Papa Francesco e il bacio al numero tatuato sul braccio della ex bambina ebrea sopravvissuta al Dottor Mengele
Città del Vaticano - Sul braccio ha tatuato un numero. 70072. Aveva due anni quando le venne incisa la pelle e marchiata con l'inchiostro, cancellandole di fatto il nome, la provenienza, la famiglia, l'identità, rendendola una piccola cosa, nemmeno un essere umano. Lidia Maksymowicz la donna alla quale, all'udienza generale di stamattina, papa Francesco ha baciato il braccio è la ex bambina sopravvissuta al lager di Auscwhitz.
La donna, di origini bielorusse, fu internata nel campo di concentramento nazista nel 1942, subito separata dalla madre, e sottoposta agli esperimenti del "dottor Mengele", il criminale nazista che usava i bambini ebrei come cavie per i suoi folli esperimenti. La storia di Lidia è stata descritta nel documentario "La bambina che non sapeva odiare" diretto da Giambattista Assanti e patrocinato dalla Città di Torino.
«Io sono stata individuata subito come 'materiale' per il dottor Mengele. In quella baracca c'era tanti bambini messi su dei ripiani che fungevano da letti. Prima di arrivare là avevo già vissuto condizioni difficile vivendo nella foresta della Bielorussia. Lì, nella baracca succedevano cose terrificanti. Un odore terribile, non ci si poteva lavare, tantissimi insetti che riempivano le pareti e tutti noi. Topi e sporco dappertutto. L'impatto è stato difficilissimo e dovevo subito imparare i comandi della Kapò. Partecipare agli appelli con il freddo e la fame è stato molto difficile. Per mangiare al mattino solo pane nero e acqua o un 'caffè' fatto di erbacce. Io, quando entravano gli assistenti del dottor Mengele, per scegliere i bambini per gli esperimenti di quel giorno, mi facevo piccola, piccola e mi nascondevo sotto il più lontano ripiano. Ma non funzionava sempre. Ci mettevano gocce negli occhi e quel liquido ci faceva malissimo, ci veniva la febbre alta. Quando un bambino non tornava più, noi ci impossessavamo delle povere piccole cose. I laboratori di esperimenti erano vicino ai forni crematori. Venivano iniettati veleni a noi piccoli per vedere le reazioni e, quando qualcuno moriva, venivano fatte le autopsie sui piccoli corpi».
Papa Francesco ha voluto renderle omaggio con un gesto di affetto fuori dal protocollo ma denso di significati. L'incontro alla udienza generale è durato pochissimi istanti, troppo pochi per consentirle di raccontare al Papa la sua storia.
Il gesto. Il Papa bacia il "marchio" della deportata ad Auschwitz
Riccardo Maccioni mercoledì 26 maggio 2021
A margine dell'Udienza generale papa Francesco ha abbracciato e benedetto Lidia Maksymowicz imprigionata nel lager nazista di Aushwitz quando non aveva ancora tre anni. La sua storia / VIDEO
A volte un gesto, come un semplice bacio, parla più di mille discorsi. Racchiude in sé tutta l’umanità, la tenerezza, la compassione che le parole non riescono a esprimere. Ancora una volta è stato il Papa a ricordarcelo e testimoniarlo.
Questa mattina, a margine dell’udienza generale tenuta nel cortile di San Damaso, Francesco ha baciato il marchio, il numero tatuato simbolo di prigionia e oppressione impresso sul braccio di Lidia Maksymowicz, deportata bielorussa nel lager nazista di Auschwitz Birkenau dove fu imprigionata quando non aveva ancora tre anni.
Come raccontò lei stessa all’incontro internazionale promosso dalla Comunità di Sant’Egidio nell’estate 2019 a Cracovia, passò tre anni nel “blocco dei bambini” subendo diversi esperimenti medici da parte del terribile dottor Mengele, di cui le sono rimasti impressi gli stivali tirati a lucido e lo sguardo da invasato.
Della prigionia – disse nell’occasione – ricorda «la fame, i pidocchi, il terrore dei bambini all’arrivo dei medici e l’appello in cui venivano chiamati con i numeri che avevano tatuati sul braccio. I numeri mancanti - persone, bambini mai chiamati per nome - venivano sostituiti con gli ultimi arrivati, che condividevano con gli altri prigionieri il destino di affrontare il freddo nelle baracche e la spietatezza delle SS». Un’odissea del dolore su cui si è chinata la compassione del Papa, testimone dell’amore di Dio per ogni uomo e donna. Con una particolare predilezione per il dolore innocente.
Alla vicenda di Lidia Maksymowicz è ispirato il docu-film “La bambina che non sapeva odiare” di Elso Merlo.
Commovente la reazione della donna, raccolta da Vatican News: "Con papa Francesco ci siamo capiti con gli occhi, non dovevamo dirci nulla, non c'era bisogno di parole". Il bacio sul marchio sul braccio è stato un gesto che "mi ha rafforzato e riconciliato con il mondo".
https://www.avvenire.it/papa/pagine/il-papa-bacia-ill-marchio-della-deportata-ad-auschwitz
«Jorge, con un bacio tradisci il Figlio dell'uomo?»... Non capisco il nesso fra il titolo e l'articolo.?
RispondiEliminaA Ogni Dio, il suo Giuda..
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