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giovedì 11 luglio 2013

Motu Proprio e Ior.

Le mosse di Papa Francesco e le contromosse

Motu Proprio e Ior. Le mosse di Papa Francesco e le contromosse
Nella riforma del codice penale di Francesco un ruolo di primo piano lo ha avuto Vatileaks, il grande scandalo che ha portato all’arresto del maggiordomo di Benedetto XVI, poco più di un anno fa. Documenti e corrispondenza riservata trafugata dall’Appartamento papale, diffusione sui media, rivelazione di notizie private. Accuse durissime, confermate dal Tribunale vaticano e condanna per il corvo (benché non si sia mai chiarito il numero preciso delle persone coinvolte), graziato poi da Ratzinger. Il presidente del tribunale, il professor Dalla Torre, lo dice espressamente: “Chi d’ora in poi si macchierà di tali reati, rischia una condanna a otto anni di reclusione”.

“Proibito distruggere i documenti dello Ior”
Anche quell’accenno alla lotta alla corruzione e alla trasparenza riporta subito alla mente gli stravolgimenti che nelle ultime settimane hanno colpito lo Ior, l’Istituto per le opere di religione. Semplice coincidenza, si fa notare dal Vaticano, sulla tempistica del Motu proprio, che arriva proprio nei giorni in cui la vicenda della banca vaticana è tornata in primo piano. Il vaticanista della Stampa Andrea Tornielli scrive che “secondo diverse fonti, lo scorso 4 luglio la magistratura” del Papa “avrebbe emesso una disposizione che proibisce di distruggere o manomettere i documenti dello Ior”.
Una decisione senza precedenti
Un atto che, fa notare Tornielli, “è senza precedenti, preso autonomamente senza il placet della Segreteria di stato”. Tutto ciò è ancora più significativo perché avvenuto solo tre giorni dopo le dimissioni (a quanto pare “incoraggiate” da Francesco) del direttore generale Paolo Cipriani e del suo vice Massimo Tulli. A determinare il provvedimento dei magistrati vaticani sarebbe stata la presenza dei vertici dimissionari nel torrione di Niccolò V anche nei giorni seguenti la rinuncia all’incarico ricoperto fino a quel momento. Proprio dopo questi avvenimenti (compresa la dichiarazione del presidente dello Ior, von Freyberg, secondo cui l’avvocato Briamonte era stato allontanato dall’istituto mentre veniva visto entrare nel torrione), la magistratura avrebbe disposto che “nessun documento, in qualsiasi formato, può essere distrutto, manomesso o spostato”.
La difesa del cardinale Scherer
E’ il momento di fare luce su tutto, della trasparenza totale. Il messaggio del Papa è chiaro, e quel chirografo di fine giugno lo dimostra: nulla potrà essere nascosto, ogni operazione dovrà essere motivata e spiegata alla commissione pontificia incaricata di indagare sulle attività dello Ior. D’altronde, come spiega in un’intervista al Messaggero il cardinale brasiliano Odilo Pedro Scherer, “nelle strutture vaticane non lavorano solo angeli”. Scherer è uno dei membri della commissione cardinalizia di vigilanza sullo Ior, composta anche dai porporati Bertone, Tauran, Calcagno e Toppo. Arcivescovo di San Paolo del Brasile (la più grande diocesi del mondo), Scherer è stato a lungo considerato un papabile. Per lui avrebbero spinto i curiali guidati dall’ex Segretario di stato, Angelo Sodano, e i bertoniani. Pastore sudamericano ma con un forte legame con i Sacri palazzi: il mix giusto per accontentare tutti, diceva chi ne sosteneva la “candidatura” al papato. Scherer, stando alle indiscrezioni, avrebbe poi difeso la politica attuata dalla Segreteria di Stato riguardo lo Ior anche nelle congregazioni pre-Conclave, attirandosi le ire dell’ala più decisa a rinnovare la governante vaticana.
Lo Ior “rende fattiva la missione della Chiesa”
E quella posizione il porporato sudamericano la ribadisce al Messaggero: “Lo Ior non è una banca, ma un istituto con finalità di servizio che si sta adeguando alle norme internazionali. Personalmente non credo che l’ipotesi di chiusura sia prevalente. Ritengo che la Chiesa abbia comunque bisogno di beni materiali”. Una linea non troppo dissimile da quella dell’ex direttore generale dello Ior, Paolo Cipriani, convinto che l’istituto per le opere di religione fosse necessario per garantire l’indipendenza della Santa Sede. “Non credo che la chiesa possa pensare di prescindere da un’organizzazione amministrativa che rende fattiva la sua missione”, aggiunge Scherer.
11 - 07 - 2013Matteo Matzuzzi

