“L’uomo moderno ascolta più volentieri i testimoni che i maestri”, diceva Paolo VI, “e se ascolta i maestri è perché sono testimoni”. 

Card. Roberto Bellarmino
Card. Roberto Bellarmino


Tra gli anniversari importanti del 2021, il 400° anniversario della morte di San Roberto Bellarmino (1542-1621), gesuita italiano, cardinale, dottore della Chiesa e patrono dei catechisti e dei catecumeni, farà probabilmente notizia.

Per il suo immenso lavoro nell’insegnamento della fede, San Roberto Bellarmino è invocato come patrono dei catechisti. Non è casuale che a maggio, mese di Maria – Maria è considerata discepola, maestra e catechismo vivente – e nel giorno della festa (10 maggio) di San Giovanni d’Ávila, sacerdote spagnolo del XVI secolo, teologo, predicatore, direttore spirituale, catechista, evangelizzatore e Dottore della Chiesa, Papa Francesco ha promulgato il motu proprio Antiquum Ministerium, istituendo il ministero laicale del catechista sia per gli uomini che per le donne.  

Come indica il titolo, il ministero dei catechisti, che comprende sia uomini che donne, ha radici antiche nella storia e nel ministero della Chiesa. Chi furono i primi catechisti? La risposta è semplice: i genitori. I genitori sono i primi catechisti, i primi predicatori della fede e coloro che introducono le “buone maniere” della fede, educando i loro figli con la parola e l’esempio vissuto. I genitori sono chiamati a questa responsabilità unica come primi insegnanti e seminatori dei semi della fede.

Papa San Paolo VI, nel Decreto del 1965 sull’Apostolato dei Laici, spiega il ruolo dei genitori come catechisti:

“Nella famiglia i genitori hanno il compito di formare i loro figli fin dall’infanzia a riconoscere l’amore di Dio per tutti gli uomini. Soprattutto con l’esempio devono insegnare loro a poco a poco ad essere solleciti delle necessità materiali e spirituali del prossimo. Tutta la famiglia nella sua vita comune, quindi, dovrebbe essere una sorta di apprendistato per l’apostolato”.

Chi si assume la responsabilità di questo compito dopo i genitori? I catechisti – che, come i genitori biologici, si occupano del benessere spirituale dei loro figli di Dio adottati, assumendo una parte importante nel processo di educazione alla fede. Nel corso della storia della Chiesa, si sono create relazioni tra catechisti e catecumeni, insegnanti e studenti.

San Paolo ha dato molto peso alle relazioni personali e al valore del ministero del catechista. In Galati 6,6, egli scrive:

“Uno che viene istruito nella parola deve condividere ogni cosa buona con il suo istruttore”. 

Anche se durante il tempo di Paolo, la Chiesa non aveva formalizzato l’istruzione catechetica, ha insistito sul fatto che tutte le cose buone che andranno a beneficio delle persone spiritualmente e moralmente devono essere condivise. C’è un sistema reciproco di dare e ricevere – l’esempio che Paolo sta preparando per l’istruzione catechetica.

Il sistema di formazione formale o le scuole di catechesi si svilupparono più tardi, soprattutto durante il secondo e il terzo secolo. La formazione andò di pari passo con l’evangelizzazione e la diffusione della fede cristiana con insegnanti come Origene di Alessandria (184-253) che iniziò a insegnare alla scuola di Alessandria e fu nominato capo del Didaskaleion (scuola) nel 203 dal vescovo Demetrio di Alessandria, come Eusebio descrive nel libro VI della Storia Ecclesiastica: 

“Era nel suo diciottesimo anno quando prese in carico la scuola di catechesi. Era anche illustre in questo periodo, durante la persecuzione sotto Aquila, il governatore di Alessandria, quando il suo nome fu celebrato tra i capi della fede, attraverso la gentilezza e la benevolenza che manifestava verso tutti i santi martiri, sia conosciuti che sconosciuti.”

Cirillo di Gerusalemme (313-386) nella Procatechesi (Prologo) dà un’affascinante descrizione della metodologia e della pedagogia della sana istruzione catechistica, paragonandola ad un edificio, e spiegando come la catechesi deve essere presentata:

“La catechesi è una specie di edificio: se non leghiamo insieme la casa con legami regolari nella costruzione, per evitare che si trovi qualche lacuna e l’edificio diventi instabile, anche il nostro precedente lavoro non serve a nulla. Ma la pietra deve seguire il corso della pietra, e l’angolo deve combaciare con l’angolo, e con il nostro appianamento delle disuguaglianze l’edificio deve sorgere in modo uniforme. Allo stesso modo noi vi portiamo le pietre, per così dire, della conoscenza. Dovete sentire parlare del Dio vivente, dovete sentire parlare del giudizio, dovete sentire parlare di Cristo e della risurrezione. E molte cose devono essere discusse in successione, che anche se ora vengono lasciate cadere una per una, devono poi essere presentate in connessione armoniosa”.

