Ritorniamo sui rumors, abbastanza fondati, su un possibile nuovo documento che potrebbe limitare il Summorum Pontificum. Oggi riportiamo il parere del giornalista e scrittore Phil Lawler, esperto osservatore delle cose Vaticane. L’articolo è stato pubblicato su Catholic Culture, e ve lo presento nella mia traduzione.
Le voci sono vere. Le mie fonti a Roma – troppe e troppo affidabili per essere messe in dubbio – confermano che in Vaticano sta circolando un documento che, se venisse approvato dal Papa, limiterebbe significativamente l’uso della “forma straordinaria” della liturgia, la tradizionale Messa in latino (TLM).
Questo documento è in forma di bozza. Potrebbe essere modificato. Potrebbe non essere mai pubblicato. Ma non sarebbe nemmeno in discussione senza almeno una tacita approvazione (se non un sostegno attivo) di Papa Francesco. E se fosse rilasciato in qualcosa di simile alla sua forma attuale, sarebbe un disastro pastorale e dottrinale. Ostacolerebbe un potente movimento di riforma nella Chiesa e, paradossalmente, minerebbe l’autorità del Papa stesso.
Lasciatemi spiegare.
In Summorum Pontificum, la sua lettera apostolica del 2007, Papa Benedetto XVI ha dato ai fedeli cattolici un accesso molto più ampio alla TLM. Con questo nuovo documento, definito come una “istruzione” per l'”attuazione” di Summorum Pontificum, Papa Francesco ripudierebbe in effetti il lavoro del suo predecessore, e allo stesso tempo taglierebbe la fornitura di sangue alla parte in più rapida crescita della Chiesa universale.
Papa Benedetto ha scritto Summorum Pontificum perché ha riconosciuto, nella crescente richiesta della liturgia tradizionale, un autentico movimento dello Spirito Santo nella Chiesa. Il desiderio per la TLM non è spinto dalla nostalgia; la stragrande maggioranza delle persone nei banchi [delle chiese] non è abbastanza vecchia da ricordare la liturgia che era universale prima del Vaticano II. In un momento in cui i cattolici stanno lasciando la Chiesa a migliaia, e soprattutto i giovani stanno disertando la fede, le parrocchie tradizionaliste stanno vedendo una crescita esplosiva, segnata in particolare da un afflusso di giovani famiglie.
Quindi perché un prelato cattolico, intento all’evangelizzazione, dovrebbe voler interferire con la crescita del cattolicesimo tradizionale? Perché rovinare il successo? Potrebbe essere perché l’evidente salute pastorale delle comunità tradizionaliste crea un contrasto sgradevole con i fallimenti delle parrocchie in rapida contrazione nel mainstream cattolico? Come ho osservato solo poche settimane fa, è rivelatore “che l’unica opzione liturgica che i cattolici liberali non possono tollerare è l’opzione per la liturgia antica”.
In Summorum Pontificum, Papa Benedetto ha dichiarato che ogni sacerdote ha il diritto di celebrare la liturgia tradizionale, senza richiedere un “indulto” o un permesso speciale dal suo vescovo. Il progetto di documento, secondo quanto riferito, annullerebbe questo permesso. Per essere perfettamente onesti, in pratica questo cambiamento non avrebbe troppo impatto sulla disponibilità della TLM, perché qualsiasi prete diocesano prudente sa già che se scontenta il vescovo offrendo la TLM senza la sua approvazione, probabilmente subirà rappresaglie. In questo modo, contrariamente allo spirito del Summorum Pontificum, molti vescovi hanno continuato a soffocare la richiesta della liturgia tradizionale.
Tuttavia, il requisito dell’approvazione episcopale (che è solo una delle numerose nuove restrizioni proposte) avrebbe un effetto molto significativo in un altro modo. Nel Summorum Pontificum Papa Benedetto ha anche chiarito che, contrariamente all’impressione diffusa, la TLM non è mai stata abrogata. “Ciò che le generazioni precedenti ritenevano sacro, rimane sacro e grande anche per noi, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o addirittura considerato dannoso”, ha spiegato Papa Benedetto.
