SIGNIFICATIVE ANALOGIE
Green pass e motu proprio, convergenze parallele
Limitano la libertà, creano divisione, contraddicono democrazia (per lo Stato) e "spirito di ascolto" (per la Chiesa), richiedono una certificazione. Le curiose analogie di contenuto e di metodo tra le misure imposte dal governo italiano sulle vaccinazioni, e da papa Francesco sulla Messa antica.
Con il Green pass ci vogliono togliere le libertà civili, con il motu proprio Traditionis custodes quelle liturgiche. Per avallare il primo si invoca anche l’unità nazionale, ma si è ben consci che tale decisione creerà fratture ancor più marcate nel consesso sociale. Nel motu proprio pontificio si motiva la pubblicazione dello stesso per evitare divisioni e trovare una rinnovata unità ecclesiale, ma appare a tutti evidente che sarà questo documento a fomentare in molti sentimenti scissionisti prima assenti o semmai sopiti.
Il Green pass, manco a dirlo, cala dall’alto in barba allo spirito democratico, alla pari di tutte le decisioni prese dal governo per affrontare la pandemia, sanzionando in modo duro l’avventore del ristorante privo del certificato di sana e robusta costituzione. In modo analogo, stereotipi quali “la Chiesa si mette in ascolto del popolo di Dio e soprattutto degli ultimi”, “l’attenzione del caso particolare”, “il discernimento” si sono rivelati, con la decisione di cassare la messa in vetus ordo, principi da usare solo quando torna comodo, ossia quando sono rispondenti a perseguire i soliti obiettivi modernisti e progressisti: nei rimanenti casi occorre usare il pugno di ferro e brandire la misericordia come una falce. A tal proposito alcuni uomini di Chiesa - disposti ad inventarsi una liturgia benedicente le coppie gay ma non disposti a conservare la liturgia eucaristica di sempre – di colpo hanno plaudito al tono autoritativo e ai modi coattivi che informano il motu proprio di Papa Francesco.
Per entrare in un ristorante occorrerà dare prova di essere sani o vaccinati. Parimenti affinché si possa entrare in una chiesa in cui si celebra la messa in rito antico occorrerà dare prova di essere sani dottrinalmente e vaccinati contro lo spirito di critica al Concilio Vaticano II, ossia occorrerà giurare fedeltà alla Chiesa post ’68, quella aperta al mondo, ma non a Dio. A tal proposito se il governo prevederà ispezioni sui treni, negli stadi, nei teatri, nelle palestre per scovare l’untore, in modo analogo la recente lettera apostolica del Papa dà mandato al vescovo di accertare, verificare, indagare, inquisire per scovare il dissidente. Come i positivi al virus dovranno essere tracciati, analogamente i positivi al virus tridentino dovranno anch’essi essere tracciati.
Il Green pass viene proposto, anzi imposto, come soluzione per lasciarsi alle spalle la pandemia. Ugualmente la “nuova” messa viene proposta come “unica espressione della lex orandi” tesa quindi a lasciarsi alle spalle quei piccoli focolai epidemici legati alla messa in rito antico.
Se il governo ci dice che dobbiamo limitare la nostra libertà per tornare ad essere liberi, in casa cattolica la parola “libertà” – così sbandierata per accogliere qualsiasi eresia – è ormai comprensibile solo in lingua vernacola e non più in latino.
Tommaso Scandroglio
https://lanuovabq.it/it/green-pass-e-motu-proprio-convergenze-parallele
Messa antica, sorpresi pure i progressisti. Müller denuncia
Continuano le reazioni, pro e contro, dei vescovi al Traditionis custodes. Negli Usa la durezza delle norme sulla Messa antica ha sorpreso perfino Gregory e O’Malley. In Francia la Conferenza episcopale esprime stima ai fedeli che partecipano al Vetus Ordo. E Müller critica le contraddizioni di Francesco, blando con il Cammino sinodale tedesco, mentre «qui colpisce duramente le pecore».
