Lo scisma incombe: Papa Francesco e la Chiesa volutamente ribelle in Germania
Sulla gravosa questione del potenziale scisma tedesco, ecco l’opinione molto interessante di padre padre Raymond J. de Souza, direttore fondatore della rivista Convivium, pubblicato sul National Catholic Register, nella mia traduzione.
Nel marzo 2013, Papa Francesco ha parlato di quanto vorrebbe una “Chiesa povera per i poveri”. Al suo ottavo anniversario, è la più ricca di tutte le chiese locali che minaccia di divorare il suo intero pontificato.
Il Santo Padre ha iniziato il suo nono anno con un altro tentativo di tenere a freno la Chiesa ribelle in Germania. Un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede ha dichiarato che la Chiesa non ha il potere di benedire le unioni omosessuali.
Il cardinale Blase Cupich, il principale interprete delle priorità pastorali del Santo Padre nell’episcopato statunitense, ha detto che non c’era “nulla di nuovo” nella dichiarazione della CDF. Eppure ha creato una tempesta di fuoco in Germania, con centinaia di teologi e alcuni vescovi che hanno espresso il loro disaccordo. Negli Stati Uniti, l’accusa contro la CDF è stata guidata dalla rivista dei gesuiti America.
In effetti, il corrispondente da Roma di America (la rivista dei gesuiti americani, ndr), Gerard O’Connell, si è dato molto da fare per suggerire che in qualche modo Papa Francesco non intendeva veramente ciò che la CDF ha detto, nonostante abbia dato il suo “assenso” pubblico e ufficiale alla sua pubblicazione.
Gli sforzi di O’Connell sono diventati leggermente esilaranti quando ha sostenuto che il divieto del 12 marzo sulle Messe nella Basilica di San Pietro rifletteva certamente ciò che Papa Francesco desiderava devotamente, sebbene [il testo] non avesse alcun riferimento a lui, mentre la dichiarazione della CDF del 15 marzo dovrebbe essere messa in dubbio, nonostante il Santo Padre l’abbia esplicitamente approvata. O’Connell è lo stenografo de facto della corte papale, trasmettendo in modo affidabile il consenso di coloro che circondano Papa Francesco.
Le spiegazioni reciprocamente contraddittorie offerte indicano il livello di ansia in quei circoli. C’è ansia perché la grande scommessa progressista del pontificato di Papa Francesco sembra essere fallita.
Mentre inizialmente esprimeva il desiderio di una “Chiesa povera per i poveri”, il Santo Padre ha perseguito l’agenda a lungo desiderata dalle Chiese ricche.
Ha aperto tre questioni chiave care alle ricche Chiese locali d’Europa, prima fra tutte la Germania: La Santa Comunione per i divorziati civili e risposati; l’autorità sulle traduzioni liturgiche; e una maggiore autorità dottrinale per le conferenze episcopali nazionali. Tutti e tre sono stati avanzati sotto la bandiera della “sinodalità”. Tutte e tre le questioni erano state definitivamente risolte da San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, in Familiaris Consortio, Liturgium Authenticam e Apostolis Suos, tutte in un modo che non piaceva all’ala liberale della maggioranza dei vescovi tedeschi. Le crescenti Chiese locali nel sud del mondo – le vere Chiese povere – avevano poco interesse nell’agenda tedesca che guardava verso l’interno.
La scommessa di Francesco era che nel portare avanti l’agenda della “Chiesa ricca per i ricchi”, Papa Francesco potesse essere in grado di infondere un po’ di vita evangelica nelle morenti Chiese d’Europa. Quindi ha taciuto anche su pratiche che violano palesemente tutto il suo spirito poverello, come la pratica tedesca di negare i sacramenti, compreso il funerale in chiesa, a coloro che non pagano la tassa annuale sulla chiesa. Nel 2019, quella tassa ha generato quasi 8 miliardi di dollari di entrate per la Chiesa tedesca.