Chiaramente, se Papa Francesco ora proibisce effettivamente la celebrazione della TLM, e/o dice che la liturgia tradizionale è dannosa – o dà ai vescovi diocesani il potere di farlo – allora sta contraddicendo direttamente il suo predecessore. E se Papa Francesco può contraddire l’insegnamento di Papa Benedetto, cosa impedisce a un futuro Pontefice di contraddire Papa Francesco? Chiunque sia genuinamente interessato a preservare l’autorità papale (invece di ottenere un vantaggio temporaneo nei dibattiti interni) dovrebbe riconoscere il danno che questa bozza di documento potrebbe causare.
Ironicamente, i leader cattolici che stanno facendo pressione per un uso pesante del potere papale in questo caso hanno passato le ultime generazioni a inveire contro l’invocazione dell’autorità papale in altri casi, compreso il caso del Summorum Pontificum. Ma la legittima autorità del Romano Pontefice è severamente limitata. Egli può solo proclamare le verità tramandate nella Tradizione Cattolica. Se egli contraddice l’insegnamento dei precedenti Pontefici – se suggerisce che ciò che una volta era sacro non lo è più – egli attacca la base su cui poggia la sua stessa autorità.
Questo progetto di documento, quindi, non rappresenta solo un problema per i tradizionalisti, ma un grave pericolo per la Chiesa. Dovrebbe essere vigorosamente contrastato da chiunque abbia a cuore la missione di evangelizzazione, l’integrità della dottrina e la conservazione dell’autorità papale.
Di Sabino Paciolla
E io, ortodosso, dico: “Cattolici, preservate la tradizione liturgica romana”
di Simone Ortolani
Reverendo, la Messa in latino nel rito precedente alla Riforma liturgica di Paolo VI viene generalmente indicata come Messa tridentina, o di San Pio V, dal nome del papa che nel 1570 l’ha estesa all’Occidente cristiano. Questo rito in realtà è anteriore e risale, nelle sue formule essenziali, all’età patristica. Questa forma liturgica è stimata nell’Oriente ortodosso?
«In effetti, il rito della Chiesa Romana risale all’epoca dei grandi Padri della Chiesa ed è considerato uno dei riti più antichi della Chiesa universale. Possiamo, altresì, affermare che l’anàfora eucaristica romana (il Canone Romano) è tra le più antiche anàfore e, molto probabilmente, è più antica delle anàfore “bizantine” di san Giovanni Crisostomo e di san Basilio il grande tutt’ora in uso nella Chiesa ortodossa. È anche vero che in Oriente poco si conosce della tradizione liturgica romana; solitamente è ignorata dagli studiosi, tranne rare eccezioni, come, ad esempio, il grande liturgista greco Panghiotis Trembelas il quale ha studiato minuziosamente il rito romano nella sue diverse opere Riti liturgici dell’Occidente e dei Protestanti; La questione della genuflessione; Il movimento liturgico romano e la prassi dell’Oriente ecc. Mentre, in epoca bizantina, del rito romano si sono occupati il grande teologo esicasta Nicola Kavasilas e il liturgista bizantino per antonomasia san Simeone, arcivescovo di Tessalonica, soprattutto per quanto riguarda la polemica circa la funzione dell’epiclesi nella trasformazione dei Santi Doni. Entrambi hanno parlato e trattato con grandissimo rispetto il testo del Canone Romano».
Quando nel 2007, il papa Benedetto XVI promulgò il motu proprio “Summorum Pontificum”, che riconosceva ai sacerdoti la libertà di celebrare il Sacrificio eucaristico nel Rito Romano antico, il patriarca ortodosso di Mosca Alessio II espresse le sue congratulazioni al vescovo di Roma: «Il recupero e la valorizzazione dell’antica tradizione liturgica è un fatto che noi salutiamo positivamente. Noi teniamo moltissimo alla tradizione», dichiarò il patriarca nell’occasione. A suo avviso che ripercussioni avrebbe nell’Oriente ortodosso il ritiro del provvedimento di papa Ratzinger? Potrebbero esservi ripercussioni nel dialogo ecumenico?
