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domenica 1 gennaio 2012

Excusatio..autogol!

La diocesi di Rieti replica su presepe

Cari amici, mi dispiace iniziare l’anno con una polemica del 2011, ma devo dare conto della risposta e delle critiche ricevute per ciò che ho scritto dal settimanale diocesano di Rieti, «Frontiera», che è tornato sull’argomento «presepe monumentale abolito» replicando ad Antonio Socci e a me. Innanzitutto, facendo notare l’errore che ho commesso sulla «grotta di Nazaret», del quale mi sono accorto – troppo tardi – nella prima mattina di venerdì e per il quale vi avevo già chiesto scusa: una battuta ironica che mi aspettavo e che mi sono pienamente meritata.
Il settimanale diocesano ci dà una notizia precisa: la decisione di non fare il presepe monumentale è stata del vescovo di Rieti, monsignor Lucarelli. «Frontiera» si compiace per il fatto che l’articolo dedicato al presepe mancato abbia suscitato dibattito: «il giornale diocesano garantisce la libertà di opinione e di parola e favorisce la circolazione delle idee. Questa cosa può forse dare fastidio a persone che preferirebbero dare un taglio incolore ai fatti della Chiesa locale. Noi delle questioni preferiamo parlarne».

Poi aggiunge: «E se le nostre posizioni non collimano con il pensiero unico pazienza, ce ne facciamo carico. Essere minoranza non ci disturba». «Frontiera» dice anche che la critica di Socci e mia «ci è pure gradita», osservando però che nessuno dei due ha visto la cattedrale prima di scrivere.
È vero, non ho visto la cattedrale. Ho letto però ciò che loro, «Frontiere», hanno scritto il 14 dicembre, per giustificare la scelta di non fare quest’anno il tradizionale storico presepe della cattedrale. E cioè, scusate, devo tornare a citare quell’articolo: «Una scelta di sobrietà, un segno tangibile di condivisione, un richiamo ai valori più intimi del Santo Natale: tutto questo è sotteso al mancato allestimento del presepe in cattedrale, un gesto che solo ad una lettura superficiale ed edonistica può essere inteso come un indizio di stanchezza, o peggio come la negazione di un doveroso ossequio alla tradizione ed alla devozione popolare. La cappella di Santa Caterina d’Alessandria, dall’elegante profilo neoclassico, rimarrà sgombra quest’anno da pastori e greggi, angeli e corteo dei Magi. Chi varcherà la soglia della cattedrale, lo farà davvero per ascoltare la proclamazione della Parola, per assistere alle sacre liturgie che solennizzano la festa. Solo, sui gradini del presbiterio, il Bambino Gesù avvolto nei lini bianchi che impreziosiscono la sua povera culla sarà illuminato la notte di Natale dalla luce che dissolve ogni tenebra. Vuol essere, questo, un invito a recuperare la dimensione più intima ed autentica del mistero dell’incarnazione».
Questo ha scritto «Frontiera» spiegando perché quest’anno il tradizionale presepe veniva abolito. Lo hanno scritto loro, non io, né Socci. Apprendo ora dalla replica che «i commenti dei componenti della redazione sono, in quanto tali, personali. Quand’anche tutta questa attenzione gratificasse il nostro ego, rimane un eccesso altrui farne discendere interi sistemi». Per quanto capisco, gli amici di «Frontiere» ci stanno dicendo: «L’articolo sul significato del mancato presepe e le motivazioni addotte sono attribuibili soltanto a Ileana Tozzi, che firmava il pezzo». Beh, è curioso. In cattedrale, non nell’ultima chiesetta di periferia, decidono di non fare più un presepe storico e molto ammirato, alla cui realizzazione contribuivano molte persone e che era meta di visite, e la spiegazione, il significato, la «lezione teologica» sottesa a questa decisione messa in pagina sul settimanale diocesano – che si suppone abbia pur sempre qualche collegamento con l’ambiente ecclesiale reatino e fors’anche con l’autorità ecclesiastica diocesana – viene ora declassato a opinione personalissima di chi firmava il pezzo. C’è qualcosa che non torna, tanto più che proprio voi, cari amici di «Frontiera», prima ci dite che le motivazioni per l’abolizione del presepe monumentale che avete messo in pagina sono opinioni personali, e poi ci dite che la scelta è venuta direttamente dal vescovo. Decidetevi. Non so quali siano state le motivazioni che hanno spinto a rinunciare al presepe quest’anno. Ma quelle che ci avete dato, ce le avete date voi, e ci avete dato solo quelle e le avete messe in pagina sul settimanale diocesano. Non era affatto improprio pensare che fossero condivise oltre che da Ileana Tozzi anche dalla direzione del settimanale e pure dalla curia diocesana e dal suo responsabile ultimo.
«Frontiera» aggiunge: «Nel merito, poi, non abbiamo inteso dire che “rimpicciolire il presepe” sia un gesto “sobrio” in quanto tale. Però neanche crediamo che il valore del presepe si trovi nella sua misura, nei materiali di cui è composto, nella pregevolezza dei simulacri. Siamo d’accordo che se è bello, è meglio (e quello di quest’anno non è affatto brutto). Nei ragionamenti di molti dei nostri critici però, pare piuttosto prevalere un’idea quantitativa, più che qualitativa, della rappresentazione della Natività. A leggere certuni si direbbe che sotto una certa soglia di complessità e trovate scenografiche la rappresentazione si faccia indegna».
Anche qui, non avranno inteso dire, ma hanno letteralmente scritto: «Una scelta di sobrietà, un segno tangibile di condivisione, un richiamo ai valori più intimi del Santo Natale: tutto questo è sotteso al mancato allestimento del presepe in cattedrale». Se ci avete ripensato, o se ritenete di non aver espresso bene il vostro pensiero e/o il vostro intendimento, non è colpa di chi ha letto, commentato e criticato il vostro articolo e la vostra decisione.
Il settimanale diocesano, a proposito di San Francesco, ipotizza che il Poverello d’Assisi «non pensasse neanche lontanamente che la sua invenzione sarebbe durata tanto. Con tutta probabilità non si poneva neanche il problema. È più verosimile che gli premesse comunicare qualcosa alla sua gente. Con l’invenzione del presepe (vivente) trovò un linguaggio adatto al proprio tempo». Come dire: oggi i tempi son cambiati, il presepe (monumentale) non dice più nulla a nessuno.
Infine, il settimanale diocesano torna proprio su queste motivazioni, di fatto ribadendole: «Si è provato a guardare con senso critico alla superfetazione degli armamentari da presepe, ma non per dire che sono un male in sé. Piuttosto, nella scelta di farne a meno, abbiamo letto la critica ad uno stile di vita, ad un modo di stare al mondo». Il vescovo ha fatto la sua scelta, il settimanale diocesano l’ha presentata. Continuo a ritenere che si sia trattato di un vero autogol, una trovata «politicamente corretta» che nulla a che fare con la sobrietà e che colpisce una delle tradizioni più belle del nostro Natale. Lo ripeto con tutto il rispetto per il vescovo, la sua curia, e per i colleghi di «Frontiera», ai quali auguro un felice 2012.

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