Luca Del Pozzo: il Papa, i Sondaggi e una Chiesa in Esplosione.
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, ci sembra interessante condividere con voi questa lettera che l’amico Luca Del Pozzo ha inviato al direttore de Il Foglio,relativa alle voci di dimissioni del Pontefice regnante, e a un sondaggio sul suo gradimento (!) pubblicato nei giorni scorsi. Buona lettura.
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Che una rondine non faccia primavera è vero non solo in questi tempi di cambiamenti climatici cosiddetti; lo è ancor di più se la primavera in questione è quella della chiesa, per usare la celebre formula di Paolo VI, a indicare una stagione di rinnovato slancio spirituale e di fede. La rondine in questo caso è un sondaggio, uscito nei giorni scorsi su Repubblica incidentalmente a ridosso dei rumors e dei retroscena sulle possibili dimissioni del Pontefice regnante per motivi di salute. Stando ai risultati dell’indagine, la sua popolarità “appare in sensibile ripresa negli ultimi due anni”, con 3 italiani su 4 che esprimono fiducia nei suoi confronti, ciò che rappresenta “il dato più alto registrato dal 2017”, nonché un consenso “molto più elevato rispetto a quello verso la chiesa”. Anche per questo, si legge, le dimissioni del Papa sarebbero “poco ragionevoli”. Detto altrimenti, ma davvero proprio ora che la popolarità, la fiducia e il consenso nei confronti del Papa è in rialzo, qualcuno può pensare che si dimetta? Ma, appunto, una rondine non fa primavera. Intanto va detto che questa cosa di voler tastare il polso del popolo, ancorché di Dio, sondandone gli umori nei confronti del Pontefice, manco stessimo parlando di un partito e del suo leader, lascia il tempo che trova, posto che la chiesa ha una natura sacramentale e non democratica. Secondo, e cosa più importante: come ha ben documentato sabato scorso Matteo Matzuzzi su queste colonne (“Il pontificato della discordia”), a distanza di otto anni e mezzo il dato di fatto indiscutibile è che rispetto a quelle che erano le attese e le parole d’ordine di una stagione che si preannunciava rivoluzionaria, la chiesa cui ci si trova di fronte è una chiesa divisa, confusa e scossa da fibrillazioni potenzialmente esplosive. Si voleva una chiesa in uscita, il risultato è l’uscita dalla chiesa, certificata dalla continua emorragia di fedeli, eccetera; ma anche l’uscita della chiesa dalla società, nel senso di una sempre minore incidenza nella vita pubblica. Poi, certo, sullo sfondo c’è sempre la famosa “profezia” dell’allora (1969) giovane teologo Ratzinger, quella in cui non a caso il futuro Pontefice parlava di una chiesa che avrebbe perso molto, che sarebbe diventata piccola e che avrebbe dovuto ripartire dagli inizi. Forse ci siamo. E se è così, tanto l’attuale pontificato quanto (e soprattutto) la renuntiatio di Benedetto XVI andrebbero inquadrati in tutt’altra prospettiva.
Luca Del Pozzo
Marco Tosatti 4 Settembre 2021 7 Commenti
Luca Del Pozzo
Mascarucci: Cosa c’è dietro il Garantismo del Papa per Becciu?
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Americo Mascarucci propone alla vostra riflessione queste considerazioni sulle parole del Pontefice regnante relative al cardinale Angelo Becciu, coinvolto nell’inchiesta sull’affare di Sloane Square a Londra. Buona lettura.
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Cosa c’è dietro il garantismo del Papa per Becciu?
“Desidero con tutto il cuore che sia innocente. E’ stato mio collaboratore e mi ha aiutato molto. Ho una certa stima di lui come persona, e il mio desiderio è che ne esca bene. Oltre alla presunzione d’innocenza, non vedo l’ora che ne esca bene. Sarà la giustizia a decidere”. A parlare è Papa Francesco in un’intervista alla radio Cope di proprietà della conferenza episcopale spagnola, dove parla delle vicende che hanno coinvolto quello che fino ad un anno fa era uno dei suoi più stretti collaboratori, Angelo Becciu, da lui stesso rivestito della porpora cardinalizia. Il cardinale Becciu è sotto processo dalla giustizia vaticana con l’accusa di aver utilizzato in modo illecito e truffaldino i fondi della Segreteria di Stato insieme ad altre dieci persone. La vicenda è ben nota, riguarda lo scandalo legato all’acquisto del palazzo di Londra. Becciu si è sempre proclamato innocente e la sua colpevolezza è tutta da dimostrare. Eppure lo stesso papa Francesco, che oggi prega perché sia assolto e che invoca per lui la presunzione di innocenza, è lo stesso che è sembrato dare immediatamente credito alle accuse divulgate a mezzo stampa (per altro giunte in anteprima sulla scrivania del pontefice, ben prima che arrivassero in edicola), costringendo di fatto Becciu a dimettersi da tutti gli incarichi ricoperti nella Curia romana (decisione che il cardinale ha assunto dopo aver preso atto che la fiducia del pontefice nei suoi confronti era venuta meno nel corso di un incontro in cui Bergoglio stesso gli ha chiesto di farsi da parte) e privandolo pure del diritto di partecipare da elettore ad un eventuale conclave.