Di giorno in giorno aumentano le reazioni dei vescovi di tutto il mondo all'uscita del motu proprio Traditionis custodes. Come abbiamo visto ieri, c’è chi non vedeva l’ora di infierire su sacerdoti e fedeli legati alle forme liturgiche precedenti alla riforma: il vescovo portoricano Angel Luis Rios Matos che ha disposto il divieto di celebrare anche privatamente secondo il Messale del 1962 in tutta la diocesi di Mayagüez e si è spinto fino al punto di proibire l'uso di casule, veli e qualsiasi altro oggetto liturgico “propri di questo rito”, secondo la scorretta definizione utilizzata nel decreto emanato.
Non manca chi, sulle orme del nuovo motu proprio, si è premurato di stroncare il Summorum Pontificum: è il caso di monsignor Anthony B. Taylor, titolare della diocesi statunitense di Little Rock, che in un comunicato ufficiale, oltre a concedere la celebrazione secondo la forma straordinaria soltanto nelle due parrocchie personali gestite dalla Fraternità San Pietro, ha scritto che il «Summorum Pontificium» (sic!) venne promulgato per favorire «la guarigione dello scisma di Monsignor Lefebre» (sic!) ma che «come si è scoperto, non solo non ha raggiunto tale scopo, ma il risultato non intenzionale in molti luoghi è stato quello di creare un’ulteriore divisione all’interno delle parrocchie e tra i sacerdoti». Nel comunicato, il vescovo ha utilizzato termini colloquiali come Vetus Ordo e Novus Ordo in un documento ufficiale di grande importanza per la vita della comunità diocesana dell’Arkansas.
Il presidente della Conferenza episcopale statunitense, monsignor José H. Gomez, ha scelto di rilasciare un commento di poche righe, dicendo che «mentre queste nuove norme vengono attuate, incoraggio i miei fratelli vescovi a lavorare con cura, pazienza, giustizia e carità mentre insieme promuoviamo un rinnovamento eucaristico nella nostra nazione». Gli Stati Uniti, si sa, sono uno dei Paesi in cui il fenomeno dei fedeli legati anche all’antico Messale è più diffuso, con numeri in netta crescita dal 2007 in poi. La reazione dell’arcivescovo di Los Angeles è all’insegna della cautela in attesa di un confronto con il resto dell’episcopato sul contenuto del testo.
La portata delle nuove norme, infatti, nonostante l’attesa per un provvedimento restrittivo, pare aver sorpreso la maggior parte dei vescovi a stelle e strisce. Lo si evince anche dalle dichiarazioni: il cardinale Wilton Daniel Gregory ha spiegato in una lettera ai sacerdoti che nell’arcidiocesi di Washington non ci saranno modifiche e che dedicherà le prossime settimane a cercare di comprendere le reali intenzioni del Papa. Un messaggio inequivocabile: neppure lui, considerato tra i porporati statunitensi più vicini a Bergoglio, è stato consultato prima di introdurre le nuove norme. Una volta lette, ne è rimasto spiazzato. Una testimonianza di quella che lo storico delle religioni Massimo Faggioli, proprio a proposito di Traditionis custodes, ha definito la «paradossale dinamica centralizzazione-decentramento del pontificato di Francesco». Una linea seguita anche da un altro arcivescovo non certo catalogabile tra i conservatori: il cardinale Sean Patrick O’Malley, che tramite una nota firmata dal suo vicario generale ha fatto sapere che a Boston non verranno apportate modifiche, premunendosi di «assicurare a tutti i fedeli la sua sollecitudine per le loro necessità spirituali e pastorali» e sottolineando anch’egli il fatto di dover far analizzare il documento dall’ufficio diocesano per il Culto divino.
Negli States, comunque, non è mancato chi ha difeso esplicitamente la cosiddetta Messa tridentina: monsignor Glen John Provost, nel comunicare che le celebrazioni secondo il Messale del 1962 all’interno del territorio diocesano di Lake Charles rimarranno invariate, ha sostenuto che «questa liturgia è stata una benedizione per molti fin dall’istituzione della Diocesi», disponendo «la sua continuazione per la cura pastorale del gregge». Così come i cardinali Gregory e O’Malley, anche monsignor Provost ha voluto rimarcare di essere venuto a conoscenza di questo documento «attraverso fonti di informazione senza previa comunicazione ufficiale».
