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venerdì 3 novembre 2017

Il tram di jorge


Cattolicesimo, prossima fermata: capolinea?

Il cattolicesimo sta morendo tra invecchiamento della popolazione, ondate di sbattezzi, fedeli che si convertono ad altre religioni o che si secolarizzano e strateghi pontifici che non riescono a fermare l'emorragia in corso in quasi tutto il mondo. Il XXI secolo pone delle sfide potenzialmente letali al Vaticano.

Il cattolicesimo è stato per quasi due millenni la prima religione del mondo, per numero di aderenti e potere d’influenza sugli uomini, sulla politica, sulla società, sulle scuole di pensiero e sulle arti, ma oggi la situazione è radicalmente cambiata a causa di numerosi eventi e nessuna azione intrapresa dai papati del Novecento e del 2000 sembra aver rallentato o invertito la tendenza, che anzi accelera quasi ovunque. In Europa, dove risiede il centro di potere cattolico per antonomasia, il Vaticano, calano le vocazioni, i battezzati, i matrimoni religiosi, chiudono le parrocchie per mancanza di fedeli e fondi per la manutenzione e vengono rimosse statue e crocifissi dai luoghi pubblici nel nome di un ultralaicismo militante, sullo sfondo di periodici scandali, finanziari e sessuali, che investono il clero romano. La stagione dei pontefici-strateghi, capaci di essere guerrieri della fede e statisti votati alla ragion di Stato allo stesso tempo, sembra essere finita nel dopo-Giovanni Paolo II, venuto meno il pericolo del comunismo sovietico in America Latina, in Asia e in Europa.


Sono passati ormai più di 30 anni da quando Giovanni Paolo II siglò un’intesa segreta con l’amministrazione Reagan per realizzare nel mondo la geopolitica della fede, nel nome della quale il cattolicesimo fu trasformato in un’ideologia potente e affascinante, dotata di carica rivoluzionaria e antisistema, veicolando un messaggio di ribellione contro le ingiustizie prodotte dagli uomini sul pianeta. Polonia, Filippine, Brasile, Argentina, Perù, Corea del Sud, tanti furono i paesi in cui l’influenza cristiana sulla società permise una rinascita del sentimento religioso tale da mobilitare milioni di persone, sia in modo pacifico che armato, contro regimi dittatoriali in piedi da decenni.



Giovanni Paolo II (Wadowice, 18 maggio 1920 – Città del Vaticano, 2 aprile 2005), al secolo Karol Józef Wojtyła, è stato una delle figure più importanti del Novecento, al tempo stesso leader religioso, statista, pensatore ed icona culturale. Fu l'ideatore della geopolitica della fede, il cui potenziale destabilizzante fu compreso dal celebre stratega Zbigniew Brzezinski che la riadattò in Afganistan in chiave antisovietica.

Giovanni Paolo II (Wadowice, 18 maggio 1920 – Città del Vaticano, 2 aprile 2005), al secolo Karol Józef Wojtyła, è stato una delle figure più importanti del Novecento, al tempo stesso leader religioso, statista, pensatore ed icona culturale. Fu l’ideatore della geopolitica della fede, il cui potenziale destabilizzante fu compreso dal celebre stratega Zbigniew Brzezinski che la riadattò in Afganistan in chiave antisovietica.

Indubbiamente, il lungo pontificato del polacco che sconfisse il comunismo grazie alla forza, dimenticata dal mondo, del crocifisso è stato una delle pagine più importanti per la storia della chiesa cattolica, ma cosa è rimasto della rivoluzione nella fede, della geopolitica della fede e del progetto della nuova evangelizzazione scritto insieme a Benedetto XVI? La situazione del cattolicesimo nel mondo è quasi ovunque drammatica sulla base delle fotografie scattate periodicamente dal Pew Research Center: nella stessa America Latina della guerra cristera e della teologia della liberazione, che durante il Novecento ha prodotto il 9% del clero mondiale e registrato tassi di battesimo superiori ovunque al 90%, coloro che si dichiarano cattolici sono passati dal 92% al 69% della popolazione adulta totale fra il 1970 e il 2014 e anche chi si dichiara cattolico è, nella maggior parte dei casi, ampiamente secolarizzato, allo stesso modo dei correligiosi europei.

