Bergoglio: "Via le ideologie"

Il faccia a faccia a Budapest tra Papa Francesco e Viktor Orban c’è stato, ma è stato un incontro a cinque. Sulla tappa nella capitale ungherese, che nelle intenzioni dichiarate del Vaticano ha i contorni di un “pellegrinaggio al cuore dell’Europa”, aleggia a ogni passo l’ombra dello ‘sgarbo’.
 
Il Papa, che normalmente viene ricevuto in aeroporto dalla più alta carica dello Stato, in Ungheria viene accolto dal vicepremier, Zsolt Semjen. Non trascorre nel Paese un’ora in più del necessario a presiedere la messa solenne di chiusura del 52esimo congresso eucaristico internazionale, sette ore in tutto. Incontra il presidente Janos Ader e il premier Viktor Orban, ma lo fa non con una visita ufficiale nei palazzi. Li vede, con il suo segretario di Stato, Pietro Parolin, e il suo ministro degli Esteri, Paul Gallagher, nel Museo delle Belle Arti. Nei discorsi pubblici non pronuncia mai la parola “migranti”. Lo fa, eccome, nell’incontro privato con i vescovi del Paese. E’ a loro che Bergoglio affida la missione: “Vogliamo che il fiume del Vangelo raggiunga la vita delle persone, facendo germogliare anche qui in Ungheria una società più fraterna e solidale, abbiamo bisogno che la Chiesa costruisca nuovi ponti di dialogo”. Chiede loro di mostrare sempre “il volto vero della Chiesa”: “è madre. È madre!” scandisce. Vuole che il messaggio arrivi chiaro, sviscera il concetto: “Un volto accogliente verso tutti, anche verso chi proviene da fuori, un volto fraterno, aperto al dialogo”. Invoca lo “stile della fraternità”, domanda di coltivarlo con i sacerdoti e con tutto il Popolo di Dio, perché “diventi un segno luminoso per l’Ungheria”. L’aspirazione è che prenda forma una Chiesa in cui specialmente i laici, in ogni ambito della loro vita quotidiana, familiare, sociale e professionale, diventino “lievito di fraternità evangelica”: “La Chiesa ungherese sia costruttrice di ponti e promotrice di dialogo!”.
 
Con Orban, si limita a riportare freddamente il Vaticano, l’incontro “si è svolto secondo il programma previsto, in un clima cordiale”. I temi toccati, ufficialmente, sono stati “la Chiesa nel Paese, l’impegno per la salvaguardia dell’ambiente, la difesa e la promozione della famiglia”. E il premier sovranista conferma su Facebook, postando per primo la foto della stretta di mano con il Pontefice:  “Ho chiesto a Papa Francesco di non lasciare che l’Ungheria cristiana perisca”, commenta. Al Papa Orban regala persino una copia della lettera che il re ungherese Béla IV nel 1250 aveva scritto a Innocenzo IV, in cui chiedeva aiuto dell’Occidente contro i “bellicosi tartari” che “minacciavano l’Ungheria cristiana”.

La visita in Slovacchia

A questo Francesco in qualche modo replica più tardi, già giunto in Slovacchia, durante l’incontro ecumenico nella nunziatura di Bratislava. Ritrovare le radici cristiane è importante, ricorda, ma chiede e si chiede: “Come possiamo auspicare un’Europa che ritrovi le proprie radici cristiane se siamo noi per primi sradicati dalla piena comunione? Come possiamo sognare un’Europa libera da ideologie, se non abbiamo il coraggio di anteporre la libertà di Gesù alle necessità dei singoli gruppi dei credenti?”. È difficile, spiega il Francesco, “esigere un’Europa più fecondata dal Vangelo senza preoccuparsi del fatto che non siamo ancora pienamente uniti tra noi nel continente e senza avere cura gli uni degli altri. Calcoli di convenienza, ragioni storiche e legami politici non possono essere ostacoli irremovibili sul nostro cammino”.

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