Dopo l’attacco alla Messa tridentina / Passare al bosco, la via per i cattolici, oggi
Cari amici di Duc in altum, ricevo e volentieri vi propongo questa lettera che mi è stata inviata dal maestro Aurelio Porfiri. Una riflessione dopo l’uscita della lettera pastorale Traditionis custodes con cui Francesco ha inteso dare un colpo mortale alla Messa tridentina. Sullo stesso tema ricordo i contributi che Duc in altum ha pubblicato qui, qui e qui.
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Lettera ad Aldo Maria Valli sull’appartenenza
di Aurelio Porfiri
Caro Aldo Maria, ho letto con il solito interesse il tuo articolo del 7 luglio intitolato Mentre il papa è all’ospedale…, un articolo in cui ho avvertito una venatura di dolore che mi ha pervaso come un brivido che prende dimora stabile nelle ossa. E quella venatura, tu lo sai, è un segno della profonda consonanza che esiste fra noi, dell’amicizia e affetto che si sono rafforzate in questi anni in cui abbiamo anche condiviso, lontano dagli occhi del pubblico, le nostre gioie ma anche i nostri non pochi dolori. Abbiamo scritto insieme due bei libri, Sradicati e Decadenza, in cui abbiamo messo in pubblico il nostro smarrimento e la nostra desolazione per la crisi della Chiesa.
Tornando al tuo articolo, tu dici di aver compreso che la Chiesa è finita quando hai sentito un sacerdote, durante la Messa, confidare più nelle misure sanitarie che nella protezione divina. Io invece l’ho capito quando un altro sacerdote, recentemente anche assurto ad alti compiti, ha inveito di fronte a me contro la Messa tridentina vantandosi di aver scacciato un gruppo di fedeli che avevano chiesto di poter celebrare secondo il vetus ordo nella sua chiesa. Mi colpì il disprezzo, un disprezzo che avevo già visto tante volte sui visi di altri sacerdoti verso la Messa di quasi tutti i santi, i martiri, i confessori della fede.
Io qui non contesto che alcuni sacerdoti possano preferire la Messa di Paolo VI, ma aver instillato il disprezzo per ciò che c’era in precedenza mi è sembrato un colpo da maestro. Se io visitassi una famiglia dove i figli odiano i genitori, direi che quella famiglia è finita. E avendo visto questo atteggiamento ben diffuso nella Chiesa di oggi, ho capito che a viste umane occorre, con Ernst Jünger, “passare al bosco”, prendere esempio dai claustrali che influiscono sulle cose umane con l’arma della preghiera, mentre intorno vengono giù i calcinacci.
Noi non siamo claustrali, caro Aldo Maria, e io personalmente sono ben consapevole della mia indegnità, però con i pochi talenti che non spreco perdendomi in questo o quel peccato, cerco di far pensare le persone per riflettere su quello che stiamo perdendo. Lo fai anche tu, lo fanno in molti.
Devo dirti, ti sorprenderà, che a un certo punto sono stato paradossalmente grato a quel sacerdote che aveva inveito contro la Messa tridentina, perché mi ha fatto capire l’importanza dell’appartenenza. Non ami mai tanto certe cose come quando senti che le potresti perdere. Chi cerca di fermarti compie due errori: si stanca lui e ti dà la possibilità di convocare le tue migliori energie. Come sappiamo, e guardando anche alle banali statistiche, la Chiesa perde fedeli su fedeli, abbiamo visto in Germania che centinaia di migliaia di persone abbandonano la comunità ecclesiale ogni anno. Eppure, sembra che il problema sia la Messa tridentina, che riguarda un gruppo limitato di persone, in un momento in cui non c’è nessuna aperta ribellione per causa della Messa (in tempi recenti) e in un tempo in cui il pontefice che aveva regolato la materia è ancora vivente.
Alcuni si sono chiesti il motivo di tanta urgenza. Ma noi sappiamo che quello che la Messa Tridentina sottintende è il cuore di tutto.