Sta di fatto che se Francesco davvero teneva alla presunzione di innocenza avrebbe dovuto quanto meno dare credito anche alla difesa del suo ex collaboratore, invece di sbatterlo fuori come il peggiore dei delinquenti. Stesso copione andato in scena nei confronti dell’ex ministro dell’Economia George Pell, accusato di abusi sessuali su minori e poi assolto da ogni accusa; ma nel frattempo anche lui fu costretto a dimettersi, a lasciare il Vaticano e a consegnarsi ai suoi accusatori che lo hanno mandato alla sbarra e in galera a rispondere di accuse sin dall’inizio molto fumose e contraddittorie, ma ben alimentate da un circuito mediatico ostile che ha in pratica condizionato i primi gradi di giudizio, dove i giudici sono sembrati dare credito unicamente alle tesi dell’accusa. Soltanto nel supremo grado di giudizio Pell ha potuto ottenere ascolto, incontrando giudici imparziali che, esaminando anche le prove della difesa, sono arrivati alla conclusione che le accuse non erano affatto fondate come era stato a lungo sostenuto. E da papa Francesco è arrivata la piena riabilitazione di Pell che nel frattempo ha accusato Becciu di essere stato l’ispiratore del complotto giudiziario contro di lui, costruito comprando i testimoni dell’accusa attraverso bonifici inviati in Australia del valore di 700mila euro (ma un’inchiesta della polizia federale australiana non ha collegato i flussi di denaro alla vicenda giudiziaria). Il tutto perché Pell aveva ficcato il naso nei bilanci della segreteria di Stato da sempre considerata la zona franca del Vaticano.
Tornando a Becciu, non sarebbe stato opportuno da parte di Francesco, lo stesso che per altro il giovedì santo ha celebrato la messa nella sua cappella privata, una maggiore prudenza nel dare credito alle campagne di stampa proprio in virtù del precedente di Pell? Magari sospendendo Becciu dagli incarichi ma senza umiliarlo con l’obbligo delle dimissioni in mondovisione e privandolo delle prerogative cardinalizie? Come mai tanta intransigenza nel momento stesso in cui oggi è Bergoglio stesso ad invocare la presunzione di innocenza per lui, addirittura riabilitandolo in parte e quasi manifestandogli riconoscenza per il lavoro svolto come suo collaboratore? Forse il Papa si è reso conto che Becciu potrebbe non essere così colpevole come si credeva e magari potrebbe essere stato a sua volta vittima, come Pell, di una guerra di potere in Vaticano? Forse come denunciato da più parti, è stato “sacrificato” lui per coprire ben altre imbarazzanti e opache vicende che riguardano la gestione della Segreteria di Stato? Un capro espiatorio offerto in pasto ai media come emblema del malcostume vaticano nell’ambito di un’operazione mediatica di distrazione di massa? O si è voluto eliminare un uomo che era diventato troppo potente nelle mura leonine, vantava ambizioni in vista di un futuro conclave e poteva facilmente ostacolare i progetti di altri pezzi grossi del giro bergogliano?
Oppure dobbiamo ritenere che anche in questa vicenda Francesco stia ricoprendo i panni del dottor Jekyll e mr. Hyde come già avvenuto con il caso di Enzo Bianchi? Ricordate? Il Papa ha autorizzato l’esilio dell’ex priore da Bose per poi scrivergli una lettera grondante attestati di stima e di affetto, con l’invito a Bianchi ad accettare il peso della croce. Della serie, dopo il danno pure la beffa.
Ora naturalmente non resta che attendere l’esito del processo a carico di Becciu ma resta da capire il senso di certe affermazioni papali. Intendiamoci, è legittimo che Francesco invochi la presunzione di innocenza e che si auguri che il suo ex collaboratore venga prosciolto, ma che senso ha farlo dopo che lo si è condannato preventivamente sulla base delle sole inchieste giornalistiche? E che senso ha riconoscerne oggi i meriti (“E’ stato mio collaboratore e mi ha aiutato molto. Ho una certa stima di lui come persona, e il mio desiderio è che ne esca bene) quando lo si è scaricato senza troppi complimenti escludendolo addirittura dalla possibilità di entrare in conclave? Questa non è forse una presunzione di colpevolezza? E se anche Becciu dopo Pell dovesse essere scagionato non sarà il caso che Francesco inizi a pretendere chiarezza su come sono state costruite certe accuse e da chi? A meno che non lo sappia già, ragione per cui da grande accusatore si è trasformato oggi in convinto garantista.
Di Americo Mascarucci- giornalista e scrittore
Marco Tosatti3 Settembre 2021 9 Commenti
https://www.marcotosatti.com/2021/09/03/mascarucci-cosa-ce-dietro-il-garantismo-del-papa-per-becciu/
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