Il fondatore di Schönstatt è stato smascherato. Ma i suoi si ostinano a volerlo santo
(s.m.) Il caso di p. Josef Kentenich (1885-1968), fondatore del movimento apostolico di Schönstatt, si arricchisce di un nuovo capitolo, dopo i tre già portati alla luce su Settimo Cielo da Alexandra von Teuffenbach, storica della Chiesa, con questo crescendo dai titoli molto eloquenti:
> Padre padrone. Il fondatore del movimento apostolico di Schönstatt abusava delle sue suore (2 luglio 2020)
> Il fondatore di Schönstatt non fu mai riabilitato. Questa lettera di Ratzinger ne è la prova (3 agosto 2020)
> “Mi diceva di mettere il viso nel suo grembo”. Così il fondatore di Schönstatt educava le sue suore (2 novembre 2020)
Incredibilmente, infatti, nonostante la cattiva condotta di p. Kentenich sia ormai documentata da una mole di carte e di testimonianze, i promotori della sua causa di beatificazione vanno avanti imperterriti. Non solo. Le suore di Schönstatt hanno portato in tribunale, in Germania, l’autrice delle ricerche, intimando il ritiro del primo volume da lei pubblicato, la censura sulle testimonianze più scomode e il pagamento di un risarcimento per danni.
Ma lasciamo la parola ad Alexandra von Teuffenbach, sugli sviluppi del caso Kentenich.
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Gentile dott. Magister,
quando all’inizio di luglio del 2020 le documentai come p. Josef Kentenich trattava le suore del movimento apostolico di Schönstatt da lui fondato, non avrei mai immaginato quello che mi sarebbe successo negli otto mesi seguenti.
Sono diventata infatti, mio malgrado, un’osservatrice dell'agire discorde della Chiesa – nelle sue varie componenti – riguardo ai casi di abuso.
Perché da un lato io continuo a frequentare il Vaticano nella concretezza dei suoi archivi, aperti agli studiosi di tutto il mondo senza discriminazione né preclusione alcuna e con grande apertura alla realtà sia umana che ecclesiale che si riscontra nelle carte e che non sempre è luminosa.
Ma dall’altro lato vedo anche l’incapacità decisionale del vescovo di Treviri, Stephan Ackermann, che invece di chiudere la causa di beatificazione portata avanti da decenni istituisce una nuova commissione di “esperti” (sei, in buona parte membri di Schönstatt). Non sa che i responsabili della sua diocesi hanno raccolto, almeno a partire dal 1975, decine di lettere e testimonianze giurate sia di padri della Società dell’apostolato cattolico (popolarmente detti “pallottini”, dei quali Kentenich fu confratello), sia di suore denigrate, umiliate e abusate? E pensa che lui e la Chiesa cattolica diventeranno più credibili nel momento in cui saranno pubblicati gli atti degli abusi compiuti da quell’uomo durante il suo esilio a Milwaukee?
L’incoerenza a cui assistiamo è quella di una Chiesa che da un lato ha celebrato nel gennaio 2019 un summit sugli abusi con tanti “mea culpa”, ma dall’altro lato lascia che i capi di un movimento possano già promuovere il culto – con statue, santini, feste, preghiere – di un loro fondatore che, documenti e processi alla mano, sul sesto e su altri comandamenti non brilla certo per esemplarità, turbando così molti fedeli.
Molti di questi, soprattutto dall’America Latina, mi hanno scritto chiedendomi di poter leggere anche nella loro lingua la documentazione da me raccolta. Ora potranno trovarla, grazie a dei traduttori che hanno prestato gratuitamente la loro opera, nel volume “‘El padre puede hacerlo’. Una documentación de archivo”, disponibile in spagnolo su Amazon.
Il profondo sconcerto di tanti cattolici dinanzi ai silenzi di coloro che pur sapevano degli abusi di p. Kentenich dovrebbe generare anche nella gerarchia della Chiesa il dubbio se quel summit sia stato sufficiente o invece non sia necessario altro per cambiare veramente le cose. Certo, ciò che sicuramente non è risolutivo è proprio ciò che viene invocato a gran voce soprattutto in Germania: un cambiamento delle strutture patriarcali e rigide della Chiesa, additate impropriamente come la ragione esclusiva dell'esistenza degli abusi, in particolare di quelli sessuali.
Ormai sappiamo, infatti, che gli abusi, soprattutto sessuali, avvengono pure in altri contesti ritenuti più “democratici”. Non solo, conosciamo anche, grazie alla vicenda personale di p. Kentenich, che fu proprio la Chiesa di Pio XII, nonostante apparisse così rigida, a mettergli un freno, mandandolo in esilio dall’altra parte del mondo e vietandogli per tutto il resto della vita ogni contatto con le sue suore. Certo la Chiesa di allora, nel trattare dei peccati contro il sesto comandamento si basava non sulla psicologia ma sul Vangelo, la morale, il diritto canonico, mentre la società del tempo e gran parte della psicologia e psichiatria neppure si curavano di quelle donne e delle loro sofferenze o addirittura negavano la concretezza del loro dolore.
