La Chiesa non prega più contro la grandine
Un tempo, fra i compiti della Chiesa c’era la preghiera contro il maltempo che rovina i raccolti. Preghiera pubblica e sui campi da proteggere. I contadini stesso lo chiedevano:
Pio XII ricorda che l’agricoltore: «sperimenta ogni giorno la sua incapacità di “fare la pioggia e il sereno”; anche i più meravigliosi progressi tecnici a nulla giovano, se Dio nella sua grazia e misericordia non dà l’incremento e la buona riuscita. Voglia o no, l’uomo di campagna sente continuamente l’azione sovrana di Dio. Egli deve riconoscere che il Signore nella sua bontà “fa sorgere il sole sopra malvagi e buoni, e piovere su giusti e ingiusti”. Ahimè, quanti ingrati non se ne prevalgono che per attendere, per esigere questi benefici come dovuti, senza pensare in alcun modo all’obbligo della preghiera e della riconoscenza.» (Papa Pio XII, discorso ai partecipanti al VI congresso della Confederazione nazionale dei Coltivatori Diretti, 29-2-1952).
Oggi la Chiesa è venuta meno a questo suo umile compito. Il motivo profondo è che Bergoglio, frutto maturo del modernismo, non crede più al Dio che ridona la vista ai ciechi , fa camminare gli storpi , e ha il potere sulla terra e sul cielo. Appena è scoppiata la grande impostura del Covid, la Chiesa s’è affrettata a proclamare che non era una punizione divina, perché Dio è buono e non punisce. Ma un Dio che non punisce è anche un Dio che non guarisce. Un Dio inutile che non ha senso pregare. La gerarchia “cattolica” moderna è riuscita nell’impresa di dare ai cristiani il Dio di Epicuro: “onnipotentee buono, ma che non s’interessa all’uomo”.
Per contro, il rituale cattolico prevedeva le “rogazioni”, cioè preghiere, atti di penitenza e processioni per chiedere benedizione divina sul lavoro dell’uomo e i frutti della terra e per tenere lontane le calamità naturali che possono nuocere alle colture. Un tempo era frequente nelle campagne imbattersi in processioni, che si tenevano in genere in primavera, quando si risveglia la natura e inizia il lavoro agricolo; dalla chiesa parrocchiale il sacerdote, seguito dai suoi fedeli, si recava verso i terreni coltivati, recitando preghiere e in particolare le litanie:
A fulgure et tempestate: Libera nos Domine
A peste, fame et bello: Libera nos Domine
A flagello terrae motus: Libera nos Domine
Ut fructus terrae dare, et conservare digneris: Te rogamus, audi nos!
[Dai fulmini e dalle tempeste: Liberaci Signore.
Dalla peste, dalla fame e dalla guerra: Liberaci Signore
Dalla sciagura del terremoto: Liberaci Signore
Affinché Ti degni di darci e conservarci i frutti della terra: Noi Ti supplichiamo, ascoltaci!]
Arrivato davanti ai campi coltivati, il sacerdote benediceva la terra.
Senza la preghiera e la processione e benedizione, il clima è abbandonato all’azione di colui che chiamiamo “principe di questo mondo” e alle sue “potenze dell’aria”: i risultati li stiamo vedendo. Grandinate che rompono i parabrezza non sono “naturali”, ma preternaturali; gli incendi inarrestabili che sterminano i capi di bestiame, sono segno del potere dell’Omicida libero di agire senza freni.
https://www.maurizioblondet.it/la-chiesa-non-prega-piu-contro-la-grandine/
Domenica XVII del Tempo Ordinario
(Anno B)
(2Re 4,42-44; Sal 144; Ef 4,1-6; Gv 6,1-15)
di Alberto Strumia
Ci sono momenti della storia dell’umanità e della Chiesa, nei quali la sproporzione tra ciò che l’uomo può fare con le sue sole forze e ciò che occorrerebbe fare, è insormontabile. Illudersi di fare tutto con le sole forze umane sarebbe un’orgogliosa ed irrealistica pretesa, che finirebbe per degenerare in un vero e proprio “delirio di onnipotenza” da parte dell’uomo. È il rinnovarsi del “peccato originale” che si manifesta nell’“attualità” di oggi.
La descrizione che troviamo nelle letture di questa domenica, che evidenziano la sproporzione tra ciò che gli uomini possono offrire da mangiare alla gente e il numero di persone da sfamare è dichiaratamente al di là delle possibilità umane.
1 – Nella prima lettura, di fronte alla richiesta umanamente irrealistica del profeta Eliseo, di dare da mangiare i «venti pani d’orzo e grano novello che aveva nella bisaccia», «il suo servitore disse: “Come posso mettere questo davanti a cento persone?”».
2 – Allo stesso modo nel Vangelo, Gesù stesso disse a Filippo, «per metterlo alla prova»: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?».
Nel primo caso – quello della prima lettura – occorreva rendersi conto che solo un intervento diretto di Dio poteva bastare a rispondere ad una richiesta obiettivamente sovrumana – e anzi quell’intervento divino sarebbe stato sovrabbondare nel rispondere («così dice il Signore: “Ne mangeranno e ne faranno avanzare”»).
Nel secondo caso – quello del Vangelo – solo il miracolo della moltiplicazione dei pani compiuto da Gesù, che è Dio, poteva riuscire nell’intento, e riuscirci con sovrabbondanza («“Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto”. Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato»).
Le letture di questa domenica sono una “lezione” che serve a non cadere in una tentazione, per non dire un “delirio” di onnipotenza, che riproponendo “attualmente” la scelta del “peccato originale” colloca l’essere umano al di fuori del “giusto rapporto” con Dio Creatore. Ai nostri giorni questa tentazione può manifestarsi in due facce di una stessa “medaglia”.