Anche in Francia, un altro Paese in cui il Summorum Pontificum ha dato i suoi frutti migliori, la reazione al Traditionis custodes è degna di nota. Qui, infatti, la Conferenza episcopale ha rilasciato una dichiarazione con toni ben diversi da quelli utilizzati nel motu proprio e nella lettera d’accompagnamento di papa Francesco. I vescovi d’Oltralpe, infatti, hanno voluto esprimere ai «fedeli che partecipano abitualmente alle celebrazioni secondo il messale di san Giovanni XXIII e ai loro pastori, la loro attenzione, la stima che hanno per lo zelo spirituale di questi fedeli e la loro determinazione a continuare insieme la missione, nella comunione della Chiesa e secondo le norme vigenti».
Nella vicina Germania, una bocciatura al Traditionis custodes è arrivata da don Wolfgang Rothe, uno dei sacerdoti impegnati a favore della campagna per le benedizioni delle coppie omosessuali. Il prete arcobaleno, infatti, ha detto la sua in un articolo, sostenendo che la conseguenza del nuovo motu proprio sarà che le persone che partecipano alle cosiddette Messe tridentine potranno «sentirsi escluse e perseguitate ora», invitando «chiunque neghi ciò a dare un’occhiata ai forum». «Questo è un fatto - ha scritto padre Rothe -, si isoleranno e si radicalizzeranno ulteriormente per proteggersi».
Da segnalare, sempre dalla Germania, la presa di posizione del prefetto emerito della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cardinale Gerhard Ludwig Müller, secondo cui con il Traditionis custodes «invece di apprezzare l’odore delle pecore, il pastore qui le colpisce duramente con il suo bastone». L’ex custode dell’ortodossia cattolica, poi, ha criticato la lettera indirizzata ai vescovi che, a suo parere, anziché una «presentazione di opinioni soggettive» avrebbe dovuto contenere «un’argomentazione teologica stringente e logicamente comprensibile» dal momento che «l’autorità papale non consiste nel pretendere superficialmente dai fedeli la mera obbedienza, cioè una sottomissione formale della volontà, ma, molto più essenzialmente, nel permettere anche ai fedeli di essere convinti con il consenso della mente».
Müller, inoltre, ha fatto notare la differenza di trattamento rispetto a quanto avviene in Germania dove pilastri della dottrina cattolica vengono «ereticamente negati in aperta contraddizione con il Vaticano II dalla maggioranza dei tedeschi, vescovi e funzionari laici». Il cardinale tedesco ha parlato di «sproporzione tra la risposta relativamente modesta ai massicci attacchi all'unità della Chiesa nel Cammino sinodale tedesco (così come in altre pseudo-riforme) e la dura disciplina per la minoranza che segue l’antico Messale». Müller ha ricordato che «le disposizioni del Traditionis Custodes sono di natura disciplinare, non dogmatica e possono essere nuovamente modificate da qualsiasi futuro papa», augurandosi che i vescovi non siano indotti «dalla tentazione di agire in modo autoritario» e che la Congregazione per gli istituti di vita consacrata e quella per il Culto divino «con la loro nuova autorità non siano inebriate di potere e pensino di dover condurre una campagna di distruzione contro le comunità che celebrano secondo il Messale del 1962, nella stolta convinzione che così facendo rendano un servizio alla Chiesa e promuovano il Vaticano II».
Nico Spuntoni
https://lanuovabq.it/it/messa-antica-sorpresi-pure-i-progressisti-mueller-denuncia
“La paganizzazione della liturgia cattolica – che nella sua essenza non è altro che il culto del Dio Uno e Trino – attraverso la mitologizzazione della natura, l’idolatria dell’ambiente e del clima, così come lo spettacolo della Pachamama, sono stati piuttosto controproducenti per il ripristino e il rinnovo di una liturgia dignitosa e ortodossa che rifletta la pienezza della fede cattolica.”