Negli ultimi tempi mi sono sentito fratello con i poveri e ignoranti che attraverso la Chiesa e la sua tradizione si sono fatti santi. Pensavo a loro quando osservavo che nella parrocchia dove andavo alla Messa c’erano forse una decina di persone in una delle Messe principali della domenica. I parroci lo sanno, ma continuano a curare il malato con lo stesso veleno che lo ha infiacchito. Non cureresti un malato di cirrosi epatica dandogli più liquore? No, eppure è quello che accade regolarmente nella nostra Chiesa.
Ho riscoperto la tradizione, amico mio, senza dovermi rifugiare nel tradizionalismo. Ho riscoperto i nostri grandi padri, i grandi artisti, i grandi teologi, ho guardato con occhi purificati dalle lacrime alle grandezze e alle miserie della Chiesa di sempre. Ho capito che io non vedrò la rinascita, ma che essa ci sarà un giorno e che i nostri piccoli sforzi di adesso verranno moltiplicati da Colui “che conosce i cuori e i reni” e che saprà come e quando intervenire per la Sua Chiesa affinché le porte degli inferi non si chiudano su di essa.
“Traditiones custodes”. La guerra sporca di Bergoglio
Cari amici di Duc in altum, su Traditiones custodes ho ricevuto il commento del Giovane Prete.
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Traditiones custodes: papa Francesco si gioca tutto
di il Giovane Prete
Caro Aldo Maria, alla fine, ecco Traditiones custodes. Oggi 16 luglio 2021 papa Francesco con un motu proprio, sancisce de facto la fine della liturgia secondo il Messale del 1962.
È un intervento duro, massimalista, che non lascia spazio ad alcuna libertà, né per i sacerdoti né per i fedeli. Nessuno se lo aspettava in questi termini.
Il papa mette la parola fine al tentativo di far navigare la Chiesa sui sentieri dell’ermeneutica della continuità: per Francesco la liturgia preconciliare liberalizzata dal predecessore è stata usata per dividere, per esautorare il Vaticano II, per non riconoscere il magistero postconciliare, dando sostanzialmente ragione alla Fraternità san Pio X, ossia che tra la Chiesa preconciliare e quella postconciliare vi sia un’incompatibilità assoluta.
È chiara la mens del documento: abolire il divin sacrificio come celebrato fino al 1970, in nome del Concilio Vaticano II, il quale rappresenterebbe la vera Tradizione della Chiesa.
E adesso cosa succederà nelle diocesi?
Il papa ha deciso di giocare una guerra sporca, gettando la bomba contro i fedeli legati a quella che era stata definita la “forma straordinaria”. Tuttavia, a differenza di Nagasaki e Hiroshima, non è detto che suggelli la vittoria decisiva della guerra contro la resistenza tradizionale. Alla fine, potrebbe rivelarsi una clamorosa vittoria di Pirro.
Sono tanti i sacerdoti e i fedeli che in questo momento si sentono umiliati dal loro Pastore e nessuno può conoscerne le conseguenze. Cosa faranno? Accetteranno supinamente? Faranno azioni dimostrative in piazza san Pietro per chiedere alla loro madre Chiesa perché c’è posto per padre James Martin e non per loro? Perché c’è posto per il cammino ereticale tedesco e non per loro? Perché c’è posto per tutti ma non per loro? E ancora: si muoveranno individualmente o qualcuno guiderà la ribellione?
Il papa sostiene di aver agito per ristabilire e rafforzare la comunione e l’unità della Chiesa; tuttavia, avanza minacciosa l’ombra che potrebbe far avverare le sue stesse parole quando, nel dicembre 2016, si lasciò andare a quest’espressione: “Non è escluso che io passerò alla storia come colui che ha diviso la Chiesa cattolica”.