«Come chierico ortodosso ritengo che il dialogo ecumenico, che già si svolge tra le due Chiese, debba basarsi e fondarsi sugli antichi testi dogmatici, patristici e liturgici specialmente quelli del primo millennio durante il quale l’Oriente cristiano camminava insieme con il cristianesimo latino. In questi testi, infatti, si possono trovare i fondamenti per un cammino verso l’unità cristiana e per uno spirito di rispetto reciproco verso la tradizione particolare di ogni Chiesa. Specialmente la tradizione liturgica romana e di conseguenza la sua rivalorizzazione da parte della Chiesa romano-cattolica sarebbe di grande aiuto nel cammino del dialogo sia per la sacralità e il rispetto che emana come anche per l’antichità dei testi. Certamente i moderni sviluppi liturgici nell’Occidente cristiano vengono affrontati con profonda perplessità e forse anche con sospetto dalla Chiesa d’Oriente sia per quanto riguarda la paternità e il valore dei nuovi riti liturgici come anche per quanto essi siano davvero efficaci e fruttuosi nella pastorale e nella catechesi dei cristiani d’oggi. Gli innumerevoli casi tragicomici (conosciuti come abusi liturgici) che si possono vedere su internet e che provengono dagli ambienti del “rinnovamento liturgico” confermano le perplessità e lo scetticismo con i quali la maggior parte degli ortodossi osservano oggi questi sviluppi nella vita liturgica d’Occidente e le conseguenze che essi hanno nella vita spirituale dei fedeli».
A suo giudizio, un rito così antico, che ha profondamente alimentato la spiritualità di tanti santi nel corso della storia, può essere soppresso o semplicemente ridimensionato da figure apicali della gerarchia religiosa?
«Secondo il mio modesto parere, la tradizione liturgica d’Occidente costituisce un grandissimo tesoro spirituale, culturale e religioso. Dal punto di vista spirituale, il valore e la forza della tradizione liturgica d’Occidente sono testimoniati dall’innumerevole folla di santi che hanno vissuto e si sono santificati con essa. Il suo contributo alla cultura europea è confermato in ogni città e in ogni paese, in ogni chiesa e in ogni museo d’Occidente, dove, tutte le cose irradiano e confessano la grandezza della ricchezza liturgica della Chiesa romana. Non si può negare l’impulso, l’ispirazione, il dinamismo dato dalla Santa Messa a tutte le forme di arte (musica, pittura, scultura, architettura, letteratura, miniatura). La vita religiosa degli europei e di tutti i cristiani d’Occidente è stata indelebilmente segnata dalla devozione, dalla profonda fede e dalla sacralità che la Messa ha loro ispirato e tramite la quale si è formata la vita quotidiana di innumerevoli generazioni. Perciò qualunque cambiamento o sviluppo dovrebbe essere attuato con la grande attenzione e con il massimo rispetto poiché si tratta di un settore davvero vitale per la vita spirituale di miliardi di fedeli. Ad esempio, la necessità dell’uso delle lingue contemporanee oltre al latino era qualcosa di necessario come anche, forse, la rimozione di alcune forme esagerate di devozione che non si confanno all’uomo moderno. Tuttavia, il rito e i sacri testi devono rimanere così come si sono formati e hanno resistito attraverso i secoli e devono costituire altresì il centro della vita liturgica e della catechesi dei fedeli romano-cattolici. L’uomo moderno oramai secolarizzato, infatti, ha bisogno della presenza del sacro nella sua vita. Cioè, della presenza di Dio. L’antica tradizione liturgica romana ci riusciva nella maniera migliore ed efficace! Aiutava gli uomini ad adorare insieme agli angeli e ai santi il Signore della gloria e, parallelamente, iniziava loro ai grandi misteri della fede cristiana».
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