ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 13 novembre 2011

Quid me tentátis, hypócritæ?

Una inammissibile e reiterata ingerenza. Ebrei versus FSSPX

A margine dell'incontro di cui all'articolo precedente, devo registrare una notizia che non posso passare sotto silenzio.
(ASCA) - Città del Vaticano, 10 nov - Davanti alla possibilità di una riconciliazione definitiva tra il Vaticano e i tradizionalisti lefebvriani, il rabbino David Rosen, responsabile del dialogo interreligioso per l'American Jewish Committee, ribadisce che "le nostre preoccupazioni sono già state espresse e ho ricevuto l'assicurazione da parte del card. Kurt Koch (presidente del Pontificio Consiglio per l'Unità dei Cristiani e per la Commissione per i rapporti religiosi con l'ebraismo, ndr) che non c'è possibilità di arrivare ad una riconciliazione che comprometta Nostra Aetate", il documento del Concilio Vaticano II considerato come un punto di svolta nei rapporti tra cattolici e ebrei dopo due millenni di ostilità e sospetto.
"Per il resto - ha aggiunto Rosen al termine dell'incontro avuto questa mattina con papa Benedetto XVI insieme agli altri leader religiosi di Israele - è una questione interna della Chiesa cattolica".

Nostra Aetate, ha spiegato ancora il rabbino interpellato sul suo colloquio con il card. Koch, "non è in discussione". Questo, ha aggiunto, non significa che un riconoscimento esplicito del documento conciliare faccia parte della proposta di accordo sottoposto dalla Santa Sede alla Società Sacerdotale San Pio X ma che, dal punto di vista pratico, "ogni riconciliazione richieda in effetti l'accettazione di Nostra Aetate".

Quanto all'opportunità della trattativa vaticana, "posso avere le mie opinioni, ma non ho il diritto di intervenire nelle scelte interne di un'altra religione" [eppure è quello che sta facendo!]. "Mi aspetto - ha concluso - che la Santa Sede sia esplicita nel ripudiare la negazione dell'Olocausto nel caso di una riconciliazione", per rassicurare il mondo ebraico, anche se il vero problema, ha tenuto a sottolineare, non è tanto mons. Williamson quanto "chiarire che Nostra Aetate non è sul tavolo".
Non è la prima volta che vien fuori una condizione in relazione alla regolarizzazione canonica della Fraternità. Già all'epoca della revoca delle scomuniche, subito dopo lavisita del Papa in Sinagoga il 17 gennaio 2010, fu Rav Di Segni, il rabbino capo di Roma, a porre addirittura un'alternativa tanto sconcertante quanto sorprendente dal momento che non si capisce su cosa possa essere fondata: "o loro o noi!". Le seguenti dichiarazioni di Rav Di Segni sono tratte da un'intervista rilasciata in occasione della "Giornata della memoria", che si celebra il 27 gennaio:
"Se la pace con i lefebvriani significa rinunciare alle aperture del Concilio, la Chiesa dovrà decidere: o loro o noi!": così il rabbino capo della comunità ebraica di Roma, Riccardo di Segni, in un passaggio di un'intervista al mensile 'Il consulente Re' uscito il giorno prima della giornata della memoria.
Di Segni rievoca, al proposito, il discorso pronunciato in sinagoga in occasione della recente visita del Papa, quando, in riferimento alle "aperture" del Concilio vaticano II, ha affermato: "Se venissero messe in discussione, non ci sarebbe più possibilità di dialogo". Ora il rabbino spiega, in riferimento al discorso del giorno prima del Papa alla congregazione per la Dottrina della fede: "E' stata l'ultima aggiunta al discorso, dopo che venerdì mattina 15 gennaio c'è stata una strana apertura ai lefebvriani...".
Ebbene, al riguardo riporto e ribadisco quanto ne ho già scritto in quei giorni, che resta tuttora valido.

Necessità di uscire dal sepolcro e guarire dal passato per poter avere un futuro.

Non è mia intenzione entrare in una polemica; vorrei soltanto che il 27 gennaio fosse veramente ilgiorno della Memoria, e quindi che si accomunassero nel ricordo tutte le vittime del Novecento: il secolo, che è stato definito da V. Grossman, della massima violenza dello Stato sull' uomo; ma ad esse vorrei fossero accomunate le vittime di ogni generazione che ci ha preceduti nella storia, ma anche della nostra che - senza nulla togliere al dramma dello sterminio degli ebrei che è e resta mostruoso - ne ha viste e continua a vederne davvero tante.

