione continuerà a fare le sue vittime e i suoi profitti. Sono dispiaciuta anche per le scelte di alcuni colleghi di Fi, che hanno preferito astenersi, piuttosto che combattere una sacrosanta battaglia di civiltà. E prendo anche atto che a Bruxelles sui temi che riguardano la famiglia, la confusione regna sovrana: sull’utero in affitto, a parte qualche deputato “libero”, 5Stelle e Pd non sono riusciti a esprimere una posizione unitaria. Mi chiedo, inoltre, che fine abbiano fatto i cattolici e le femministe di questo Parlamento, di fronte ad una pratica che vede la donna come un mero prodotto di mercato; il bambino come merce da spedire ai committenti e la gravidanza e il parto come dei meccanismi commerciali da sfruttare».

Due dichiarazioni dai contenuti palesemente differenti e a tratti antitetici, ma che dipingono in modo assai efficace quale sia l’attuale percepito collettivo, coagulato dai due post sopra citati, riguardo ai tanto cari quanto antichi principi non negoziabili. Il sentire diffuso su aborto, eutanasia, contraccezione, fecondazione artificiale, divorzio, omosessualità non ha più i toni della battaglia ideologica, li ha persi e si è ammantato invece di quelli di un nuovo «buon» senso. Tentiamo di spiegare meglio questa affermazione che potrebbe suonare errata e assai bislacca.

Ad eccezione di alcuni fenomeni sociali il cui iter giuridico di legittimazione è solo agli albori – vedi la rettificazione sessuale nei minori – pratiche come aborto, fecondazione artificiale, divorzio, etc. nel sentire diffuso si sono trasformate in pratiche neutre dal punto di vista morale. È un po’ come se si chiedesse al primo che passa per strada cosa pensasse della nutrizione. Di certo costui ci guarderebbe in modo strano. «Ma che domanda è mai questa?» potrebbe giustamente risponderci. Al che noi aggiungeremmo: «Lei pensa che sia cosa buona o malvagia nutrirsi?». Lo sbigottimento aumenterebbe e il signor Tizio replicherebbe: «Ovvio che sia cosa buona!».

Lo stesso accade per le tematiche di morale naturale e in specie di bioetica. Il signor Tizio non si domanda nemmeno più se l’aborto e il divorzio siano cose buone, ci sono e basta, come appunto nutrirsi, dormire, respirare. Non si sceglie di respirare, si respira e punto. Quindi prendiamo atto di questi fenomeni ed è da stupidi perdere anche tempo per questionare sulla loro bontà o meno. Ci si stupisce addirittura che anche il cattolico sia contrario perché il suo amore per il prossimo dovrebbe portarlo dalla parte della donna che ha scelto di abortire, dalla parte della coppia alla ricerca di un bambino in provetta, dalla parte di chi marcia nei gay pride. Il cattolicesimo è diventato la religione della prossimità senza contenuti.

Come siamo finiti in questo binario morto? Se nel’68 tali scelte si presentavano come idee politiche, costrutti ideologici intellettualmente elaborati, poi sono diventate prassi sociale, costume, habitus. Oggi addirittura, potremmo così dire usando un linguaggio volutamente iperbolico, non sono nemmeno più scelte, ma comportamenti naturali come mangiare e bere. Una volta una ragazza universitaria pro-life mi raccontò che in un confronto con un suo compagno abortista questi ad un certo momento così argomentò: «L’aborto è come l’insalata. A me piace, a te no. Punto». Dunque aborto, contraccezione, eutanasia, fecondazione artificiale, divorzio, omosessualità sono diventati paesaggi naturali in cui siamo immersi tutti i giorni e tutti i giorni i nostri occhi li osservano. E sono diventati così usuali che non li vediamo più, come i quadri di casa nostra che ormai sono così presenti al nostro sguardo che, per paradosso, scompaiono. Il male è scomparso, non perché non esistente, ma perché non più percepito.

Dunque la reazione della Cirinnà in merito alla campagna contro l’aborto e la bocciatura da parte degli eurodeputati all’emendamento contro l’utero in affitto riflette fedelmente questo nuovo e diffusissimo clima morale. È come se Pro Vita & Famiglia e la leghista Baldassarre si fossero schierati contro la nutrizione, la respirazione, contro il cibo e l’aria stessa. Cose da pazzi, non trovate?

Tommaso Scandroglio

https://lanuovabq.it/it/aborto-normalizzato-il-male-non-e-piu-percepito

Togliete il nome di Giovanni Paolo II dall'Istituto sulla famiglia

Sulla pagina Facebook del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II è apparso uno scandaloso post Facebook che, a sostegno di Joe Biden, sostiene che «difendere il diritto all’aborto non significa difendere l’aborto». Giudizio diametralmente opposto a quello che è stato il Magistero del papa polacco, che non merita di essere continuamente infangato. Piuttosto chiamate l'Istituto Amoris laetitia.

«Difendere il diritto all’aborto non significa difendere l’aborto». Chi avrà mai detto un’idiozia del genere? Lo ha messo nero su bianco e pubblicato su Facebook nientemeno che il Pontificio Istituto teologico Giovanni Paolo II, per difendere la “cattolicità” del neo presidente americano Joe Biden. Giustamente il post ha suscitato una serie di reazioni indignate sulla rete – e anche fuori - costringendo dopo qualche ora l’Istituto a rimuovere il post (di cui ovviamente restano gli screenshot).

