ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 4 settembre 2021

La speranza in un cambiamento in meglio

Sic transit gloria mundi

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Omnis potentatus brevis vita: […] rex hodie est, et cras morietur (Sir 10, 11-12 Vulg.).

La menzogna e l’ingiustizia non possono sussistere per un tempo indefinito, poiché non hanno un fondamento nell’essere, ma sono costrutti innaturali. Analogamente, il male non è un principio a sé stante, bensì mera privazione del bene. Poiché l’essere, il vero e il buono sono coestensivi, i discorsi falsi e i progetti cattivi, essendo privi di corrispettivo ontologico, hanno necessariamente una durata limitata, in quanto non possono, una volta esaurita l’artificiosa spinta di avviamento, non venire meno. Prima o poi la realtà, per quanto negata, coperta o contraffatta, torna prepotentemente a galla e impone la propria evidenza; più si cerca di forzarla, più la reazione sarà vigorosa.

Il regime più longevo della storia contemporanea, quello sovietico, sarebbe imploso fin dall’inizio senza il fiume di denaro proveniente dalle banche ebraiche americane e, anche con quell’incessante accanimento terapeutico, si estinse comunque per consunzione interna. Quello cinese ha superato la crisi del 1989 solo con il bagno di sangue di Piazza Tienanmen; la sua apparente solidità si basa su una fitta rete di corruzione e clientelismo che lo rende estremamente fragile. L’asfissiante controllo della popolazione tramite il sistema del credito sociale, nonché l’irrigidimento del governo nella politica religiosa, specie contro la Chiesa Cattolica, sono lampanti dimostrazioni dell’assenza di consenso da parte di una moltitudine che la banda comunista non potrà reprimere all’infinito.

Certamente la Cina sta colonizzando il mondo intero con i suoi prodotti e i suoi emigranti, con la complicità di quella casta politica parassitaria che da decenni, parandosi dietro l’ideologia progressista, sfrutta i popoli fingendo di tutelarne i diritti. Con il pretesto di difendere i lavoratori, in realtà, hanno strangolato, con grave danno per tutti, numerosissime imprese già minate dalla concorrenza sleale dell’Estremo Oriente. Lo smantellamento dell’imprenditoria nostrana, oltretutto, ci ha resi fortemente dipendenti dalla produzione cinese persino in settori in cui eravamo all’avanguardia. Il principale artefice di tale tradimento, dopo aver svenduto l’industria di Stato e governato a più riprese contro gli interessi del Paese, ora non gestisce più il potere in modo diretto, ma prosegue le sue prodezze tirando i fili a un livello più alto, sempre per conto dei globalisti.

Qualcosa sembra però essersi inceppato nel rapporto, apparentemente idilliaco, tra questi ultimi e gli eredi del Celeste Impero. Il velenoso attacco di Bill Gates a Xi Jinping induce a pensare che il secondo non sia così addomesticato come si credeva. Al di là della severa etichetta e della squisita cortesia, è impossibile capire cosa un cinese abbia davvero in testa. Le infiltrazioni economiche delle potenze occidentali, fin dall’Ottocento, furon tollerate finché le caste locali ne traevano vantaggio, ma ogni volta che gli stranieri si spinsero oltre un certo limite la reazione fu ben determinata, con violente rivoluzioni che distrussero, fra l’altro, le fiorenti missioni cattoliche, assimilate al potere straniero. Attualmente pare che l’asse Cina-Stati Uniti stia scricchiolando, con una sotterranea ma decisa ripresa dell’alleanza tra l’America e Israele.

Il presidente Trump, forte delle prove dei brogli elettorali, sta tenendo in scacco l’amministrazione Biden, bloccata su molti fronti e praticamente latitante. Qui in Italia, le forze che han cooperato al colossale imbroglio non sono affatto al sicuro, sebbene detengano momentaneamente il comando. L’attribuzione del potere direttamente a colui che Cossiga stigmatizzò come vile affarista è stata, probabilmente, una mossa disperata volta a puntellare una situazione franante, ma difficilmente potrà impedire il disastroso epilogo che si preannuncia. Anche da noi manca completamente il consenso popolare, sostituito dalla mera sottomissione ottenuta con la paura di una malattia artificiale e con la minaccia dell’esclusione sociale. Se sono tanti i cittadini mentalmente manipolati dalla propaganda, specie nei quadri statali, tanti sono anche quelli che stanno ponendosi delle domande e maturando salutari dubbi circa la versione ufficiale dei fatti.