Tutti dovremmo comunque ricordare innanzitutto che per avere un futuro bisogna guarire dal passato... e la memoria deve essere sana e responsabile consapevolezza che assimila gli eventi, se li assume e li porta con sé redenti e non il "sacrario dell'odio" dal quale tirar fuori ogni possibile ricatto morale nei confronti del resto del mondo chiamato a testimone, come sta avvenendo da parte degli ebrei attraverso la shoah.

Considerazioni sulle parole del Rabbino. Indebite interferenze

Da parte nostra non possiamo non rimanere ancora una volta esterrefatti per le pesanti e inaccettabili ingerenze di Rav Di Segni, Rav Rosen e quanti altri non hanno mancato e non mancano di parlarne, nelle questioni interne della Chiesa. Oltretutto si tratta di una prerogativa che non appartiene né a loro né a nessun altro, ebreo o non ebreo che sia e stupisce il fatto che nessun portavoce Vaticano affermi con fermezza un dato così elementare, quando ogni volta che vengono nominati gli ebrei anche di striscio, si montano polveroni mediatici a non finire e analoga sensibilità esasperata mostrano i musulmani quando si parla della loro fede. Ma per i cristiani tutto questo non vale e per contro negli ultimi tempi queste interferenze vanno moltiplicandosi: basti pensare alla contestazione infinita su Pio XII e alle rimostranze sulla preghiera per gli ebrei del Venerdì Santo...

Affermare: "Se la pace con i lefebvriani significa rinunciare alle aperture del Concilio, la Chiesa dovrà decidere: o loro o noi!" cos'è: un ultimatum al Papa su una questione prettamente interna alla Chiesa? E in forza di quale principio questo parallelismo?

Tra l'altro non risulta che la Fraternità S. Pio X sia mai stata negazionista dell'orrendo 'sterminio', impropriamente definito 'olocausto' (a parte le personalissime dichiarazioni 'riduzioniste' e non negazioniste di Mons. Williamson, sulle quali è stato montato ad arte uno scandalo mediatico in occasione dell'annullamento della scomunica da parte di Benedetto XVI ai vescovi ordinati da Mons. Lefebvre)

Shoah, 'luogo' teologico o dogma di fede?

Come già detto, l'appartenenza alla Chiesa non può essere condizionata dall'accettazione o meno di un fatto storico, che non è e non può e non deve diventare un dogma di fede!

Inoltre il linguaggio del rabbino sembra riferirsi ad un'APPARTENENZA che in ogni caso non riguarda il popolo ebraico che è interessato al dialogo e non certo all'assimilazione; rischio che invece correrebbe la Chiesa se andassero in porto i piani sionisti (sionismo non coincide necessariamente con ebraismo) e continuasse il processo di giudaizzazione innescato da tempo e di cui, ad esempio, tra le realtà ecclesiali post conciliari, il cammino neocatecumenale è una 'punta' avanzata [vedi]!

Derive sincretiste e moderniste e processo di giudaizzazione presenti nella Chiesa
Dove viene espunta la Presenza Reale del Signore in una celebrazione (il particolare Rito neocatecumenale) che non è più il Sacrificio eucaristico che riattualizza il Sacrificio di Cristo, ma solo una festa assembleare che 'commemora' la Cena con la commistione del ricordo dell'uscita dall'Egitto, non è forse già entrato l'abominio della desolazione, come tra l'altro ricorda Giovanni Paolo II nella Dominicae Cenae?: "Il mistero eucaristico, disgiunto dalla propria natura sacrificale e sacramentale, cessa semplicemente di essere tale. Esso non ammette alcuna imitazione «profana» che diventerebbe assai facilmente (se non addirittura di regola) una profanazione." Oltretutto, negli insegnamenti e nelle prassi soprattutto ai livelli più avanzati, si assiste alla progressiva giudaizzazione del cristianesimo, molto presente ed arbitrariamente attribuita ad un sedicente spirito-del-concilio, che assume anche connotati neo-protestanti. Purtroppo, nella variegata realtà ecclesiale non mancano deprecabili abusi liturgici di altro genere favoriti dalla banalizzazione e dalla desacralizzazione indotte dalla Riforma di Paolo VI. Che sia colpita la Liturgia dà la misura della gravità della crisi ma anche delle sue conseguenze.