Un intervento del Card. Gerhard Ludwig Müller, prefetto emerito della Congregazione per la dottrina della fede, pubblicato su The Catholic Thing, nella traduzione in inglese dal tedesco da Robert Royal con mons. Hans Feichtinger. Ve la propongo nella mia traduzione in italiano.
L’intenzione del Papa con il suo motu proprio, Traditionis Custodes, è di assicurare o restaurare l’unità della Chiesa. Il mezzo proposto per questo è l’unificazione totale del Rito Romano nella forma del Messale di Paolo VI (comprese le sue successive variazioni). Pertanto, la celebrazione della Messa nella Forma Straordinaria del Rito Romano, come introdotta da Papa Benedetto XVI con Summorum pontificum (2007) sulla base del Messale esistente da Pio V (1570) a Giovanni XXIII (1962), è stata drasticamente limitata. Il chiaro intento è quello di condannare la Forma Straordinaria all’estinzione nel lungo periodo.
Nella sua “Lettera ai vescovi di tutto il mondo“, che accompagna il motu proprio, Papa Francesco cerca di spiegare i motivi che lo hanno indotto, come portatore della suprema autorità della Chiesa, a limitare la liturgia nella forma straordinaria. Al di là della presentazione delle sue reazioni soggettive, però, sarebbe stata opportuna anche un’argomentazione teologica stringente e logicamente comprensibile. Perché l’autorità papale non consiste nell’esigere superficialmente dai fedeli una semplice obbedienza, cioè una sottomissione formale della volontà, ma, molto più essenzialmente, nel permettere ai fedeli di essere convinti anche con il consenso della mente. Come disse San Paolo, cortese verso i suoi Corinzi, spesso piuttosto indisciplinati, “nella chiesa preferisco dire cinque parole con la mente, in modo da istruire anche gli altri, che diecimila parole con [il dono delle] lingue.” (1 Cor 14:19)
Questa dicotomia tra buona intenzione e cattiva esecuzione si verifica sempre quando le obiezioni dei dipendenti competenti sono percepite come un ostacolo alle intenzioni dei loro superiori, e che quindi non vengono nemmeno offerte. Per quanto graditi possano essere i riferimenti al Vaticano II, bisogna fare attenzione a che le affermazioni del Concilio siano usate con precisione e nel loro contesto. La citazione di Sant’Agostino sull’appartenenza alla Chiesa “secondo il corpo” e “secondo il cuore” (Lumen Gentium 14) si riferisce alla piena appartenenza alla Chiesa della fede cattolica. Essa consiste nell’incorporazione visibile nel corpo di Cristo (comunione creaturale, sacramentale, ecclesiastico-gerarchica) e nell’unione del cuore, cioè nello Spirito Santo. Ciò che significa, tuttavia, non è l’obbedienza al papa e ai vescovi nella disciplina dei sacramenti, ma la grazia santificante, che ci coinvolge pienamente nella Chiesa invisibile come comunione con il Dio Trino.
Perché l’unità nella confessione della fede rivelata e la celebrazione dei misteri della grazia nei sette sacramenti non richiedono affatto una sterile uniformità nella forma liturgica esterna, come se la Chiesa fosse come una delle catene alberghiere internazionali dal design omogeneo. L’unità dei credenti tra di loro è radicata nell’unità in Dio attraverso la fede, la speranza e l’amore e non ha nulla a che fare con l’uniformità nell’aspetto, il passo di marcia di una formazione militare o il pensiero di gruppo dell’era big-tech.
