Porci con le ali. I preti d’Austria vendono Cristo per 30 denari.Come Giuda
PORCI CON LE ALI
I preti d’Austria (e Germania)
L’assassino idealista, l’assassino concreto; preti mitteleuropei. Qua la situazione è ridicola se i “tradizionalisti” sono costretti a predicare la povertà ai progressisti. Credevamo fosse amore, invece era un calesse (pieno di soldi). Diocesi con migliaia di impiegati stipendiati e seminari vuoti. La Chiesa ritorni alla sua nuda regalità. Hanno spogliato la Chiesa per rivestire se stessi (e le loro concubine): i pauperisti per conto terzi. Se li tocchi sui soldi dichiarano scisma. Hanno venduto Cristo per 30 denari, come Giuda
Austria, Germania, Svizzera. Guardate, signori, che la storia qua è proprio ridicola: proprio noi cattolici della tradizione ci ritroviamo ora nella situazione paradossale di invocare “povertà”. Verso quegli ideologi del pauperismo ecclesiastico, catto-comunista, catto-liberal, mente-catto che fosse; e che lo hanno inteso soltanto come spogliare non solo di ogni ricchezza ma proprio di decoro, decenza persino, il culto divino e il Santo Edificio, ma non se stessi. Anzi, il loro status economico è cresciuto in senso inversamente proporzionale rispetto a quello della Chiesa. Il convento è povero ma i frati sono ricchi. La persona della Chiesa è ridotta con le pezze al culo, il personale della Chiesa va in giro griffato: persino nelle loro para-celebrazioni liturgiche, spendono milioni per travestirsi da straccioni. Sì, è vero, noi sosteniamo la bellezza, lo splendore, la ricchezza, il fasto, ma nel sacro, nel tempio, nel culto divino, per tutto quanto è tributato a Dio, quando ci si rivolge comunitariamente all’Altissimo “abbindati a festa”. Non nella vita privata del prete. Nelle cose sacre, non in quelle profane. Varcata la soglia della canonica, là ci deve essere il massimo decoro sì, ma una sostanziale povertà.
di Antonio Margheriti Mastino
L’ASSASSINO IDEALISTA. L’ASSASSINO CONCRETO. PRETI MITTELEUROPEI
Dice che i preti ribelli austriaci sono passati in poche settimane da 200 a 400 e sono prossimi ai 500. A momenti è la totalità del clero ex imperiale. Di loro abbiamo parlato, in tre articoli intitolati, non a caso, “Autopsia della Chiesa austriaca”. Pure troppo ci siamo scervellati.
Uno pensa al pretame austriaco e magari pensa pure che questi qui in qualcosa credono. Non dico in Dio, no, sarebbe chiedergli troppo; ma che almeno qualche ideale lo abbiano e che proprio per questo si siano dati all’ammuina, questo lo pensi. Un ideale sbagliato magari, corrotto, mille volte dimostratosi fallimentare, ok, siamo d’accordo, ma, sanguedigiuda!, un ideale: progressista, liberal, cattocomunista, radicale, quel che volete, ma pur sempre un ideale! La qual cosa una certa aura di nobiltà a prescindere gliela donerebbe. Un ideale, in fondo, è un’utopia il cui portatore ignora essere tale, perciò ci crede, onestamente sino a diventare un assassino. Anche di assassini ce ne sono due tipi: il concreto e l’idealista: il primo può essere colui che uccide per soldi; il secondo, perché qualcuno “macchia” l’onore del suo ideale o, meglio, gli rivela che quell’ideale altro non è che rimozione della realtà, utopia; eliminando un’esistenza che nega lo schema ideale dimostrando concretamente il contrario, crederà di salvare lo schema. Uno fa errori scrivendo? Allora invece di imparare la grammatica dice “cambio penna, ché questa fa troppi errori”. Potremmo persino nutrire una certa compassione per l’assassino “idealista”: al fondo, è un puro.