I casi più emblematici della decattolicizzazione in corso in America Latina son quello honduregno, dove la popolazione cattolica è scesa dal 76% al 47% negli ultimi 20 anni, e quello brasiliano, il più emblematico, dove nel dicembre 2016 – secondo le stime dell’istituto Datafolha, si professava cattolico soltanto il 50% della popolazione (nel 1970 lo era il 90%), sullo sfondo di un’ascesa forte degli affiliati evangelici, aumentati di 4 punti percentuali soltanto nel periodo 2014-16. Emorragia di vocazioni sacerdotali e di fedeli non equivale ad una perdita dell’influenza cristiana nella vita politica e sociale latinoamericana, perché l’arretramento dei cattolici è essenzialmente causato dall’aumento dei protestanti evangelici, cresciuti fra il 1970 e il 2014 dal 9% al 19% della popolazione latinoamericana totale.


                                        Exodus – Marc Chagall (1952–66)

Dinanzi l’ateizzazione dell’Occidente, la protestantizzazione dell’America Latina e la stasi asiatica e oceanica, l’Africa è l’unico continente in cui i numeri del cattolicesimo sono in aumento costante dal 1900. Come si evince dal rapporto del Center for the Study of Global Christianity, il futuro del cattolicesimo sarà africano e l’elezione di un pontefice non-europeo è segno più evidente della fine dell’occidentalocentrismo della chiesa cattolica. Da alcuni anni, la maggioranza relativa della popolazione africana è affiliata a confessioni cristiane e lo è attivamente, dimostrandolo con il numero di battesimi, di vocazioni sacerdotali e di matrimoni religiosi, apertura di nuove parrocchie, attivismo clericale in politica e società, presa nulla dei valori secolari nel continente.

Attualmente, il 17,3% della popolazione cattolica mondiale proviene dall’Africa; una cifra esorbitante considerando che a inizio Novecento la percentuale era inferiore al 2%. Se il futuro apparterrà all’Africa, cosa ne sarà dell’Europa? La sociologa e studiosa di religioni Danièle Hervieu-Léger parla di exculturation del cattolicesimo dall’Europa, il papa emerito Benedetto XVI parla dell’esistenza di una dittatura del relativismo mirante ad estirpare il senso del divino dall’uomo, in ogni caso, il cattolicesimo conta sempre di meno nel Vecchio Continente. 


                                                        Ratzinger il rivoluzionario

Secondo l’Institut Français d’Opinion Publique, fra il 1965 e il 2009 i matrimoni religiosi in Francia sono diminuiti del 40%, 4 persone su 10 sostengono di non conoscere dei cattolici praticanti e coloro che si dichiarano cattolici sono passati dall’81% al 54%. Mentre in America Latina il vuoto lasciato dai cattolici viene riempito dagli evangelici, in Francia è forte l’ascesa dell’islam, non soltanto per la maggiore adesione dei fedeli ai dettami coranici e per il tasso di natalità superiore a quello della media nazionale – si stima che un neonato su tre abbia genitori islamici – ma anche per il numero di ritornati all’islam, oltre 100mila secondo i dati delle associazioni islamiche di Francia.

Se la situazione della Francia è drammatica, lo è ancora di più quella della Germania, dove da alcuni anni si parla di vera e propria morte del cattolicesimo. Secondo le statistiche della Conferenza Episcopale Tedesca, nel solo 2016 sono state chiuse 537 parrocchie e persi 162.093 fedeli. Nel periodo 1996-2016 le parrocchie sono passate da 13.329 a 10.280 e, per via della denatalità, del mancato ricambio generazionale e degli sbattezzi, i cattolici tedeschi sono diminuiti di 4 milioni di unità. Gli europei etnici che hanno deciso di convertirsi all’islam hanno superato le 100mila unità in Gran Bretagna, Germania, Francia, Spagna, Italia e i numeri potrebbero essere di gran lunga superiori, dal momento che non esistono stime ufficiali, ma solo presunte sulla base di dati provenienti da moschee, associazioni islamiche, sondaggi e dati parrocchiali sullo sbattezzo. Secondo il servizio-inchiesta The islamification of Britain dell’Independent, ogni anno circa 5mila persone abbracciano l’islam in Gran Bretagna, e lo stesso ritmo è registrato in Germania e Francia.