Anche dopo il Concilio di Trento, c’è sempre stata una certa diversità (musicale, celebrativa, regionale) nell’organizzazione liturgica delle messe. L’intenzione di Papa Pio V non era quella di sopprimere la varietà dei riti, ma piuttosto di frenare gli abusi che avevano portato a una devastante mancanza di comprensione tra i riformatori protestanti riguardo alla sostanza del sacrificio della Messa (il suo carattere sacrificale e la Presenza Reale). Nel Messale di Paolo VI, l’omogeneizzazione ritualistica (rubricista) viene spezzata, proprio per superare un’esecuzione meccanica a favore di una partecipazione attiva interiore ed esteriore di tutti i fedeli nelle loro rispettive lingue e culture. L’unità del rito latino, tuttavia, deve essere conservata attraverso la stessa struttura liturgica di base e il preciso orientamento delle traduzioni all’originale latino.
La Chiesa romana non deve scaricare la sua responsabilità per l’unità del culto sulle Conferenze episcopali. Roma deve vigilare sulla traduzione dei testi normativi del Messale di Paolo VI, e anche dei testi biblici, che potrebbero oscurare i contenuti della fede. Le presunzioni che si possano “migliorare” i verba domini (per esempio pro multis – “per molti” – alla consacrazione, l’et ne nos inducas in tentationem – “e non ci indurre in tentazione” – nel Padre nostro), contraddicono la verità della fede e l’unità della Chiesa molto più che celebrare la Messa secondo il Messale di Giovanni XXIII.
La chiave della comprensione cattolica della liturgia risiede nell’intuizione che la sostanza dei sacramenti è data alla Chiesa come segno visibile e mezzo della grazia invisibile in virtù della legge divina, ma che spetta alla Sede Apostolica e, in conformità alla legge, ai vescovi ordinare la forma esterna della liturgia (nella misura in cui non esiste già dai tempi apostolici). (Sacrosanctum Concilium, 22 § 1)
Le disposizioni della Traditionis Custodes sono di natura disciplinare, non dogmatica e possono essere nuovamente modificate da qualsiasi papa futuro. Naturalmente, il papa, nella sua preoccupazione per l’unità della Chiesa nella fede rivelata, è da sostenere pienamente quando la celebrazione della Santa Messa secondo il Messale del 1962 è espressione di resistenza all’autorità del Vaticano II, cioè quando la dottrina della fede e l’etica della Chiesa sono relativizzate o addirittura negate nell’ordine liturgico e pastorale.
Nella Traditionis Custodes, il papa insiste giustamente sul riconoscimento incondizionato del Vaticano II. Nessuno può dirsi cattolico se vuole tornare indietro oltre il Vaticano II (o qualsiasi altro concilio riconosciuto dal papa) come il tempo della “vera” Chiesa o se vuole lasciarsi quella Chiesa alle spalle come passo intermedio verso una “nuova Chiesa”. Si può misurare la volontà di Papa Francesco di riportare all’unità i deplorati cosiddetti “tradizionalisti” (cioè coloro che si oppongono al Messale di Paolo VI) rispetto al grado della sua determinazione a porre fine agli innumerevoli abusi “progressisti” della liturgia (rinnovata secondo il Vaticano II) che equivalgono alla bestemmia. La paganizzazione della liturgia cattolica – che nella sua essenza non è altro che il culto del Dio Uno e Trino – attraverso la mitologizzazione della natura, l’idolatria dell’ambiente e del clima, così come lo spettacolo della Pachamama, sono stati piuttosto controproducenti per il ripristino e il rinnovo di una liturgia dignitosa e ortodossa che rifletta la pienezza della fede cattolica.
Nessuno può chiudere gli occhi sul fatto che anche quei sacerdoti e laici che celebrano la Messa secondo l’ordine del Messale di San Paolo VI vengono ora ampiamente declamati come tradizionalisti. Gli insegnamenti del Vaticano II sull’unicità della redenzione in Cristo, la piena realizzazione della Chiesa di Cristo nella Chiesa Cattolica, l’essenza interna della liturgia cattolica come adorazione di Dio e mediazione della grazia, la Rivelazione e la sua presenza nella Scrittura e nella Tradizione Apostolica, l’infallibilità del magistero, il primato del papa, la sacramentalità della Chiesa, la dignità del sacerdozio, la santità e l’indissolubilità del matrimonio – tutto questo viene ereticamente negato in aperta contraddizione con il Vaticano II da una maggioranza di vescovi e funzionari laici tedeschi (anche se mascherati da frasi pastorali).
