ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 25 gennaio 2012

De vaticanistis

Alcuni vaticanisti italiani non hanno idea di cosa stanno parlando
Da Rodari a Tornielli, i nostri vaticanisti non si distinguono né per obiettività né per esattezza d'informazione e sono l'emblema della Chiesa dialogante e pressappochista del Vaticano II. Eppure sono seguiti da una gran massa di persone che continuano ad acquisire le loro informazioni, spesso distorte e preconcette. 
Riprendo da Rorate Caeli questa tempestiva segnalazione odierna:


Nel suo commento pieno di luoghi comuni sulla riunione di oggi - la " Feria Quarta ", o Mercoledì, in cui si riunisce la Plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede - che avrebbe dovuto occuparsi, tra l'altro, delle ultime risposte della Fraternità San Pio X al preambolo dottrinale presentato dal cardinale Levada lo scorso settembre, come avevamo detto qualche giorno fa [ho inserito il nostro di link]. Paolo Rodari, vaticanista del quotidiano italiano Il Foglio, ha questa 'perla' :
« C’è un paradosso all’interno del pontificato in corso: il Papa che chiede a gran voce il rispetto della tradizione, fatica a trovare un accordo con “l’estrema destra” del mondo cattolico. Più facile, per lui, rinsaldare con gli anglicani, quella parte di cristianità maggiormente su posizioni liberal ».
Non esiste un "paradosso" per tutti, perché non esiste alcun accordo con chi tiene "posizioni liberali". Al contrario, gli Ordinariati personali per gli ex anglicani creati proprio per anglo-cattolici sono in genere ben lontani dalle posizioni liberali (dottrinale, ecclesiastica e liturgica) secondo quanto mantenuto dalla maggior parte della Comunione anglicana. Il Papa non è andato incontro a qualunque anglicano, ma a coloro che volevano diventare veramente romani, dando loro la struttura di cui avevano bisogno e che avevano sospirato per generazioni. Questo è il motivo per cui i cattolici di formazione tradizionale erano e sono entusiasti dell'Anglicanorum coetibus e gioiscono per ogni occasione in cui vengono accolti ex anglicani nella Chiesa, come abbiamo fattoDomenica scorsa con il Monte Calvario, nel Maryland. Sappiamo che la maggior parte di loro sono nostri alleati e nostri amici - che ci vogliono bene, e noi auguriamo loro ogni bene.

Solo i cattolici-tradizionisti hanno bisogno di struttura canonica! Poi, Rodari, Tornielli et aliivedrebbero chiaramente che c'è molto più convergenza che "paradosso" in tutto questo. Al momento, sembra chiaramente che non hanno idea di cosa stanno parlando - e scrivendo - su questi argomenti ( e di certo non è una sorpresa). [fin qui il testo di Rorate]

Effettivamente, Rodari - come spesso accade a Tornielli - non sa quello che dice, come ben a ragione afferma Rorate Caeli. Infatti:
  1. dà per scontata una pronuncia negativa da parte della Dottrina della Fede, nominando la riunione che dovrebbe essersi tenuta in Curia, ma rifacendosi esclusivamente a ciò che dice Êcone e solo in termini sommari oltre che parziali.
  2. riporta esclusivamente i termini della questione all'ermeneutica del concilio e alla documentazione allegata alla prima risposta, che - riferendosi attendibilmente alle due posizioni Ocáriz--Gleize - trova consenzienti anche i tradizionisti che non aderiscono alla Fraternità, ignorando del tutto la seconda risposta di Fellay
  3. afferma che la "palla è nelle mani di Fellay", come se la Commissione si fosse pronunciata ed in ogni caso non conosciamo in che termini. 
  4. sparare a zero nei confronti della Fraternità sembra lo sport preferito di molti e, purtroppo, lo fanno dai loro pregiudizi e senza alcuna cognizione di causa che, invece, chi ha responsabilità mediatiche, avrebbe il dovere di acquisire con maggiore obiettività se non con maggiore completezza e/o precisione.




La commissione Ecclesia Dei avrebbe voluto festeggiare l’anniversario che cade oggi dei cinquantatré anni dell’annuncio dell’indizione del Concilio Vaticano II – il 25 gennaio 1959 Giovanni XXIII, a soli tre mesi dall’elezione, annunciò nella basilica di San Paolo fuori le mura l’intenzione di convocare l’assise – dando notizia della comunione ritrovata con i lefebvriani. Invece il ritorno è ancora in mente Dei e, stando alle notizie che giungono da Econe, sede della Fraternità fondata dal vescovo Marcel Lefebvre, ancora di là da venire.
C’è un paradosso all’interno del pontificato in corso: il Papa che chiede a gran voce il rispetto della tradizione, fatica a trovare un accordo con “l’estrema destra” del mondo cattolico. Più facile, per lui, rinsaldare con gli anglicani, quella parte di cristianità maggiormente su posizioni liberal.
Da Econe le parole suonano molto dure: a complemento della risposta al preambolo dottrinale inviato dal Vaticano, i lefebvriani hanno trasmesso un secondo testo nel quale affermano che gli insegnamenti del Concilio sono in contraddizione con gli enunciati del magistero tradizionale anteriore: libertà religiosa, ecumenismo, collegialità, ecclesiologia.
Dopo la liberalizzazione del messale preconciliare (2007), la revoca nel 2009 della scomunica ai quattro vescovi tradizionalisti e i due anni di colloqui dottrinali il nodo sembra non sciogliersi. A dividere Roma e i lefebvriani resta, ancora, l’ermeneutica del Concilio. Ratzinger insiste nella tesi del Vaticano II come riforma nella continuità con la tradizione dottrinale cattolica; i lefebvriani denunciano una rottura netta tra la chiesa post Vaticano II e la storia precedente.
Particolarmente oltraggiose, per Roma, le parole pronunciate in questi giorni dall’ala più dura dei lefebvriani, la frangia capeggiata dal vescovo Richard Williamson, già noto alle cronache per le sue posizioni negazioniste sulla Shoah: “Piuttosto sedevacantista scismatico che apostata romano”, è la sua ardita posizione. Per Williamson lo scisma non deve spaventare. Dice: “Un rischio maggiore di acquisire una mentalità scismatica sarebbe di contrarre la malattia mentale e spirituale dei romani di oggi avvicinandosi troppo a loro”.
A questo punto la palla è nelle mani di monsignor Bernard Fellay, capo dei lefebvriani. O prende le distanze dai più duri o il rientro della Fraternità è compromesso.
Pubblicato sul Foglio mercoledì 25 gennaio 2011

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