Viganò, De Mattei, Moynihan. Il Senso Profondo di un’Accusa Improbabile.
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, non mi occuperei più della divertente commedia del Viganò Uno e Trino (certo: perché non c’è mica solo Pietro Siffi! Quando l’arcivescovo pubblicò la prima clamorosa denuncia sul caso McCarrick, ci furono “colleghi” che scrissero che il sottoscritto ne era l’autore…) se non mi avesse colpito l’analisi che Robert Moynihan ne fa in una delle sue lettere. Ne ho tradotto solo una parte, quella che mi sembrava più interessante nell’analisi; in particolare l’accenno al fatto che più ci si avvicina al bersaglio, più è intenso il fuoco della contraerea. E posto che siamo in argomento, inserisco anche il collegamento alla Scure di Elia, che tratta di De Mattei e del caso. Il grassetto è nostro. Buona lettura.
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In alto a sinistra, il professore italiano Roberto De Mattei e, a destra, l’arcivescovo italiano Carlo Maria Viganò.
De Mattei ha appena pubblicato un’accusa sorprendente: che l’Arcivescovo Viganò non è il vero autore di molte delle lettere che ha pubblicato nell’ultimo anno, ma che sono state scritte da uno o più “falsi Viganò”, sebbene con la benedizione di Viganò (perché Viganò firma le lettere), e De Mattei ha chiesto un chiarimento della questione.
Viganò ha appena risposto, dicendo che l’accusa è totalmente, assolutamente falsa. Tutto ciò che ha firmato lo ha scritto di suo pugno, dice.
Sulla base della mia conoscenza dell’arcivescovo – ho trascorso molti giorni con lui nel 2018, ho scritto un libro su quelle conversazioni e sono stato regolarmente in contatto con lui da allora, compreso parlare con lui su questa questione per telefono proprio ieri – il mio giudizio è che l’arcivescovo sta dicendo la verità.
C’è solo un arcivescovo Viganò.
Legge, ricerca, riflette e scrive. E poi firma le sue lettere. Sono sue: e se qualche errore in esse fosse portato alla sua attenzione, sarebbe disposto, come Sant’Agostino alla fine della sua vita, a stampare una ritrattazione.
Non ha un “doppio”, nonostante ciò che il dottor De Mattei può credere.
“La questione che poniamo è dunque questa: l’analisi del linguaggio e del contenuto dei documenti prodotti da Mons. Viganò negli anni 2020-2021 rivela un autore diverso da quello degli anni 2018-2019. Ma se l’arcivescovo Viganò non è l’autore dei suoi scritti, chi ora sta riempiendo le sue parole, e forse anche i suoi pensieri? Non avremmo mai aperto il caso se tanti bravi tradizionalisti non presentassero come un quasi-magistero le dichiarazioni, non di Mons. Viganò, ma del suo ‘doppio’.” -Roberto De Mattei, 21 giugno, in un articolo pubblicato sul suo sito web, Corrispondenza Romana (link all’originale italiano e link alla traduzione inglese; il testo completo è anche sotto)
Il Dr. De Mattei – un importante intellettuale cattolico generalmente conservatore in Italia che è stato amico dell’Arcivescovo Viganò per molti anni – ha fatto un’affermazione sorprendente due giorni fa che è diventata virale.
Che ci sono “due Viganò”.
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De Mattei ha accusato Viganò di avere un “doppio”, una “controfigura”, una sorta di “falso Viganò” che – e questa è l’accusa centrale di De Mattei – ha scritto molte delle “lettere di Viganò” nell’ultimo anno circa che Viganò ha firmato.(!)
De Mattei dice alla fine del suo saggio che Viganò è stato contattato privatamente e confrontato con questa accusa.
Evidentemente, Viganò assicurò a De Mattei che non c’era verità nell’accusa.
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Perché allora il dottor De Mattei ha lanciato questa accusa pubblica, se Viganò gli ha già detto (come sembra) che non è vero?
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Evidentemente, perché le questioni che Viganò ha toccato nell’ultimo anno (il “reset globale”, le chiusure nazionali, il virus, le varie vaccinazioni, tutte queste questioni sociali e politiche, ma anche la crescente attenzione dell’arcivescovo sulla bellezza e santità della vecchia Messa, e il suo far risalire un certo rifiuto dell’insegnamento cattolico tradizionale (che potrebbe essere definito “modernismo”) agli anni ’60, e prima, piuttosto che vederlo solo negli anni di questo attuale pontificato) sono molto inquietanti per alcuni – più inquietanti delle rivelazioni di Viganò sulla corruzione e l’insabbiamento nella Curia Romana, che erano il peso principale delle prime lettere di Viganò, e che non hanno mai provocato il suggerimento che Viganò avesse un doppio.
In altre parole, come si dice spesso popolarmente, “Quando si è sopra il bersaglio, il fuoco della contraerea si intensifica”.
Viganò ha toccato un nervo scoperto, e uno dei suoi vecchi amici ha ora messo in pubblico un articolo che inevitabilmente lascerà una traccia di dubbio, perché molti diranno: “Beh, alcuni pensano che ci siano due Viganò…”
In questo senso, un certo danno alla reputazione e alla credibilità dell’arcivescovo è stato fatto dalla circolazione pubblica di questa accusa.
Quindi, di nuovo, perché?
Parte della risposta potrebbe risiedere nel fatto che poche settimane fa il Dr. De Mattei – come Viganò nota nella sua risposta all’accusa qui sotto – è uscito a sostegno dell’uso mondiale delle iniezioni di emergenza attualmente disponibili (chiamate “vaccinazioni” anche se non sono vaccini) come un modo per arginare la pandemia. L’abbraccio di De Mattei a questa posizione fu abbastanza influente per altri cattolici conservatori.
De Mattei sosteneva che tale uso era morale anche se il materiale iniettato era in qualche modo derivato dall’uso di tessuto fetale abortito, qualcosa che l’Arcivescovo Viganò ha ripetutamente denunciato come immorale.
De Mattei ha chiesto: “1) È moralmente lecito usare vaccini contro il COVID-19 che utilizzano linee cellulari provenienti da feti abortiti?” E ha risposto: “C’è… una risposta che è più facilmente accessibile al cattolico di buon senso, ed è questa: è lecito essere vaccinati [anche se il vaccino è derivato da cellule di feti umani abortiti] perché la Chiesa lo assicura, attraverso il suo organo dottrinale più autorevole, la Congregazione per la Dottrina della Fede”.
È in quel momento che la prima “spaccatura” tra la posizione del dottor De Mattei diverge dalla posizione dell’arcivescovo Viganò.
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Quindi questo è il punto: la battaglia sul controllo della narrazione nel nostro tempo si è appena intensificata.
Marco Tosatti
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