ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 22 settembre 2021

Immaginiamoli

Uomini giusti ai posti giusti / E il vescovo che fa? Esalta “Imagine”, inno anti-religioso

Cari amici di Duc in altum, ricevo dal lettore Vincenzo Rizza la lettera che qui vi propongo. Segnala il caso del vescovo di Noto Antonio Staglianò, che in un articolo per l’Osservatore romano ha tessuto le lodi di Imagine, la canzone di John Lennon, sottolineando che da due anni egli la usa per fare gli auguri di Natale ai fedeli della diocesi. Come dite? Volete sapere se parliamo proprio della canzone che dice “Immaginate che non ci sia alcun paradiso, nessun inferno sotto di noi”, “Immaginate che non ci siano patrie… ed alcuna religione… Immaginate che non ci siano proprietà”? Sì, è proprio quella. E infatti il lettore Rizza, memore della vecchia rubrica Uomini giusti ai posti giusti, propone una menzione speciale per l’ineffabile vescovo.

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di Vincenzo Rizza

Caro Valli,

mi ha colpito, di recente, un articolo del vescovo di Noto (diocesi in cui sono stato battezzato e ho ricevuto la prima formazione cattolica), pubblicato sull’Osservatore romano, che tesse le lodi della canzone Imagine di John Lennon. La canzone piace così tanto al presule da essere utilizzata da due anni a questa parte per i suoi auguri natalizi al popolo di Noto.

Non discuto sul valore artistico della melodia e sul generico messaggio di pace proposto dalla canzone. Quello che francamente trovo inaccettabile è la sostanziale assunzione a preghiera universale (tanto che, testuale, “anche Gesù avrebbe cantato questa canzone con convinzione e senza timore della ideologia sottostante”) di un motivo che auspica un mondo senza paradiso e senza religione.

Il vescovo tenta una singolare esegesi del testo per giustificarne una lettura cristianamente orientata: “Il paradiso dei kamikaze va immaginato inesistente per guadagnare la pace: bisogna negare un paradiso per cui si uccide e si muore” e “anche su Dio (oltre che sulla religione)” dovremmo “fare assoluta chiarezza e togliere tutti gli equivoci del passato sull’uso della violenza per propagare la fede”. La forzatura è, tuttavia, evidente, anche perché l’ex Beatles non invoca certo un diverso paradiso o una diversa religione, compatibili con il mondo cristiano, ma immagina, con compiacimento, la loro inesistenza tout court.

Il vescovo, peraltro, si avventura anche in considerazioni sulla dottrina sociale della Chiesa e sulla proprietà privata che sarebbe “in funzione della solidarietà e della distribuzione universale dei beni” per concludere che “immaginare che non esistano confini, per creare una fraternità-sonorità capace di condividere tutto (share all the world), alle mie orecchie cattoliche suona bene (sounds good)”.

Peccato non la pensasse così san Giovanni Paolo II, che nell’enciclica Centesimus annus ammoniva quei credenti che hanno tentato un impossibile compromesso tra idee collettivistiche (marxiste) e cristianesimo: “Quando gli uomini ritengono di possedere il segreto di un’organizzazione sociale perfetta, che rende impossibile il male, ritengono anche di potenziare tutti i mezzi, anche la violenza o la menzogna per realizzarla. La politica diventa allora una ‘religione secolare’, che si illude di costruire il paradiso in questo mondo”. In altre parole, come sosteneva Paul Claudel, “quando l’uomo tenta di immaginare il paradiso in terra, il risultato immediato è un molto rispettabile inferno”.

A ben vedere, purtroppo, la richiamata esegesi si adatta perfettamente al nuovo magistero, che con la Dichiarazione di Abu Dhabi sancisce la perfetta uguaglianza delle religioni, le quali condurrebbero tutte indistintamente alla salvezza (quindi non si vede perché anche il rifiuto della religione non debba condurre al medesimo risultato) e con l’enciclica Fratelli tutti sembra assumere la fratellanza come valore in sé, a prescindere dall’adesione ai valori del cristianesimo che invece, citando Benedetto XVI, “è elemento non solo utile, ma indispensabile per la costruzione di una buona società e di un vero sviluppo umano integrale” (Caritas in veritate).