Ebbene, i preti austriaci non sono dei “puri”. E se vogliamo parlare di “assassini”, ebbene, appartengono alla prima categoria: quella dei “concreti”. Di questo vorrò parlarvi più giù. Ma ora lasciatemi un po’ divagare.
Così abbiamo creduto (in parte) per i preti austriaci, per dire pure i tedeschi: che quelle loro rivendicazioni di “riforme”, persino di “spingerle più in là”, quasi fossimo in regime di parlamentarismo ecclesiastico, altro non fosse che “idealismo”; esasperato, irrazionale, privo di senso della realtà quanto si vuole, ma pur sempre “idealismo”. Così credevamo. Eppure una cosa strana c’era già: un ideale in genere infiamma delle minoranze; se l’ideale, invece, investe la quasi totalità di un gruppo sociale, è già una politica, è già realtà. Il che non avviene mai, se pensiamo alla storia delle grandi dittature del XX secolo o dei regimi radicali: questi sono arrivati al potere per l’azione audace di un’infima minoranza (è il caso dell’Urss, del fascismo italiano, ecc.). Ebbene, in Austria, in tre mesi il gruppo dei preti ribelli è diventato maggioranza. A breve sarà quasi totalità. Un pò troppo per trattarsi solo di un “ideale”. Possibile ci siano tutti questi idealisti fra i preti? Possibile che, quasi caso unico nella storia, l’ideale abbia invasato in così breve tempo tanta gente, tutta la gente consacrata?
LA SITUAZIONE È RIDICOLA SE I “TRADIZIONALISTI” SONO COSTRETTI A PREDICARE LA POVERTÀ AI PROGRESSISTI
Eppure, già all’inizio, quando ne ho scritto qui in luglio, denunciavo sì il progressismo ideologico di quella Chiesa, le sue illusioni già smentite dalla storia recente come disastrose all’atto pratico. E già a luglio, dicevo, avevo parlato a lungo di alcune cose. Che la condotta di vita del clero austriaco era tanto riprovevole da far schifo: oltre a propugnare contraccezione, aborto, sacerdozio femminile, omosessualismo, avevano tutti concubine, amanti, puttane a vario titolo, e che dunque erano anzitutto una gran manica di porci avvinazzati. Avevo scritto pure un’altra cosa: che nel clero austro-germanico circolava tanto, troppo denaro. Era un clero ricco sfondato. E che Roma una cosa soltanto doveva fare: sciogliere i concordati con quelle nazioni nelle parti in cui si stabiliscono indennità e privilegi economici. Guarda caso, in settembre, il papa in Germania ha parlato proprio di questo: ha invitato quelle chiese a farsi più povere. Troppo denaro corrompe: la storia della Chiesa lo dimostra: dove ha sovrabbondato Mammona ha scarseggiato Cristo.
Guardate, signori, che la storia qua è proprio ridicola: proprio noi cattolici dell’intransigenza e della tradizione ci ritroviamo ora nella situazione paradossale di invocare “povertà”. Verso quegli ideologi del pauperismo ecclesiastico, catto-comunista, catto-liberal, mente-catto che fosse; e che lo hanno inteso soltanto come spogliare non solo di ogni ricchezza ma proprio di decoro, decenza persino, il culto divino e il Santo Edificio, ma non se stessi. Anzi, il loro status economico è cresciuto in senso inversamente proporzionale rispetto a quello della Chiesa. Il convento è povero ma i frati sono ricchi. La persona della Chiesa è ridotta con le pezze al culo, il personale della Chiesa va in giro griffato: persino nelle loro para-celebrazioni liturgiche, spendono milioni per travestirsi da straccioni. Sì, è vero, noi sosteniamo la bellezza, lo splendore, la ricchezza, il fasto, ma nel sacro, nel tempio, nel culto divino, per tutto quanto è tributato a Dio, quando ci si rivolge comunitariamente all’Altissimo “abbindati a festa”. Non nella vita privata del prete. Nelle cose sacre, non in quelle profane. Varcata la soglia della canonica, là ci deve essere il massimo decoro sì, la massima dignità in cose ambienti e persone sì sì sì, ma stese come un velo su una sostanziale povertà: a ingentilirla. Il prete e il religioso devono essere poveri materialmente, ricchi spiritualmente. Al laico, invece, spetta il dovere non di essere ricco o povero, ma in ogni caso di essere distaccato dalle cose materiali, anche possedendole, mai facendone uno scopo di vita; e allo stesso tempo, se fosse povero, essere distaccato e senza piagnistei nei riguardi della sua stessa povertà materiale. Sì, perché non ci riflettiamo mai abbastanza: essere attaccati morbosamente alle proprie ricchezze ha lo stesso significato morale (e dunque immorale) dell’esasperarsi per la propria povertà, del piangersi addosso per le ricchezze che non si hanno o che si sono perdute. Zozzo è uno e zozzo è l’altro. E se non sappiamo chi dei due è più cretino, certo è che ambo sono peccatori alla stessa identica maniera.