               La moschea missiri a Fréjus. In Francia si stima che vi siano tra i 4 e i 10 milioni di cittadini musulmani, decuplicati tra il 1970 e il 2010 sia per l'immigrazione che per le conversioni. Nello stesso periodo si sono quasi dimezzati i cristiani, scesi al 47% della popolazione nel 2016 secondo l'Institute Montaigne, ed aumentati agnostici ed atei che compongono circa il 30% della popolazione.


Se la sfida in America Latina è rappresentata dall’ascesa del protestantesimo evangelico, utilizzato come cavallo di Troia e foraggiato dagli Stati Uniti contro l’influenza cattolica nel continente sin dai tempi del Rapporto Rockefeller sulle Americhe del 1969, in Europa la sfida è l’islamizzazione e in ambedue i casi la chiesa cattolica non ha saputo formulare strategie capaci di creare inversioni di tendenza. Un altro grave problema è dato dalla crisi del modello di welfare cattolico basato sul sistema parrocchiale e diocesano, in passato capace di fornire assistenza concreta e diffusa a milioni di persone, creando e trovando posti di lavoro e case a chi ne avesse avuto bisogno, oltre che sostenere psicologicamente e materialmente le coppie di sposati e i fedeli afflitti da crisi mistiche. La parrocchia, almeno in Occidente, da alcuni decenni ha smesso di essere il punto di riferimento dei quartieri, anche in senso spirituale, limitandosi ad un marginale ruolo di sede di matrimoni, funerali e celebrazioni religiose e civili di un certo spessore e questo ha contribuito notevolmente alla perdità di adesione e seguito del cattolicesimo a livello popolare.

Alcune strategie elaborate durante la guerra fredda come la formazione di preti operai, di preti di strada, dei sindacati e delle associazioni del lavoro di matrice cristiana e delle comunità ecclesiali di base, per contrastare l’avanzata del secolarismo, del comunismo e della trasformazione della fede in un residuato culturale d’importanza secondaria per le società, sono state progressivamente abbandonate, lasciando che il nulla prodotto dalla postmodernità nichilista del nuovo Occidente prendesse il posto del cattolicesimo. Non è un caso che la decattolicizzazione sia stata e sia ancora adesso molto forte soprattutto tra le fasce popolari, ossia quelle che più subiscono gli effetti delle crisi economiche e sociali e che in passato hanno goduto d’un supporto pressoché totale da parte dei sistemi parrocchiali.

I preti-operai e di strada hanno svolto un ruolo di aiuto sociale di primaria importanza, soprattutto in Italia e in paesi dall'elevato tasso di criminalità come Messico e Brasile. In foto don Giuseppe Puglisi (Palermo, 15 settembre 1937 – Palermo, 15 settembre 1993), un prete celebre per il suo attivismo contro Cosa nostra, per mano della quale fu ucciso.

Quale futuro per una potenza in declino, in profonda crisi umana, materiale e ideologica? Secondo le stime del Pew Research Center, il sorpasso dell’islam sul cristianesimo sarà questione di alcuni decenni per via del tasso di natalità e del numero di conversioni, ma la verità è che il cristianesimo – soprattutto nella sua versione cattolica, ha smesso di essere la prima religione del mondo da almeno un secolo e questa è una realtà che in Vaticano si fatica ad accettare.


La fine dell’unipolarismo religioso nelle relazioni internazionali, causata dal risveglio del mondo islamico, dalla protestantizzazione dei paesi a tradizione cattolica del Sud del mondo e dalla secolarizzazione sempre più accentuata dell’Occidente, potrebbe determinare il crollo dell’ultima, grande potenza sopravvissuta alla fine del sistema europeo degli Stati, la chiesa cattolica romana, e la scelta di Francesco I di dedicare un’ampia fetta dell’agenda vaticana alla questione profughi, al dialogo ecumenico con musulmani, protestanti ed ortodossi, al terrorismo islamista e alla persecuzione dei Rohingya, potrebbe essere l’inizio d’una nuova geopolitica della fede a matrice internazionalistica e multireligiosa, dal cui esito può dipendere la fine o la rinascita del cattolicesimo.

di Emanuel Pietrobon - 3 novembre 2017    

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