A che stadio siamo del processo di giudaizzazione. Dove sta andando la Chiesa?

Di questo processo è riprova un recente articolo a firma di Marco Morselli "L'ebraismo e i diritti culturali" ove egli afferma, tra l'altro:
«Non vi è una Nuova Alleanza che si contrapponga a una Vecchia Alleanza, non vi è neppure un’unica Alleanza Vecchio-Nuova che costringerebbe gli ebrei a farsi cristiani o i cristiani a farsi ebrei. Vi è un’unica Torah eterna che contiene molte Alleanze, i molti modi in cui il Santo, benedetto Egli sia, rivela il suo amore per gli uomini e indica le vie per giungere all’incontro con Lui»
salvo che loro restano "il popolo dell'Alleanza" e noi i goym... Nella conclusione, Morselli cita Elia Benamozegh, il grande rabbino livornese che in un’opera postuma pubblicata a Parigi nel 1914 scriveva:
«La riconciliazione sognata dai primi cristiani come una delle condizioni della Parusia, o avvento finale di Gesù, il ritorno degli ebrei nel seno della Chiesa, senza di cui le diverse confessioni cristiane sono concordi nel riconoscere che l’opera della redenzione rimane incompleta, questo ritorno si effettuerà non come lo si è atteso, ma nel solo modo serio, logico e durevole, e soprattutto nel solo modo proficuo al genere umano. Sarà la riunione dell’ebraismo e delle religioni che ne sono derivate, e, secondo la parola dell’ultimo dei profeti, il sigillo dei veggenti, come i dottori chiamano Malachia, “il ritorno del cuore dei figli ai loro padri”» (Ml 3,24).
Citazione peraltro strumentale di Malachia, che parla anche della riconciliazione dei padri verso i figli e nessuno autorizza a pensare che i padri siano gli ebrei e i figli siano i cristiani, il quali sono innanzitutto figli di Dio nel Figlio...

Sta di fatto che gli ebrei si sono in qualche modo riappropriati di Cristo come rabbi e profeta e non certo come Dio... e, oggi, in riferimento al dialogo, arrivano a sostenere:
«Il dialogo ebraico-cristiano era giunto negli ultimi mesi a un punto di crisi che sembrava insormontabile, intorno alla questione della conversione degli ebrei. In un recente incontro tra Autorità rabbiniche e Autorità episcopali italiane si è chiarito che non vi è nessuna intenzione da parte della Chiesa Cattolica di operare attivamente per la conversione degli ebrei e che di conversione si parla solo in una prospettiva escatologica». [citazione dall'articolo di Morselli sopra indicato - cfr. brano del Comunicato della CEI riportato di seguito]
Estratto dal comunicato CEI del 22 settembre 2009:
«Il card. Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, ha incontrato oggi i rabbini Giuseppe Laras, Presidente dell’Assemblea Rabbinica Italiana, e Riccardo Di Segni, Rabbino capo della Comunità ebraica di Roma. “Il Cardinale – si legge in un comunicato diffuso dalla Cei - ha voluto porgere loro gli auguri per l’inizio dell’anno ebraico pregandoli di estenderli a tutti gli ebrei italiani”. Durante l’incontro il cardinale ha affrontato con i due rabbini alcune questione rimaste “aperte” con la comunità ebraica in seguito alla pubblicazione dell’“Oremus et pro Iudaeis”. A questo proposito il comunicato afferma: Non c’è, nel modo più assoluto, alcun cambiamento nell’atteggiamento che la Chiesa Cattolica ha sviluppato verso gli Ebrei, soprattutto a partire dal Concilio Vaticano II. A tale riguardo la Conferenza Episcopale Italiana ribadisce che non è intenzione della Chiesa Cattolica operare attivamente per la conversione degli ebrei”... “La fede nel Dio dei Padri, ricevuta in dono – si è affermato al termine dell’incontro - rende responsabili i credenti cristiani ed ebrei per l’edificazione di una convivenza basata sul rispetto dell'Insegnamento di Dio”.»
[Non possiamo ignorare che il riferimento ai dieci comandamenti gli ebrei lo fanno anche quando ne attribuiscono l'osservanza ai "noachidi". Ricordiamoci che Noè non fa parte della Storia della Salvezza, che comincia con Abramo, e che i noachidi sono tutti i non-ebrei compresi noi, mentre l'identità che essi ancora sentono è quella del Popolo Sacerdotale al quale appartengono l'Alleanza e le promesse. Mentre la Chiesa si profonde in questo riconoscimento, altrettanto non può dirsi da parte loro nei confronti della Chiesa e dei cristiani, che appartengono alla Nuova ed Eterna Alleanza per essi inconcepibile e già rifiutata! - ndR].
Conclusione