L’episcopato tedesco ha evidentemente giudicato i gesti accomodanti di Papa Francesco come troppo deboli dopo 35 anni di rapporti con le ferme prese di posizione di Giovanni Paolo e Benedetto. Hanno intascato le concessioni fatte dal Santo Padre e hanno deciso di premere per ottenere il massimo vantaggio. Da qui il “cammino sinodale“, che è ora in corso in Germania. Non c’è alcun mistero su dove porterà il cammino: cambiamenti nell’insegnamento della Chiesa su matrimonio, divorzio, omosessualità e contraccezione; cambiamenti nell’insegnamento sugli ordini sacri; e la diminuzione dell’autorità dei vescovi nel governare la Chiesa.
La scommessa tedesca del Santo Padre è fallita. Ha condotto con una mano aperta e ha ricevuto in cambio un pugno chiuso. Non è disposto ad andare dove la maggioranza dei vescovi tedeschi sta andando.
Ora la tanto temuta e tanto evitata catastrofe post-conciliare è a portata di mano: lo scisma. Nell’agitazione che spesso segue i concili ecumenici, aggravata dallo sconvolgimento sociale e culturale della fine degli anni ’60, la sfida affrontata da San Paolo VI, San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI era di prevenire lo scisma. Si temeva da parte dei “progressisti”, dato che le energie passionali erano in ebollizione. Attraverso una serie di decisioni abili e coraggiose, dall’Humanae Vitae e il Credo del popolo di Dio, al Catechismo della Chiesa Cattolica e alla Veritatis Splendor, i timonieri mantennero la Chiesa unita nella verità di Cristo, attraverso le tempeste.
L’unica divisione è stata una minore in termini di numeri, con i seguaci dell’arcivescovo Marcel Lefebvre che si sono spostati in una situazione canonica irregolare, ma non scismatica. Quella situazione è stata, in gran parte, praticamente risolta con gesti generosi sia da parte di Benedetto XVI che di Papa Francesco.
Nel frattempo, il locus germanico del dissenso progressista è stato paziente, aspettando forse un papa dai “confini della terra” che ritenevano di poter manipolare e intimidire.
Ma papa Francesco non è uno sciocco. Conosce la posta in gioco e sa che tutta la sua agenda e l’eredità del suo pontificato sono in bilico. Se lo scisma dovesse avvenire sotto i suoi occhi, le sue priorità di “sinodalità” e “discernimento” saranno completamente screditate nella pratica, anche se non sono del tutto responsabili dell’ammutinamento tedesco. Un papa che presiede allo scisma è un papa fallito davanti al giudizio che ogni supremo pastore della Chiesa deve affrontare.
Ecco perché Papa Francesco ha reso abbondantemente chiaro che il “Cammino sinodale” tedesco è inaccettabile e deve essere abbandonato come originariamente formulato. Il Santo Padre ha scritto una lunga e pungente lettera alla Chiesa in Germania nel giugno 2019, avvertendola che il loro percorso avrebbe finito per “moltiplicare e alimentare i mali che voleva superare.”
E’ seguita una lettera del cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi, ai vescovi tedeschi nel settembre 2019, affermando categoricamente che i piani sinodali non erano “ecclesiologicamente validi”. Il Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi ha stabilito allo stesso tempo che la presunta “natura vincolante” del progetto tedesco era una fantasia giuridica, in quanto nessuno poteva dare, tanto meno aveva dato, tale autorità al “percorso sinodale”.
Un anno dopo, mentre i tedeschi non prestavano alcuna attenzione alle obiezioni del Santo Padre, il presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, il cardinale Kurt Koch, ha rivelato che il Santo Padre aveva espresso gravi preoccupazioni sulla direzione generale della Chiesa in Germania.
Ora la CDF ha pesato sulla pratica di benedire le unioni omosessuali, già illecitamente in corso in alcune parrocchie tedesche, e certamente sarà una delle decisioni del “percorso sinodale vincolante”.
Papa Francesco ha così ingaggiato la battaglia per la Germania con notevole vigore. I responsabili del “cammino sinodale” tedesco hanno trattato i suoi interventi con disprezzo e disdegno, e hanno ignorato del tutto le sue suppliche per l’unità cattolica nella dottrina e nella disciplina. Il nono anno del pontificato di Francesco sarà consumato dalle conseguenze di questa contumacia.
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