Le donne sono sempre state coinvolte nella catechesi, a partire da Maria, madre e discepola modello, che Giovanni Paolo II nella sua esortazione apostolica del 1979 Catechesi Tradendae (“La catechesi nel nostro tempo”) chiama madre e catechista modello. Maria ha formato Gesù nella conoscenza umana delle Scritture e della storia del piano di Dio per il suo popolo, e nell’adorazione del Padre. A sua volta, fu la prima tra i discepoli di Gesù.

Le donne sono state la scelta naturale per educare i giovani nella fede (Guida per i catechisti) dalle donne che furono testimoni di Gesù, alle donne della Chiesa primitiva e medievale; da Maria Maddalena che fu testimone oculare della Resurrezione e la prima a testimoniare davanti agli Apostoli, degna di essere chiamata apostolorum apostola (apostolo degli apostoli), a Madre Teresa di Calcutta. Le donne insegnavano la parola e agivano sulla parola. Erano parte integrante e integrate nella catechesi e nell’evangelizzazione della Chiesa.

Il Direttorio Generale per la Catechesi del 1997 affronta il ministero della catechesi come un servizio ecclesiale fondamentale e la vocazione del catechista come mediatore che facilita la comunicazione tra il popolo e il mistero di Dio, tra le persone e tra le singole persone e la comunità. La nuova evangelizzazione richiede catechisti ben preparati per portare il messaggio evangelico al popolo, come prescrive il canone 759:

“In virtù del battesimo e della cresima, i fedeli laici sono testimoni del messaggio evangelico con la parola e l’esempio di vita cristiana; essi possono anche essere chiamati a collaborare con il vescovo e i presbiteri nell’esercizio del ministero della parola”. 

I papi recenti, da Giovanni Paolo II a Benedetto XVI e Papa Francesco, collegano il catechista e la catechesi con la chiamata alla Nuova Evangelizzazione. La Nuova Evangelizzazione chiede ai catechisti – uomini e donne laici, che hanno la vocazione di essere catechisti – di preparare i fedeli a comunicare fedelmente il Vangelo. Papa San Giovanni Paolo II, nella sua Esortazione Apostolica sulla Catechesi nel nostro tempo, definisce l’obiettivo della catechesi:

“Lo scopo definitivo della catechesi è di mettere gli uomini non solo in contatto, ma in comunione, in intimità, con Gesù Cristo: solo lui può condurci all’amore del Padre nello Spirito e renderci partecipi della vita della Santa Trinità. Questo insegnamento non è un corpo di verità astratte. È la comunicazione del mistero vivente di Dio”.

Nel suo discorso del 2013 ai partecipanti al pellegrinaggio dei catechisti per l’Anno della Fede, Papa Francesco ha delineato la vocazione del catechista, esortandoli non solo a lavorare come catechisti ma ad essere catechisti:

Non a ‘lavorare’ come catechisti: questo non va bene. Io lavoro come catechista perché mi piace insegnare. … Ma se non “sei” un catechista, non va bene! Non avrai successo … non porterai frutto! La catechesi è una vocazione: “essere catechista”, questa è la vocazione, non lavorare come catechista. Quindi, tenete presente questo: Non ho detto di fare il ‘lavoro’ di catechisti, ma di ‘essere’ catechisti, perché questo è qualcosa che abbraccia tutta la nostra vita. Significa portare le persone a incontrare Cristo con le nostre parole e la nostra vita, dando testimonianza”.

I catechisti sono chiamati a dare testimonianza di fede, perché testimoniare è insegnare e agire con l’esempio, e come scrisse Paolo VI nell’Esortazione Apostolica Evangelii Nuntiandi, “L’uomo moderno ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, e se ascolta i maestri è perché sono testimoni.”

Questo è, in poche parole, ciò che la Chiesa ha sempre insegnato sulla catechesi e sulla vocazione del catechista.

Come per il riconoscimento del ministero laico dell’accolitato promulgato il 15 gennaio dallo Spiritus Domini, l’Antiquum Ministerium riconosce e valorizza il ruolo del catechista, classificandolo come un ministero laico nella Chiesa.

Questo riconoscimento formale dei catechisti come maestri di fede è di beneficio per la Chiesa e per i laici. Questo ministero laico non deve essere abusato e considerato alla pari con l’ordinazione sacramentale, sacerdotale, poiché non c’è nessuna ordinazione coinvolta in questo ministero. E in nessun modo il ministero della catechista può essere considerato un trampolino di lancio per l’ordinazione sacramentale delle donne al ministero. Tenendo presente l’importanza di accettare questi insegnamenti per quello che sono, ciò che Papa Francesco sta facendo per riconoscere formalmente il ruolo dei laici e del ministero laico nella Chiesa è sia lodevole che degno di plauso.

Durante quest’anno, il 400° anniversario della morte di San Roberto Bellarmino, i fedeli chiederanno con sempre maggior fervore l’intercessione di questo santo patrono dei catechisti, la cui opera e il cui essere sottolineano la dignità della vocazione dei catechisti.


di 
Ines Murzaku


 

L’articolo è apparso sul National Catholic Registere la traduzione è a cura di Sabino Paciolla.