ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 19 gennaio 2012

Non placet!

A seguito di questo articolo, il professor De Marco è intervenuto anche sulle liturgie in uso nelle comunità neocatecumenali e sul largo consenso che trovano:
“Non dobbiamo sorprenderci. Sul fronte di chi è disposto all’approvazione dello stile neocatecumenale c’è una parte della cultura conciliare moderata, quindi forte ed estesa. Faccio un esempio. Nel ‘Messale di ogni giorno’ edito congiuntamente da Città Nuova, Libreria Vaticana e Jaca Book, curato da Inos Biffi, alle pagine 690 e seguenti trovo una catechesi sulla messa, dello stesso Biffi, centrata sull’eucaristia come banchetto del popolo di Dio. Subito si dice: ‘[L'eucaristia] è la memoria della morte di Cristo mediante il convito’. Naturalmente si bada a ribadire che avviene la trasformazione del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue (anche nella discussa Preghiera eucaristica II, dove l’epiclesi dice solo: ‘Ti preghiamo di santificare, con l’effusione dello Spirito, questi doni che ti offriamo…’, il commento di Biffi integra: ‘… perché diventino il Corpo e il Sangue’. Tutto ortodosso, dunque, più il commento, in questo caso, che il Canone, avversatissimo infatti dai tradizionalisti). Ma il pasticcio convivialista resta fortissimo, ad esempio dove leggo: ’Il sacrificio della croce è presente nella forma del banchetto’.

“Neppure mi sorprende che l’esperienza di intensità emozionale-comunitaria neocatecumenale abbia conquistato dei sostenitori, e proprio tra coloro che, delusi dalla deriva orizzontale-socializzante della riforma liturgica, vedono probabilmente in forme partecipative come quelle neocatecumenali la salvezza della riforma stessa. Le citazioni di Carmen e Kiko riportate in www.chiesa sono argomenti usati da molti progressisti, liturgisti o no, contro il declassamento della messa a espressione della socialità della comunità cristiana. Un paradosso non raro, ma vettore di confusione. Resta infatti che 1) le argomentazioni contro il legalismo e il fissimo tridentino sono banalità distruttive, tipicamente ‘discontinuiste’, e che 2) la risposta neocatecumenale è parallela a quella delle comunità progressiste più pericolose; con la sola differenza del senso del sacro e dell’eccezionale, dell”enthusiasmòs’, che rende il Cammino antagonistico, in questo, ai fiacchi stili parrocchiali diffusi. Sarebbe auspicabile che si detti ai neocatecumenali un paradigma regolatore e moderatore, come la Chiesa ha sempre fatto nei confronti degli entusiasti e ispirati, perché restino nell’ortodossia e vi integrino la parte accettabile della loro originalità. Personalmente, ad esempio, cercherei di spiegare ai neocatecumenali che per fondare meglio la componente gioiosa e conviviale del rito non è necessario né a) dire sciocchezze sul rito formatosi nei secoli della messa, né b) inventarsi simboli e preghiere con cui interpolare il messale, ma al contrario è necessario distillare e interiorizzare i significati della ‘lex orandi/lex credendi’ canonica e, capitili, farne materia di personale conformazione gioiosa”.

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