CREDEVAMO FOSSE AMORE, INVECE ERA UN CALESSE (PIENO DI SOLDI)
Perché vi ho fatto tutte queste paranoie? Per raccontarvi di una cosa. Ora, io riesco ad avere quasi sempre notizie in anteprima, talora segrete, qualche volta clamorose sulle cose ecclesiastiche perché ho una modesta ma tutto sommato efficiente rete di amicizie clericali che entrano ed escono dal Vaticano e dalle dimore cardinalizie. Me le danno queste informazioni spesso a cuor leggero, ben sapendo come la penso: non pubblico niente su questo sito (salvo rarissime eccezioni) che vagamente somigli a uno scoop. Anche perché certe notizie, talora, più che favorire la Chiesa la danneggiano, e io sto qua per aiutare credenti, e non, a concentrarsi sull’Essenziale non sulle boiate, sul catechismo non sul giornalismo, sulla Persona della Chiesa non sul suo personale. Soprattutto non riporto notizie se ho la consapevolezza di fare qualcosa che sarebbe contro la volontà del papa. Diciamo pure che questo sito non pubblica per niente notizie, perché non ritiene cattolico essere ossessionati dal solo presente, dall’effimero, dal solo quotidiano, dalla notizia fuggente. Soprattutto equipara alle vane parole e allo sperperare vanamente il tempo che ci è dato per rendere testimonianza (e di tutto dovremo rendere conto) l’inseguire le notizie.
Ma ci stiamo dilungando. Vengo al dunque.
Dicevo di questi miei amici preti, ben introdotti. Uno in particolare. Naturalmente non italiano: i preti italiani sono troppo clericali e mi fanno saltare i nervi, ergo, li evito (e loro a me). Ora, questo prete, che sarebbe pure in lizza per la Segreteria di Stato, ha una particolarità: non solo quella di parlare molto (roba sconsigliata in Italia, in Vaticano soprattutto, dove si mormora ma non si “parla”, dove si maldice ma non dice), ma anche di viaggiare moltissimo. E’ per questa ragione che ha sempre una panoramica abbastanza ampia della situazione cattolica. E’ stato ultimamente più volte e a lungo in Austria. Conosce diverse abbazie prestigiose lì, che lo hanno ospitato. In una ha comprato anche dei tipici cioccolatini, per il papa, e glieli ha dati quando lo ha incontrato, come spesso capita, a Castelgandolfo: il papa contento ha ringraziato (se poi se li è mangiati non so). Per farla breve – visto che sono in vena di chiacchiere oggi – ho domandato a questo prete quarantenne, sempre tirato a lucido, molto tradizionale: “Fammi capire: di preciso come stanno le cose nella Chiesa austriaca, con quei preti di m… lì?”. Non si è scomposto, ben conoscendo il mio anticlericalismo. Che è di poco superiore al suo, del resto (dovete sapere – stranezza tra le stranezze – che i preti più tradizionalisti, tendono naturaliter a una sorta di anticlericalismo seppure epidermico e trasfigurato). E’ stato preciso e conciso. “Sbagli a credere che sia veramente una questione dottrinale. Non è né questione di principio né di idealismo. E’ questione solo di soldi”.
