ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 16 giugno 2021

Omissis, ommiscentibus

GENTE DI CASA NOSTRA/2

Il cattolico omissivo, maestro nel sottrarsi

Il cattolico omissivo ha nel suo armamentario tre parole magiche - prudenza, opportunità, momento - di cui si serve per sparire dal luogo dove è attesa la sua testimonianza. L’omissivo sa che l’amica che vuole abortire o la coppia che pensa alla fecondazione artificiale sono in errore, ma non fa nulla. Fa melina con la propria coscienza. Nemmeno, però, si deve cadere nel vizio opposto, perché a volte la vera prudenza esige di non fare e non parlare.


Qualche giorno fa ci siamo occupati del cattolico ombra. Oggi mettiamo sotto la lente di ingrandimento un altro inquilino che abita in casa cattolica. Ci riferiamo al cattolico omissivo. Innanzitutto è da rilevare che il cattolico omissivo ha nel suo armentario tre parole magiche capaci di salvarlo in ogni occasione: prudenza, opportunità, momento. Le quali parole in genere vengono così usate: «ci vuole prudenza», «non è opportuno», «al momento giusto». Termini magici che lo fanno sparire dal luogo dove è attesa la sua testimonianza. Ad esempio: il cugino ha divorziato? Non è opportuno ora andargli a parlare. L’amica vuole abortire? Ci vuole prudenza, sono situazioni delicate. La coppia degli amici delle vacanze si è messa in lista per la fecondazione artificiale? Al momento opportuno li chiamiamo, magari con il pretesto delle vacanze da programmare (e intanto saranno già andati in clinica). Il conoscente che gestisce il bar dove andiamo sempre vende cocktail a base di cannabis? Non mettiamolo in difficoltà davanti ai clienti.

Che il lettore faccia bene attenzione. Il cattolico omissivo non dice: «Se il cugino ha divorziato o l’amica vuole abortire o gli amici desiderano un figlio in provetta o il conoscente vende derivati della cannabis sono fatti loro. Ognuno è libero di fare le scelte che vuole», anche se questo entra in rotta di collisione con quanto insegnato dalla Chiesa, aggiungiamo noi. No, questo è un altro tipo di cattolico di cui forse ci occuperemo in futuro. Il cattolico omissivo sa che il cugino, l’amica, i compagni di vacanze e il conoscente hanno sbagliato e dunque non rimane invischiato in un contraddittorio pluralismo dottrinale, però - ed è questo il problema - non fa nulla. Decide di non decidere. Promettendo agli altri che prima o poi scenderà in campo, sa bene che non lo farà mai. Fa melina con la propria coscienza, procrastina all’infinito sperando che la situazione diventi così compromessa che de facto andrà in prescrizione. E così il tempo diventerà suo alleato e si troverà ad ammettere: «Ma cosa vuoi che vada a dire a mio cugino dopo anni che ha divorziato? L’aborto ormai c’è stato, non andiamo a riaccendere un dolore antico. Il figlio in provetta ha già tre anni, mi pare fuori luogo ora mettere in stato di accusa i nostri amici. Quel cocktail spinelloso è in carta da tempo immemore, se gli faccio un appunto lui mi potrà rispondere: “Perché non me lo hai detto prima?”».

Dunque il cattolico omissivo è maestro nell’indietreggiare, nel temporeggiare, nel sottrarsi. L’astensione è il suo credo, il suo apostolato e la sua arma pastorale preferita. Lo spazio vuoto è la sua identità. Preferisce la sottrazione delle occasioni all’addizione e alla moltiplicazione delle stesse, trovandosi in grave difficoltà allorquando deve fornire una esegesi convincente del seguente passo paolino: «Insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna».

Altro suo grande alleato, oltre al tempo, in questa strategia rinunciataria sono gli effetti collaterali. Il soggetto credente omissivo non entra in azione perché se lo facesse: 1) metterebbe in imbarazzo le persone, quando invece è lui a sentirsi in imbarazzo a dire una parola giusta in più; 2) urterebbe la loro sensibilità, quando invece la loro sensibilità ha la peculiarità di essere insensibile al vero; 3) i rapporti di amicizia si romperebbero, quando invece l’amicizia esigerebbe ogni tanto una parola franca per essere rinsaldata; 4) si darebbe una immagine falsa di sé e della Chiesa, quando invece la parola adatta aiuterebbe a cancellare l’immagine di un popolo di credenti assai insipidi. In breve il cattolico omissivo si vende come fine stratega che aspetta il momento più propizio per ghermire la preda, che sa conciliare fedeltà al Vangelo e carità, chiarezza di idee e misericordia. Non è un grezzo cattotalebano che si espone sempre e a sproposito, ma sa fiutare il vento (dello Spirito). Tace, conscio che il suo silenzio è eloquente.