Ecco come Papa Francesco ha rivoluzionato il codice penale del Vaticano

11 - 07 - 2013Matteo Matzuzzi
Ecco come Papa Francesco ha rivoluzionato il codice penale del Vaticano
Un testo breve, in italiano, per rivoluzionare il codice penale della Città del Vaticano. E’ il motu proprio di Papa Francesco che è stato pubblicato questa mattina, corredato da una (più lunga) spiegazione del sostituto della Segreteria di Stato per i Rapporti con gli stati, mons. Dominique Mamberti.
Tanti i temi toccati da Bergoglio nel documento che entrerà in vigore il prossimo 1° settembre. Innanzitutto, è stato abolito l’ergastolo, che sarà sostituito con la pena della reclusione da 30 a 35 anni.
Lotta dura contro gli abusi sui minori
Viene poi introdotto il reato di tortura e “l’ampia definizione della categoria dei delitti contro i minori”. Quali siano, lo spiega la nota della Pontitificia commissione per lo Stato della Città vaticano, che ha approvato le tre leggi che rendono operativo il motu proprio papale: “vendita, prostituzione, arruolamento e violenza sessuale in loro danno, pedopornografia, detenzione di materiale pedopornografico, atti sessuali con minori” .
E’ un passo significativo che rafforza la linea di trasparenza intrapresa e portata avanti da Benedetto XVI riguardo gli abusi sui minori. A essere soggetti della nuova normativa saranno tutti i dipendenti di uffici collegati alla Santa Sede, “indipendentemente dal fatto che si trovino sul territorio dello Stato della Città del Vaticano”, i nunzi apostolici, il personale diplomatico e quello della curia romana. 
L’adeguamento a Moneyval
Ma il motu proprio non si ferma qui, perché Francesco stabilisce che “in linea con gli orientamenti più recenti in sede internazionale” verrà “introdotto un sistema sanzionatorio a carico delle persone giuridiche, per tutti i casi in cui esse profittino di attività criminose commesse dai loro organi o dipendenti, stabilendo una loro responsabilità diretta con sanzioni interdittive e pecuniarie”. A tal proposito, il direttore della Sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, spiega che dopo le tre norme a corredo del motu proprio “altre leggi sono in preparazione, non di natura penale, nella direzione degli adeguamenti alle richieste di Moneyval”. Il riferimento è alle richieste avanzate dal Consiglio d’Europa alla Santa Sede perché questa rafforzasse il proprio regime di vigilanza in materia di antiriciclaggio. Anche in questo campo l’indirizzo è di perseguire e rafforzare la linea dettata da Joseph Ratzinger, che a fine 2010 creò l’Autorità d’Informazione finanziaria incaricata di sorvegliare tutte le attività riguardanti il settore economico e finanziario della Santa Sede. A presiederla, il Papa tedesco chiamò l’ex presidente dell’Apsa (Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica), il cardinale Attilio Nicora.
Echi di Vatileaks
Già in questo passaggio si avverte l’eco di Vatileaks, reso più esplicito dall’introduzione nell’ordinamento vaticano dell’articolo 116 bis: chi d’ora in poi trafugherà documenti e rivelerà notizie riservate, rischierà fino a otto anni di carcere se – come ha chiarito il presidente del Tribunale della Città del Vaticano, Giuseppe Dalla Torre – “il documento trafugato riguarda interessi di particolare tenore e riservatezza”. Risulta subito evidente il paragone con la pena mite comminata all’ex maggiordomo di Benedetto XVI, Paolo Gabriele, condannato a solo 18 mesi di reclusione (poi cancellati dalla grazia papale) per aver sottratto corrispondenza e altra documentazione dall’Appartamento del Pontefice. 

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