In pratica, è una banalissima, squallidissima questione di denaro, spiega. Di troppo denaro. Credevamo fosse amore, invece era un calesse. Così finisce la gloria di Augusto: dai grandi ideali ai conti della serva.
Le cose stanno così: non è questione di fede, di liturgie, di teologie. Tutte cose delle quali quei preti (come è facile notare osservandoli all’azione) se ne sbattono altamente. Non credono in nulla, non gli interessa nulla. Che mettano in mezzo la questione del sacerdozio femminile come totem di ogni “contestazione”, altro non è che una foglia di fico: un modo per nascondere le loro vergogne, distrarre gli sguardi indiscreti dal loro vero obiettivo e dal fondo meschino e vuoto della loro anima. E’ solo questione di pecunia. La cosa è meno complessa è più squallida di quanto possiate immaginare.
DIOCESI CON MIGLIAIA DI IMPIEGATI STIPENDIATI E SEMINARI VUOTI. LA CHIESA RITORNI ALLA SUA NUDA REGALITÀ
Ora, le Chiese austriaca e tedesca, tassando tramite lo Stato i loro fedeli, in virtù dei concordati, come dicevamo, prendono una quantità di denaro spaventosa e, infatti, sono fra le più ricche Chiese del mondo e, va da sé, fra le più povere spiritualmente. Per fare un esempio, le sole strutture e sovrastrutture varie ed eventuali della diocesi di Colonia, hanno qualcosa come migliaia e migliaia di impiegati regolarmente stipendiati. Praticamente, più che una Chiesa uno Stato quasi, piccolo semmai, ma uno Stato. È una vergogna! Le parrocchie, i confessionali, i seminari vuoti, ma in cambio la diocesi pullula di impiegati e funzionari. In cosa è ancora Chiesa? Enti, uffici, consultori, televisioni, giornali, editrici, puttanate varie, un sacco di roba hanno e tutte a disposizione di gruppuscoli tipo “Noi Siamo Chiesa”, i più pazzi e furiosi progressisti ormai post-cristiani (meno, forse, proprio nelle diocesi di Colonia e Monaco). Nulla di tutto questo ben del diavolo che sia a disposizione della diffusione della fede e della santa dottrina. Ma dell’ideologia ormai senescente sì. A che servono tutti questi soldi e queste sovrastrutture che sono diventate la Chiesa stessa, il suo fine primo e ultimo? Basta poco per mandare avanti la comunità cattolica: le chiese ci sono già, i vecchi paramenti (stupendi) anche, il catechismo è uno per tutti; bastano un vangelo, un messale, delle ostie, un po’ di vino e la fede soprattutto. Ed eccola bella e pronta la Chiesa di Cristo nella sua nuda regale bellezza. Essenziale e concentrata sull’Essenziale.
Viviamo il paradosso veramente penoso di fior fiore di progressisti che hanno declamato urbi et orbiil pauperismo, la “povertà” – al solito, non per sé ma per gli altri – gridato contro la Chiesa “troppo ricca” ed eccoli qui adesso: mentre i tradizionalisti accusati da questi di “esteriorità trionfalistica” stanno senza un euro in tasca, senza talora neppure una chiesa a disposizione ma nonostante ciò nello splendore del culto divino spendono, anzi, investono tutto quel poco che hanno; i vecchi pauperisti, i progressisti, che gridavano “al ladro al ladro”, hanno spogliato il culto, lo hanno deflorato e abbandonato in mezzo la strada come una vecchia gloriosa prostituta decaduta, hanno ridotto chiese stupefacenti in depositi attrezzi da retro-circo, venduto tutte le suppellettili sacre… e fatto “beneficenza”. A loro stessi. Se è vero, come è vero, che spogliata la Chiesa si son rivestiti loro di fasti laici e mondani. Così finisce la loro favola triste, dal momento che le migliori intenzioni favoriscono sempre i peggiori affari.
