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mercoledì 11 gennaio 2012

San Raffaele. Il cardinale lo voleva, il banchiere no

raffa
Alla mezza di martedì 10 gennaio “L’Osservatore Romano”, che va in stampa ogni pomeriggio, era ancora in tempo per mettere in pagina la notizia. Ma non l’ha data. Forse perché non piaceva al suo editore, il segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone.
La notizia era la rinuncia dell’Istituto per le Opere di Religione a pareggiare l’offerta di 405 milioni di euro fatta dall’industriale ospedaliero Giuseppe Rotelli per l’acquisto del San Raffaele. Se lo IOR avesse rilanciato – e il termine ultimo erano appunto le ore 12 del 10 gennaio – la proprietà della creatura di don Luigi Verzé sarebbe rimasta alla banca vaticana e al suo socio genovese Vittorio Malacalza, per diritto di prelazione in quanto primi e a lungo unici offerenti nell’asta, con 250 milioni.

Fino all’ultimo, la decisione dello IOR è stata in bilico. Per rilanciare e quindi aggiudicarsi in forma definitiva la proprietà del San Raffaele erano almeno due dei quattro componenti la squadra fatta entrare dal cardinale Bertone nel consiglio d’amministrazione del San Raffaele: l’industriale pagatore Malacalza e soprattutto il presidente dell’ospedale Bambino Gesù e vero stratega dell’operazione, Giuseppe Profiti, legatissimo allo stesso Bertone.
La mattina del fatidico 10 gennaio, “Avvenire” dava rilievo a una battuta di Malacalza interpellato sull’eventualità di un rilancio dell’offerta: “Mai dire mai”. E Profiti gli faceva eco, impaziente.
Poi però non è andata come volevano. E a far naufragare l’operazione in extremis è stato proprio l’altro grande pagatore della prima ora assieme a Malacalza, il presidente dello IOR, Ettore Gotti Tedeschi.
Gotti Tedeschi, a differenza degli altri e soprattutto del loro patrono Bertone, dopo un’iniziale apporto di denari all’impresa, aveva presto fiutato che l’acquisto di un complesso come il San Raffaele sarebbe stato per il Vaticano un boomerang disastroso. Altro che “rivoluzione epocale”. La Santa Sede si sarebbe trovata proprietaria di un ospedale nel quale si praticano e si progettano cose contrarie al magistero della Chiesa, e di un’annessa università, la Vita-Salute, nella quale tengono cattedra dei docenti in plateale contrasto con la visione cattolica, da Roberta De Monticelli a Vito Mancuso, da Emanuele Severino a Massimo Cacciari, da Edoardo Boncinelli a Luca Cavalli-Sforza: tutti già sul piede di guerra per difendere la loro libertà d’insegnamento.
Il presidente dello IOR ha sudato le sette camicie per convincere gli altri a non rilanciare. Se ce l’ha fatta, è stato perché i cordoni della borsa li teneva lui. Ma con Profiti ha rotto. E ha fatto molto arrabbiare il cardinale Bertone, sempre più pentito d’averlo messo a capo della banca vaticana.
Ma ai livelli alti della gerarchia della Chiesa, in Vaticano come in Italia, a Genova come a Milano, tutti, ma proprio tutti, hanno ringraziato per lo scampato pericolo il cielo, e un po’ anche il banchiere che ha scongiurato il naufragio.
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Per i precedenti della vicenda vai a questo servizio di www.chiesa del 15 luglio 2011:
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