La “medaglia” è appunto quella dell’errore di giudizio che non sa tenere in “giusto conto” Dio Creatore e Cristo Redentore, assegnando loro un ruolo di fatto marginale nella storia dell’umanità.
– La prima faccia della “medaglia” riguarda l’atteggiamento di quella categoria di persone che, sommariamente, possiamo qualificare come “non credenti”, o “indifferenti”. O addirittura solo “materialmente” credenti, così che nella “vita reale” pensano e si comportano come se Dio non esistesse e come se Cristo fosse assente dal modo di concepire se stessi, la vita domestica, civile e dell’umanità intera, o avesse in essa, al più, un ruolo di “assistente remoto”.
– La seconda faccia della “medaglia” riguarda i credenti convinti, impegnati seriamente nella vita della Chiesa, nella cultura cristiana cattolica, nelle opere di carità, e che hanno la giornata piena di attività buone.
Per gli uni come per gli altri la stessa tentazione di “sostituirsi” a Dio può essere dominante, anche se per opposte ragioni.
– Per i primi il progetto di costruire la civiltà umana con le sole loro forze, non può che condurre ad una mostruosa torre di Babele. Oggi questa ha avuto inizio, nel nostro mondo, con la marginalizzazione di Dio, la privatizzazione della fede, fino a scalzare anche la ragione nei suoi fondamenti oggettivi. Questo ha voluto dire:
= prima di tutto, il passo del “relativismo” in tutti gli aspetti del pensiero (“teoria”, “dottrina”) e della vita pratica (etica, diritto);
= Poi la sostituzione di ciò che è “oggettivo”, perché è nella “realtà” come l’ha voluta Dio creandola, con ciò che il potere dominante nel momento presente (dietro al quale non si deve dimenticare che c’è anche l’influsso di Satana) impone come se fosse oggettivo mentre non lo è (peché è “ideologico”, imposto come se fosse “oggettivo”, “oggettivato” a forza, anche contro l’evidenza del senso comune). Questo si è ormai concretizzato imponendo un “pensiero unico” pubblicamente permesso, servendosi degli oggi potentissimi canali di comunicazione. Se non è Dio a convertire le menti (“anime”), gli uomini possono solo cercare di “manipolarle” a forza di un martellamento ideologico ininterrotto. Così si è fatto e si fa nei regimi totalitari…, compresi quelli travestiti di una formale democrazia.
– Per i secondi l’illusione di “salvare il mondo” con l’eroicità della propria volontà, fosse anche motivata dalla fede, senza rendersi bene conto che la lotta è contro Satana, e non appena contro degli uomini (che sono comunque numericamente ben più di loro e hanno il potere del mondo nelle loro mani). Ci sono situazioni, come avviene ai nostri giorni, nelle quali occorre ricorrere direttamente a Dio Creatore e a Cristo Redentore per fare emergere la “realtà” per quello che veramente è, perché si veda che Dio Creatore non è sostituibile con un “ambiente” che non è il “creato”, che Cristo Redentore non è sostituibile con un “grande reset” di umana invenzione. Cristo ha vinto e tocca a Lui decidere quando farlo vedere in modo straordinario, come fosse una moltiplicazione dei pani inattesa.
Il suggerimento della fede, in momenti come quelli che dobbiamo vivere oggi, ci è dato da Maria a Cana, quando, essendo venuto a mancare il vino, non si mise certo a convincere gli invitati che è più sano fare a meno del vino per non sfruttare le risorse del pianeta; ma neppure ad arrabattarsi per fare arrivare dell’altro vino dalla cantina sociale più vicina. Ella sapeva che occorreva, in quel preciso momento, chiedere a Gesù, proprio perché è Dio, di intervenire direttamente. E così si rivolse direttamente a Lui: «Non hanno più vino» (Gv 2,3) e non possono farselo da soli, il vino buono… E seppe stare ai tempi stabiliti da Dio («Non è giunta ancora la mia ora», Gv 2,4), anzi ottenendone l’anticipazione con la preghiera, che è il modo con cui Dio “delega” alla nostra volontà qualcosa della Sua, se possiamo osare esprimerci in un modo così fragilmente umano.
3 – Questo è anche l’atteggiamento che Paolo indica magistralmente nella seconda lettura di oggi: «comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà», cioè con una piena consapevolezza della “realtà delle cose”, non presumendo di poter fare tutto da soli come se Dio non esistesse, se Cristo non fosse l’unico Salvatore, o se noi potessimo prendere il Suo posto solo perché siamo dei Suoi… Lo dovettero incominciare a capire già i suoi primi discepoli quando, da soli, non riuscirono a scacciare il demonio («Maestro, ho portato da te mio figlio, posseduto da uno spirito muto. […] Ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti», Mc 9,17-18).
Per vivere bene la “terra” occorre avere sempre ben presente il “Cielo”. Diversamente si vede solo la metà, e anche meno, delle cose della vita.
Maria, che da subito lo comprese e san Giacomo Maggiore – Apostolo del quale oggi ricorre la festa liturgica, solennemente celebrata nel santuario di Compostela in Spagna, che custodisce le sue spoglie mortali – intercedano presso Dio che solo può intervenire per aiutare davvero tutti noi. Cristo è il Salvatore e noi aspettiamo la Sua piena manifestazione. Vieni, Signore Gesù! (Ap 22,20).
Bologna, 25 luglio 2021
Alberto Strumia, sacerdote, teologo, già docente ordinario di fisica-matematica presso le università di Bologna e Bari. E’ direttore del sito albertostrumia.it
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