HANNO SPOGLIATO LA CHIESA PER RIVESTIRE SE STESSI (E LE LORO CONCUBINE). I PAUPERISTI PER CONTO TERZI
Il punto è proprio questo – mi fa notare il mio interlocutore in clergyman – che in questo fiume maledetto di denaro, questi qui, i preti austriaci soprattutto, non mancano di niente. Vestiti di abiti firmati, di tessuti costosi, appartamenti di un certo tenore, automobili di grossa cilindrata, ogni vanità e status symbol è loro, molti hanno, in virtù dell’appartenenza alla casta dominante dei liberaldi “Noi Siamo Chiesa”, cattedre, giornali, tv, case editrici a disposizione per placare le loro smanie di visibilità e di gloria effimera. Soprattutto in Austria ormai è quasi endemica la cosa e riguarda tutti i “contestatori”: questi preti e religiosi qui vivono in gran parte con delle concubine, hanno soldi bastanti per mantenere delle amanti, frequentano abitudinariamente puttane di alto e basso bordo; ingravidano a destra e a manca; diffusi sono anche i casi di alcolismo, uso di droghe e vizi ulteriori vari ed eventuali. Insomma, si danno a una gran bella porca vita, senza doversi assumere alcuna responsabilità (sempre meglio una concubina che una moglie), soprattutto senza dover lavorare: l’assegno bello gonfio è assicurato dalle diocesi austro-tedesche (ma ripeto: riguarda soprattutto l’Austria questo stato di cose).
Chiedo: “Ma l’arcivescovo Schoenborn?”. Ma cosa vuoi che gliene freghi a quelli dell’arcivescovo- mi dice-, ogni principio di autorità, e persino autorevolezza, è demolito. Sì, ok, Schoenborn ha mandato la lettera in cui li richiama all’obbedienza e dove rivendica il valore del celibato, etc. Con quella carta ci si sono puliti, non è servita a niente. Anzi, hanno rincarato. L’arcivescovo non conta nulla lì.
Mi si dice anche di più, ma a questo punto era scontato: la selezione nei seminari di fatto non esiste. Vi entrano ormai quasi solamente sfaccendati, sporcaccioni in cerca di molto godere e poco sudare; insomma, gente che si è resa conto che entrare nel clero cattolico di quelle nazioni significa aver trovato un posto sicuro e ben pagato, con vitto e alloggio gratis, dove non hai alcun obbligo di fatto, puoi dire e fare quello che vuoi, anzi, può diventare persino un palcoscenico per i tuoi estri circensi altrimenti frustrati, soprattutto si va a letto con chi vuoi tu, senza correre il rischio di dover dare il tuo cognome a donne e figli eventuali e probabili. Signori, vi sembrerà esagerato e persino grottesco ma così stanno le cose. La Chiesa in Austria è finita, e malissimo: lo spirito ecclesiale è morto sepolto e putrefatto. Non esiste più niente. Titoli esistono, chiese nominali pure: manca la Chiesa. Manca Cristo. Manca il timor di Dio. Ecco a voi i “progressisti”. Se volevate la prova che il maligno fosse sin dall’inizio l’ispiratore della loro corruzione, ebbene, in conclusione, eccola la prova. Dopo tante teorie e “belle” parolone, tutto finisce in oscenità, peccato e sacrilegio. Ciò che inizia in nome di Lucifero finisce con la bestemmia finale contro Dio. Più prova di questa?