https://www.aldomariavalli.it/2021/07/16/traditiones-custodes-la-guerra-sporca-di-bergoglio/
Chi ha paura della Messa in latino
Con l’emanazione del motu proprio Traditionis Custodes e relativa lettera accompagnatoria Papa Francesco – affermando che «l’intento pastorale dei miei Predecessori» volto al «desiderio dell’unità» è «spesso gravemente disatteso» -, ha da oggi ritenuto di abrogare la liberalizzazione del rito antico come forma straordinaria della liturgia. In questo modo, si è modificato il Summorum pontificum (2007) di Papa Benedetto XVI e la Messa in latino torna sorvegliata speciale; addirittura si è previsto tra i compiti dei vescovi di aver «cura di non autorizzare la costituzione di nuovi gruppi», espressione che, se non fosse chiaro il tema, potrebbe far pensare che i «gruppi» di cui si sta parlando siano oscure sette e non già fratelli nella fede.
Ora, chi scrive non frequenta celebrazioni di rito antico, cui ha preso parte solo rare volte. Lo premetto non perché nutra riserve verso la Messa in latino, tutt’altro, ma solo per evidenziare che quanto sto per scrivere non è una riflessione “da tifoso” di una parte. Detto questo, ritengo non si possa fare a meno di chiedersi se il «desiderio dell’unità», «spesso gravemente disatteso» dalle disposizioni finora vigenti, possa invece essere raggiunto con una decisione come quella apportata da Traditionis Custodes. Certamente il Papa non improvvisa nulla, ma almeno un dubbio rispetto a questa scelta – soprattutto in rapporto al fine che si prefigge – è lecito porselo. C’è di più.
In casa progressista – basta un banale guardo ai social, che ormai sono osservatori anche giornalistici assai utili – la decisione del pontefice pare abbia generato un notevole giubilo. Non come dopo la vittoria degli Europei della nazionale di Mancini, ma giù di lì; il che, accostato a reazioni opposte da parte dell’area conservatrice, fa pensare proprio che il disatteso «desiderio dell’unità» non solo rischi di restare insaziato, ma veda le divisioni attuali aggravarsi. Naturalmente, spero di sbagliarmi. In ogni caso – e qui allargo il discorso – che una questione val la pena porsela: perché il rito antico non solo non è mai morto, ma seguita ad attirare se non fedeli quanto meno curiosi?
Anche solo in una prospettiva sociologica, la domanda non è banale. Sì, perché si tratta di un fenomeno da un lato certo – la Fraternità Apostolica San Pio X, che tale rito ha sempre mantenuto, dal 1976 in poi non solo ha guadagnato fedeli, ma ha registrato un boom di vocazioni (+2000%) – e, dall’altro, controintuitivo. In effetti, mentre la Messa cui tutti, a partire dal sottoscritto, perde fedeli a ritmi preoccupanti (nella cattolica Italia i cattolici praticanti sono forse il 15% del totale, per non parlare delle aree germanofone o nordeuropee, ormai scristianizzate), quella “di una volta” (e, in teoria, candidata all’estinzione) non solo resiste ma guadagna terreno. Affascina. Attira. Questo, lo si ripete, non è un giudizio di valore ma un dato di fatto: e coi fatti bisognare i conti.
Concludo questa breve riflessione, tengo a ribadirlo, non per appoggiare né criticare il motu proprio Traditionis Custodes, ma solo per chiedermi se verso il rito antico sia un atteggiamento di marginalizzazione, quello opportuno da tenere. Mi pongo il problema – certo di non essere il solo ad avvertirlo -, perché mi pare che, almeno in Occidente e di certo in Europa, la Chiesa cattolica sia la prima che sta finendo ai margini, e non certo per i fedeli del rito antico, che in numeri assoluti restano assai contenuti. In altre parole, pur senza voler negare che nel mondo tradizionalista possano allignare situazioni e contesti critici, mi chiedo se davvero sia la Messa in latino quella da cui ci si deve guardare, anziché quella prevalente e, spesso, deturpata da abusi che sfregiano la liturgia e non fermano l’emorragia dei fedeli.
https://giulianoguzzo.com/2021/07/16/chi-ha-paura-della-messa-in-latino/#more-19478
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