Peraltro tutto nasce da un post che rilanciava l’articolo apparso originalmente sull’Huffington Post dal titolo inequivocabile: “Joe Biden, un cattolico alla Casa Bianca tra i veleni della chiesa americana” (la “c” di Chiesa volutamente minuscola). La tesi dell’articolo è facilmente intuibile: Biden rappresenta il vero cattolicesimo, il “Social Gospel”, la tradizione conciliare, la piena sintonia con papa Francesco; mentre i vescovi che lo criticano sono il rimasuglio di un passato fondato sulla «retorica dei princìpi non negoziabili». Non male come articolo del giorno scelto dai responsabili di quell’Istituto voluto da Giovanni Paolo II per rafforzare la famiglia, nel quadro di un’azione più ampia per promuovere i princìpi non negoziabili.

E infatti le reazioni negative sono cominciate a fioccare, cosicché l’anonimo curatore della pagina che firma a nome dell’Istituto ha iniziato a ribattere colpo su colpo, cercando di difendere appunto il contenuto dell’articolo e la coerenza di cattolico di Biden, ed è alla fine di un lungo batti e ribatti che se ne è uscito con la risposta sconcertante di cui sopra: «Difendere il diritto all’aborto non significa difendere l’aborto. Ma soprattutto se dovessimo assegnare patenti di cattolicità in base alle posizioni politiche ben pochi politici potrebbero definirsi cattolici». Dunque difendere il diritto all’aborto è un’opinione politica come tante altre, per i responsabili dell’istituto.

Certo, il colpo di mano dell’estate 2019 guidato dal nuovo cancelliere voluto da papa Francesco, monsignor Vincenzo Paglia, ha sovvertito la mission e l’identità dell’Istituto (clicca qui per approfondire), ma affermazioni pubbliche così chiaramente in contraddizione con il Magistero della Chiesa ancora mancavano. Ci voleva l’accendersi di una discussione sui social per far uscire fuori il vero pensiero di queste nuove élite. Una vera bestemmia nei confronti di Giovanni Paolo II, che durante tutto il suo pontificato si è speso per spiegare la disumanità della posizione espressa da quella frase, inconciliabile con la fede cattolica.

Basterebbe andarsi a rileggere l’enciclica Evangelium Vitae (1995), con la sua denuncia e condanna del relativismo etico da cui nascono posizioni che giustificano il sostegno a leggi sull’aborto e sull’eutanasia: «Rivendicare il diritto all'aborto, all'infanticidio, all'eutanasia e riconoscerlo legalmente – scriveva Giovanni Paolo II nella Evangelium Vitae (no. 20) - equivale ad attribuire alla libertà umana un significato perverso e iniquo: quello di un potere assoluto sugli altri e contro gli altri. Ma questa è la morte della vera libertà».

Ironia della sorte, la scandalosa affermazione dell’Istituto Giovanni Paolo II, ha preceduto di poche ore una illuminante dichiarazione di Joe Biden: ieri si celebrava da una parte la Giornata della Santità della Vita, istituita da Donald Trump, e dall’altra si ricordava il 48esimo anniversario della sentenza Roe vs Wade che ha legalizzato l’aborto negli Stati Uniti. Ebbene Biden, con la sua vice Kamala Harris, ha scelto la seconda ricorrenza con una dichiarazione in cui si impegna a promuovere l’accesso universale all’aborto. Un diritto che, dice Biden, negli ultimi 4 anni è stato duramente attaccato. Parte di questo è anche l’impegno a nominare giudici alla Corte Suprema che impediscano che le nomine fatte da Trump blocchino l’aborto. È la conferma indiretta del progetto di aumentare il numero dei giudici della Corte Suprema in modo che i liberal riconquistino la maggioranza.

È chiaro che il tifo sfegatato che i vertici della Santa Sede hanno fatto per Biden, e che l’Istituto Giovanni Paolo II ha così rozzamente espresso su Facebook, era ben consapevole che la spinta alla diffusione dell’aborto era in cima alle priorità del nuovo presidente. Così come la promozione dell’agenda Lgbt finalizzata alla distruzione della famiglia naturale. Quanto di più lontano si possa pensare dalla sensibilità e dalla comprensione della società occidentale propria di Giovanni Paolo II.

Sarebbe perciò un atto di dignità e di onestà intellettuale se i “nuovi padroni” del Pontificio Istituto teologico per le Scienze sul matrimonio e sulla famiglia togliessero il nome di Giovanni Paolo II dall’intestazione. È già abbastanza averne tradito il Magistero, non è necessario infangarne continuamente la memoria. E visto che la stella polare dell’attuale Istituto è espressamente considerata l’Esortazione apostolica Amoris Laetitia, venga dunque rinominato Pontificio Istituto Amoris Laetitia. Sarebbe almeno un contributo alla chiarezza.

Riccardo Cascioli

https://lanuovabq.it/it/togliete-il-nome-di-giovanni-paolo-ii-dallistituto-sulla-famiglia

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.