I SEMINARI NON SI RIEMPIONO CON LE MOGLI MA CON LE VOCAZIONI
Quando il papa indisse l’Anno Sacerdotale, che sarà anche l’annus horribilis del sacerdozio, con il diabolico “scandalo pedofilia” montato dai media, un giovane esponente di spicco dell’Opus Dei, Bruno Mastroianni, scrisse questo commovente pezzo sul “prete”:
C’è chi pensa che ci siano pochi preti perché il celibato è insopportabile e la Chiesa si ostina a non farli sposare. C’è chi pensa che i preti sono cattivi, mica come quello simpatico che dà la comunione ai divorziati e sposa i gay.
C’è chi pensa che dei preti si potrebbe fare benissimo a meno, dato che poi in fondo ciascuno se la vede personalmente con Dio. Ci sono tutti quelli che la pensano così, che negli anni si sono aggiunti a quelli che volevano il “prete operaio”, il “prete assistente sociale” e perfino il “prete punk”, mentre i seminari progressivamente si svuotavano.E poi c’è Benedetto XVI. Sa che la crisi di vocazioni è una crisi di fede.
Non a caso affligge soprattutto l’Occidente (Europa in testa) unica zona in cui si registrano numeri negativi mentre in Africa e in Asia il numero dei sacerdoti continua a crescere.E il celibato non c’entra niente, altrimenti le chiese d’oriente e i protestanti dovrebbero scoppiare di vocazioni.Per questo il 19 giugno il Papa ha deciso di indire un Anno Sacerdotale: «Per favorire la tensione dei sacerdoti verso la perfezione spirituale dalla quale soprattutto dipende l’efficacia del loro ministero».
In mezzo a tanti consigli e inviti all’aggiornamento dei modelli, che imperversano nell’opinione pubblica col rischio di confondere i fedeli e i preti stessi, Benedetto oppone la semplicità della chiamata originaria.Noi, che ancora abbiamo bisogno di qualcuno che ci avvicini a Dio, gli siamo grati in questo suo sforzo di aiutare i sacerdoti ad essere semplicemente “preti santi”.
C’è chi pensa che dei preti si potrebbe fare benissimo a meno, dato che poi in fondo ciascuno se la vede personalmente con Dio. Ci sono tutti quelli che la pensano così, che negli anni si sono aggiunti a quelli che volevano il “prete operaio”, il “prete assistente sociale” e perfino il “prete punk”, mentre i seminari progressivamente si svuotavano.E poi c’è Benedetto XVI. Sa che la crisi di vocazioni è una crisi di fede.
Non a caso affligge soprattutto l’Occidente (Europa in testa) unica zona in cui si registrano numeri negativi mentre in Africa e in Asia il numero dei sacerdoti continua a crescere.E il celibato non c’entra niente, altrimenti le chiese d’oriente e i protestanti dovrebbero scoppiare di vocazioni.Per questo il 19 giugno il Papa ha deciso di indire un Anno Sacerdotale: «Per favorire la tensione dei sacerdoti verso la perfezione spirituale dalla quale soprattutto dipende l’efficacia del loro ministero».
In mezzo a tanti consigli e inviti all’aggiornamento dei modelli, che imperversano nell’opinione pubblica col rischio di confondere i fedeli e i preti stessi, Benedetto oppone la semplicità della chiamata originaria.Noi, che ancora abbiamo bisogno di qualcuno che ci avvicini a Dio, gli siamo grati in questo suo sforzo di aiutare i sacerdoti ad essere semplicemente “preti santi”.
SE LI TOCCHI SUI SOLDI DICHIARANO SCISMA
Chiedo: «Perché mai questi preti che a tutti i costi vogliono scopare e, certe volte, vogliono persino “sposarsi” non si sposano direttamente e non metton onestamente su famiglia, lasciando fare il prete a chi ha la vocazione?» A domanda banale risposta banale: per il semplice fatto che, «forse non lo vuoi capire», questi non vogliono lessare la gallina dalle uova d’oro: ratificando ufficialmente il loro stato di «preti sposati, possono mantenere capra e cavoli: lo stipendio, la loro sgualdrina ascesa al grado di moglie, eventuali figli, e tutto questo senza dover lavorare: un menage garantito e sicuro finché si campa».