E nonostante tutto l’apparente entusiasmo che esprimono per Papa Francesco, stanno negando categoricamente l’autorità conferitagli da Cristo come successore di Pietro. Il documento della Congregazione per la Dottrina della Fede sull’impossibilità di legittimare i contatti sessuali omosessuali ed extraconiugali attraverso una benedizione è ridicolizzato da vescovi, preti e teologi tedeschi (e non solo tedeschi) come semplice opinione di funzionari curiali poco qualificati. Qui abbiamo una minaccia all’unità della Chiesa nella fede rivelata, che ricorda la dimensione della secessione protestante da Roma nel XVI secolo. Data la sproporzione tra la risposta relativamente modesta ai massicci attacchi all’unità della Chiesa nella “via sinodale” tedesca (così come in altre pseudo-riforme) e la dura disciplina della vecchia minoranza rituale, viene in mente l’immagine del vigile del fuoco mal consigliato che – invece di salvare la casa in fiamme – salva prima il piccolo fienile accanto ad essa.
Senza la minima empatia, si ignorano i sentimenti religiosi dei partecipanti (spesso giovani) alle Messe secondo il Messale Giovanni XXIII. (1962) Invece di apprezzare l’odore delle pecore, il pastore qui le colpisce duramente con il suo bastone. Sembra anche semplicemente ingiusto abolire le celebrazioni del “vecchio” rito solo perché attira alcune persone problematiche: abusus non tollit usum.
Ciò che merita particolare attenzione nella Traditionis Custodes è l’uso dell’assioma lex orandi-lex credendi (“Regola della preghiera – regola della fede”). Questa frase appare per la prima volta nell’Indiculus antipelagiano (“Contro le superstizioni e il paganesimo”) che parlava dei “sacramenti delle preghiere sacerdotali, tramandati dagli apostoli per essere celebrati uniformemente in tutto il mondo e in tutta la Chiesa cattolica, così che la regola della preghiera è la regola della fede.” (Denzinger Hünermann, Enchiridion symbolorum 3) Questo si riferisce alla sostanza dei sacramenti (in segni e parole) ma non al rito liturgico, di cui esistevano diversi (con diverse varianti) in epoca patristica. Non si può semplicemente dichiarare che l’ultimo messale sia l’unica norma valida della fede cattolica senza distinguere tra la “parte che è immutabile in virtù dell’istituzione divina e le parti che sono soggette a cambiamenti.” (Sacrosanctum Concilium 21). I mutevoli riti liturgici non rappresentano una fede diversa, ma testimoniano l’unica e medesima Fede Apostolica della Chiesa nelle sue diverse espressioni.
La lettera del papa conferma che permette la celebrazione secondo la forma più antica a certe condizioni. Egli indica giustamente la centralità del canone romano nel Messale più recente come cuore del rito romano. Questo garantisce la continuità cruciale della liturgia romana nella sua essenza, nello sviluppo organico e nell’unità interna. A dire il vero, ci si aspetta che i cultori dell’antica liturgia riconoscano la liturgia rinnovata; così come i seguaci del Messale di Paolo VI devono anche confessare che la Messa secondo il Messale di Giovanni XXIII è una vera e valida liturgia cattolica, cioè contiene la sostanza dell’Eucaristia istituita da Cristo e, quindi, c’è e può esserci solo “l’unica Messa di tutti i tempi”.
Un po’ più di conoscenza della dogmatica cattolica e della storia della liturgia potrebbe contrastare l’infelice formazione di partiti contrapposti e anche salvare i vescovi dalla tentazione di agire in modo autoritario, senza amore e con mentalità ristretta contro i sostenitori della “vecchia” Messa. I vescovi sono nominati come pastori dallo Spirito Santo: “Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge di cui lo Spirito Santo vi ha fatto custodi. Siate pastori della chiesa di Dio, che egli si è acquistata con il proprio sangue”. (Atti 20, 28) Essi non sono semplici rappresentanti di un ufficio centrale – con possibilità di avanzamento. Il buon pastore si riconosce dal fatto che si preoccupa più della salvezza delle anime che di raccomandarsi a un’autorità superiore con un “buon comportamento” servile. (1 Pietro 5, 1-4) Se la legge di non contraddizione si applica ancora, non si può logicamente castigare il carrierismo nella Chiesa e allo stesso tempo promuovere i carrieristi.