Detto ciò, attenzione a non cadere nel vizio opposto. A volte la virtù della prudenza - che non è invece il vizio della codardia appena descritto - esige di non fare e di non parlare (San Paolo ci comanda di insistere nei momenti opportuni, cioè favorevoli, e non opportuni, ossia neutri, ma non comanda di insistere nei momenti inopportuni, ossia sfavorevoli, quindi dannosi).

A volte è bene omettere un’azione astrattamente buona per un bene maggiore che può voler dire: evitare che gli effetti negativi delle nostre azioni superino quelli positivi. Gesù docet quando parlò della zizzania.

Un esempio tratto da una vicenda accaduta realmente. Un gruppo di docenti cattolici di un ateneo italiano assai importante erano arcistufi di tutta una serie di iniziative arcobaleno che si svolgevano in università con la benedizione dei vertici accademici. C’era chi aveva proposto di scendere in piazza, di protestare, di scrivere al rettore e ai giornali. Prevalse un’altra linea e fecero bene: prevalse la strategia del non fare nulla. Per quale motivo? Perché i docenti cattolici erano quattro gatti. Le lobby Lgbt dell’ateneo e soprattutto quelle fuori di esso, ben più potenti e numerose, avrebbero avuto facilmente la testa di ciascuno servita su un piatto d’argento, li avrebbero seppelliti sotto cumuli di critiche. Sarebbero stati dipinti senza appello come omofobi, intolleranti, non inclusivi, retrivi e tutta la solita litania di insulti made in Gayland. Insomma sarebbe stato da stupidi uscire dalla barricata e gridare a un centinaio di cecchini: «Vi ammazzo tutti!». Quel poco di bene che avevano seminato e, soprattutto, che avrebbero potuto seminare in futuro tra gli studenti sarebbe scomparso. Un docente professionalmente e mediaticamente «morto» non serve più a nessuno. Esempi simili si possono moltiplicare all’infinito.

Il cattolico omissivo è in genere ben istruito su queste casistiche e le usa per celare le proprie timidezze, le proprie vigliaccherie, le proprie pavidità. Insomma usa il paravento della prudenza per mandare avanti gli altri e dire di aspettare il momento opportuno. Ma - ed è qui che sta il problema - il momento opportuno non arriva mai: perché siamo sotto le feste, perché le feste sono appena finite, perché i figli hanno ripreso la scuola, perché hanno appena finito la scuola, perché Tizio non è dell’umore adatto per parlarci o perché è in lutto, gli è nata la figlia, si è appena sposato, ha perso il lavoro, ne ha trovato uno nuovo, ha fatto trasloco. E alla fine, dopo mille treni che sono passati dalla sua stazione, il cattolico omissivo, con un certo sollievo per aver scampato il pericolo, allargherà triste le braccia e sospirando ammetterà: «È troppo tardi». Insomma, avrebbe voluto, ma le circostanze gli hanno remato contro. Tante buone intenzioni quante occasioni perse.

Ma se il bene si può omettere, al giudizio finale non si può scampare. A questo proposito giova ricordare che il cattolico omissivo si ciba della tiepidezza e «poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca».

Tommaso Scandroglio

https://lanuovabq.it/it/il-cattolico-omissivo-maestro-nel-sottrarsi

VESCOVI USA

L'offensiva pro-comunione a Biden

Inizia oggi l’incontro dei vescovi statunitensi per decidere una linea comune sull'Eucarestia ai politici pro-aborto, ma secondo il New York Times il Vaticano avrebbe già deciso la partita. Spadaro e il NYT si contraddicono fornendo “motivazioni” politiche rispetto a una questione che riguarda il cuore della fede. E che è ben definita sia dal diritto canonico che dalla nota di Ratzinger del 2004: l’Eucaristia va negata a chi è in peccato grave e manifesto.

Jason Horowitz ha sentenziato dalle nobili colonne del New York Times (vedi qui) che il Vaticano ha già deciso la partita sulla Comunione ai politici che sostengono una legislazione favorevole all’aborto. Non c’è peccato che escluda dal ricevere l’Eucaristia: Francesco docet. L’argumentum ab auctoritate si trova nelle parole dell’Angelus pronunciate dal pontefice lo 6 scorso giugno: «Quando riceviamo l’Eucaristia, Gesù [...] ci conosce, sa che siamo peccatori, sa che sbagliamo tanto, ma non rinuncia a unire la sua vita alla nostra. Sa che ne abbiamo bisogno, perché l’Eucaristia non è il premio dei santi, no, è il Pane dei peccatori. Per questo ci esorta: “Non abbiate paura! Prendete e mangiate”». A dire il vero si tratta di un refrain del pontificato (vedi qui), ma aver rinfrescato la memoria nel giorno del Corpus Domini, proprio alle porte del dibattito interno alla Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, per Horowitz è stato particolarmente “provvidenziale”.