Certo non può esistere da parte della Chiesa - riguardo alla conversione che è un dono legato alla libertà inviolabile di ognuno - alcun comportamento coercitorio nei confronti di chicchessia, ebrei compresi; ma questo non significa che la Chiesa debba rinunciare ad Annunciare il Signore a tutti, compresi gli ebrei, che hanno tutta la libertà di continuare a rifiutarlo ed aspettare il loro Messia, ma non quella di assimilarci a loro dopo aver annichilito l'Incarnazione, il Sacrificio e la Risurrezione di Cristo con la connivenza dell'apostasia ormai interna alla Chiesa!

Nessuno nega che gli ebrei vadano rispettati, amati e non perseguitati. L'antisemitismo, la furia distruttrice contro un popolo è da condannare senza riserve. Questo, sembra condiviso da ogni uomo di buona volontà prima ancora che da un vero cristiano. Ciò premesso, dichiarazioni come questa della CEI nonché le altre espressioni sul valore delle false religioni presenti nella Nostra Aetate e le ulteriori posizioni nei confronti degli ebrei non sono imposte con autorità infallibile. Si tratta di posizioni "pastorali" ambigue e pericolosissime, in contrasto col Magistero precedente, perché aprono la strada all'indifferentismo ed al relativismo religioso e, peggio, al sincretismo. I guasti li abbiamo sotto gli occhi giorno dopo giorno.

In particolare l'impegno espresso con le seguenti parole: "non è intenzione della Chiesa Cattolica operare attivamente per la conversione degli ebrei" poteva esser preso da una sola persona che, nella Chiesa, gode di una tale rappresentatività che presuma parlare per l'intera Chiesa, ed è il Papa.

L'irrevocabilità della predilezione appartiene al Nuovo Israele, cioè alla Chiesa fuori della quale la vecchia Alleanza non ha più senso né fine. I rami vecchi sono stati recisi, i nuovi sono innestati sul tronco dell'Israele di Abramo che ha creduto nel Cristo venturo. La Legge antica non ha di per sé più alcuna linfa ed i rami ed il tronco isteriliti potranno riavere vita solo dall'innesto in Cristo. L'irrevocabilità della predilezione è qui e solo qui.
  1. Gli ebrei che rifiutano Cristo rifiutano la predilezione.
  2. Per tornare ad essere prediletti dovranno innestarsi nella nuova storia che inizia e si perpetua con Cristo.
  3. L'unico soggetto della predilezione è la Chiesa. Gli ebrei increduli restano fuori a causa dell'irrevocabilità per loro scelta.
L'Antica Alleanza vive, nella parte in cui doveva ancor continuare a vivere dopo la venuta di Cristo, nella Chiesa, Nuovo Israele, frutto della Nuova ed Eterna Alleanza. Vivendo solamente nell'Antica Alleanza, la fede degli ebrei non giustifica né salva, perché non è più la fede di Abramo e dei giusti che credettero nel Cristo venturo, né è quella di coloro che hanno accolto Gesù.
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Vedi anche:
:: Mons. Brunero Gherardini - "Sugli ebrei, così serenamente"
:: G. Copertino - "Tra noi e loro la pietra angolare non il negazionismo"
:: F. Colafemmina - "Archivi e ipocrisie. L'antidefamation League e Pio XII"
:: Maria Guarini, Se non si esce dal sepolcro. Il Papa allo Yad Vashem
:: La preghiera per gli ebrei nella liturgia del Venerdì Santo

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