Ma tornando al mio libro, uscito l’anno scorso in Germania, non saprei dire fino a quando potrà essere liberamente acquistata la sua versione spagnola, perché riguardo all’edizione tedesca la pietà che chiunque prova dopo aver letto la storia di suor Giorgina Wagner e di altre suore abusate da p. Kentenich non ha evidentemente toccato le loro consorelle di oggi.
In Germania, a fine novembre, le suore di Schönstatt hanno dato incarico a un famoso studio legale di ingiungere a me e alla casa editrice di ritirare immediatamente il libro, di non riprodurre più una lunga lista di frasi estratte in modo diretto e indiretto dalle testimonianze giurate delle suore e anche di pagare una cifra non indifferente per i danni. Ora siamo arrivati alla fase processuale. Sono fiduciosa che anche in Germania resti sempre in vigore la libertà della scienza.
L'accusa più grottesca che mi è stata rivolta – e che l’avvocato delle suore ha semplicemente ripreso dalle comunicazioni ufficiali della presidenza di Schönstatt, dal postulatore e da altri del movimento – è che io mi sarei immischiata indebitamente nel processo di beatificazione, anzi, che avrei resi pubblici “atti segreti” del processo.
Ma forse l’idea che sta dietro a tutto questo impegno giuridico è che facendomi causa quelle suore pensano di portare comunque agli altari l’uomo di cui si sono voluti nascondere – tacendo, celando documenti, denigrando e minacciando chi li pubblica – i gravi e ripetuti abusi.
Ora che una parte dei “segreti” di Schönstatt è stata da me svelata, probabilmente hanno paura che io possa pubblicare anche il seguito della storia, che si svolse a Roma e poi a Milwaukee. Ma per la Chiesa una persona può essere beatificata se ha vissuto in modo esemplare le virtù teologali e cardinali, e non perché se ne sono nascoste le condotte inadeguate.
Sostenere poi che i “documenti sono segreti” è semplicemente falso. La Santa Sede non preclude affatto l’accesso alla documentazione mentre si celebrano i processi di beatificazione o canonizzazione. Al pari di molti altri ricercatori, io stessa ho sempre potuto lavorare sui documenti conservati negli archivi vaticani anche mentre – ad esempio – i papi di cui studiavo le carte venivano beatificati o canonizzati. Nessuno ha mai impedito la pubblicazione di quei documenti! Non così per Schönstatt: per loro tutto ciò che non è favorevole a p. Kentenich fa parte del “segreto del processo di beatificazione”. Ma come sembra non sapere il postulatore della causa, segreto è il procedimento, non gli atti conservati nei vari archivi. Inoltre fino al 2007 i testimoni di questo processo non erano tenuti al segreto: non sono mai stati vincolati in tal senso e hanno addirittura avuto a disposizione le copie delle loro testimonianze, che hanno messo in mano a p. H. M. Köster che voleva trarne un libro.
Mi lascia poi senza parole che il movimento accomuni i nomi dei grandi teologi Henrì de Lubac e Yves Congar a quello di Josef Kentenich. Se i primi due hanno avuto problemi con il Sant’Ufficio negli anni '50 perché in qualche loro libro c’erano delle tesi dottrinali contestabili, nessuno di loro è stato condannato a una delle pene più severe che la Chiesa può infliggere a un religioso: l’esilio e l’allontanamento assoluto dalle sue suore, a motivo non di una teologia ma di una condotta pratica ritenuta gravemente errata. Ricordo che durante il Concilio Vaticano II p. Kentenich non fu affatto invitato a rientrare Roma, mentre de Lubac e Congar parteciparono alla preparazione e allo svolgimento del Concilio per volere dello stesso Sant’Ufficio.
Gentile dott. Magister, in certi ambienti della Chiesa trovo ancora troppi silenzi e troppa indifferenza, per ragioni di tornaconto, anche quando si tratta di donne, uomini o bambini che hanno subito ogni tipo di abuso. Gesù ha raccontato una parabola che si addice molto a tale situazione: dinnanzi a un uomo picchiato e lasciato in fin di vita sul ciglio della strada ci sono quelli che non lo soccorrono, quelli che vanno avanti come se nulla fosse, quelli che non cercano di lenire le sue ferite, quelli che non pagano per lui. In quella parabola io vedo il problema della Chiesa nella gestione degli abusi e il problema di Schönstatt col suo fondatore. Mi permetta di ringraziarla per aver dato spazio al mio lavoro di ricerca, mentre altri, molti altri, hanno preferito e preferiscono tacere.
Alexandra von Teuffenbach
Settimo Cielo
di Sandro Magister 23 mar
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