Non stupisce, pertanto, che l’articolo sia stato pubblicato sull’Osservatore romano, quotidiano della Santa Sede; spero solo che Imagine non sarà in un prossimo futuro recitata durante la Messa al posto del Credo.

https://www.aldomariavalli.it/2021/09/22/uomini-giusti-ai-posti-giusti-e-il-vescovo-che-fa-esalta-imagine-inno-anti-religioso/

Le scale mobili di Londra e quegli infortuni “da paura”


Nella metropolitana di Londra la prima causa di infortunio tra gli utenti, che un tempo era l’ubriachezza, è diventata la caduta dalle scale mobili. Le persone, infatti, temendo di contrarre il Covid, non si tengono ai corrimano. Situazione paradossale, illustrata da Victoria Friedman in un articolo per breitbart.com del quale riportiamo una sintesi.

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Le cadute delle scale mobili nelle stazioni della metropolitana di Londra sono aumentate perché gli utenti hanno paura di contrarre il coronavirus se si tengono al corrimano. Lo ha detto un funzionario della London Underground.

L’amministratore delegato della metropolitana, Andy Lord, ha spiegato a un comitato di sicurezza di Transport for London che “c’è un problema con l’idea che il corrimano non sia pulito a causa della pandemia”.

Il secondo fattore più importante per le cadute è l’ubriachezza.

La riluttanza a toccare i corrimano è diffusa nonostante uno studio dell’Imperial College di Londra non abbia trovato tracce del virus cinese in campioni d’aria o su superfici condivise su molti treni, autobus, stazioni della metropolitana o depositi di autobus di Londra.

Il terrore dei londinesi di contrarre il virus sembra far parte di una più ampia cultura della paura che attanaglia la nazione. Un sondaggio di luglio, effettuato meno di due settimane prima della fine della maggior parte delle restrizioni, ha rilevato che il 79% dei britannici ha avvertito un certo livello di nervosismo per la fine del lockdown. Più di un interpellato su cinque (21 per cento) ha dichiarato di sentirsi “molto nervoso”, il 34 per cento “abbastanza nervoso” e il 24 per cento “non molto nervoso”. Solo il 21% ha dichiarato di non sentirsi “per niente nervoso”.

Un altro sondaggio condotto nello stesso periodo ha rilevato che la maggior parte dei britannici sosteneva il governo che imponeva legalmente l’uso di maschere negli spazi pubblici e il 70% affermava che senza queste misure si sarebbe sentito insicuro nelle aree affollate.

Uno studio di aprile ha rilevato che solo l’otto per cento dei britannici si sente a proprio agio nel contatto fisico, come un abbraccio o una stretta di mano.

Altri sondaggi condotti dall’inizio della pandemia indicano che i britannici desiderano rimanere sottoposti a ulteriori limitazioni e vogliono che ci siano punizioni ancora più dure per i presunti trasgressori.

Ma i britannici non sono sempre stati così paurosi. Un sondaggio YouGov del 13 marzo 2020 ha rilevato che in quel periodo la maggior parte delle persone non era preoccupata per il Covid-19, un atteggiamento che non era sfuggito all’attenzione dei consiglieri del governo nei primi mesi della pandemia.

Un documento intitolato Opzioni per aumentare l’adesione alle misure di distanziamento sociale, datato 22 marzo 2020 e pubblicato dal governo il 5 maggio, è stato discusso in una riunione dell’influente gruppo consultivo scientifico per le emergenze (Sage) il 23 marzo di quello anno.

In una sezione intitolata Persuasione, i consulenti del sottogruppo di scienze comportamentali, lo Scientific Pandemic Insights Group on Behaviors hanno osservato che “un numero sostanziale di persone non si sente ancora sufficientemente minacciato personalmente” dal virus cinese. Di qui il monito: “Il livello percepito di minaccia personale deve essere aumentato, utilizzando incisivi messaggi emotivi. Per essere efficace, questo deve anche responsabilizzare le persone rendendo chiare le azioni che possono intraprendere per ridurre la minaccia”.

In effetti, alcuni messaggi del governo sembravano accettare il messaggio secondo cui i britannici dovevano sentirsi più “minacciati personalmente”, utilizzando “messaggi emotivi di forte impatto”, come la campagna pubblicitaria di gennaio che affermava che incontrare un amico per un caffè potrebbe “costare vite”, o come i video drammatici dei pazienti affetti da coronavirus in ospedale che il membro dell’Assemblea londinese David Kurten ha condannato come “propaganda emotivamente manipolativa”.

Fonte: breitbart.com

Foto Tolga Akmen/AFP via Getty Images

https://www.aldomariavalli.it/2021/09/22/le-scale-mobili-di-londra-e-quegli-infortuni-da-paura/


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