Riporta il quotidiano americano: «Il Vaticano ha ammonito i vescovi americani conservatori di frenare la loro pressione per negare la comunione ai politici che sostengono il diritto all’aborto, compreso il presidente Biden, fedele praticante e primo cattolico romano ad occupare lo Studio Ovale negli ultimi 60 anni». Eppure, aggiunge il NYT, «nonostante il segnale di stop decisamente pubblico proveniente da Roma, i vescovi americani stanno andando avanti comunque e si attende che forzeranno il dibattito sulla comunione all’incontro svolto da remoto che si terrà mercoledì». Oggi.

Oltre alla discutibile, ma pur sempre generica, esternazione di papa Francesco, gli altri autorevoli segnali sono giunti dall’immancabile Antonio Spadaro e dal cardinale Luis Ladaria. Quest’ultimo, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, aveva mandato un messaggio come minimo ondivago in una lettera datata 7 maggio 2021, nella quale si limitava a dare indicazioni procedurali ai vescovi statunitensi (vedi qui) e sbandava, distanziandosi clamorosamente dalla linea indicata chiaramente da Ratzinger/Benedetto XVI, sulla peculiarità dei principi non negoziabili (vedi qui).

Spadaro invece ha imboccato il mondo giornalistico: «La preoccupazione in Vaticano è che non si usi l’ammissione all’Eucaristia come arma politica». Il New York Times ne prende subito la scia e traccia la cornice in cui dovrà essere editorialmente inquadrata: «Alcuni vescovi di primo piano, le cui priorità sono chiaramente schierate con il precedente presidente Donald J. Trump, ora vogliono ribadire la centralità dell’opposizione all’aborto nella fede cattolica e adottare una linea dura». La dignità dell’Eucaristia? La necessità di non dare scandalo ai fedeli? Un mero pretesto. Questi vescovi conservatori sarebbero in realtà talmente pro-Trump da non frenare nemmeno di fronte al rischio di «frantumare la facciata dell’unità con Roma, sottolineare la polarizzazione politica all’interno della chiesa americana e configurare ciò che gli storici della Chiesa considerano un pericoloso precedente per le conferenze episcopali nel mondo». Non sia mai che anche ad altre latitudini si mettano a negare la Comunione per qualche semplice aborto… Niente male: perché l’ammissione all’Eucaristia non diventi una questione politica, si danno “motivazioni” di matrice esclusivamente politica.

Il Corriere della Sera decide invece di avventurarsi sui sentieri di ordine sacramentale e canonico, liquidando sbrigativamente il canone 915 come una «formulazione [...] abbastanza elastica da consentire interpretazioni differenti nel corso del tempo». In verità a Gian Guido Vecchi sfugge che il canone è piuttosto preciso, perché definisce con estrema chiarezza le categorie di persone che non possono essere ammesse alla Comunione: tutti coloro che sono soggetti a censure ferendae sententiae e latae sententiae di scomunica o interdizione; e quanti «ostinatamente perseverano in peccato grave e manifesto» (can. 915). Due aggettivi e un avverbio che dicono tutto. Se può non risultare immediatamente chiaro che un politico che favorisce l’aborto mediante la legislazione ricada nella categoria colpita dalla scomunica latae sententiae prevista dal can. 1398, nessun dubbio invece che rientri in coloro che si trovano in una situazione di peccato grave e manifesto; costoro devono perciò essere richiamati e corretti, come spiegava l’allora prefetto della CDF, il cardinale Joseph Ratzinger, nella nota trasmessa al cardinale Theodore E. McCarrick e all’arcivescovo Wilton Gregory, all’epoca rispettivamente arcivescovo di Washington e presidente della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, nel giugno 2004: «Riguardo al peccato grave dell’aborto o dell’eutanasia, quando la formale cooperazione di una persona diventa manifesta (da intendersi, nel caso di un politico cattolico, come il suo far sistematica campagna e il votare per leggi permissive sull’aborto e l’eutanasia), il suo pastore dovrebbe incontrarlo, istruirlo sull’insegnamento della Chiesa, informarlo che non si deve presentare per la Santa Comunione fino a che non avrà posto termine all’oggettiva situazione di peccato, e avvertirlo che altrimenti gli sarà negata l’Eucaristia». Se la persona richiamata persevera nel proprio comportamento pubblico e «si presentasse comunque a ricevere la Santa Eucaristia, “il ministro della Santa Comunione deve rifiutare di distribuirla” (cfr. la dichiarazione del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, “Santa comunione e cattolici divorziati e risposati civilmente”, 2000, nn. 3-4)».

Indicazioni chiare e precise, che però, secondo Gian Guido Vecchi, siccome «il magistero della Chiesa cambia e si evolve nel tempo», sarebbero state soppiantate dalla “profonda articolazione teologica e canonica” di esternazioni del tipo: «Chi sono? Sono un peccatore al quale il Signore ha guardato»; o da affermazioni “inclusive” come quella di Amoris Laetitia: «Si tratta di integrare tutti, si deve aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di partecipare alla comunità ecclesiale».

Luisella Scrosati

https://lanuovabq.it/it/loffensiva-pro-comunione-a-biden

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