L’articolo di pochi giorni fa di www.chiesa sul Cammino neocatecumenale ha puntualmente registrato una pioggia di reazioni da tutto il mondo:
Cestinati gli immancabili improperi, da anni sempre gli stessi anche nel formulario, emergono comunque dalle e-mail degli indignati alcuni elementi meritevoli di attenzione.
1. Resta confermato il dato di partenza dell’articolo di www.chiesa. Tra i neocatecumenali c’è l’effettiva attesa, alimentata dai loro capi, di un’imminente presa di posizione delle autorità vaticane e dello stesso Benedetto XVI sulla loro prassi liturgica. L’idea fatta circolare tra le fila del Cammino è che si tratterà di un’approvazione.
2. Non solo. C’è tra i neocatecumenali la convinzione diffusa che tale approvazione nei fatti ci sia sempre stata. “Gli ultimi tre pontefici – scrive un catechista – non ci hanno mai chiesto di cambiare nulla, ed anzi si sono sforzati di ottenere deroghe in nostro favore presso la congregazione per il culto divino”.
3. Non fa testo, per i neocatecumenali, neppure la severa lettera del 2006 del cardinale Francis Arinze, all’epoca prefetto della congregazione, che ingiungeva precisi cambiamenti alla loro prassi liturgica. Scrivono: “Tutti i pronunciamenti e la prassi del papa e della curia romana dal 2006 ad oggi hanno reso chiaro che alcuni passaggi (e ancora di più alcune interpretazioni) di quella lettera andavano considerati semplici opinioni personali”.
4. Resta per loro un punto irrinunciabile che la messa debba somigliare a una cena conviviale, con al centro una tavola “così grande che si possano mettere tutti i piatti ed i calici necessari”. Per avvalorare tale simbologia, i neocatecumenali fanno leva su alcuni passaggi delle direttive liturgiche degli ultimi decenni. In particolare, citano l’ordinamento generale del messale romano là dove dice che “il pane eucaristico, azzimo e confezionato nella forma tradizionale, sia fatto in modo che il sacerdote nella messa celebrata con il popolo possa spezzare davvero l’ostia in più parti e distribuirle almeno ad alcuni dei fedeli”.
Detto questo, dalle e-mail ricevute emergono però anche segnali di altro tipo.
Da una parrocchia di Sydney, in Australia, fanno notare che il parroco appartiene al Cammino, ma celebra e fa celebrare le messe attenendosi alle norme liturgiche generali. Questo perché l’arcivescovo della città, il cardinale George Pell, lo ha ordinato “e i neocatecumenali hanno obbedito”.
Da Newark, negli Stati Uniti, un parroco non neocatecumenale scrive di avere in parrocchia alcune comunità del Cammino. E da esse esige ed ottiene che celebrino avendo l’altare della chiesa come “punto focale della celebrazione” e dando all’omelia il giusto posto. Questo perché è dovere del parroco “vigilare, in quanto rappresentante del vescovo, supremo liturgista e maestro nella sua diocesi, sulla cattolicità di qualsiasi esperienza dello spirito, senza farsi dominare o intimorire”. In questa stessa parrocchia, si celebrano anche messe “seguendo il messale del beato Giovanni XXIII del 1962″.
Inoltre, c’è chi richiama l’attenzione su un altro punto critico del rapporto tra il Cammino e le autorità vaticane: quello dei catechismi in uso nelle comunità neocatecumenali.
Approvati un anno fa dal pontificio consiglio per i laici dopo un lungo esame presso la congregazione per la dottrina della fede e numerose correzioni, i tredici volumi del catechismo continuano però a rimanere inaccessibili a chi non fa parte della cerchia dei responsabili del Cammino.
C’è quindi chi chiede: “Come è possibile che un dicastero vaticano approvi, con conferma ufficiale del Santo Padre, un testo destinato anche ai vescovi e ai pastori per poter sapere che cosa si insegna nelle catechesi del Cammino, se poi questo testo resta segreto e ristretto ai soli catechisti iniziati?”.
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