Più preoccupante è la situazione della Chiesa, la cui gerarchia sembra in gran parte riprogrammata secondo un pensiero estraneo a quello cattolico e, di conseguenza, assimilata dalla pseudocultura dominante. L’impossibilità di avere, con molti vescovi e sacerdoti, un confronto sereno, basato su dati oggettivi e condotto con le regole elementari del ragionamento, è sintomatica di una profonda deformazione della mente, la quale non è certamente frutto della recente “emergenza sanitaria”, ma di un lungo processo iniziato in seminario, se non in parrocchia. L’adolescenza trascorsa in gruppi giovanili chiusi in sé stessi e assorbiti dalla contemplazione del proprio ombelico, poi i lunghi anni di una “formazione” evanescente che ha dissolto del tutto personalità già problematiche e carenti, hanno creato un vuoto che il giovane prete riempie avidamente delle triviali insulsaggini vomitate dal televisore o dal computer, davanti ai quali passa ogni giorno un buon numero di ore.

A parte la solerte acquiescenza dei vertici alle illegittime disposizioni governative, così tempestiva da non poter non apparire sospetta, la strategia oppressiva può contare sulla capillare rete territoriale di un clero totalmente succube, fatte salve le felici eccezioni. L’aggressività con cui si impongono le regole o si nega la comunione nella forma ordinaria (sulla lingua) è indice non solo di una grave fragilità psicologica, ma anche di una radicale insoddisfazione che soffoca l’esistenza e penetra fin nell’intimo di persone prive di identità e di scopo. Tale tragica condizione è ben peggiore di quella dei sacerdoti formatisi prima del Concilio, a cui non avevano insegnato a coltivare la relazione con Dio e che non sopportavano più il rigido formalismo dell’epoca, così che, non appena cambiò il vento, gettarono indistintamente a mare tutto il passato e si reinventarono il sacerdozio in chiave socio-aggregativa, obliterando di fatto la dottrina e la morale.

Quei preti, tuttavia, avevano ancora una base umana derivante dall’educazione familiare, la quale rendeva piacevole la relazione con i fedeli, benché nascondesse spesso gravi cedimenti nella vita privata. La nuova Pentecoste aveva reso superflui precetti e comandamenti, in nome della presunta libertà di un uomo illusoriamente santificato da proclami velleitari e fantasiosi. Da allora il male non ha fatto altro che peggiorare, in assenza di cure efficaci; ma basta cambiare nome ai problemi e presentarli come risorse perché la commedia prosegua indisturbata, malgrado gli innumerevoli morti e feriti che spiritualmente lascia per strada. L’ospedale da campo fa più vittime di quante presume di guarirne e, tra poco, sprofonderà nel nulla insieme al pontificato più disastroso della storia, quello che ha trasformato il Vaticano in una succursale dell’O.N.U. e il suo capo in un commesso delle multinazionali farmaceutiche.

Tutto questo deve alimentare in noi la speranza in un cambiamento in meglio della situazione del mondo e della Chiesa. Iniquità e falsità non possono durare all’infinito, in quanto sono destinate all’implosione. Sia il regime che si regge su di esse, sia chi si adopera per incrementarle sarà travolto nel crollo dell’inconsistente costruzione. «Di ogni dominio la vita è breve; il re oggi è, ma domani morirà» (Sir 10, 11-12 Vulg.). Questa costatazione vale per ogni tempo, ma oggi si sta rivelando particolarmente attuale. Essere costretti a smentire di volersi ritirare non è esattamente un indizio di forza politica, specie se uno si ritrova con due tumori così diffusi da non essere più operabili. Il liquidatore della Chiesa Cattolica si appressa al redde rationem, ma fa ancora in tempo a cambiare rotta, se vuole evitare il fuoco eterno.

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