Speriamo che le Congregazioni per i Religiosi e per il Culto Divino, con la loro nuova autorità, non si inebrino di potere e pensino di dover condurre una campagna di distruzione contro le comunità del vecchio rito – nella sciocca convinzione che così facendo stanno rendendo un servizio alla Chiesa e promuovendo il Vaticano II.
Se la Traditionis Custodes deve servire all’unità della Chiesa, ciò può significare solo un’unità nella fede, che ci permette di “giungere alla perfetta conoscenza del Figlio di Dio”, cioè l’unità nella verità e nell’amore. (cfr. Ef 4, 12-15).
Di Sabino Paciolla
Il vescovo sostiene la messa LGBT+, ma vieta la messa in latino. Ce ne parla Jules Gomes, nel suo articolo pubblicato su Church Militant. Eccolo nella mia traduzione.
Un vescovo che ha creato una disposizione ufficiale per le messe LGBTQ+ regolari nella sua diocesi è diventato il primo vescovo a vietare la Messa tradizionale latina (MTL) in Inghilterra seguendo il motu proprio Traditionis Custodesdi papa Francesco .
Il Vescovo Declan Lang della diocesi di Clifton ha scritto ai monaci benedettini della Comunità di Nostra Signora di Glastonbury vietando la regolare celebrazione della MTL entro poche ore dalla pubblicazione del motu proprio di Francesco che impone restrizioni draconiane sulla MTL.
“Seguendo il motu proprio e le istruzioni del vescovo Declan, la messa in latino delle 12:30 a Glastonbury sarà l’ultima messa in latino qui”, i monaci padre Bede Rowe e padre Anselm (Alexander) Redman della comunità di Glastonbury ha postato sul blog di Rowe .
“La nostra comunità continua ad offrire le nostre preghiere per le parrocchie che sono state affidate alle nostre cure”, hanno aggiunto i monaci, che servono anche la Messa di Nuovo Rito nelle parrocchie locali.
La pagina web del monastero di Glastonbury sulla Santa Messa era visibilmente vuota dopo l’annuncio, mentre la pagina per “The Office” continuava a pubblicizzare i sette uffici monastici cantati dai monaci.
Shaw: anomalia tra i vescovi locali
“Sono profondamente scioccato dal fatto che Mons. Lang abbia agito così rapidamente nel porre fine alla disposizione del MTL nelle sue diocesi”, ha detto a Church Militant il dottor Joseph Shaw, presidente della Latin Mass Society of England and Wales (LMSEW).
Tuttavia, 63 nuovi membri si sono uniti alla LMSEW durante il fine settimana, ha detto Shaw, osservando che la società ottiene circa 40 nuovi abbonati ogni tre mesi.
Shaw ha spiegato che la decisione pesante del vescovo “sembra contraddire l’istruzione della Traditionis Custodes secondo cui dove esiste un gruppo di fedeli attaccati all’antica messa il vescovo dovrebbe trovare un luogo dove possano assistervi (art. 3.2).”
“Per quanto a conoscenza della Latin Mass Society, nessun altro vescovo in Inghilterra e Galles ha agito in questo modo”, ha lamentato Shaw, lodando le decisioni prese da diversi vescovi, inclusi gli ordinari di Westminster, Southwark e Portsmouth, di far continuare la MTL.
LGBT, celebrato nell’occulto
Shaw ha detto che la decisione di Lang è “particolarmente sorprendente nel caso di Glastonbury, un focolaio della New Age e dell’occulto e dove monsignor Lang ha autorizzato solo di recente una nuova comunità benedettina dove sarebbero celebrate entrambe le forme di messa”.