Domando al prete mio interlocutore, già conoscendo la risposta: «Ma allora perché il papa si limita a invitare alla povertà, e non rompe i concordati economici con quegli stati?». La risposta è: «Perché appena lo farà sarà scisma ufficiale, si faranno la loro chiesa».
Togli loro i fiumi di denaro e sarà caduto, per questi preti, l’ultimo motivo che hanno per continuare a dirsi “cattolici”. E non sarebbe meglio? Che senso ha continuare così? Lasciando che a soli scopi di lucro si dicano cattolici ancora per qualche anno, non farà altro che disperdere quel che resta del già piccolo gregge superstite dell’ex Impero Cattolicissimo. Si faranno la “loro chiesa” dice. A parte il fatto che sarebbe un atto di verità, carità e giustizia verso i semplici e Dio: siamo realisti, del resto quanto può durare una Chiesa basata su nulla, senza un Dio, senza una fede, senza santità, alla fine senza sacramenti e clero, a solo e solamente basata sul denaro? Quanto può durare? Dieci, venti… roviniamoci!… trenta anni? Chi li seguirebbe mai se non gli stessi che li seguono ora, ciechi che guidano altri ciechi?
HANNO VENDUTO CRISTO PER 30 DENARI. COME GIUDA
Si spera forse che la situazione migliori? Giunta al punto in cui è giunta, qui non si parla più di un malato grave, ma di un cadavere in piena putrefazione, mantenuto nelle sue esteriori sembianze “cattoliche” solo sotto la formalina del denaro. Lo sterco del demonio. Dentro, però, è marcio, è liquame sordido e viscido. O per caso ci siamo messi in testa di resuscitare un cadavere?… oddio… tutto è possibile al Signore, ma forse sarebbe più razionale iniziare a separare il grano dalla zizzania. Se ancora c’è grano.
No, non è strana la storia, lo sarebbe se non fosse sempre la stessa. E questa storia austro-tedesca è già successa tante volte.
E’ la storia di fra’ Dolcino, che, in nome della “povertà”, aveva iniziato prima a disobbedire ai superiori, poi a dire eresie, quindi a sgozzare principi e vescovi “ricchi”, dopo a impossessarsi delle loro ricchezze, quindi, in finale, a ricoprirsi d’oro, nuotare in mezzo al lusso, alla lussuria, al sadismo, alla follia; un vero porco sanguinario, la cui stirpe infetta per Grazia di Dio fu polverizzata nel fuoco. Riassorbito dagli inferi.
E’ anche una storia più antica: quella di Giuda che, dopo averlo baciato, vende il Cristo Gesù per 30 denari ai suoi carnefici. Anche Giuda quella stessa notte desolata muore, cancellando per sempre la sua stirpe infetta, legandosi un cappio al collo, precipitando giù dalla rupe, il suo ventre squarciandosi. Discendendo negli inferi.
E’ ancora una storia più antica, primordiale: Adamo morde la mela del desiderio, dell’orgoglio, della tentazione di sfidare Dio alle sue stesse altezze. E fu la maledizione sull’uomo e sul figlio dell’uomo. Il peccato primordiale aprì l’abisso degli inferi. Ma mandò anche Cristo perché molti fossero salvi. Molti, non tutti. E quei molti, oggi, sono molto pochi. Specie in Austria. Tentiamo di salvarli. E lasciamo che i Giuda, quella stessa “notte”, in solitudine e pieni di confusione, dopo aver venduto Cristo per 30 denari, si leghino il loro cappio al collo e si lascino precipitare giù nella loro rupe di desolazione e peccato. Discendendo negli inferni, dove li attende il loro signore, patriarca, dottore: Lucifero, con tutte le sue legioni. E Giuda.
Povertà povertà povertà!
Penitenziagite penitenziagite penitenziagite!
Splendore nel culto divino!
Queste devono essere le parole d’ordine, in Austria, in Germania. Ovunque
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