Un osservatore di messa latino in Inghilterra ha detto a Church Militant che “Clifton una volta aveva più MTL di qualsiasi altra diocesi – cinque ogni domenica! I preti erano insolitamente auto-assertivi. Lang gradualmente ha reso loro la vita difficile e ha chiuso la maggior parte di questi .”
I critici hanno criticato Lang per aver chiuso la MTL ma aver promosso le cosiddette messe LGBTQ+ nella sua diocesi creando un centro presso la chiesa parrocchiale di San Nicola da Tolentino, a Bristol, per la celebrazione delle liturgie che violano l’insegnamento cattolico.
Padre Richard McKay, parroco di St. Nicholas, afferma “Mons. Declan desidera esprimere cura pastorale e preoccupazione per la nostra comunità cattolica LGBT+” e quindi ha chiesto alla sua chiesa “di celebrare una serie di messe per questa comunità e per i loro amici e familiari e tutti coloro che desiderano prendervi parte”.
L’altare della chiesa presenta un cuore e una croce dipinta nei colori “arcobaleno” del movimento LGBTQ+. La Messa LGBTQ+ ha un credo alternativo e non autorizzato che afferma “la ricca diversità di tutta la creazione e le diverse identità di tutte le persone umane”.
Il credo non menziona la nascita verginale, la crocifissione, la morte espiatoria, la risurrezione, l’ascensione o la seconda venuta di Cristo, ma afferma un Gesù “che cammina amorevolmente con noi nella nostra condizione umana e in tutte le lotte che incontriamo nel pellegrinaggio della vita” e ” ascolta le grida di accoglienza e di amore di ogni cuore umano».
A marzo, padre McKay ha attaccato la recente dichiarazione della Congregazione vaticana per la dottrina della fede (CDF) che vieta le benedizioni per persone dello stesso sesso per la sua “teologia povera e obsoleta”.
In una dichiarazione, McKay e i rappresentanti della parrocchia hanno criticato la CDF:
La CDF ha causato non solo dolore e tristezza, ma anche molta rabbia giustificabile – il tipo di rabbia che Gesù ha espresso nel Tempio quando il vero volto di Dio era nascosto dietro rituali, leggi e abusi del potere religioso. Condividiamo quella rabbia ma, come Gesù, cerchiamo modi per incanalarla nell’amore profetico e sacrificale, con il supporto continuo della nostra amata e amorevole comunità LBGTQ+.
La diocesi di Clifton copre l’Inghilterra occidentale e comprende Bristol, Gloucestershire, Somerset, Wiltshire, Bath e Northeast Somerset. Include il famoso sito di Glastonbury, famoso per il festival all’avanguardia di Glastonbury e il culto pagano per il solstizio d’estate.
Gli antropologi Ruth Prince e David Riches descrivono la città come uno dei “maggiori centri” dell’Occidente del movimento New Age nel loro libro The New Age in Glastonbury: The Construction of Religious Movements .
Glastonbury è anche il fulcro del culto della dea con un tempio dedicato alla “esplorazione e celebrazione del Divino Femminile”, il primo del suo genere ad essere stato aperto in Europa in 1.500 anni.
“Culla del cristianesimo inglese”
La dottoressa Marion Bowman, presidente della Folklore Society e docente di studi religiosi presso la British Open University, ha osservato come molti cristiani considerino Glastonbury come la “culla del cristianesimo inglese … presumibilmente portato lì da Giuseppe d’Arimatea”.
Più recentemente, è stato “un grande centro di devozione mariana”, scrive Bowman, con pellegrinaggi cattolici e anglicani annuali a Glastonbury in competizione con la “processione della dea”.
Church Militant ha contattato mons. Lang per una risposta sulla sua cancellazione del TLM pur continuando a sostenere le messe LGBTQ+. Il vescovo non ha risposto al momento della stampa.
Di Sabino Paciolla
https://www.sabinopaciolla.com/il-vescovo-sostiene-la-messa-lgbt-ma-vieta-la-messa-in-latino/
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